“Sylvester”, il bambino-pietra. (W.Steig).V e ultima parte

12 Ottobre, 2008

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Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Avevamo lasciato Sylvester ormai addormentato in un sonno profondo circondato dal risveglio della primavera. Eccoci giunti alle ultime pagine del meraviglioso album Sylvester and the Magic Pebble di William Steig.

TREDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Il papà di Sylvester insiste perché la mamma si sforzi di uscire a fare un pic-nic, ed insieme si dirigono a Strawberry Hill. Bisogna reagire alla depressione, per quanto il dolore sia grande non ci si deve lasciar abbattere: “Let us try to live again and be happy even though Sylvester, our angel, is no longer with us”. Come il mondo a volte è perfetto! I genitori di Sylvester scelgono per il loro pic-nic proprio Sylvester. Nel sentire il contatto di sua madre Sylvester si risveglia. Vorrebbe gridare “Mamma! Papà!” Ma non ha voce.

Ecco gli adulti (con la loro esperienza) fare la loro parte nella storia, insegnare al bambino che si deve reagire, che la primavera deve essere vissuta nonostante il dolore. Notate come è ben espresso nei disegni la sforzo di provare a star bene, e come diventa importante per il bambino che legge la storia, sentire tutto il dolore che l’assenza di Sylvester porta nel mondo dei suoi genitori.
Sylvester al contatto fisico della madre si risveglia (come è importante anche che l’amore sia fisico per raggiungere il bambino!), ma non sa come esprimere la sua richiesta d’aiuto (i bambini, spesso, non hanno voce).

QUATTORDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

I genitori apparecchiano la tavola con i loro panini. Il papà trova per terra la pietra magica ed esclama: “Che pietra fantastica! Come sarebbe piaciuta a Sylvester per la sua collezione” e posa la pietra sulla pietra-Sylvester. La mamma ha una strana eccitazione e dice che ha come la sensazione che Sylvester non sia lontano. “I am! I am!” vorrebbe gridare Sylvester, ma non può. Se soltanto avesse realizzato che la pietra magica era sulla sua schiena!…

Il padre ricorda la collezione di pietre dell’asinello e avevamo visto come questa era simbolo del suo mondo interiore. C’è dunque, prima di tutto, il riconoscimento del mondo interiore di Sylvester. Grazie a questo la pietra è sul dorso di Sylvester, dunque prossima al miracolo, alla fine dell’incantesimo.

Steig crea la suspence… Tutto sta per risolversi, ma come? Ricordate che all’inizio del testo veniva espressa l’unica condizione possibile perché Sylvester potesse uscire dal suo incantesimo: che qualcuno avesse desiderato ardentemente che una pietra si trasformi in asino. Ma chi mai avrebbe potuto desiderare una cosa simile? C’era una possibilità su un miliardo. Ecco, la precisione puntuale dell’amore è questa: io voglio esattamente che tu sia tu. Ed è solo questa corrispondenza che permette all’altro di esistere davvero, di trasformarsi in se stesso (e al bambino di crescere pienamente). Una canzone anni fa cantava: il legno diventa flauto, quando è amato.

QUINDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Oh quanto vorrei che Sylvester fosse qui in questo bel giorno di maggio! Esclama la madre. ” Non lo vorresti anche tu?” aggiunge rivolta al padre. “Come fai a farmi una domanda del genere” risponde il padre guardandola tristemente. E Sylvester imprigionato nel suo mutismo pensa: Vorrei essere me stesso di nuovo! Vorrei essere il mio vero me di nuovo! (I wish I were myself again, I wish I were my real self again!). E in un istante, lo fu!

Non un solo desiderio, ma la concordanza del desiderio di tutta la famiglia permette a Sylvester di essere di nuovo lui. Non si diventa se stessi da soli. E solo ora il sole splende davvero! Andate a rivedere all’inizio della storia come era pallido e triste a confronto di questo sole simbolo del reciproco amore, il sole che aveva creato Sylvester da solo con la sua magia. Il testo sembra appoggiare la mia interpretazione della pietra come falso-sé dentro cui il vero-sé è imprigionato: I wish I were my real self again. Sylvester è tornato ad essere sé, la felicità di tutti è un giubilo che l’illustrazione ci restituisce in tutto il suo splendore.

SEDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

La famiglia finalmente riunita torna a casa. Il padre mette la pietra magica in un luogo sicuro. Ne farà uso solo se un giorno ce ne sarà davvero bisogno. Ma per ora cosa potevano desiderare di più? They all had all that they wanted.

Le forze potenti dell’inconscio, che la storia ci insegna funzionano bene solo se si esprime il desiderio giusto, non sono escluse dal quotidiano, o censurate, ma archiviate in un luogo sicuro (Ricordate sul fondo del lago il pesce-strega, simbolo dell’inconscio, nell’ultima immagine di Hansel e Gretel di Susanne Janssen?). E’ in questi sottili messaggi, che sta la differenza tra album che non esauriscono nel tempo la loro magia e album destinati a essere dimenticati in breve tempo. Pensate come sarebbe stato facile nel finale dimenticare la biglia (che simbolicamente era uscita dal mondo interiore del bambino) o tacciarla di “cattiva” perché era stata co-responsabile della brutta avventura di Sylvester.
Questo album è grande perché uscito direttamente dalla ricchezza dell’inconscio dell’autore, e non pensato a tavolino per dare un messaggio.

Grazie Steig e ciao caro Sylvester!

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