Oggi, 3 giugno 2021, è il centenario della nascita di Emanuele Luzzati: scenografo, illustratore, animatore, uomo giusto.
Emanuele Luzzati è per me un bosco di ricordi. Alla svampita età di 19 anni, troppo persa e confusa per capire quale fosse la mia strada, mia mamma mi aveva iscritta a una scuola di arti grafiche da poco inaugurata, l’Istituto Byron di Genova Sampierdarena. Non mi ero assolutamente resa conto dei maestri che avevo: Emanuele Luzzati, Flavio Costantini,Gianni Polidori … (so oggi che furono proprio loro a fondare quel corso). Marinavo quasi tutte le lezioni tranne quelle di Luzzati e del corso di cinema di Aldo Viganò. Avevo fatto qualcosa di decente in extremis, all’esame di fine anno. Luzzati e Polidori ci avevano dato da realizzare una scenografia per Il giardino dei ciliegi di ?echov: avevo fatto il disegno ad acquerello di un bosco di betulle blu, con la terrazza sullo sfondo. Per quanto ispirato, ma non mi era valso la possibilità di avere il diploma: avevo saltato troppe lezioni.
Nella pizzeria dove eravamo andati a festeggiare la fine dell’anno – all’epoca, oltre a essere triste e persa, ero anche molto timida – Luzzati era seduto davanti a me. Si era rivolto a Polidori, al suo fianco, dicendogli qualcosa e indicandomi con un cenno del capo; poi, vedendo che non avevo sentito, si era sporto nel baccano verso me (ogni suo gesto era sempre lento, come se gli fosse stato necessaria una vera ragione per perdere il suo centro) e mi aveva sussurrato: “È proprio bello il disegno che ha fatto”. Quella frase è stato il primo appiglio professionale a cui ho potuto aggrapparmi in un’adolescenza piuttosto difficile, e oggi, se penso a Luzzati, penso alla dolcezza del suo sguardo, al calore di mano tesa verso l’altro che erano tutte le sue parole. Era buono, ma senza essere mai mieloso o entusiasta. Era un uomo giusto.
Più tardi, ho avuto di nuovo Luzzati vicino, quando, per tante estati, noi ragazzi genovesi ci facevamo scritturare dal teatro della Tosse per gli spettacoli a Forte Sperone o ad Apricale. Indossavamo allora i suoi costumi di angeli, demoni, tarocchi e guidavamo il pubblico tra le varie sale dislocate sotto le stelle. Quante giornate passate negli scantinati della Tosse a veder montare le scenografie, ad assistere alle prove di un suo spettacolo. Ancora più tardi, ai miei primi passi di illustratrice nella microscopica casetta di salita di Sant’Anna, ogni tanto andavo a portargli i miei disegni. Abitava a due passi, in via Caffaro.
Ricordo il borghese appartamento genovese dagli alti soffitti, sempre immerso nell’ombra e in quel disordine felicemente ebraico. Le pile di carte colorate in mezzo a cui lavorava. Aveva sempre qualche parola di incoraggiamento. Sempre quel sorriso giusto che rinfrancava di tutto.
Tante sono le persone che sono rimaste soggiogate dalla sua misura e dal suo talento, anche se penso che gli sia mancata, dopo la morte, una figura capace di diffondere la sua opera in un panorama più vasto di quello genovese (Luzzati, da vivo, era uno scenografo e un illustratore di fama internazionale, la sua Gazza Ladra gli era valsa una candidatura agli Oscar).
Dopo 30 anni, oggi, dopo mezza vita dedicata all’illustrazione, sono ancora commossa di averlo conosciuto. Anna Castagnoli
Riccardo Falcinelli, grafico, lavora da molti anni come critico per raccontare al pubblico come funzionano le immagini. Dopo alcuni titoli imperdibili come Guardare, pensare, progettare, neuroscienze per il design e Cromorama, pochi mesi fa è uscito Figure. Come funzionano le immagini dal Rinascimento a Instagram (Einaudi), un testo imprescindibile, anche per chi non si interessa alle immagini per lavoro. Dal momento che troviamo in Figure molta attenzione all’illustrazione per bambini, ho deciso di invitare Riccardo su questo blog.
Intervista a Riccardo Falcinelli di Anna Castagnoli
A.C. Figure è una sequenza di colpi di genio in tema di didattica. Come l’idea di iniziare molti capitoli con i tuoi ricordi di infanzia. Un giro in macchina per andare al mare, una passeggiata sotto i portici che incorniciano il paesaggio, il presepe tirato fuori dalla scatola e “composto†secondo un certo ordine… Ricordi quotidiani, quasi banali, ma così inscritti nella memoria di ognuno che permettono al lettore di entrare immediatamente in intimità con te e seguirti con un senso di fiducia anche quando spieghi concetti più complessi. Terminata la lettura del libro, viene proprio voglia di scriverti per dirti “grazieâ€. Voglio sapere tutto del tuo metodo di lavoro per arrivare a questa chiarezza espressiva. Come alterni studio, elaborazione delle idee e scrittura?
