I corsi di illustrazione dell’Associazione Hamelin

HAMELIN WORKSHOP 2010, prima edizione

L’Associazione Hamelin organizza due corsi di illustrazione e uno di fumetto con tre grandissimi nomi dell’illustrazione contemporanea: Kitty Crowther (premio Andersen 2010), Antonio Marinoni e Gabriella Giandelli. Un appuntamento da non perdere!

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Kitty Crowther

KITTY CROWTHER / corso di 20 ore
Quando 19-21 NOVEMBRE
Dove BOLOGNA
Orari VEN-SAB 9-13 / 14.30-18.30; DOM 9-13
Scadenza iscrizioni 10 OTTOBRE
Costo 180 €

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ANTONIO MARINONI / corso di 40 ore
Quando 12-16 LUGLIO
Dove BOLOGNA
Orari LUN-VEN 9-13 / 14.30-18.30
Scadenza iscrizioni 30 MAGGIO
Costo 300 €

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GABRIELLA GIANDELLI / corso di 20 ore
Quando 15-17 OTTOBRE
Dove BOLOGNA
Orari VEN-SAB 9-13 / 14.30-18.30; DOM 9-13
Scadenza iscrizioni 20 SETTEMBRE
Costo 180 €

Per iscriversi:


MODALITA’ DI ISCRIZIONE

Inviare entro la data di chiusura delle iscrizioni:
– breve curriculum scolastico e/o lavorativo
– selezione di tre tavole (da presentare in fotocopia o foto su cd o via e-mail)
via mail all’indirizzo: mostre@hamelin.net Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
via posta all’indirizzo: Hamelin Associazione Culturale, via Zamboni 15, 40126 Bologna


Il rapporto testo-immagine. Parte II

(Ri)leggi la PARTE I

Abbiamo visto nella prima parte di questo studio che uno dei modi che ha l’immagine di comunicare il suo contenuto di significato è quello di “assomigliare” all’oggetto. Ogni oggetto ha una sorta di “scheletro” che lo definisce. Nel caso della SEDIA abbiamo visto che una manciata di poche linee disegnate era sufficiente a rendere l’idea di SEDIA, perché queste poche linee riproducevano esattamente lo scheletro (potremmo dire l’ESSENZA della FORMA?) della SEDIA.

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Philippe Stark

Ma come fare quando con l’immagine dobbiamo illustrare oggetti che non appartengono al mondo fisico ma a quello delle idee? O dei sentimenti?
Ad esempio, come faremo ad illustrare la GIUSTIZIA?
Se la parola SEDIA, nel centro del suo campo semantico, significava un oggetto su cui ci si siede,  cosa c’è al centro del campo semantico della parola GIUSTIZIA? Il dizionario DEVOTO OLI la definisce così:

“La virtù sociale rappresentata dalla volontà di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno mediante l’attribuzione di quanto è dovuto secondo la ragione e la legge.”

Ci vorrebbero altri dodici dizionari per decifrare il significato della frase qui sopra! (è il problema del linguaggio: ogni definizione è tautologica).
Se anche capiamo la definizione qui sopra, Antigone ci insegna che il diritto di ognuno non sempre coincide con il diritto dei molti. Due uomini o due nazioni in guerra avranno ognuno la convinzione che la giustizia sia dalla loro parte e non dall’altra.
Un bambino avrà una nozione molto semplice della parola GIUSTIZIA: “giusto è quando mi viene dato tutto quello che voglio!”. Un giurista saprà che il Devoto Oli è ben lungi dall’esaurire la complessità della parola GIUSTIZIA.

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Questa relatività del significato è dovuta al fatto che la parola GIUSTIZIA non ha come referente un oggetto del mondo fisico, non c’è da qualche parte un “OGGETTO GIUSTIZIA” su cui tutti si possono mettere d’accordo. Potremmo dire che la parola GIUSTIZIA è un po’ come un oggetto transizionale, qualcosa che è a metà strada tra il “dentro” di un individuo e il “fuori”. L’idea di giustizia appartiene all’umanità, e nello stesso tempo appartiene intimamente ad ogni individuo sulla terra.
Se uno dei modi di comunicare dell’immagine era quello della somiglianza, come trovare una somiglianza con un oggetto che non solo non esiste, ma che non ha neppure una definizione univoca?

Vediamo come ha fatto Comenius nel 1658, in quello che viene considerato il primo libro illustrato per bambini di tutti i tempi:  l’Orbis Pictus Sensualium. Ad ogni parola veniva associata un’immagine. Nell’immagine che vedete qui sotto è illustrata la parola GIUSTIZIA.

