Il mio primo corso online!

AGGIORNAMENTO:
Il corso è online e lo potete acquistare qui!

Ci siamo! Dopo due mesi di intenso lavoro sto per pubblicare il mio primo corso online. Sarà un viaggio affascinante nella storia dell’album illustrato, per scoprire anche come questa storia influenza il suo modo di raccontare storie, i suoi codici visuali.
Per poter lanciare il corso, devo solo aspettare l’attivazione di un numero fiscale internazionale che mi premetterà di fatturare con Iva all’estero, e che in questi tempi di uffici con personale ridotto potrebbe tardare qualche giorno o settimana in più. Poi partiamo per questo viaggio.
Se volete ricevere informazioni sul lancio, potete iscrivervi alla newsletter della pagina del corso, qui: store.lefiguredeilibri.com.
Non implica niente, riceverete una mail con le informazioni e potrete poi decidere di iscrivervi o meno, e anche di disattivare la newsletter:
Vi aspetto!
Anna Castagnoli


Visita guidata alla Mostra Illustatori, online, con Anna Castagnoli

Kike Ibanez, Spagna, Mostra degli illustratori 2020

Aggiornamento:
La diretta della mia visita guidata è stata registrata, la trovate nella collezione video della pagina Facebook della Children’s Book Fair: qui.

Come saprete, quest’anno la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna è stata annullata a causa del Covid19.
Ma è impossibile frenare quel fiume di novità, eventi, cultura che la Fiera porta in campo ogni anno: la Children’s Book Fair si è subito re-inventata e sta vivendo online le sue più importanti manifestazioni.
Io darò il mio consueto contributo con la visita guidata alla Mostra degli Illustratori, edizione 2020.
Come fate ad assistere?
Vi collegate oggi 7 maggio, alle 16 in punto, sulla pagina Facebook della Children’s Book Fair, dove ci sarà la diretta: https://www.facebook.com/BolognaChildrensBookFair/
Intanto, non perdete il ricco programma e la visita virtuale alle immagini, già online. Sono bellissime.
Qui la galleria di immagini:
https://galleries.bolognachildrensbookfair.com/
Qui il programma degli eventi:
http://www.bolognachildrensbookfair.com/eventi/programma-eventi/5663.html

Capiremo insieme, guardando le immagini e riflettendo sui commenti dei giurati, perché hanno vinto, cosa caratterizza il linguaggio dell’illustrazione contemporanea, cosa significa “un’immagine narrativa”.
Qui sotto il video report della giuria di quest’anno.

Vi aspetto!
Anna Castagnoli

Qui il racconto della mia esperienza di giurata alla Mostra degli illustratori 2014.


Un album per bambini con musica di Debussy

La boîte ò joujoux, ballet pour enfants, (La scatola dei giocattoli, balletto per bambini) è un album illustrato da André Hellé con partitura musicale di Claude Debussy.
La storia di questo capolavoro, diventato poi un vero balletto nel 1919, merita di essere raccontata.

Claude Debussy, André Hellé, La boîte ò joujoux, 1913
Claude Debussy, André Hellé, La boîte ò joujoux, 1913
Claude Debussy, André Hellé, La boîte ò joujoux, balletto

La storia inzia nel 1903, qaundo Gertrud Caspari, illustratrice che imporrà il suo stile pulito e lineare per molti decenni (ancora oggi in Germania si parla di “stile Caspari”) pubblica il suo primo libro per bambini: Das lebende Spielzeug. Ein lustiger Traum, (I giocattoli animati, Löwensohn, Fürth).

Gertrud Caspari, Les joujoux vivant, Das lebende Spielzeug. Ein lustiger Traum, 1903

Il libro narra della fuga di un gruppo di giocattoli dalla loro scatola. È il sogno di un bambino. L’idea narrativa evoca il celebre passaggio dei giocattoli animati nel racconto dello scrittore romantico E.T.A Hoffmann “Schiaccianoci e il re dei topi” (1816), messo poi in musica da Tchaikovsky nel balletto Lo schiaccianoci (1892).
Alcuni anni dopo il 1903 (quanti, non so), un misterioso/a Me. J. Rybau, sul quale non sono riuscita a trovare nessuna informazione, pubblica in Francia il libro della Caspari con il titolo Les joujoux vivantes, ou un drôle de rêve (I giocattoli animati, o uno strano sogno). L’edizione è senza data.
Stessi disegni, testo tradotto in francese. Ecco alcune immagini dell’edizione francese e le due copertine a confronto:

Me J. Rybau, Les joujoux vivant, Magnin et fils, senza data

Me J. Rybau, Les joujoux vivant, Magnin et fils, senza data

Nessun riferimento, in questa edizione francese, all’edizione originale tedesca o al nome di Gertrud Caspari. Un’ipotesi potrebbe essere che Me. (signora/maestro?) J. Rybau fosse nominata/o nel frontespizio come autrice o autore del testo ma, cosa abbastanza comune all’epoca, non si facesse menzione dell’illustratore perché considerato di scarsa importanza.
Un’altra, che qualche editore abbia tradotto e pubblicato il libro in francese senza rendere conto all’autore dell’edizione originale, perché la normativa sul diritto d’autore tra Stati non era ancora ben delineata.
Non so quanto successo abbia avuto questa edizione francese ma, di sicuro, deve essere piaciuta a André Hellé.

Gertrud Caspari, Les joujoux vivant, Das lebende Spielzeug. Ein lustiger Traum, 1903


Nel 1913, il pittore e illustratore francese André Laclôtre (in arte André Hellé) ha in mente un “progetto libro”. Un testo illustrato per opera musicale dal titolo La boîte à joujoux (La scatola dei gicattoli). La storia è simile a quella di Gertrud Caspari: un gruppo di giocattoli scappa da una scatola e vive molte avventure, tra cui una guerra. Hellé invita Claude Debussy a scrivere la partitura musicale per questa storia.

Già qualche anno prima, nel 1908, Debussy aveva lavorato a un’opera per bambini: una suite per pianoforte in sette parti pubblicata dall’editore A. Durand & fils con il titolo Children’s Corner.
E nel maggio del 1913 era andato in scena il suo balletto, Jeux (Giochi), con la compagina dei Balletti russi del coreografo Djaghilev, interpretato dal grande ballerino Nižinskij; ma il balletto non era piaciuto affatto al pubblico parigino.

Recensione del balletto Jeux, di Claude Debussy, Balletti Russi, 1913


Stupisce e non stupisce che in quel clima di avanguardie e sperimentazioni Debussy accetti la proposta di Hellé e inzi a lavorare alla partitura di un libro per bambini. Stupisce perché oggi il libro per bambini è un prodotto comemrciale dai contorni molto più marcati e impermeabili ad altre forme d’arte. Non stupisce perché le Avanguardie furono spesso al servizio dell’arte dedicata ai bambini, basti pensare ai libri per bambini illustrati da artisti quali Chagall, El Lissitzky, Lebedev.

L’album di Hellé e Debussy viene pubblicato nell’autunno del 1913 con il titolo La boîte à joujoux, un ballet pour enfants (La scatola dei giocattoli, un balletto per bambini), sempre da Durand & fils. Ecco alcune immagini…

André Hellé, Claude Debussy, La Boîte à joujoux, Durand & fils, 1913

Il disegno di frontespizio e l’idea narrativa tolgono ogni dubbio sulla fonte di ispirazione di Hellé in Gertrud Casperi alias Me. J. Rybau.
Qui il disegno della Caspari:

Me J. Rybau, Les joujoux vivant, Magnin et fils, senza data

Qui quello di Hellé:

Claude Debussy, André Hellé, La boîte ò joujoux, 1913

Ma lo stile è del tutto diverso. A 100 anni di distanza possiamo affermare che lo stile di Gertrud Caspari appartiene interamente alla moda “jugendstil” di quegli anni, lo stile di Hellé, invece, ha qualcosa di rotondo, personale, graficamente forte che provoca in noi, ancora oggi, una tenerezza senza nessuna ruga.
Anche la messa in pagina del testo e delle illustrazioni è più originale di quella della Caspari.

Claude Debussy, André Hellé, La boîte ò joujoux, 1913

Nel 1914 Debussy comincia a lavorare all’orchestrazione della Boîte à joujoux, ma scoppia la guerra e non porta a termine il progetto. Muore nel 1918 a seguito di un tumore, lasciando l’opera incompiuta.
Sarà l’amico André Caplet a portare a termine l’opera.
Il balletto andrà in scena il 10 dicembre 1919 al Théâtre Lyrique di Parigi, con la direzione di Désiré-Émile Inghelbrecht, scene e costumi di André Hellé e coreografia di Robert Quinault.