R.F. Prendo tonnellate di appunti, di note, di scarabocchi, di promemoria, di disegni, di post attaccati dentro ai libri e dentro ai quaderni. Ogni volta che qualcosa mi colpisce lo appunto, e su quell’argomento ci scrivo sopra due tre righe. Lo faccio quotidianamente. È il mio modo di studiare, di capire, di memorizzare.
Dentro ogni libro della mia biblioteca, nell’ultima pagina, segno sempre i punti che mi hanno interessato di più (una specie di catalogazione personale), uso perfino una specie di stenografia inventata ai tempi dell’università con cui indico le ragione dell’interesse, per esempio accanto a un paragrafo posso mettere un asterisco, oppure due, o segnare DB o DBB (non ti dico cosa significa, è un mio segreto). Questo mi permette di recuperare concetti studiati vent’anni fa e tornarci sopra. Ecco, io penso il mio studio e la mia biblioteca non come un museo ma come una barca o un peschereccio: un luogo vivo, dove accadono mille cose, che ogni giorno se va in giro per pensare il mondo, per esplorarlo e per sopravvivere.
E poi considera che ogni giorno per mestiere mi occupo senza sosta di immagini e di composizione, per me teoria e pratica sono un tutt’uno. Così, quando arrivo a dare forma a un libro, di fatto ci sono dietro anche dieci anni di appunti e di studio. A questo punto ragiono come un regista: penso alla struttura, alla narrazione, all’ordine in cui esporre i concetti. Credo che anche la saggistica debba avere una “tramaâ€, serve al lettore per non perdersi e magari per divertirsi pure. Quanto alla chiarezza: ci sono paragrafi o capitoli che ho riscritto anche venti volte, sono convinto che la bellezza e la chiarezza siano il frutto di un lavoro, non bisogna accontentarsi. Come dicono gli inglesi “practice makes perfectâ€. Naturalmente per fare questo bisogna essere un po’ nevrotici: se uno è in pace col mondo non ha bisogno di scriverci sopra.
A.C. Il tuo libro è una festa da libro di fiabe dove tutte le immagini sono invitate a banchetto, anche le più povere. Ti iscrivi in una corrente critica che da Barthes a Eco è sempre stata altrettanto democratica, ma nessuno aveva mai dato tanto spazio all’illustrazione per bambini, arte minore tra le minori.
Immagino i capelli dritti sulla testa di certi critici nel vedere messe insieme su una sola doppia pagina : un frame di Biancaneve di Disney, un’incisione del 1700 per Le streghe di Macbeth e una cromolitografia ottocentesca di Cappuccetto rosso. Un ready made critico, molto tuo. Cosa ti stimola in queste giustapposizioni di generi? Non hai mai paura di forzare alcune immagini per far dire loro quello che ti interessa portandole troppo lontano dal loro contesto e senso originario?
R.F. Intanto non lo faccio per spirito pop o postmoderno. Questo è semplicemente il mondo in cui viviamo: Biancaneve sta già accanto al Rembrandt e alla pubblicità del detersivo, non sono io a mettercela, basta guardare cosa accade sui social: la nostra è la società del sincretismo. Queste giustapposizioni però, sia chiaro, mi servono per ragionare, per capire davvero bene certi nodi strutturali, non sono spiegazioni di tipo storico ma logico. “Figure†è il tentativo di raccontare la pittura dal punto del vista del design, cioè le immagini come cose concrete, come oggetti smontabili. Detto questo: ogni epoca tenta uno sforzo di ricostruzione storica (sacrosanto) ma, alla fine, ogni epoca si inventa il suo Shakespeare in base a quello che crede sia vero. La Biancaneve che ha visto mia madre al cinema (quando tutto era in bianco e nero) non è la Biancaneve che ha visto mio figlio sullo schermo del computer: e per mio figlio quell’esperienza estetica del film in sala è forse irrecuperabile, come per noi è irrecuperabile lo sguardo di un uomo quattrocentesco su Botticelli.
A.C. Dove raccogli nel quotidiano le immagini che ti colpiscono? Scusa il voyeurismo, ma voglio sapere che forma ha, nel quotidiano, il tuo paradiso warburghiano :)
R.F. Quaderni, quaderni, quaderni. E una cartella sul PC. Più ritagli da giornali e riviste e qualche cartolina.
