Una riflessione sull’arte dei bambini

28 Marzo, 2010

Questo mio articolo è apparso sulla rivista Hamelin, n°25 “Aprire gli occhi. Pratiche dello sguardo”.
Sul tema della creatività dei bambini e del loro collegamento con la creatività degli adulti leggi le interviste a: Antonio Marinoni, Beatrice Alemagna, Benoît Jacques.

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UNA RIFLESSIONE SULL’ARTE DEI BAMBINI
di
Anna Castagnoli

«MaturitĂ  dell’uomo: significa ritrovare la serietĂ  che da bambini si metteva nel gioco».
F. Nietzsche, “Al di là del bene e del male”

Recentemente, grazie ad alcune ricerche condotte per il mio blog di studi sul mondo dell’illustrazione LeFiguredeilibri, mi è capitato di imbattermi in alcuni disegni di Antonio Marinoni, illustratore per l’infanzia di incontestabile talento.
Accanto a vedute di interni, palazzi, sedie, principesse in abiti regali, disegnati con una precisione prospettica e un gusto del dettaglio stupefacenti, erano segnati dei numeri: 6, 8, 5… Non potevo credere, sulle prime, che quei numeri corrispondessero all’età dell’autore al momento in cui i disegni erano stati realizzati. Erano disegni fatti da Antonio Marinoni bambino.

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Antonio Marinoni all’etĂ  di 6 anni, Gruppo di edifici nel verde. (altri disegni di Marinoni bambino qui).

Poche settimane dopo, in occasione del Salone del libro di Montreuil, stavo curiosando tra i ripiani della ricchissima biblioteca di Beatrice Alemagna, illustratrice amica da cui ero ospite, quando mi è capitato tra le mani Histoires d’enfances di Elzbieta (Rouergue 2003). Il libro è una bizzarra raccolta di biografie d’infanzia. Aprendolo sulle pagine dell’introduzione, leggo:

«Le vite dei bambini non sono né meno interessanti, né meno difficili di quelle degli adulti. I loro pensieri sono altrettanto misteriosi. Le domande che si fanno, altrettanto gravi. Semplicemente, non sono loro che scrivono i libri. (…) Anche quando lo meritano, i bambini non diventano mai celebri come gli adulti. I libri, le vie, i crateri della luna, non portano mai, o quasi, dei nomi di bambini. Non si parla di loro nei giornali. Salvo rare eccezioni, le vite dei bambini sono delle vite private che restano sconosciute. Come se l’infanzia fosse solo un luogo di attesa della vera vita. Come se la verità di una persona si rivelasse soltanto al raggiungimento dell’età adulta. Ovviamente, questo non è vero. Ci sono bambini che conducono vite memorabili, vite entusiasmanti, avventurose o strane. Ci sono persone la cui vita da adulti, è molto meno interessante di quella che è stata nella loro infanzia.»


In queste poche righe Elzbieta denuncia una lacuna sconcertante della cultura umana: quella dell’infanzia.
Anche illuminato dai riflettori della più grande attenzione pedagogica, il patrimonio di produzione filosofica, letteraria, artistica dell’infanzia, resta a tutt’oggi un universo misconosciuto. Dopo due secoli di studi sui bambini si nota ancora, sentendo parlare di loro, quell’accento di velata compiacenza proprio di certe descrizioni di usi e costumi di tribù primitive ancora in vita; quando non è quello troppo serio che si riserva ai malati mentali.
Nel grande sconvolgimento culturale del Novecento, i disegni dei bambini furono uno dei più importanti trampolini delle avanguardie. Si pensi all’influenza che hanno avuto i disegni dei bambini su artisti come, solo per citarne alcuni, Pablo Picasso, Joan Miró, Paul Klee, Jean Dubuffet.
Vasilij Kandinsky fu uno dei primi ad interessarsi ai disegni dei bambini, ne collezionò centinaia, li studiò, li copiò, li pubblicò nell’almanacco del “Cavaliere Azzurro”, accanto ad opere di Henri Rousseau e Pablo Picasso.