Una versione della La boîte à joujoux, Claude Debussy, decori e costumi di André Hellé, messa in scena con bambini
Un costume per la Boîte à joujoux

Quanto deve essere stato meraviglioso assistere a quello spettacolo? Ci resta qualche fotografia, la musica di Debussy e la bellissima edizione del libro di Hellé.
La pagina Wikipedia dedicata a La Boîte à joujoux di Debussy cita André Hellé solo marginalmente come “pittore”, non dice che il progetto fu suo.
La relazione tra il libro di Caspari e quello di Hellé, invece, non è nominata in nessuna storia ufficiale ed è farina del mio sacco. Ma forse interessa solo i collezionisti più noiosi, quali me.
Storia finita.
Anzi, no.

Nel 1921 il balletto entra nel repertorio dei Ballets suédois con gli stessi costumi e decori di Hellé, ma con la nuova coreografia, di gusto più cubista, del ballerino e coreografo Jean Börlin.
Lo spettacolo andrà in scena anche negli Stati Uniti con il titolo: The toy shop. (Sulla pagina degli “Amici di Hellé” più informazioni su questa tourné e una magnifica affiche illustrata da Hellé).

Nel 1926, Hellé pubblica con l’editore Tolmer una nuova versione solo scritta e illustrata della scatola dei giocattoli: L’ Histoire d’une Boîte à Joujoux, con nuove tavole: libro oggi riedito dalle edizioni Memo.

Nel 1995 esce “Toy story” della Pixar.
Fine.
Anna Castagnoli

Claude Debussy, André Hellé, La boîte ò joujoux, 1913


Potete sfogliare tutto il libro di Hellé e Debussy su Gallica, a questo link e ascoltare la musica di Debussy accompagnata dai disegni e testi di Hellé in questo video.
Buon ascolto e visione.

Per altre informazioni sul balletto e le diverse rappresentazioni: qui.


Ci vediamo online? Incontro sul mestiere di illustratore

Carissimi lettori, come sapete la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, dove mi incontravo ogni anno con alcuni di voi, è stata annullata. Per non lasciarvi troppo soli, insieme al portale Ad un tratto, abbiamo deciso di organizzare un incontro online su diversi aspetti del mestiere di illustratore. L’incontro sarà questo lunedì 6 aprile alle ore 21. Potrete interagire con le vostre domande durante un’ora, un’ora e mezza. L’iscrizione costa 5 euro e il ricavato andrà in dono alla Croce Rossa italiana.
Per iscrivervi seguite le istruzioni su questa pagina.

Vi aspetto
Anna Castagnoli


“E poi” di Icinori, l’album raddoppiato

Di Anna Castagnoli

Tra gli addetti al settore, cioè quelle persone che invece di leggere un libro illustrato lo mettono controluce, lo misurano, lo pesano alla ricerca di qualche segreta chiave di lettura riservata ai soli iniziati, Et puis del duo Icinori (Mayumi Otero & Raphael Urwiller), pubblicato in Italia da Orecchio Acerbo (E poi, 2018), è un album che ha scatenato inesauribili dibattiti.
È stato quindi con scarsissima modestia che, invitata ad analizzare l’album per la rivista spagnola Fuera de Margen (1), davanti alla vetta di quel meraviglioso monte blu-Fuji in copertina, mi sono armata di corde, chiodi e scalpello e ho deciso che sarei arrivata in cima.


Parto dalla vista che godo da quassù: E poi è un album “raddoppiato”, definizione che il critico V. Stoichita (2) usa per tutti quei quadri il cui contenuto è una immagine che parla di una immagine: un’allegoria sull’arte. L’oggetto del libro non è una storia, ma il modo di raccontare una storia, lo stile delle illustrazioni, una riflessione sullo stile.

Frans Francken II, The Painter’s Cabinet, 1623
Nicolaes Maes, 1655


Per cominciare, il libro è un calendario: ogni pagina, un mese dell’anno. Come negli antichi libri d’Ore, le pagine offrono un’occasione di riflessione sul tempo. Dentro le stagioni, ci sono i mesi, dentro i mesi, qualcosa accade, qualcosa cade.
I mesi non vanno da gennaio a dicembre, ma da settembre ad agosto: l’anno scolastico dei bambini.

Simon Bening, Calendar Miniatures from a Book of Hours, 1550 c.

Cinque lettere antropomorfe, per l’esattezza le vocali A,E,I,O,U, la cui testa è a forma di utensile (bullone, pinza, martello, chiave inglese, sega) lavorano sulla scena come operai teatrali e cambiano la scenografia sotto gli occhi dello spettatore: spostano quinte, srotolano tappeti, sventrano montagne in un continuo susseguirsi di aperture di botole e sorprese degne del miglior teatro di Bob Wilson.