R.F. No tutt’altro. Il fulcro funziona sul colpo d’occhio, lo troviamo più al cinema, sulle copertine dei libri o in pubblicità . I bambini mi sembrano piuttosto degli esploratori (almeno guardando mio figlio e i suoi coetanei di quattro anni) e molti libri per l’infanzia assecondano questa tendenza a centellinare lo spazio della pagina, penso a Richard Scarry e a tutte quelle storie basate sull’accumulo di dettagli. L’errore di molti adulti è credere che davanti alla pagina le attività siano due: guardare e leggere. Al contrario sono molte di più: esplorare, navigare, elaborare, osservare, confrontare, compilare, muoversi, saltare, girare, tornare indietro, capovolgere, ascoltare, e così via. Tutto questo è “leggereâ€. E tutto questo lo fa funzionare la grafica.
A.C. A proposito di un’immagine senza fulcro di Beatrice Alemagna scrivi:
Ho il ricordo preciso di come esploravo le immagini prima di imparare a leggere.So che il nostro cervello è fin dalla nascita un cervello programmato per l’apprendimento della struttura di una lingua, ma mi affascina pensare a modi di guardare le immagini che non siano, usando una parola cara a Barthes, “ancorati†al linguaggio. Ti sembra che l’immagine con fulcro appartenga di più al linguaggio (ha un soggetto) e quelle senza fulcro a una visione più infantile, pre-linguistica? Quel modo di esplorare l’immagine senza uno scopo, un soggetto… proprio come il tuo monaco cinese…
R.F. No, credo siano solo aspetti diversi del guardare. Il colpo d’occhio in fondo è l’atto meno “linguistico†che ci sia.
A.C. Come recuperare da adulti (adulti occidentali, moderni, assuefatti al senso e alla logica), questa visione da primi esploratori?
A.C. Mi regali un tuo ricordo antichissimo, infantile, di percezione di un’immagine?
R.F. Quando mi sono accorto che le immagini se le guardavi da vicino erano fatte di puntini. Rimasi sconvolto e affascinato, anche se ancora non sapevo che era una necessità grafica. Avrò avuto sei anni.
A.C. I libri di immagini che sfogliavi da bambino erano libri “per bambini�
A.C. Nel 1900 si è inventato (con poche prove di validità scientifica) tutto un universo visuale “per bambiniâ€, organizzato per fasce di età .Chi lavora nel mio settore ha sentito infinite volta la frase “questa immagine non è adatta ai bambiniâ€, riferita a immagini dal contenuto del tutto innocuo, ma dalla forma artistica troppo sofisticata.
R.F. Per la maggior parte delle persone l’idea di arte coincide con quella di verosimiglianza figurativa. Tutto qui. Non è supponenza verso i bambini spesso è incomprensione dei linguaggi moderni.
A.C. Ad esempio, non è curioso che i libri per bambini non siano fatti dai bambini? Che non abbiamo nei musei per grandi quadri di bambini?
Piccoli vantaggi della pandemia: l’incredibile ricchezza di contenuti che ogni anno si concentrava in quattro giorni di Fiera è oggi fruibile da tutti, durante tutto l’anno, online.
Nel programma online Open UP, a cura della Fiera per Ragazzi di Bologna e del Mimaster, trovate una lunga serie di eventi, conferenze, portfolio review (la possibilità di mostrare il proprio lavoro a un editore), alcuni gratuiti altri a un prezzo ragionevole (intorno ai 20 euro). Iscrivetevi in tempo! Potete visitare da soli la Mostra degli Illustratori e altre mostre iscrivendovi gratuitamente al canale della Fiera (area visitatori), e ascoltare molti eventi, tra i quali vi segnalo questi:
Martedì 23 marzo Dentro l’album illustrato Alle 11 l’agente Debbie Bibo e Chris Haughton spiegheranno come nasce un album. Alle 17 la scrittrice Nadia Terranova e l’illustratore e regista Lorenzo Mattotti racocntano la genesi di “Aladino e la lampada magicaâ€, Orecchio Acerbo editore. Meet the jury Dalle 13:30 alle 15 la giuria della Mostra Illustratori racconta come è avvenuta la selezione delle opere per la Mostra Illustratori 2021.
Mercoledì 24 marzo Il giro del mondo in 226 finalisti Gratuito Ore 15: in diretta Facebook dalla pagina della Fiera per ragazzi di Bologna, farò una visita guidata della mostra dei finalisti (quella dei vincitori sarà a giugno): un’occasione per raccontare come funziona il mercato in altri paesi: stili, tendenze, fiere, concorsi.
5 maggio The wordldwide illustrator survival portfolio Una maratona di 24 ore per 240 illustratori (prenotatevi in tempo!): avrete 6 minuti per mostrate il vostro portfolio a professionisti ad agenti, editori, grandi illustratori connessi da tutto il mondo.
