AGGIORNAMENTO: Il corso è online e lo potete acquistare qui!
Ci siamo! Dopo due mesi di intenso lavoro sto per pubblicare il mio primo corso online. Sarà un viaggio affascinante nella storia dell’album illustrato, per scoprire anche come questa storia influenza il suo modo di raccontare storie, i suoi codici visuali. Per poter lanciare il corso, devo solo aspettare l’attivazione di un numero fiscale internazionale che mi premetterà di fatturare con Iva all’estero, e che in questi tempi di uffici con personale ridotto potrebbe tardare qualche giorno o settimana in più. Poi partiamo per questo viaggio. Se volete ricevere informazioni sul lancio, potete iscrivervi alla newsletter della pagina del corso, qui: store.lefiguredeilibri.com. Non implica niente, riceverete una mail con le informazioni e potrete poi decidere di iscrivervi o meno, e anche di disattivare la newsletter: Vi aspetto! Anna Castagnoli
Aggiornamento: La diretta della mia visita guidata è stata registrata, la trovate nella collezione video della pagina Facebook della Children’s Book Fair: qui.
Come saprete, quest’anno la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna è stata annullata a causa del Covid19. Ma è impossibile frenare quel fiume di novità , eventi, cultura che la Fiera porta in campo ogni anno: la Children’s Book Fair si è subito re-inventata e sta vivendo online le sue più importanti manifestazioni. Io darò il mio consueto contributo con la visita guidata alla Mostra degli Illustratori, edizione 2020. Come fate ad assistere? Vi collegate oggi 7 maggio, alle 16 in punto, sulla pagina Facebook della Children’s Book Fair, dove ci sarà la diretta: https://www.facebook.com/BolognaChildrensBookFair/ Intanto, non perdete il ricco programma e la visita virtuale alle immagini, già online. Sono bellissime. Qui la galleria di immagini: https://galleries.bolognachildrensbookfair.com/ Qui il programma degli eventi: http://www.bolognachildrensbookfair.com/eventi/programma-eventi/5663.html
La storia inzia nel 1903, qaundo Gertrud Caspari, illustratrice che imporrà il suo stile pulito e lineare per molti decenni (ancora oggi in Germania si parla di “stile Caspari”) pubblica il suo primo libro per bambini: Das lebende Spielzeug. Ein lustiger Traum, (I giocattoli animati, Löwensohn, Fürth).
Il libro narra della fuga di un gruppo di giocattoli dalla loro scatola. È il sogno di un bambino. L’idea narrativa evoca il celebre passaggio dei giocattoli animati nel racconto dello scrittore romantico E.T.A Hoffmann “Schiaccianoci e il re dei topi” (1816), messo poi in musica da Tchaikovsky nel balletto Lo schiaccianoci (1892). Alcuni anni dopo il 1903 (quanti, non so), un misterioso/a Me. J. Rybau, sul quale non sono riuscita a trovare nessuna informazione, pubblica in Francia il libro della Caspari con il titolo Les joujoux vivantes, ou un drôle de rêve (I giocattoli animati, o uno strano sogno). L’edizione è senza data. Stessi disegni, testo tradotto in francese. Ecco alcune immagini dell’edizione francese e le due copertine a confronto:
Già qualche anno prima, nel 1908, Debussy aveva lavorato a un’opera per bambini: una suite per pianoforte in sette parti pubblicata dall’editore A. Durand & fils con il titolo Children’s Corner. E nel maggio del 1913 era andato in scena il suo balletto, Jeux (Giochi), con la compagina dei Balletti russi del coreografo Djaghilev, interpretato dal grande ballerino Nižinskij; ma il balletto non era piaciuto affatto al pubblico parigino.
Carissimi lettori, come sapete la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, dove mi incontravo ogni anno con alcuni di voi, è stata annullata. Per non lasciarvi troppo soli, insieme al portale Ad un tratto, abbiamo deciso di organizzare un incontro online su diversi aspetti del mestiere di illustratore. L’incontro sarà questo lunedì 6 aprile alle ore 21. Potrete interagire con le vostre domande durante un’ora, un’ora e mezza. L’iscrizione costa 5 euro e il ricavato andrà in dono alla Croce Rossa italiana. Per iscrivervi seguite le istruzioni su questa pagina.
