INTERVISTA ALLA CASA EDITRICE LES TROIS OURSES, PARTE II
31 Gennaio, 2011Pubblico in tre parti l’intervista a Elisabeth Lortic, fondatrice ed editrice de Les Trois Ourses. L’intervista fa parte della tesi finale che Marissa Morelli, architetto, ha svolto per il Master in Illustrazione per l’infanzia ed educazione estetica all’Università di Padova ed è una ricchissima testimonianza della storia di uno degli editori più interessanti del panorama francese, nonché una profonda riflessione su cosa significa nutrire i bambini di immagini graficamente “adulte”. Ringrazio Elisabeth Lortic e Marissa Morelli per avermi concesso di pubblicare questo prezioso documento.
Rileggi: INTERVISTA ALLA CASA EDITRICE LES TROIS OURSES, PARTE I
In Italia, qualche anno fa, Topipittori ha pubblicato un libro di poesie scritto da Giusi Quarenghi e illustrato da Chiara Carrer, che si chiama E sulle case il cielo. È un esempio molto felice di interazione fra le parti, fra intensità di testo e leggerezza iconica. Forse manca nell’editoria per l’infanzia questo tipo di pubblicazione…
Sì, adesso che mi ci fai pensare, vorrei in realtà fare un bel libro di poesie. Vorremmo fare un libro di poesie di Gertrude Stein. In effetti, l’abbiamo sulla lista.
La vostra produzione è costituita da libri molto diversi e variegati fra loro. Mettendoli tutti insieme credi di riuscire…
Scusami, ti interrompo, vorrei tornare al legame con Père Castor. In realtà ci interessa molto per il tipo di educazione che proponevano questi libri, una nuova educazione artistica, una sorta di cultura del fare. Crediamo di avere la stessa filosofia, in altre parole, pensiamo che s’impari facendo, che è poi la stessa filosofia di Munari. Quando si fa si capisce, diceva lui. In Père Castor c’era una collana di libri per ritagliare, costruire, incollare, fabbricare, divulgando una filosofia del fare insomma.
La differenza con Père Castor è che non siamo una scuola, per noi è più importante la libertà totale, per aprire il più possibile l’immaginario nella fantasia del bambino. Ovviamente non l’abbiamo inventato noi, ma ogni volta che veniamo a conoscenza di un progetto di cui intuiamo queste specifiche caratteristiche, facciamo di tutto per farlo pubblicare e conoscere.
Pensi che ci sia un particolare valore educativo nella vostra produzione? Vi appoggiate a studi di pedagogia particolari?
Avete ad esempio legami con strutture come A.c.c.e.s (Actions Culturelles Contre les Exclusions et les Ségrégations) che da molti anni indaga sul legame bambino/libro, su cosa dare al bambino, come e quando darglielo? In Italia è una discussione molto accesa e fervida; ci sono grossi contrasti su questo tema.
Non abbiamo approfondito nessuna particolare teoria prima di fondare l’associazione. Noi appartenevamo alla corrente di La joie par les livres (N.d.r: Movimento culturale francese nato negli anni 70 nelle biblioteche francesi nel tentativo di avvicinare i bambini ai libri e stimolare l’editoria per l’infanzia). Siamo nati col movimento delle biblioteche pubbliche per ragazzi, un tempo molto vivo; all’inizio era un gruppo privato, poi diventato statale. A.c.c.e.s era costituito da un gruppo di psichiatri e lavoravamo insieme a loro sui progetti. Abbiamo suggerito parecchie volte alla direttrice di porre l’attenzione sulla comunicazione visiva, ma non è mai stato fatto. Sono stati bravi ad aver trovato soluzioni prima che nascessero i problemi, a porre l’attenzione sul mondo infantile. Ma in realtà nessuno di loro è venuto a chiederci di tenere qualche corso sull’educazione visiva.
