Sergio Ruzzier, 7 domande
30 Maggio, 2011Sette domande a Sergio Ruzzier, un illustratore italiano emigrato a New York molti anni fa. Il suo universo rassicurante e divertente, nasconde raffinatissimi giochi di fantasia. In America i suoi libri hanno incontrato il successo, tanto che Sergio è stato invitato a casa di Maurice Sendak per un mese di ricerca, sperimentazione e lavoro.
Sergio cura anche un bellissimo blog sull’illustrazione d’oltreoceano: Sergio Ruzzier, a picture book blog.
“Why Mole Shouted”, Lore Segal e Sergio Ruzzier, Farrar, Straus and Giroux, 2004
Illustrare è…?
Un cucciolo caldo. Almeno, sarebbe bello se lo fosse sempre. A volte provo un senso di profondo benessere quando disegno e soprattutto quando passo a china o coloro le mie tavole, seduto alla mia scrivania.
Quale è il tuo rapporto con il colore/la linea/la carta?
Partirei dalla linea. Mi ricordo, da ragazzino, l’emozione delle prime volte che ho usato il pennino con la china. Capire come fare a ottenere una linea più spessa o più fine, come modularla, come fare le curve, come non macchiare… Veneravo i fumetti di Schulz, di Segar, di Herriman, e l’idea di trovare un modo mio di usare il pennino mi appassionava molto. Direi che è stato uno dei miei più grandi intimi successi.
Sergio Ruzzier
Al colore sono arrivato molto più tardi, verso i diciott’anni. Raccontavo a me stesso che il mio ideale era il bianco e nero, ma in realtà avevo molta paura di affrontare il problema. Poi, un giorno, mi sono forzato e ho comprato una dozzina di mezzi godet e ho imparato a usare gli acquarelli, che mi danno grandi soddisfazioni.
Per la carta, soprattutto la carta vecchia, ho una grande passione, ma per quanto riguarda i miei disegni, alla fine uso sempre la stessa Arches ruvida da piu’ di vent’anni, che è perfetta sia per il tratto sia per la pennellata.
Quale è il tuo rapporto con i limiti della pagina (o doppia pagina) del libro?
Devo dire che la composizione dell’immagine mi viene abbastanza facilmente, anche perché il mio modo di impaginare è piuttosto tradizionale, senza grandi sperimentazioni.
Di solito preferisco avere un qualche tipo di bordo, di cornicetta attorno ai miei disegni. Non amo particolarmente le immagini al vivo, nei miei libri, anche se a volte se ne ha il bisogno, o almeno così mi dicono i miei editori.
“The Room of Wonders”, Sergio Ruzzier, FSG, 2006
Nella tua opera, quale è il tuo rapporto con la realtà ?
Non sono sicuro. In genere, rimango piuttosto distaccato dalla realtà , per quanto possibile.
“Gli Uccelli”, Sergio Ruzzier, Despina, 2002
Nella tua opera, quale è il tuo rapporto col tempo?
Butto sempre via un sacco di tempo. Cerco sempre qualche scusa per non cominciare un nuovo progetto o il prossimo disegno. Rimando. Per qualche motivo, alla fine riesco sempre a completare il lavoro, in genere in tempo. Non so bene cosa ne faccia del tempo che perdo.
“The Life of an Artist” disegni e storia di Sergio Ruzzier, su “Blab!”, 2010
O mi chiedevi del tempo all’interno delle mie storie? Da quel punto di vista, mi piace che ogni libro abbia un ritmo diverso. O che lo stesso libro abbia ritmi diversi a seconda di chi lo legge. Ma non ci penso troppo, al ritmo o al tempo, quando sto scrivendo o disegnando.
Illustrazione e parola: quale dovrebbe essere la loro relazione ideale?
L’illustrazione dovrebbe raccontare una storia in qualche modo diversa da quella raccontata dalla parola. Se no, il tutto può risultare piuttosto noioso.
Se dovessi riassumere in una frase quello che hai cercato attraverso il tuo lavoro durante tutta la tua carriera? E domani?
Il complimento che mi fa più piacere è quando mi dicono che coi miei disegni ho creato un universo originale, personale. Non credo di averlo fatto consciamente, ma è una bella cosa da sentirsi dire.
“Tweak Tweak”, scritto da Eve Bunting e illustrato da Sergio Ruzzier, Clarion, 2011
In futuro vorrei riuscire a sviluppare una particolare idea che ho in testa da qualche tempo. Sono stato invitato da Maurice Sendak a passare un mese da lui, in Connecticut, il prossimo autunno, per lavorare a quello che voglio, e forse quella sarà l’occasione giusta.
30 Maggio, 2011 at 9:27
Ciao Anna,
non conoscevo il blog di Ruzzier, molto bello, grazie per la dritta!
Francesco
30 Maggio, 2011 at 20:48
ma…..come si fa ad essere invitati a casa di Maurice Sendak?
30 Maggio, 2011 at 21:40
Non lo so! Si diventa bravissimi, si vive in America, si ha un colpo di fortuna?
31 Maggio, 2011 at 8:07
lo sospettavo….anche travestirsi da idraulico e andare a riparargli la lavatrice mi sembra una buona opzione…