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Anna M., 10 anni, Maale-Adummim, Israele (crediti: Petra over blog)
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Sabine SĂĽssmilch, 8 anni, Germania (crediti: Petra over blog)
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Paul Klee, disegno per “la giornata di uno scrutatore”

Ma in questa grande rivoluzione delle fonti di ispirazione, le opere dei bambini restavano relegate a una funzione di rottura, di liberazione dell’espressività creativa, al pari dei disegni dei folli, dei popoli primitivi o di quell’arte ingenua, detta brut o naïf, a cui si invidiava la mancanza di riferimenti culturali.
Non era, ancora una volta, un bambino con nome e cognome, protagonista di queste avanguardie, ma “i disegni dei bambini”, uno stile, un genere, l’ennesima casella dentro cui relegare l’infanzia. Picasso ha scritto: «Ci spiegano che dobbiamo lasciare la libertà ai bambini, in realtà, gli si impone di fare dei disegni “da bambini”. Si insegna loro come farli. Come sempre, su pretesto di lasciarli liberi, in nessun caso di condizionarli, li si rinchiude nel loro “genere”, insieme alle loro catene.»
Dopo la scoperta del libro Histoires d’enfance, ho ripensato ai disegni di Antonio Marinoni bambino. La grazia di quelle composizioni mi sembrava confermare la verità della denuncia di Elzbieta. Dietro quei disegni c’era la competenza di un bambino-artista.

Certo, Marinoni può essere un’eccezione: un bambino straordinariamente dotato. Ma gli artisti non sono tutti, per definizione, persone straordinariamente dotate? Non è la bellezza di quei disegni ad essere “scandalosa”, ma il fatto che quei disegni testimoniano di uno sguardo comune a tutti i bambini, e della nostra ignoranza a questo proposito.
Quando l’arte ci lascia a bocca aperta davanti a un quadro di Vermeer, ai piedi di una vetrata di Chartres, ascoltando un brano di Mozart o davanti alle righe di una poesia, non è forse perché ci rivela qualcosa di noi stessi? Se possiamo capirla, non è forse perché, dentro di noi, era nascosta la stessa visione? L’artista traduce sentimenti e visioni che sono proprie di tutti gli esseri umani. I bambini-artisti ci ricordano che questa profondità di visione, non è appannaggio degli adulti.

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Antonio Marinoni all’etĂ  di 5 anni, La sedia (altri disegni di Marinoni bambino qui).

Di più: se l’artista è colui che sa interpretare la realtà che ci circonda in un modo originale, facendo dello sguardo un atto creativo, i bambini, in virtù delle caratteristiche proprie dell’infanzia, sono tutti “artisti”. Noi adulti, guardando una sedia, non vediamo quella complessa architettura di legno, tessuto e movimenti che forma una sedia, vediamo “la sedia”: un concetto, un oggetto da usare.
Ci stupiamo di ritrovare la stessa sedia che teniamo nel ripostiglio, in un quadro di Van Gogh, e di scoprire che ha un’anima. Siamo grati all’artista per averci regalato un nuovo modo di investire di significati la sedia. Ma quando è un bambino a disegnare una sedia e farne una rivelazione, quando la rovescia per terra e la usa come treno, capanna, mondo, lo consideriamo uno svago, un gioco da far applaudire le zie, o – peggio – qualcosa da correggere.
Possiamo facilmente renderci conto, pensando alla cultura umana, dell’inestimabile valore di questo sguardo sul mondo. Perché i bambini e il loro sguardo, non sono presi sul serio?

Quando penso a Komagata, che ha inventato un linguaggio fatto di forme e colori solo per comunicare con sua figlia neonata, quando penso ai libri di Munari e al modo con cui si relazionava ai bambini, all’opera di Rodari o a Rilke, che fece pubblicare i disegni di Balthus dodicenne, mi chiedo se la mistificazione, la negazione, la svalutazione dell’infanzia, non siano inversamente proporzionali alla capacità (o alla possibilità) che un adulto ha avuto di far sopravvivere, dentro di sé, la propria infanzia. L’artista è qualcuno che ha conservato vivo lo sguardo che tutti i bambini hanno sul mondo.
Nell’autunno del 2009, Claude Ponti ha aperto un museo on-line di disegni di bambini: Le Muz. I lavori esposti vengono selezionati mensilmente da una giuria di esperti del mondo dell’arte, con la stessa serietà e con gli stessi criteri con cui si selezionerebbero disegni di adulti. Lasciamo che sia il manifesto di Claude Ponti a concludere la mia provocazione:

«Senza i bambini, l’umanità non esisterebbe. Ciò nonostante, le opere dei bambini non sono considerate come facenti parte del patrimonio culturale dell’umanità. Quale che sia la loro età, il loro paese o la loro cultura, i bambini partecipano al patrimonio culturale dell’umanità allo stesso titolo degli adulti.»

QUI SOTTO UNA “PUBBLICITA’ PROGRESSO” GIAPPONESE PER DIFENDERE LA CREATIVITA’ DEI BAMBINI

Sul tema della creatività dei bambini e del loro collegamento con la creatività degli adulti leggi le interviste a: Antonio Marinoni, Beatrice Alemagna, Benoît Jacques.