E poi, Icinori, 2018


Mese dopo mese, mentre gli operai-vocali sono occupati con la scenografia, una miriade di personaggi entra e esce di scena, creando altrettante storie parallele e intrecciate. Alla fine del libro, le quinte vengono spostate fuori scena per lasciare spazio alla costruzione di una stazione ferroviaria. In agosto, un treno porterà tutti i personaggi in vacanza. Fine.


I personaggi, le scene, i segni grafici presenti nel libro sono un pullulare di citazioni della storia dell’illustrazione, dell’arte e del fumetto. Con comparse quali la Venere di Botticelli su una conchiglia; l’uomo-misura di Le Corbusier che, salito sul treno, stende le braccia imitando il suo antenato vitruviano; David Hockney sotto pseudonimo; spiriti della tradizione giapponese e tanti altri, che vi lascio il gusto di scoprire.
Agli Icinori piace mescolare citazioni: gli omini corbusierani indossano i larghi cappelli dei viaggiatori nella famosa opera di Hiroshige Le cinquantatré stazioni del Tokaido.

Le Corbusier
Utagawa Hiroshige
E poi, Icinori, 2018 (dettaglio)

L’identità di tutti i personaggi del libro viene svelata nella risguardia finale, dove compaiono, nominati anch’essi come personaggi, elementi del disegno. Ad esempio, Gribouyi, che ricorda il suono di Gribouillis, “scarabocchio”, in francese (non so come è stato tradotto nell’edizione di Orecchio Acerbo).

E poi, Icinori, 2018 (dettaglio)

I personaggi-citazioni, insieme alle vocali-operaie e ai personaggi elementi-del-disegno sono gli attori di una sontuosa, giocosa e coltissima riflessione sulla rappresentazione grafica.
Il mondo è un linguaggio, sembrano volerci dire gli Icinori. Nell’album, questo linguaggio è fatto di lettere, modi di rappresentazione grafici, segni. In questo senso E poi è un album raddoppiato.
Analizziamolo più nel dettaglio.


Nelle prime due pagine di guardia troviamo, disposta come una quinta teatrale, una foresta. Ricorda un’incisione di Matthäus Merian the Elder.
Il bosco è morbido, barocco, pieno di chiari scuri, profondità di campo, animali nascosti.

E poi, Icinori, 2018
Matthäus Merian the Elder (1593-1650)


Come potete osservare, gli operai-vocali sono già all’opera: con le loro tute povere alla moda dei fumetti degli anni ’80 e le teste-utensili da Avanguardie russe, sono una voce stilistica del tutto moderna. È dunque un linguaggio stilistico contemporaneo che interroga, sposta, sventra l’illusione della scenografia seicentesca.

Se il passaggio dai boschi alla stazione ferroviaria del finale evoca il leitmotiv nostalgico, ottocentesco, della rivoluzione industriale, il discorso sullo stile procede parallelo, decostruendosi di pari passo con il costruirsi della stazione, proprio come è accaduto nella realtà storica, dove l’avvento di una società industrializzata, con sua la visione meccanicistica del mondo, ha finito per scardinare i valori di una rappresentazione borghese e romantica della realtà, aprendo la strada alle Avanguardie e alla società di massa.
Mentre gli operai-vocali costruiscono la ferrovia, tolgono di mezzo l’illusione figurativa. Il monte non era un monte, si apriva come un cappello, il bosco era una tela, il lago, un tappeto.

E poi, Icinori, 2018
E poi, Icinori, 2018
E poi, Icinori, 2018

Anche il modo di inquadrare le immagini è una riflessione sulla rappresentazione artistica.
Nella prima risguardia, dietro la prospettiva del palcoscenico, sale verticale la quinta del bosco. Ma il colophon occupa un rettangolo che proietta sul palco, in primo piano, un’ombra uniforme, ricordandoci che palco non è, ma superficie bidimensionale. Ogni prospettiva è un’illusione.

E poi, Icinori, 2018, prima pagina di guardia e colophone
E poi, Icinori, 2018,
dettaglio colophone


Nella pagina successiva, sullo stesso palco troviamo un tronco messo in prospettiva. Squisito riferimento ai “parergon†citati da Stoichita nel suo discorso sui quadri raddoppiati (3), sorta di oggetti in parte fuori quadro, in parte dentro, che fanno da ponte tra la realtà esterna all’immagine e lo spazio di finzione dell’immagine (mosche, lumachine, cartigli sulle cornici dipinte, tende, sguardi diretti al fruitore…).
Anche David Hockney usa spesso un tronco-parergon nelle sue vedute di The arrival of spring.