Tra gli addetti al settore, cioè quelle persone che invece di leggere un libro illustrato lo mettono controluce, lo misurano, lo pesano alla ricerca di qualche segreta chiave di lettura riservata ai soli iniziati, Et puis del duo Icinori (Mayumi Otero & Raphael Urwiller), pubblicato in Italia da Orecchio Acerbo (E poi, 2018), è un album che ha scatenato inesauribili dibattiti. È stato quindi con scarsissima modestia che, invitata ad analizzare l’album per la rivista spagnola Fuera de Margen (1), davanti alla vetta di quel meraviglioso monte blu-Fuji in copertina, mi sono armata di corde, chiodi e scalpello e ho deciso che sarei arrivata in cima.
Parto dalla vista che godo da quassù: E poi è un album “raddoppiato”, definizione che il critico V. Stoichita (2) usa per tutti quei quadri il cui contenuto è una immagine che parla di una immagine: un’allegoria sull’arte. L’oggetto del libro non è una storia, ma il modo di raccontare una storia, lo stile delle illustrazioni, una riflessione sullo stile.
Per cominciare, il libro è un calendario: ogni pagina, un mese dell’anno. Come negli antichi libri d’Ore, le pagine offrono un’occasione di riflessione sul tempo. Dentro le stagioni, ci sono i mesi, dentro i mesi, qualcosa accade, qualcosa cade. I mesi non vanno da gennaio a dicembre, ma da settembre ad agosto: l’anno scolastico dei bambini.
Cinque lettere antropomorfe, per l’esattezza le vocali A,E,I,O,U, la cui testa è a forma di utensile (bullone, pinza, martello, chiave inglese, sega) lavorano sulla scena come operai teatrali e cambiano la scenografia sotto gli occhi dello spettatore: spostano quinte, srotolano tappeti, sventrano montagne in un continuo susseguirsi di aperture di botole e sorprese degne del miglior teatro di Bob Wilson.
Mese dopo mese, mentre gli operai-vocali sono occupati con la scenografia, una miriade di personaggi entra e esce di scena, creando altrettante storie parallele e intrecciate. Alla fine del libro, le quinte vengono spostate fuori scena per lasciare spazio alla costruzione di una stazione ferroviaria. In agosto, un treno porterà tutti i personaggi in vacanza. Fine.
L’identità di tutti i personaggi del libro viene svelata nella risguardia finale, dove compaiono, nominati anch’essi come personaggi, elementi del disegno. Ad esempio, Gribouyi, che ricorda il suono di Gribouillis, “scarabocchio”, in francese (non so come è stato tradotto nell’edizione di Orecchio Acerbo).
I personaggi-citazioni, insieme alle vocali-operaie e ai personaggi elementi-del-disegno sono gli attori di una sontuosa, giocosa e coltissima riflessione sulla rappresentazione grafica. Il mondo è un linguaggio, sembrano volerci dire gli Icinori. Nell’album, questo linguaggio è fatto di lettere, modi di rappresentazione grafici, segni. In questo senso E poi è un album raddoppiato. Analizziamolo più nel dettaglio.
Nelle prime due pagine di guardia troviamo, disposta come una quinta teatrale, una foresta. Ricorda un’incisione di Matthäus Merian the Elder. Il bosco è morbido, barocco, pieno di chiari scuri, profondità di campo, animali nascosti.
Come potete osservare, gli operai-vocali sono già all’opera: con le loro tute povere alla moda dei fumetti degli anni ’80 e le teste-utensili da Avanguardie russe, sono una voce stilistica del tutto moderna. È dunque un linguaggio stilistico contemporaneo che interroga, sposta, sventra l’illusione della scenografia seicentesca.