11)OrbisPictureGiustiziaOrbis Pictus Sensualium, Comenius, 1658

In primo piano Comenius ha disegnato la Giustizia usando una rappresentazione simbolica in uso al suo tempo: La Giustizia è una donna bendata, e ha due attributi, la bilancia, simbolo di equilibrio, e la spada, simbolo di forza. Per indicare la giustizia l’illustratore ha usato dunque UNO STEREOTIPO: lo stereotipo è comprensibile solo da un gruppo molto ristretto di persone. Probabilmente conscio di questa limitazione Comenius ha disegnato in secondo piano una scenetta: due uomini stanno discutendo e un terzo sottrae qualcosa dalla tasca di uno dei due. Questa scenetta quasi teatrale, illustra un “FURTO” e ci indica un punto del campo semantico attorno al quale dobbiamo cercare il significato della parola GIUSTIZIA.
L’immagine di Comenius è efficace? Secondo me no, e adesso scopriamo perché con un gioco.

Rispondete a questa domanda: quale delle due immagini seguenti, secondo voi, rappresenta meglio la GIUSTIZIA?

FIGURA 1

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FIGURA 2

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Sono certa che nessuno potrà non essere d’accordo sul fatto che la FIGURA 2 rappresenta con più efficacia la GIUSTIZIA. E qui viene il bello! Proprio come per il caso della parola SEDIA, sembra che anche la parola GIUSTIZIA abbia uno scheletro, una forma basilare. Un concetto così astratto e complesso da non riuscir ad essere definito neanche dal miglior dizionario è invece spiegato con il gesto di una sola linea.  Sul perché di questo miracolo si può dibattere a lungo, ed entreremo nel campo della filosofia: esiste un’idea innata di giustizia? Un archetipo? Sulle conseguenze di questo miracolo, invece, si fonda l’ARTE.

Guardate come Giotto, con un’intuizione più felice di quella di Comenius (e con tre secoli d’anticipo), illustra la GIUSTIZIA nella Cappella degli Scrovegni…

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Giotto, Le virtù (la Giustizia), Cappella degli Scrovegni, 1303-1305

L’idea di bilancia, di parità, di equilibrio, è estesa a tutta la composizione dell’immagine, non c’è solo una bilancia-simbolo (quella nelle mani della donna), tutta la figura è “bilanciata”. Anche senza capire cosa significano i simboli presenti nell’immagine, al primo sguardo siamo già illuminati da un grande senso di calma e giustezza: la simmetria della nicchia, la centralità potente dell’immagine, la sua base stabile data dall’ampia gonna… Non c’è bisogno di spade ed emblemi, Giotto ha rubato alla GIUSTIZIA la sua essenza, e l’ha riprodotta attraverso linee e forme.
L’immagine di Giotto assomiglia all’oggetto che vuole comunicare. E’ più chiara, nel suo messaggio, dell’affollata vignetta di Comenius, più intuitiva della faticosa definizione del Devoto-Oli.

RIASSUMENDO:
Possiamo individuare tre modi con cui si può illustrare una parola che non ha un referente “fisico”, sia essa rappresentante di un concetto o di un sentimento:

– Usando un simbolo su cui un gruppo di persone si è messo d’accordo per rappresentarlo: i cuoricini per indicare l’AMORE sono un esempio classico. Le parole stesse sono stereotipi.
– Illustrando una scenetta della vita reale in cui si esplicita il significato della parola
:  per indicare l’AMORE, ad esempio, due amanti che si baciano
Assomigliando al concetto attraverso la composizione: perché le idee e i sentimenti hanno anch’essi una forma.

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Giotto, Le virtù (l’Incostanza), Cappella degli Scrovegni, 1303-1305

segue… LEGGI IL RAPPORTO TESTO-IMMAGINE parte III
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… da Dusan Kallay

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Alice au pays des merveilles, Dusan Kallay, Gund 2005, Francia