Come funziona Una volta acquistato il Buono Regalo, riceverete un PDF personalizzato con il vostro nome, quello del destinatario e un codice con cui il destinatario potrà accedere gratuitamente al corso. Potrete decidere di stampare il PDF e spedirlo per posta, farlo trovare sotto l’albero o inviarlo via mail con un messaggio di auguri.
Chi riceve il Buono Regalo potrà iscriversi al corso in qualsiasi momento, con un anno di tempo dal momento dell’acquisto. Se conoscete qualcuno appassionato di album per bambini, questo è un viaggio tra i più begli album illustrati della storia del libro per bambini, all’incontro dei loro autori e delle loro idee.
From the Mundane to the Magical, Photographically Illustrated Children’s Books, 1854-1945 and Beyond, Dawson’s Book Shop, Los Angeles 1999
La gioia di un collezionista di libri, anche in erba come me, è trovare una bella edizione di un libro a cui tiene molto. Bella, cioè: senza scarabocchi, con tutte le pagine ancora solidamente rilegate insieme, il meno ingiallita possibile, profumata di carta e non di sigaro (ahi! i librai fumatori). Ma c’è una gioia ancora più grande per il collezionista: scovare e acquistare un catalogo bibliografico. Un catalogo bibliografico riunisce in un solo libro un potenziale enorme di possibili belle edizioni. È come una cassa del tesoro. Il collezionista può tuffarcisi dentro e riemergere con qualche titolo di cui nessuno aveva mai sentito parlare. La segreta ambizione di ogni collezionista, in fondo, è scovare la perla sconosciuta.
Quando sono arrivata alla posta per ritirare il pacco e il ragazzo dall’altra parte del banco mi ha detto che dovevo pagare un supplemento di 22 euro per il peso, gli ho fatto un sorriso gigante. Credevo che “From the Mundane to the Magical†fosse un piccolo e grazioso catalogo di libri illustrati con la fotografia, ed era già una bella giornata. Ma sono tornata a casa con con una scatola in braccio che pesava quanto un bambino di due chili.
Immagino Mus White viaggiare su e giù per latitudini e longitudini americane alla ricerca di biblioteche e collezioni private, mossa da non so quale spasmodico amore per i libri per bambini fotografici. Descrivendo ogni libro minuziosamente, ci regala, così, anche il vocabolario perfetto per diventare buoni collezionisti. Scorrendo le pagine, entriamo infatti nella selva di un linguaggio arcano e meraviglioso:
“Paper 25.6 x 34.5 cm, bulk 1.5 cm., all edges gilt. 20 plates with mounted salt prints reproducing drawings, I on each recto. All have tissue guards. Brief texts are included in the drawings. According to Helmut Gernsheim, the illustrations in this book were made by waxed-paper process.”
Attenzione, From the Mundane to the Magical non è un catalogo illustrato. Le illustrazioni accompagnano solo una decina di pagine, all’inizio del libro. Detto questo, se saprete trasformare la lettura di un migliaio di titoli in una caccia al tesoro, questo libro merita di spendere le sessanta euro di un’edizione non perfetta + 22 di spedizione e un sorriso al postino.
Voler pubblicare un libro per bambini, lavorare con i libri per bambini, senza sapere nulla della storia dell’illustrazione e degli album che hanno marcato questa storia, dei tipi di formato disponibili, di come funziona l’album… è più la norma che l’eccezione. Il motivo? Un mistero. Come se qualcuno volesse fare un’audizione di pianoforte senza saper leggere le note musicali.
Eppure è vero che si inizia così, un po’ alla cieca, affascinati da questo linguaggio che sembra semplice. A poco a poco, si scopre che dietro l’album c’è un mondo intero: una storia, giovane di soli duecento anni e un linguaggio, preciso come quello del fumetto, ma più adatto a bambini che ancora non sanno leggere i testi.
Durante questi mesi di confinamento, ho preparato un corso online divertente e fresco per condividere tutta la cultura che ho accumulato nella mia carriera sull’album, prima come autrice, poi come illustratrice, critica, collezionista. 12 lezioni video + letture dei più begli album della storia dell’illustrazione, esercizi e tanti articoli di approfondimento sulla storia dell’album e sul suo modo di raccontare storie ai bambini.
È un corso adatto a chiunque desideri approfondire storia e codici narrativi del libro illustrato per bambini, per passione o per lavoro.
“Un viaggio nell’album” è un vero viaggio nella conoscenza, da gustare con calma, in compagnia di album incantevoli e di una granita al limone, per arrivare a settembre pronti ad affrontare con più sicurezza il mondo dell’editoria per bambini. Buon viaggio e buona estate!