Se il passaggio dai boschi alla stazione ferroviaria del finale evoca il leitmotiv nostalgico, ottocentesco, della rivoluzione industriale, il discorso sullo stile procede parallelo, decostruendosi di pari passo con il costruirsi della stazione, proprio come è accaduto nella realtà storica, dove l’avvento di una società industrializzata, con sua la visione meccanicistica del mondo, ha finito per scardinare i valori di una rappresentazione borghese e romantica della realtà , aprendo la strada alle Avanguardie e alla società di massa. Mentre gli operai-vocali costruiscono la ferrovia, tolgono di mezzo l’illusione figurativa. Il monte non era un monte, si apriva come un cappello, il bosco era una tela, il lago, un tappeto.
Anche il modo di inquadrare le immagini è una riflessione sulla rappresentazione artistica. Nella prima risguardia, dietro la prospettiva del palcoscenico, sale verticale la quinta del bosco. Ma il colophon occupa un rettangolo che proietta sul palco, in primo piano, un’ombra uniforme, ricordandoci che palco non è, ma superficie bidimensionale. Ogni prospettiva è un’illusione.
Nella pagina successiva, sullo stesso palco troviamo un tronco messo in prospettiva. Squisito riferimento ai “parergon†citati da Stoichita nel suo discorso sui quadri raddoppiati (3), sorta di oggetti in parte fuori quadro, in parte dentro, che fanno da ponte tra la realtà esterna all’immagine e lo spazio di finzione dell’immagine (mosche, lumachine, cartigli sulle cornici dipinte, tende, sguardi diretti al fruitore…). Anche David Hockney usa spesso un tronco-parergon nelle sue vedute di The arrival of spring.
E non è un caso che sia proprio Hockney, maestro indiscusso della riflessione sullo stile, che compare nel libro come uno dei personaggi principali, sotto lo pseudonimo David Okny.
Seduto su una tartaruga, Okny cerca di disegnare le trasformazioni del paesaggio ma viene investito dalla Venere di Botticelli in caduta libera e ridotto a braccio e testa fasciati. Impossibilitato a disegnare, si contenterà di guardare un’ultima natura morta.
Torniamo alle inquadrature. A mano a mano che gli operai-vocali spingono via le scene inziali, le quinte che vengono scoperte sono disegnate con uno stile sempre più semplice e lineare. Passando da un ultimo omaggio alle immagini di Épinal ottocentesche, si arriverà al disegno puro della stazione finale.
La stazione dell’ultima pagina, dopo che tutti sono partiti, è una sorta di città ideale deserta di genti; una scenografia rinascimentale extra-terrestre, perfetta e asettica come la stanza di Kubrick nel finale di 2001 Odissea nello Spazio. È forse lo schema architettonico del mondo quando il tempo ha smesso di dettare la sua legge? Il palco è sparito, una cornice bianca circonda l’immagine. Dal teatro, siamo passati all’illustrazione pura; dalla pittura, al disegno.
Gli operai-vocali si riposano e contemplano la loro opera, anche i tre piccoli personaggi corbu-hirosigheani sono presenti (angolo in basso a destra) e in riposo, dopo aver cercato, per tutto il libro, di costruire con dei cubi un, una… (qualsiasi cosa fosse, ha preso fuoco).
Dovrei aprire un altro capitolo, dopo questo post già molto lungo, per parlare della riflessione sulla sequenzialità narrativa e il tempo dentro questo libro. Vi regalo un solo esempio geniale: una di due volpi, girata la pagina, si rifiuta di ripetersi identica e decide di crescere in lunghezza; sarà sempre più lunga ad ogni pagina.
Anche nella risguardia finale il nome della volpe allungata si protrae come in una eco: voooooooolpeeeeee (reeeeeeeenaaaaaard), accanto al nome dell’altra volpe, scritto normalmente, volpe (renard). Ogni rappresentazione del mondo ha la sua lingua, ogni lingua cambia il nostro modo di percepire il mondo.