“Ogni volta si comincia allo stesso modo: all’inizio la testa è piena di impressioni e alla fine il corpo è esausto. Ma la parte più bella del lavoro di un illustratore è proprio questa fatica. Lui sa che ha vissuto giorni e giorni con il libro, tentando di dotarlo di ogni elemento necessario alla sua vita futura. Quando tutto è pronto rimangono bellissimi ricordi. E il libro? Il libro ama gli occhi che lo osservano e le mani che lo sfogliano. La sua vita è misurata dalle volte in cui un paio di mani lo toccano. La vita con un libro è meravigliosa. Ti muovi in un mondo irreale, in un regno pieno di miracoli e di fantasia, in un paese dell’infanzia. Credi in ciò che gli adulti chiamerebbero follia, tu invece puoi toccarla e puoi viverci assieme. L’illustrazione diventa diario dei tuoi pensieri spesi nel silenzio del tuo studio, e tu diventi un uomo che ha il suo proprio sole, la sua pioggia ed i suoi segreti di bambino. E puoi nascondere questi segreti sotto il cappotto e loro ti scalderanno perché è un grande dono per un adulto diventare bambino anche solo per un momento. (…). Forse tutto dipende proprio dalla forza con cui si riesce ad affidarsi alla propria immaginazione, sta nel modo in cui si riesce a mantenere vivi i segreti dell’infanzia, e nel modo in cui si riesce ancora ad essere un bambino.”
Dusan Kallay da “Dusan Kallay, a magical world“, citazione tratta dal Catalogo di Sarmede 2006


Un saluto a Louise Bourgeois

Un saluto ad una delle più grandi artiste del novecento: Louise Bourgeois è morta oggi (lunedì 31 maggio) all’età di novantotto anni. Era nata il giorno di Natale dell’anno 1911, ha attraversato due secoli con le sue sculture e le sue linee di emozione pura. L’ho sempre amata tantissimo.

“Art is a guarantee of sanity. That is the most important thing I have said.”
Louise Bourgeois

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Il rapporto testo-immagine. Parte I

Illustrare un testo significa esplorare con l’immagine il campo semantico che quel testo ricopre. Un campo semantico potete immaginarlo come un campo in cui c’è un punto centrale dove il significato è più forte, e, allontanandosi da quel punto, diventa più sfumato e confuso, fino a scomparire.

FIGURA 1

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Prendiamo una parola molto semplice, la parola “SEDIA”: nel centro rosso, più denso, avremo la parola SEDIA rappresentante un oggetto d’uso comune, che serve a sedersi, che può avere diverse forme, ma che in linea generale ha un primo piano d’appoggio ad una certa altezza (circa la misura di un polpaccio d’adulto), uno schienale dove appoggiare la schiena, quattro gambe, etc.
Allontanandoci dal centro rosso verso la zona rosa,  potremo avere dei significati che girano intorno alla parola sedia: l’AZIONE DI SEDERSI e per associazione il momento dell’essere seduti a tavola, gli oggetti a cui viene associata: TAVOLO, SALA DA PRANZO, ad esempio.
Se al campo semantico dell’uso, sommiamo quello della forma, avremo forme che assomigliano alla sedia: OGGETTI CON QUATTRO GAMBE. Se quello della materia: COSE DI LEGNO.
Se ci allontaniamo ancora, potremo osservare che il significato scivola intorno a quello che rappresenta emotivamente la sedia e/o l’atto del sedersi: incontreremo immagini come il RIPOSO, la STANCHEZZA, un momento di PAUSA…
Ancora più lontano potrà capitare di inciampare in significati come la VECCHIAIA, la FATICA di VIVERE, la SOLITUDINE , la CALMA DELLA CONTEMPLAZIONE, etc…
(Se nel centro rosso ci fossero state DUE SEDIE, avremmo incontrato nella zona gialla figure come il DIALOGO, la CONVIVIALITA’, l’AMICIZIA, etc).
Ci saranno poi significati perduti in una zona periferica, quasi bianca, connessi al centro rosso da diversi passaggi d’associazioni, ma ormai troppo lontani per essere ammessi a far parte della parola SEDIA. Ciò nonostante, se i passaggi sono stati fatti con cura, avremo lo stesso qualcosa che è stato irradiato dalla parola SEDIA (la poesia contemporanea offre esempi a bizzeffe).
Siamo nel regno misterioso del linguaggio e delle associazioni del pensiero, mi piacerebbe approfondire, ma lo faremo in un’altra occasione.

Per adesso mi interessa che voi abbiate chiaro cosa intendo per CAMPO SEMANTICO.