E poi, Icinori, 2018 (dettaglio)
David Hockney, The arrival of spring, Annely Juda Fine Art, 2014

E non è un caso che sia proprio Hockney, maestro indiscusso della riflessione sullo stile, che compare nel libro come uno dei personaggi principali, sotto lo pseudonimo David Okny.

E poi, Icinori, 2018 (dettaglio)

Seduto su una tartaruga, Okny cerca di disegnare le trasformazioni del paesaggio ma viene investito dalla Venere di Botticelli in caduta libera e ridotto a braccio e testa fasciati. Impossibilitato a disegnare, si contenterà di guardare un’ultima natura morta.

E poi, Icinori, 2018 (dettaglio)

Torniamo alle inquadrature. A mano a mano che gli operai-vocali spingono via le scene inziali, le quinte che vengono scoperte sono disegnate con uno stile sempre più semplice e lineare. Passando da un ultimo omaggio alle immagini di Épinal ottocentesche, si arriverà al disegno puro della stazione finale.

E poi, Icinori, 2018
Le chemin de fer, Épinal, 1840

La stazione dell’ultima pagina, dopo che tutti sono partiti, è una sorta di città ideale deserta di genti; una scenografia rinascimentale extra-terrestre, perfetta e asettica come la stanza di Kubrick nel finale di 2001 Odissea nello Spazio. È forse lo schema architettonico del mondo quando il tempo ha smesso di dettare la sua legge? Il palco è sparito, una cornice bianca circonda l’immagine. Dal teatro, siamo passati all’illustrazione pura; dalla pittura, al disegno.

E poi?, Icinori, Orecchio Acerbo, 2018, pagina di guardia finale

Gli operai-vocali si riposano e contemplano la loro opera, anche i tre piccoli personaggi corbu-hirosigheani sono presenti (angolo in basso a destra) e in riposo, dopo aver cercato, per tutto il libro, di costruire con dei cubi un, una… (qualsiasi cosa fosse, ha preso fuoco).

“Et puis fin?â€, (E poi, fine?) recita il solo testo presente, nell’ultima pagina di guardia, davanti alla stazione deserta. Una domanda che si rivolge al libro stesso, a noi lettori e all’arte contemporanea.
Fallita la possibilità di rappresentare il mondo, perché ogni linguaggio è chiuso su se stesso, cosa resta? Una nuova alba? Una nuova partenza?

La risguardia finale è un dichiarato omaggio alle pagine di guardia di Hergé, quindi alla linea chiara del fumetto e alle sue inquadrature strette, ovali o quadrate.
Teatro-illustrazione-fumetto: altrettanti modi di rappresentare il mondo.

E poi, Icinori, 2018, pagina finale di guardia con tutti i personaggi
Hergé, Coke en Stock, Le avventure di Tintin, 1958

Dovrei aprire un altro capitolo, dopo questo post già molto lungo, per parlare della riflessione sulla sequenzialità narrativa e il tempo dentro questo libro. Vi regalo un solo esempio geniale: una di due volpi, girata la pagina, si rifiuta di ripetersi identica e decide di crescere in lunghezza; sarà sempre più lunga ad ogni pagina.

E poi?, Icinori, Orecchio Acerbo, 2018

Anche nella risguardia finale il nome della volpe allungata si protrae come in una eco: voooooooolpeeeeee (reeeeeeeenaaaaaard), accanto al nome dell’altra volpe, scritto normalmente, volpe (renard). Ogni rappresentazione del mondo ha la sua lingua, ogni lingua cambia il nostro modo di percepire il mondo.

E poi, Icinori, 2018, (dettaglio)

Per finire di stuzzicarvi, vi dico ancora che le storie dei diversi personaggi sembrano misteriosamente intrecciate a quella del personaggio “bookworm”. Pagina dopo pagina, bookworm ha in mano sempre più pagine (il libro raddoppiato), fino a finire investito dalla volpe allungata e perdere tutte le pagine raccolte (quindi, il filo della storia).
Bookworm è il nome inglese di quelle bestioline che divorano i libri di carta.
E poi, fine?

