Il rapporto testo-immagine. Parte II
6 Giugno, 2010(Ri)leggi la PARTE I
Abbiamo visto nella prima parte di questo studio che uno dei modi che ha l’immagine di comunicare il suo contenuto di significato è quello di “assomigliare” all’oggetto. Ogni oggetto ha una sorta di “scheletro” che lo definisce. Nel caso della SEDIA abbiamo visto che una manciata di poche linee disegnate era sufficiente a rendere l’idea di SEDIA, perché queste poche linee riproducevano esattamente lo scheletro (potremmo dire l’ESSENZA della FORMA?) della SEDIA.
Philippe Stark
Ma come fare quando con l’immagine dobbiamo illustrare oggetti che non appartengono al mondo fisico ma a quello delle idee? O dei sentimenti?
Ad esempio, come faremo ad illustrare la GIUSTIZIA?
Se la parola SEDIA, nel centro del suo campo semantico, significava un oggetto su cui ci si siede, cosa c’è al centro del campo semantico della parola GIUSTIZIA? Il dizionario DEVOTO OLI la definisce così:
“La virtù sociale rappresentata dalla volontà di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno mediante l’attribuzione di quanto è dovuto secondo la ragione e la legge.”
Ci vorrebbero altri dodici dizionari per decifrare il significato della frase qui sopra! (è il problema del linguaggio: ogni definizione è tautologica).
Se anche capiamo la definizione qui sopra, Antigone ci insegna che il diritto di ognuno non sempre coincide con il diritto dei molti. Due uomini o due nazioni in guerra avranno ognuno la convinzione che la giustizia sia dalla loro parte e non dall’altra.
Un bambino avrà una nozione molto semplice della parola GIUSTIZIA: “giusto è quando mi viene dato tutto quello che voglio!”. Un giurista saprà che il Devoto Oli è ben lungi dall’esaurire la complessità della parola GIUSTIZIA.
Questa relatività del significato è dovuta al fatto che la parola GIUSTIZIA non ha come referente un oggetto del mondo fisico, non c’è da qualche parte un “OGGETTO GIUSTIZIA” su cui tutti si possono mettere d’accordo. Potremmo dire che la parola GIUSTIZIA è un po’ come un oggetto transizionale, qualcosa che è a metà strada tra il “dentro” di un individuo e il “fuori”. L’idea di giustizia appartiene all’umanità , e nello stesso tempo appartiene intimamente ad ogni individuo sulla terra.
Se uno dei modi di comunicare dell’immagine era quello della somiglianza, come trovare una somiglianza con un oggetto che non solo non esiste, ma che non ha neppure una definizione univoca?
Vediamo come ha fatto Comenius nel 1658, in quello che viene considerato il primo libro illustrato per bambini di tutti i tempi: l’Orbis Pictus Sensualium. Ad ogni parola veniva associata un’immagine. Nell’immagine che vedete qui sotto è illustrata la parola GIUSTIZIA.
Orbis Pictus Sensualium, Comenius, 1658
In primo piano Comenius ha disegnato la Giustizia usando una rappresentazione simbolica in uso al suo tempo: La Giustizia è una donna bendata, e ha due attributi, la bilancia, simbolo di equilibrio, e la spada, simbolo di forza. Per indicare la giustizia l’illustratore ha usato dunque UNO STEREOTIPO: lo stereotipo è comprensibile solo da un gruppo molto ristretto di persone. Probabilmente conscio di questa limitazione Comenius ha disegnato in secondo piano una scenetta: due uomini stanno discutendo e un terzo sottrae qualcosa dalla tasca di uno dei due. Questa scenetta quasi teatrale, illustra un “FURTO” e ci indica un punto del campo semantico attorno al quale dobbiamo cercare il significato della parola GIUSTIZIA.
L’immagine di Comenius è efficace? Secondo me no, e adesso scopriamo perché con un gioco.
Rispondete a questa domanda: quale delle due immagini seguenti, secondo voi, rappresenta meglio la GIUSTIZIA?
FIGURA 1
FIGURA 2
Sono certa che nessuno potrà non essere d’accordo sul fatto che la FIGURA 2 rappresenta con più efficacia la GIUSTIZIA. E qui viene il bello! Proprio come per il caso della parola SEDIA, sembra che anche la parola GIUSTIZIA abbia uno scheletro, una forma basilare. Un concetto così astratto e complesso da non riuscir ad essere definito neanche dal miglior dizionario è invece spiegato con il gesto di una sola linea. Sul perché di questo miracolo si può dibattere a lungo, ed entreremo nel campo della filosofia: esiste un’idea innata di giustizia? Un archetipo? Sulle conseguenze di questo miracolo, invece, si fonda l’ARTE.
Guardate come Giotto, con un’intuizione più felice di quella di Comenius (e con tre secoli d’anticipo), illustra la GIUSTIZIA nella Cappella degli Scrovegni…
Giotto, Le virtù (la Giustizia), Cappella degli Scrovegni, 1303-1305
L’idea di bilancia, di parità , di equilibrio, è estesa a tutta la composizione dell’immagine, non c’è solo una bilancia-simbolo (quella nelle mani della donna), tutta la figura è “bilanciata”. Anche senza capire cosa significano i simboli presenti nell’immagine, al primo sguardo siamo già illuminati da un grande senso di calma e giustezza: la simmetria della nicchia, la centralità potente dell’immagine, la sua base stabile data dall’ampia gonna… Non c’è bisogno di spade ed emblemi, Giotto ha rubato alla GIUSTIZIA la sua essenza, e l’ha riprodotta attraverso linee e forme.
L’immagine di Giotto assomiglia all’oggetto che vuole comunicare. E’ più chiara, nel suo messaggio, dell’affollata vignetta di Comenius, più intuitiva della faticosa definizione del Devoto-Oli.
RIASSUMENDO:
Possiamo individuare tre modi con cui si può illustrare una parola che non ha un referente “fisico”, sia essa rappresentante di un concetto o di un sentimento:
– Usando un simbolo su cui un gruppo di persone si è messo d’accordo per rappresentarlo: i cuoricini per indicare l’AMORE sono un esempio classico. Le parole stesse sono stereotipi.
– Illustrando una scenetta della vita reale in cui si esplicita il significato della parola:Â per indicare l’AMORE, ad esempio, due amanti che si baciano
– Assomigliando al concetto attraverso la composizione: perché le idee e i sentimenti hanno anch’essi una forma.
Giotto, Le virtù (l’Incostanza), Cappella degli Scrovegni, 1303-1305
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