FIGURA 2

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Adesso giochiamo che io devo spiegare a qualcuno che non conosce la mia lingua, che cosa è una sedia (non avendone una a disposizione). Ne disegno una (FIGURA 2). Per farmi capire bene, resterò nel centro più rosso del campo semantico della parola SEDIA: disegnerò l’ OGGETTO SEDIA, scegliendo tra i tanti possibili modelli, il più comune.
Ora, se ci pensate bene, è ben curioso che  la manciata di segni presenti nella FIGURA 2, che non hanno niente a che vedere con una sedia (non sono di legno, non hanno un peso, non sono tridimensionali, non servono a sedersi…), comunichino con un’efficacia quasi universale che cosa è una sedia.
Chiunque abbia fatto esperienza del sedersi su una sedia, guardando l’oggetto disegnato nella FIGURA 2, capirà che è una sedia, anche se non ha mai visto quel modello di sedia.
Né il segno linguistico SEDIA, né il disegno della FIGURA 2, sono una sedia. Entrambi stanno per, indicano l’idea di sedia. Ma lo fanno in modo diverso.Vediamo come.

L’IMMAGINE:
Nel caso della FIGURA 2 l’immagine ASSOMIGLIA in qualche modo misterioso all’oggetto
, ne imita la forma, gli ruba la struttura principale.
E’ così semplice che nella FIGURA 3, un disegno di  Philippe Stark, invece di vedere delle linee, vediamo una sedia: i pochi segni usati da Stark sono, usando una formula matematica, il massimo comun divisore di tutte le sedie (eccezion fatta forse per qualche sedia di Le Corbusier! :-)

FIGURA 3

lefiguredeilibri.chaise_starkPhilippe Stark

Il SEGNO LINGUISTICO:
Il segno linguistico SEDIA, che è anch’esso un agglomerato di tratti, non assomiglia affatto alla forma di una sedia, ma la indica (la rappresenta) per un accordo sancito tra un gruppo di individui appartenenti allo stesso ceppo lingustico.
Il segno SEDIA, proprio perché più astratto, ricopre con maggior efficacia tutte le zone sfumate che stanno intorno al significato di SEDIA (vedi FIGURA 1).
Dentro la parola SEDIA sono contenute tutte le sedie del mondo, e forse anche un modello di sedia usato dagli abitanti di un pianeta fuori dalla nostra galassia, fatto di sola luce; contenuto nell’atratto della parola SEDIA, c’è un uomo seduto a contemplare il tramonto e c’è un artigiano che intreccia vimini sotto una fioca luce…
Se l’universalità comunicativa della FiGURA 3 batte la parola SEDIA in quanto a efficacia, quest’ultima si prende la rivincita in fatto di potenza comunicativa. L’immagine si limita a significare una delle zone semantiche irradiate dalla parola SEDIA, e non può esaurirle tutte. La parola SEDIA, se posso capirla perché parlo italiano e so leggere, le esaurisce tutte.

E’ per questa disinvoltura del linguaggio a farsi carico di un’area più grande di significato, che noi comunichiamo a parole e non scambiandoci cartoline illustrate, e allo stesso tempo è proprio per la vastità (mostruosa) dell’area di significato emanata dalle parole, che spesso affianchiamo ad esse delle immagini: per chiarire, per definire una fetta di campo semantico, per avvicinare significati lontani…
Le immagini affollavano i libri medioevali di viaggi e leggende, perché descrivevano con più efficacia un oggetto, o perché davano più credibilità alla parola “sirena“. Le immagini affollano la letteratura per bambini, perché il bambino non ha un’esperienza del mondo tale da permettergli di esplorare da solo tutto il campo semantico di una parola scritta.

segue… LEGGI IL SEGUITO: PARTE II

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Vincent Van Gogh, La chaise, 1888

Riassunto:

  • – Il campo semantico emanato da una parola è vastissimo (infinito? No)
  • – L’immagine esplora alcune zone del campo semantico di una parola, e non potrà mai essere esaustiva
  • – Immagine e parola hanno modalità diverse di comunicare il loro contenuto di significato: una di queste modalità è che l’immagine assomiglia all’oggetto, la parola no (escludendo rari casi di onomatopea)


Ora vi lascio con un capolavoro di interpretazione della parola “sedia”. Un film d’animazione firmato Fréderic Bach. (Per non vederlo a scatti, fate clic su play e poi di nuovo clic per metterlo in pausa e aspettare che si carichi completamente).
Alla prossima puntata!

Frédéric Bach, Crac!, 1986


Un blog sui giocattoli più belli del mondo! Dal negozio Hoffmann

Il negozio di giochi Hoffmann giochi e giocattoli, ideato dai librai della libreria Giannino Stoppani (Bologna), ha inaugurato un blog sul tema dei giochi per bambini di qualità! E sui libri illustrati che ospitano giochi. Eccolo: LO SCHIACCIANOCI

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