E poi, Icinori, 2018

Se non avete sfogliato il libro, la descrizione che ho fatto potrà sembrarvi un trip allucinogeno. Ma la coerenza narrativa, formale, la rotondità della riflessione di questo coltissimo duo di illustratori-editori sullo stile trasforma il tic tac dei mesi in un ingranaggio perfetto, di eccezionale eleganza visuale.
Alla fine, il libro è un gioco, e del gioco ha tutta la freschezza.


ps: Ringrazio Ana G. Lartitegui per avermi invitata a scrivere questo articolo per la rivista spagnola «Fuera de Margen».
Anna Castagnoli

Note:
1) L’articolo di questo post è stato pubblicato in Spagna in una versione più ridotta con il titolo: Et puis? de Icinori, El libro desdoblado, Anna Castagnoli, «Fuera de Margen» n° 25, ottobre 2019

2,3)
Victor I. Stoichita, L’invenzione del quadro, Il Saggiatore 2013


10 consigli per vincere un concorso di illustrazione + uno

D’accordo, forse non per vincerli, il titolo è un po’ esagerato, ma ho partecipato in passato ad alcune giurie nazionali e internazionali (tra le altre: la Mostra degli Illustratori di Bologna nel 2014 (qui il post con la mia esperienza), Concorso Fundación SM nel 2015, (qui il post), Premis Junceda d’l·lustració 2017 (in Catalogna), Tapirulan nel 2018, Premio Illustri e Premio Serpa-Planeta Tangerina nel 2019 e sulla base di queste esperienze mi permetto di darvi alcuni consigli per avere, almeno, qualche chance in più. Eccoli:

1) FATE UNA SELEZIONE
I concorsi di illustrazione danno una reale visibilità e spesso lanciano giovani illustratori, ma costano ore di lavoro e denaro. Studiate con attenzione i concorsi che possano essere più adatti a voi, al vostro livello e stile, fate una selezione puntuale, ridotta, e metteteli in calendario come un vero lavoro. Le scadenze sono, ogni anno, sempre le stesse, con pochi giorni di differenza, quindi, potete organizzarvi.

Richard Scarry, 1956

Non è facile all’inizio avere la determinazione di lavorare molto per pubblicare un primo libro. Come sempre consiglio ai miei allievi, un concorso è un ottimo modo per esercitarsi su un tema con una scadenza temporale. Rappresenterà anche il calendario delle vostre sconfitte e dei margini di miglioramento, sia che vi proponete di partecipare e poi non lo facciate, sia che partecipiate e non veniate selezionati. Le sconfitte sono importanti quanto le vittorie, se non di più. Ci obbligano a crescere.

Ekaterina Tabakh, finalista al premio SCBWI della Bologna Children’s Book Fair 2018

2) STUDIATE I VINCITORI DELLE EDIZIONI PRECEDENTI
Ogni anno le giurie di un concorso cambiano; ciò nonostante, ogni concorso, vuoi per ragioni di destinazione commerciale (l’editore che pubblicherà il vincitore), vuoi per il gusto di chi sceglie i giurati, ha un suo marchio di fabbrica, un suo stile; proprio come la linea editoriale di una casa editrice.
Ad esempio, la Mostra degli Illustratori di Bologna premia spesso la ricerca di linguaggi nuovi, arditi, al confine con l’arte vera e propria. Ilustrarte, in Portogallo presenta spesso una selezione di stili molto epurati, grafici, contemporanei.
Il concorso della Città del Sole, lo dice nel suo stesso bando, è più classico: incoraggia atmosfere festose, sognanti, allegre (“quasi fosse il racconto di un anno sognato, fatto di stagioni per lui ideali e di mesi simbolo”).
Questo non significa che non ci siano eccezioni, ma studiare bene cosa chiedono i bandi e studiare lo stile dei vincitori delle edizioni passate vi aiuterà a mirare meglio e centrare il bersaglio.

Violeta Lopiz, primo premio Ilustrarte 2016

3) METTETE UN PERSONAGGIO IN SCENA
Come mettete un soggetto nelle vostre frasi quando parlate o raccontate una storia, dovete mettere un soggetto nella vostra tavola. Questo protagonista deve essere chiaramente visibile e riconoscibile per qualche caratteristica grafica: con il suo berrettino, cravattino, fiocchettino, braghetta a quadri, capello sparato, vestito colorato, isolamento o differenze dagli altri personaggi… deve indicare al lettore che è lei/lui/loro il soggetto principale della vostra frase/scena. Sembra un consiglio scontato, non lo è. Tante troppe tavole in gara nei concorsi sono confuse da un punto di vista narrativo, ancora prima che stilistico.

Tove Jansson

Questo è il primo passo. Il secondo passo è far si che il soggetto sembri vivo, cioè, citando Nanni Moretti, “che fa cose, vede gente”, si muove, cade, si alza, cammina, corre, cambia espressione del viso. State raccontando una storia nel tempo: ogni pagina girata corrisponde a un cambio di stato d’animo e azione.
(Il protagonista, ovviamente, può essere un gruppo di persone o una coppia di amici, un animale, etc…).