Per finire di stuzzicarvi, vi dico ancora che le storie dei diversi personaggi sembrano misteriosamente intrecciate a quella del personaggio “bookworm”. Pagina dopo pagina, bookworm ha in mano sempre più pagine (il libro raddoppiato), fino a finire investito dalla volpe allungata e perdere tutte le pagine raccolte (quindi, il filo della storia). Bookworm è il nome inglese di quelle bestioline che divorano i libri di carta. E poi, fine?
Se non avete sfogliato il libro, la descrizione che ho fatto potrà sembrarvi un trip allucinogeno. Ma la coerenza narrativa, formale, la rotondità della riflessione di questo coltissimo duo di illustratori-editori sullo stile trasforma il tic tac dei mesi in un ingranaggio perfetto, di eccezionale eleganza visuale. Alla fine, il libro è un gioco, e del gioco ha tutta la freschezza.
ps: Ringrazio Ana G. Lartitegui per avermi invitata a scrivere questo articolo per la rivista spagnola «Fuera de Margen». Anna Castagnoli
Note: 1) L’articolo di questo post è stato pubblicato in Spagna in una versione più ridotta con il titolo: Et puis? de Icinori, El libro desdoblado, Anna Castagnoli, «Fuera de Margen» n° 25, ottobre 2019
D’accordo, forse non per vincerli, il titolo è un po’ esagerato, ma ho partecipato in passato ad alcune giurie nazionali e internazionali (tra le altre: la Mostra degli Illustratori di Bologna nel 2014 (qui il post con la mia esperienza), Concorso Fundación SM nel 2015, (qui il post), Premis Junceda d’l·lustració 2017 (in Catalogna), Tapirulan nel 2018, Premio Illustri e Premio Serpa-Planeta Tangerina nel 2019 e sulla base di queste esperienze mi permetto di darvi alcuni consigli per avere, almeno, qualche chance in più. Eccoli:
1) FATE UNA SELEZIONE
I concorsi di illustrazione danno una reale visibilità e spesso lanciano giovani illustratori, ma costano ore di lavoro e denaro. Studiate con attenzione i concorsi che possano essere più adatti a voi, al vostro livello e stile, fate una selezione puntuale, ridotta, e metteteli in calendario come un vero lavoro. Le scadenze sono, ogni anno, sempre le stesse, con pochi giorni di differenza, quindi, potete organizzarvi.
Richard Scarry, 1956
Non è facile all’inizio avere la determinazione di lavorare molto per pubblicare un primo libro. Come sempre consiglio ai miei allievi, un concorso è un ottimo modo per esercitarsi su un tema con una scadenza temporale. Rappresenterà anche il calendario delle vostre sconfitte e dei margini di miglioramento, sia che vi proponete di partecipare e poi non lo facciate, sia che partecipiate e non veniate selezionati. Le sconfitte sono importanti quanto le vittorie, se non di più. Ci obbligano a crescere.
Ekaterina Tabakh, finalista al premio SCBWI della Bologna Children’s Book Fair 2018
2) STUDIATE I VINCITORI DELLE EDIZIONI PRECEDENTI
Ogni anno le giurie di un concorso cambiano; ciò nonostante, ogni concorso, vuoi per ragioni di destinazione commerciale (l’editore che pubblicherà il vincitore), vuoi per il gusto di chi sceglie i giurati, ha un suo marchio di fabbrica, un suo stile; proprio come la linea editoriale di una casa editrice.
Ad esempio, la Mostra degli Illustratoridi Bologna premia spesso la ricerca di linguaggi nuovi, arditi, al confine con l’arte vera e propria. Ilustrarte, in Portogallo presenta spesso una selezione di stili molto epurati, grafici, contemporanei.
Il concorso della Città del Sole, lo dice nel suo stesso bando, è più classico: incoraggia atmosfere festose, sognanti, allegre (“quasi fosse il racconto di un anno sognato, fatto di stagioni per lui ideali e di mesi simbolo”).
Questo non significa che non ci siano eccezioni, ma studiare bene cosa chiedono i bandi e studiare lo stile dei vincitori delle edizioni passate vi aiuterà a mirare meglio e centrare il bersaglio.