Alcuni libri di Bruno Munari. Crediti foto Tropismes jeunesse
Credi che in qualche modo si sottovaluti l’immagine? Ad esempio noto che ai bambini fino ai 6 anni, che si trovano in età pre-scolare, vengono dati libri con immagini, ma dopo sei anni, basta, si deve leggere, non vengono più proposti libri con immagini. Non viene attribuita il giusto valore alla potenzialità iconica?
Certamente è come dici. In realtà noi di Les Trois Ourses ci troviamo su una sorta di valico, labile, modificabile, che è sempre una specie di frontiera. Nei pre-libri di Munari non c’è niente di figurativo, è un’ esperienza multi sensoriale; il libro illustrato invece è un’altra cosa. Per bambini molto piccoli sono molto importanti il tatto, le forme… sono importanti libri come Piccolo blu e piccolo giallo, ma non importa ad esempio che non sia chiaro che piccolo giallo non sia una persona raffigurata come tale. Funziona perfettamente lo stesso. È una vera e propria introduzione all’arte moderna.
Petit arbre, Katsumi Komagata, Les Trois Ourses
Se mostri ai bambini i libri di Komagata, in bianco e nero, hanno forti reazioni, ma, apparentemente, agli adulti non comunica niente. Hanno lasciato le emozioni nel loro passato. Komagata ha inventato e fatto tutti i suoi libri guardando la sua bambina. Forte del suo mestiere di grafico, ha adattato le cose che faceva rispondendo alle reazioni di sua figlia. È una persona che vuole comunicare qualcosa. Non qualcuno che fa un libro e dice “ah che bel libro” e basta.
Tornando alla domanda precedente ti posso dire che se proprio vogliamo trovare dei riferimenti pedagogici, seguiamo la scia della Nouvelle Education, di Montessori, ma sopratutto ci interessano Froebel e Rousseau, senza però appoggiarci a teorie specifiche.
Se osservo il lavoro di Munari o anche di Komagata, vedo una sorta di progettualità che dura nel tempo, cose che si susseguono e che creano un percorso definito. Sembra che oggi manchi questa continuità progettuale, questa ricerca di un percorso, nell’affrontare il tema dell’educazione estetica e comunicazione visiva.
I tempi sono cambiati, di certo: non c’è più tempo! Tra i vari artisti che mi vengono in mente ci sono Paul Cox, Sophie Curtil e Malika Doray, quest’ultima è in realtà più illustratrice ma ha un modo di parlare ai bambini che è raro. In Francia denoto una carenza nella scrittura per bambini piccoli. Mancano sopratutto testi che parlano di cose importanti, come la vita e la morte.
Parlavamo della progettualità. Non ti viene voglia di indire un concorso, per capire se c’è qualcuno che ha un buon progetto?
Ci piacerebbe fare un concorso sui libri tattili. Ci sono pochi libri per i bambini non vedenti e gli stessi libri possono essere anche per i bambini piccoli vedenti. Credo sia un ambito in cui ci sia molto da esplorare.
Rileggi: INTERVISTA ALLA CASA EDITRICE LES TROIS OURSES, PARTE I
4 Febbraio, 2011 at 18:11
Ciao Anna
Piccola precisazione per quanto riguarda l’intervista di tre orsi.
Il concorso sui libri Tattile esiste, l’ho creato nel 1999, ha anche un nome, ha chiamato Typhlo & Tactus. Fino al 2009 è stato a livello europeo, dal momento che è internazionale e partner ICEVI. Ha anche una storia che viene raccontata nella guida e Typhlo Tactus Touch illustrato l’album uscito nel 2009, dove 20 paesi espone la situazione nel libro il loro tocco paese. Questa storia è disponibile anche in inglese.
Infine, Typhlo & Tactus è stato presentato alla Conferenza IFLA in Germania nel 2007, in Sud Africa nel 2009 e Ibby World Congress 2010 a St J. de Compostela.
Philippe
Casa Editrice Les Doigts Qui Rêvent
5 Febbraio, 2011 at 10:21
Gentile Philippe, tra pochi giorni parlerò di Typhlo & Tactus in un post che farò a proposito del concorso italiano “gemellato” “Tocca a te!”. Un saluto e grazie per la preziosa informazione.