 

Manuel Marsol, Spagna

Qui sopra i cinque disegni con cui Manuel Marsol (Spagna) è stato selezionato alla Mostra Illustratori nel 2017 e ha vinto il Premio di 30.000 euro Edizioni SM . Notate come è facile seguire chi o cosa, in ogni scena, è il soggetto della frase.

4) METTETE UN PERSONAGGIO IN SCENA, MA NON LASCIATELO SOLO
La solitudine e la malinconia del personaggio pare sia una cifra poetica abbastanza di tendenza tra i giovani e giovanissimi illustratori che partecipano ai concorsi. Ne disconosco la ragione. In ogni caso, salvo rare eccezioni di libri che trattano espressamente il tema della solitudine (perché no?), questa tendenza mi sembra riflettere una certa povertà narrativa.  Perché le storie che raccontiamo si stacchino dal nostro ombelico, diamo al personaggio amici, nemici, aiutanti, mostri selvaggi… Insomma, avventure e incontri che non siano solo il riflesso di personali stati d’animo.

Leo Lionni

5) COSTRUITE UNA SCENA
Se siete agli inizi della vostra carriera, magari senza una scuola che vi abbia dato una base solida, e volete partecipare a un concorso, se costruite la scena in modo classico, rischiate meno. Cosa significa in modo classico? Piazzate la terra sotto i piedi del vostro personaggio e un cielo sopra la sua testa, dategli un peso gravitazionale, disegnatelo intero dentro la scena.
Meglio inquadrare la scena dal davanti, ad altezza dei personaggi, come se fosse un teatrino che state guardando, ed evitare prospettive dall’alto, da sottoterra, tagli della testa del personaggio fuori scena, primissimi piani. Se ci fate caso, le inquadrature degli album che hanno ottenuto molti riconoscimenti internazionali sono spesso molto semplici.

Pierre Mornet, FranciaPierre Mornet, Francia, con elaborazione grafica a scopo didattico di Anna Castagnoli
 Lisbeth Zwerger, Austria
Lisbeth Zwerger, Austria con elaborazione grafica a scopo didattico di Anna Castagnoli

 

6) SIATE ALLEGRI
Non sapete la quantità di illustrazioni e progetti che vengono scartati su due piedi dai giurati perché troppo metaforici, strani, dark, depressivi, stile diario-delle-medie-di-un/una ragazzo/ina-malinconica, oppure stile ho-esagerato-con-LSD, metaforici di metafore indecifrabili, con personaggi impiccati, sangue e budella sparse. State raccontando storie a dei bambini! Un po’ di freschezza, apertura al mondo, leggerezza!

Sempé

7) SIATE CHIARI
Raccontare una buona storia è difficile, raccontarla dentro un libro illustrato è ancora più difficile. Siate chiari. Pensate che chi legge e guarda non è nella vostra testa e ha bisogno di capire quello che accade, a chi, come e perché. Pensate che chi legge è un bambino molto intelligente. Non siate criptici, confusi, illogici. I bambini sono persone con una grande senso della concretezza e della logica.
Molte/troppe delle storie che abbiamo letto o solo sfogliato (quando erano silent-book) durante la selezione del vincitore del concorso Serpa, ad esempio, non le abbiamo proprio capite. Le abbiamo lette e rilette, ne abbiamo discusso insieme, e non le abbiamo capite. Eravamo in tre.
In un concorso di illustrazione per bambini i giurati cercano sempre STORIE, anche in una sola immagine.

Saul Steinberg

8) SIATE CHIARI, MA NON BANALI
Non ho consigli su come non essere banali se non questo: STUDIATE. Quello che noto troppo spesso nei lavori in concorso è una mancanza di cultura del linguaggio e dei codici narrativi dell’illustrazione per bambini, dei libri che hanno fatto la storia di quest’arte. Al contrario, nei progetti che poi vengono selezionati o premiati, si colgono riferimenti alla storia dell’arte, a stili di illustratori famosi (solo accenni, non imitazioni), a libri per bambini famosi; riferimenti usati come plot narrativi di sottofondo, per ri-elaborare nuove storie e nuovi stili.
Il libricino che ha vinto il concorso Serpa, minuscolo, semplicissimo, –  la filastrocca di tre omini a cavallo che scappano e scompaiono a turno perché mangiati, caduti o imprigionati -, ricordava il plot dei dieci piccoli indianini. Ogni doppia pagina era intervallata da un GNAM! che scandiva e dava il ritmo alla lettura ad alta voce. I tre personaggi si liberavano dalla pancia di un leone con uno strarnuto, per finire mangiati da un coccodrillo e restare nella sua pancia. C’era l’eco di tutta una cultura narrativa popolare per l’infanzia, oltre che di Fortunatamente di Remy Charlip e forse dell’ultimo libro di Jon Klassen Il lupo, la papera e il topo, il tutto filtrato in una veloce filastrocca, con un gioco grafico preciso, un ritmo pulito e un testo in rima.
Niente di più. Ha vinto.