Violeta Lopiz, primo premio Ilustrarte 2016
3) METTETE UN PERSONAGGIO IN SCENA
Come mettete un soggetto nelle vostre frasi quando parlate o raccontate una storia, dovete mettere un soggetto nella vostra tavola. Questo protagonista deve essere chiaramente visibile e riconoscibile per qualche caratteristica grafica: con il suo berrettino, cravattino, fiocchettino, braghetta a quadri, capello sparato, vestito colorato, isolamento o differenze dagli altri personaggi… deve indicare al lettore che è lei/lui/loro il soggetto principale della vostra frase/scena. Sembra un consiglio scontato, non lo è. Tante troppe tavole in gara nei concorsi sono confuse da un punto di vista narrativo, ancora prima che stilistico.
Tove Jansson
Questo è il primo passo. Il secondo passo è far si che il soggetto sembri vivo, cioè, citando Nanni Moretti, “che fa cose, vede gente”, si muove, cade, si alza, cammina, corre, cambia espressione del viso. State raccontando una storia nel tempo: ogni pagina girata corrisponde a un cambio di stato d’animo e azione.
(Il protagonista, ovviamente, può essere un gruppo di persone o una coppia di amici, un animale, etc…).
Manuel Marsol, Spagna
Qui sopra i cinque disegni con cui Manuel Marsol (Spagna) è stato selezionato alla Mostra Illustratori nel 2017 e ha vinto il Premio di 30.000 euro Edizioni SM . Notate come è facile seguire chi o cosa, in ogni scena, è il soggetto della frase.
5) COSTRUITE UNA SCENA
Se siete agli inizi della vostra carriera, magari senza una scuola che vi abbia dato una base solida, e volete partecipare a un concorso, se costruite la scena in modo classico, rischiate meno. Cosa significa in modo classico? Piazzate la terra sotto i piedi del vostro personaggio e un cielo sopra la sua testa, dategli un peso gravitazionale, disegnatelo intero dentro la scena.
Meglio inquadrare la scena dal davanti, ad altezza dei personaggi, come se fosse un teatrino che state guardando, ed evitare prospettive dall’alto, da sottoterra, tagli della testa del personaggio fuori scena, primissimi piani. Se ci fate caso, le inquadrature degli album che hanno ottenuto molti riconoscimenti internazionali sono spesso molto semplici.
Pierre Mornet, FranciaPierre Mornet, Francia, con elaborazione grafica a scopo didattico di Anna Castagnoli
 Lisbeth Zwerger, Austria
Lisbeth Zwerger, Austria con elaborazione grafica a scopo didattico di Anna Castagnoli
9) NON DISEGNATE MARCHI, LOGHI, COPIE DI QUADRI O OPERE FAMOSE
Non solo non si possono inserire riproduzioni di quadri, loghi o marchi famosi in un libro senza i dovuti permessi, ma neppure ridisegnarli con fantasia. Anche se l’artista è morto da oltre 70 anni, spesso il museo o la fondazione proprietaria del quadro può bloccare la stampa di un libro per una ragione di questo tipo. Rischiate di non venir selezionati per questa ragione.
Il progetto qui sotto, in gara al concorso Serpa, (una storia dove personaggi di quadri famosi scappano dai quadri), non è stato inserito tra le Menzioni d’Onore per diverse ragioni, ma avevamo anche discusso sul fatto che non era pubblicabile per via dei diritti d’autore dei tanti quadri e opere citate.
Il concorso Serpa era anonimo, non so come si chiami l’autore di questa immagine che ho fotografato sui tavoli; era orientale
Se non sei capace di raccontare in poche parole ad alta voce la storia che hai scritto, significa che non funziona.
Allora mi era sembrato un consiglio severo e sbagliato. È stato invece il consiglio più utile che abbia mai ricevuto come scrittrice. Oggi quella mia storia è ancora in un cassetto e credo sia il suo posto.
E per finire, siate felici: è una disciplina quotidiana. ;-)
Tove Jansson, autrice e illustratrice, geniale creatrice dei Moomins