“Sylvester”, il bambino-pietra (W.Steig).parte I
16 Settembre, 2008Dal viaggio di quest’estate negli Stati Uniti ho riportato un tesoro: Sylvester and the Magic Pebble di William Steig. Il libro vinse negli anni ’70 la prestigiosissima Caldecott Medal ed è diventato un classico della letteratura illustrata americana. Per i contenuti psicologici tessuti nella semplicità apparente della storia, per la parabola emotiva che lo scorrere delle pagine riesce a creare nel lettore (all’ultima pagina io ero in lacrime), per l’onestà e la delicatezza completamente dedicate all’infanzia che si respira nelle illustrazioni, questo libro fa parte dell’esigua élite di capolavori assoluti che ha segnato la storia dell’illustrazione.
Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969
La storia è semplice e inquietante, un asinello ama collezionare pietre, un giorno ne trova una magica, alla quale può chiedere qualsiasi cosa, si avvia eccitato verso casa per comunicare la bella notizia ai genitori ma sulla strada incontra un leone affamato. Terrorizzato chiede alla pietra di venir trasformato in un sasso. Purtroppo la pietra magica funziona solo se a contatto con la persona che esprime il desiderio e una volta diventato sasso il povero asinello non potrà più ritornare alla sua forma originale, fino a che un bel giorno…
Cercherò di accostare alle mie analisi dei brevi riassunti del testo (in verde). Mi spiace solo che la lettura del libro, mediata dalle mie incerte trattazioni, non possa svelarvi il suo meccanismo perfetto. Vi invito caldamente ad ordinare Sylvester and the Magic Pebblesu Amazon (c’è anche una versione francese).
PRIMA TAVOLA:
Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969
Sylvester Duncan vive con sua madre e suo padre a Oatsdale. Uno dei suoi hobbies è collezionare pietre che hanno strane (V.O: unusual) forme e colori.
Il testo ci indica nome e cognome (inusuale in un testo per bambini) del protagonista, il luogo e il tempo: ora. E’ dunque una storia reale, che si svolge ai nostri giorni. Sylvester potrebbe essere il nostro vicino di casa.
Vediamo l’interno di una casa: una famiglia media americana in un normale fine pomeriggio… la mamma fa le pulizie, il papà legge il giornale, il bambino gioca. Non lo notiamo subito, ma ogni cosa (persone e oggetti) è graziosamente vestita, tranne Sylvester, che è nudo. Questa nudità (che non potrebbe essere mostrata così bene se al posto degli asinelli protagonisti ci fossero esseri umani) ci dice già molto sullo status sociale del bambino. Nudità =purezza, impossibilità a collocarsi nel solco di uno stereotipo (mamma col grembiule, papà con giacca e cravatta).
Sylvester colleziona pietre. E’ dunque a contatto con qualcosa di naturale e primitivo, e lui solo ne sa valutare la bellezza e la preziosità (c’è forse diamante più prezioso di una pietra che brilla in mano a un bambino?). L’atto del collezionare, si sa, rappresenta una cura verso il mondo interno, le cose preziose sono le cose preziose dentro di noi, che mettiamo al sicuro in un vaso, cercando ingenuamente di sottrarle alla decadenza del mondo esterno, o all’incuria degli altri.
SECONDA TAVOLA:
Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969
Un piovoso sabato pomeriggio Sylvester trova una pietra rossa e bellissima, luccicante e rotonda come una biglia. Mentre è intento a studiarla esclama: vorrei che smettesse di piovere. E il suo desiderio si avvera.
Il mondo esterno è un luogo faticoso per il bambino. Qui la pioggia ne è una buona metafora, e anche l’esclamazione di Sylvester, così accorata. In “vorrei che smettesse di piovere” c’è una preghiera, un’invocazione agli elementi ostili della natura e della vita. Il giorno in cui Sylvester trova la pietra è sabato, e non è un giorno qualsiasi se sappiamo che William Steig era ebreo. Pensiamo anche come il comandare al cielo di piovere rimanda a certi passaggi biblici: Mosè ordinò al cielo di piovere e il Signore mandò tuoni e grandine… o più anticamente ancora ai riti magici dei popoli primitivi. E’ così vicino alla psicologia del bambino questo gesto di Sylvester inventato da Steig… non solo per l’onnipotenza che dimostra, ma per l’oggetto che sceglie come destinatario della sua potenza: il cielo. Noi ci dimentichiamo da adulti, di quanto, bambini, fossimo vicini agli elementi della natura, ancora in balia del loro potere e della loro meraviglia, come piccoli uomini primitivi spaventati dal tuono.
Di colpo la pioggia cessa. Ma cessa in un modo miracoloso (magico): ogni cosa è secca e il sole brilla nel cielo, il testo specifica: era come se la pioggia non fosse mai esistita (…and the sun was shining as if rain had never existed).
E’ stato compiuto quello che Sylvester ha domandato: di ritornare ad uno stadio anteriore a quello della pioggia (vedi: le difficoltà della vita), indietro verso un luogo primo, perfetto, dove tutto è come se non avesse mai piovuto. Non è forse il desiderio più imperante di ogni bambino? Regredire, tornare all’inizio, là dove non c’erano tensioni e fatica, né pioggia. (Ritornare nel ventre materno). Tornare indietro è anche tornare ad uno stadio onnipotente, magico, dove ogni desiderio viene esaudito in un istante (i primi stadi di sviluppo del lattante sono immersi nella magia dell’onnipotenza, il lattante crede di inventare il mondo,crede che tutto, anche il seno della madre, scaturisca magicamente da lui (D.Winnicott).
Notate come tutti questi contenuti sono sotterranei alla freschezza delle immagini, al meccanismo giocoso della pietra magica.
TERZA TAVOLA:
Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969
Sylvester sospetta che la magia abbia un rapporto con la pietra, per testarne il potere ri-ordina al cielo di piovere. All’inizio prova a chiedere che piova non tenendo la pietra in mano, poi, con minuzia scientifica, ripete l’esperimento tenendo la pietra tra gli zoccoli, e la seconda volta torna improvvisamente il sereno.
Che felicità possedere una pietra magica! Sylvester dopo aver chiesto al cielo di diventare di nuovo sereno fa sparire una piccola macchia dal suo corpo (un neo?). Poi si avvia verso casa sognando di poter realizzare tutti i desideri di sua madre e di suo padre e di tutti i suoi amici.
Qui abbiamo il sogno realizzato di tutti i bambini, possedere un oggetto magico capace di dare felicità a tutti. Notiamo che Sylvester ha uno stadio di sviluppo psicologico già capace di gratitudine (non vede l’ora di usare la pietra per fare felici papà e mamma), questo ci dice che è già fuori da una fase di sviluppo narcisista (anche se come prima cosa cancella la macchiolina dal suo corpo), e che è dunque troppo grandicello per la regressione onnipotente in cui sta inciampando. E’ un bambino che non vuole crescere (il gioco intimista della prima pagina, di collezionare pietre, già ce lo aveva accennato).