Nuria Pocero Malaga (#Nuppita Pittman, Spagna), vincitrice del concorso Serpa 2019
Remy Charlip, Fortunatamente, Orecchio Acerbo (dettaglio)

9) NON DISEGNATE MARCHI, LOGHI, COPIE DI QUADRI O OPERE FAMOSE
Non solo non si possono inserire riproduzioni di quadri, loghi o marchi famosi in un libro senza i dovuti permessi, ma neppure ridisegnarli con fantasia. Anche se l’artista è morto da oltre 70 anni, spesso il museo o la fondazione proprietaria del quadro può bloccare la stampa di un libro per una ragione di questo tipo. Rischiate di non venir selezionati per questa ragione.
Il progetto qui sotto, in gara al concorso Serpa, (una storia dove personaggi di quadri famosi scappano dai quadri), non è stato inserito tra le Menzioni d’Onore per diverse ragioni, ma avevamo anche discusso sul fatto che non era pubblicabile per via dei diritti d’autore dei tanti quadri e opere citate.

Il concorso Serpa era anonimo, non so come si chiami l’autore di questa immagine che ho fotografato sui tavoli; era orientale
Jeff Koons

10) NON COPIATE
Oggigiorno circola un po’ di confusione tra i giovani illustratori su cosa significhi copiare. Una giuria fa invece sempre molta attenzione a non promuovere illustrazioni palesemente simili a quelle di qualche illustratore famoso: in ogni concorso a cui ho partecipato questi plagi abbondano. È inevitabile collocarsi sulla scia di qualche corrente stilistica, ma dovete rielaborarla e farla vostra. Capita che i giurati discutano sulla quantità di “tributo” di un giovane illustratore verso uno/una più famoso, andando ad analizzare linee, colori, modi di dare il chiaro scuro. Non sempre si è d’accordo, nel dubbio, il progetto viene scartato.
Ad esempio per il concorso Serpa abbiamo scartato due progetti perché troppo palesemente ispirati a Laura Carlin e Joohe Yoon. Qui sotto la tavola di Laura Carlin a cui si era – a nostro avviso- troppo ispirata una/uno degli illustratori del concorso Serpa.

Laura Carlin, Il mondo come piace a me, Terre di Mezzo

Un ultimo consiglio agli scrittori: Scrivere per bambini è una cosa difficilissima. Io non saprei come insegnarlo. Ci vuole una solida cultura letteraria tout court per saper scrivere e una più specialistica nel settore letteratura per bambini per non cadere in facili e troppo gettonati stereotipi.
Ma i problemi di molte storie che arrivano sui banchi dei concorsi sono ancora a monte di questa cultura, sono strutturali, con slittamenti tra i piani della realtà e quelli del linguaggio che sarebbero sbagliati anche in storie per adulti e che per i bambini diventano del tutto inagibili.
Per aiutarvi, vi racconto un episodio. Agli inizi della mia carriera, vent’anni fa, avevo nel cassetto un testo che mi sembrava molto poetico; lo avevo presentato all’editrice di Seuil durante un incontro alla Fiera di Bologna. Mi aveva chiesto di cosa parlasse ed ero stata incapace di spiegarlo, perché il testo funzionava solo scritto. Avevo cercato di farglielo leggere lì, sul momento, ma mi aveva fermata dicendomi:

Se non sei capace di raccontare in poche parole ad alta voce la storia che hai scritto, significa che non funziona.

Allora mi era sembrato un consiglio severo e sbagliato. È stato invece il consiglio più utile che abbia mai ricevuto come scrittrice. Oggi quella mia storia è ancora in un cassetto e credo sia il suo posto.
E per finire, siate felici: è una disciplina quotidiana. ;-)

Tove Jansson, autrice e illustratrice, geniale creatrice dei Moomins

Qui trovate un post con i principali concorsi italiani e internazionali a cui potete partecipare:
www.lefiguredeilibri.com/2019/11/08/concorsi-internazionali-di-illustrazione

In bocca al lupo! Chi la dura la vince.
Anna Castagnoli