Okki Hoessah alla stazione, Marco Oppers, 1939: un capolavoro assoluto

22 Novembre, 2012
Okki Hoessah alla stazione, Marco Oppers, particolare

Okki Hoessah op het station (Okki Hoessah alla stazione), disegnato e raccontato da Marco Oppers, pubblicato da G.B. van Goor Zonen nel 1939 in Olanda, è un capolavoro misteriosamente caduto in qualche fessura del tempo.

Wim Leonard Marie van Overbeek (L’Aia, 2 settembre 1915 – Overveen 21 luglio 2012) è stato un illustratore olandese, designer e rilegatore di libri. Dopo aver studiato presso l’Accademia di Belle Arti dell’Aia e aver pubblicato due libri per bambini di stordente bellezza: Okki Hoessah alla stazione e Okki Hoessah all’aeroporto (pubblicati con lo pseudonimo Marc Oppers: un gioco di lettere tra il nome della sua agenzia Co-op 2 e quello della moglie Magda Versteeg, autrice dei testi), è diventato un illustratore pubblicitario. Pochi i libri successivi ai due su Okki Hoessah dove compare come illustratore (li trovate elencati qui).

Il libro Okki Hoessah alla stazione, che vi presento per intero in questo post, narra la storia di un bambino di colore che viene trovato a dormire su un treno. Il bambino si sveglia e inizia a esplorare la stazione in tutti i suoi angoli imprevisti e meravigliosi. Nell’ultima tavola, scesa la notte stellata, nella cabina calda di carbone che brucia, si addormenta di nuovo. La quarta di copertina vede il treno allontanarsi e portarsi via bambino, libro, ed emozioni: sembra quasi di sentire il fischio del treno che si allontana nella notte.
Le campiture piane, senza linee di contorno, e il gioco di colori, richiamano le avanguardie russe; ma quello che trovo straordinario in questo libro, è che il gioco grafico, forte e chiaro, non prende il sopravvento sulla narratività delle scene. L’accento resta sul naturalismo della composizione e della gestualità dei personaggi. Rispetto alla mia suddivisione degli stili (che potete ripassare qui) siamo e restiamo nel “realismo disegnato”. Si crea in questo modo un equilibrio potentissimo tra la freschezza della grafica e il calore della narrazione. S.U.B.L.I.M.E.

Nota: nei commenti a questo post continua l’analisi del libro.

Se a qualche editore venisse voglia di rieditarlo e volesse informarsi sui diritti di riproduzione può chiedere alla biblioteca Koninklijke Bibliotheek, National Bibliotheek van Nederland. Indirizzo: Prins Willem-Alexanderhof 5 2595 BE Den Haag. Contatto mail via questo formulario.

10 Risposte per “Okki Hoessah alla stazione, Marco Oppers, 1939: un capolavoro assoluto”

  1. 1 Daniela Iride Murgia
    22 Novembre, 2012 at 12:04

    Ottava meraviglia del mondo…i colori e gli equilibri nella gestione dello spazio sono sublimi.

  2. 2 alberto ruggieri
    22 Novembre, 2012 at 12:10

    veramente bellissimo.
    A riprova che, a ben guardare, molte “novità” dei nostri giorni non sono poi così nuove.

  3. 3 maddalena
    22 Novembre, 2012 at 12:21

    bellissimo, potrebbe essere stato disegnato ieri…Non lo conoscevo, se tu non avessi indicato autore e data…avrei pensato ad un autore moderno

  4. 4 cristina
    22 Novembre, 2012 at 12:47

    confermo, anche per me è un capolavoro e lo percepisci a colpo d’occhio. Quando qualcosa è bello , è bello!

  5. 5 Francesca
    22 Novembre, 2012 at 16:33

    Meraviglioso!

  6. 6 cinzia ruggieri
    22 Novembre, 2012 at 21:19

    meraviglia!!..è vero,potrebbe essere stato disegnato adesso,ma nello stesso tempo è assolutamente del ’39…ci entri dentro…

  7. 7 Gioia
    23 Novembre, 2012 at 11:22

    Immagino la meraviglia del piccolo Okki. Quanto sono belle le stazioni! Quanto lo sono sempre state?! Quante storie che si incrociano! Nei gesti di questo bambino c”è l’ intelligenza di chi vuole conoscere per stare dentro il mondo e non guardarlo. C’è, in questo realismo disegnato (di cui Anna grazie che ci fai scuola) tutta la sensazione del freddo della stazione, del peso delle valige, degli spazi dilatati e del movimento del treno che lo porterà nel futuro, lontano. C’è il nero che diventa il colore familiare e caldo in cui abbandonarsi e affidarsi al viaggio.
    E c’è il profumo dei libri con le pagine ingiallite in cui riscoprire ancora e ancora e ancora tutta la bellezza del mondo delle Storie in chi ci piace tanto viaggiare!

  8. 8 Anna Castagnoli
    23 Novembre, 2012 at 11:29

    Gioia che bella analisi! Concordo in pieno.
    Julien mi ricordava anche che in quegli anni i Paesi Bassi erano ancora in piena espansione coloniale, e faceva il parallelo con “Tin Tin au Congo” uscito nello stesso periodo, dove al contrario il protagonista è un bambino bianco tra persone di colore.
    Secondo me anche la differenza del colore della pelle è interessante, è come se accentuasse l’estraneità della stazione, come se sottolineasse la solitudine radicale dell’essere bambini.

  9. 9 Sonia
    24 Novembre, 2012 at 9:10

    Mi ha ricordato Hugo Cabret, ma anche T.D.Lemon Novecento, la capacità dell’infanzia di farcela da sola, di saper scovare in se un talento nascosto che permette di affrontare la solitudine, di saper osservare senza essere vista. Qui la differenza tra il mondo adulto e l’infanzia e simbolicamente espressa dal colore della pelle, altrove dal talento, ma mi sembra un monito agli adulti ad avere fiducia, ad osservare e ad imparare dalla straordinaria capacità dell’infanzia di saper vedere dove l’adulto non vede più.

  10. 10 Anna Castagnoli
    26 Novembre, 2012 at 0:19

    Grazie Sonia per il bel commento. E’ vero che ricorda Hugo Cabret.