ciao Salinger

Salingernine

Non è un illustratore, non ha fatto libri per bambini, ma è uno degli scrittori che più ha saputo descrivere il valore dell’infanzia: il potere salvifico dei bambini, la facilità con cui i bambini accedono alla verità. Mi sembrava doveroso rivolgergli un ultimo saluto da questo blog.

J. D. Salinger è uno dei pochissimi scrittori che amo senza riserve, alla follia. Seymour (uno dei protagonisti principali di tutta la saga dei fratelli Glass, il più emblematico) fa parte della mia vita come una persona reale. Il suo suicidio mi tocca come il suicidio di una persona reale. Ogni giorno, ogni giorno, mi sforzo di vedere anch’io, come la piccola Sybil, un pescebanana.
Bello che Salinger abbia scelto per morire il 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo saluto davvero commossa.

Vi consiglio con tutto il cuore:
Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione (Einaudi)
Nove racconti (Einaudi)

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” Mamma ha detto che il poppatoio è sulla stufa, – gli ricordai. – Gliel’ho dato poco fa,- rispose Seymour. – Non ha fame -. Si diresse al buio verso lo scaffale e illuminò i ripiani, lentamente, avanti e indietro, con la luce della lampadina. Mi sedetti sul letto. – Santo Cielo, ha dici mesi, -dissi. – Lo so, – rispose Seymour. – le orecchie ce le hanno. Possono ascoltare.
La storia che Seymour lesse a Franny quella notte era un racconto taoista, il suo preferito.”
da Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione (Einaudi)

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Per chi legge e scrive in francese, il giornale francese Le monde ha offerto una piattaforma per lasciare la propria testimonianza. La frase che dà il titolo della rubrica è mia: l’idée qu’il était là, au milieu d’un silence et des montagnes, rendait ce monde actuel plus beau. Non è retorica, lo penso davvero.


Kate Greenaway (1846-1901)

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Per rifarci un po’ gli occhi dopo le scenette di Walter Potter, ecco un’artista sua contemporanea: Kate Greenaway.
Kate Greenaway è nata il 17 marzo 1846, a pochi giorni della nascita di Randolph Caldecott e qualche mese dalla nascita di Walter Crane, insieme a questi due grandi illustratori, ha creato i primi libri illustrati pensati esclusivamente per bambini, e anche “un genere”. Ecco qualche cenno di biografia:

Il padre, John Greenaway, era un incisore di legno, e la madre una sarta, proprietaria di un piccolo negozio di moda. Kate Greenaway visse un’infanzia di ristrettezze economiche, ma felice, osservando sulla porta del negozio della madre tutta l’alta società che sfilava davanti a lei in costumi vittoriani.

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Shuttlecocks, Kate Greenaway

Molti dei modelli disegnati dalla madre entreranno nelle sue illustrazioni. Le estati passate nello Nottinghamshire, paese dove la famiglia andava in vacanza, le regaleranno invece l’amore per i giardini, i paesaggi campestri e i fiori. Da bambina non venne scolarizzata. Quando compì 12 anni, vista la sua sensibilità per il disegno, il padre la iscrisse a una scuola d’arte, a Kensington.

Fu il padre colui che più incoraggiò e appoggiò la sua carriera. All’inizio le trovò lavoro come illustratrice presso la Marcus Ward, una società di Londra che produceva biglietti d’auguri, calendari e illustrazioni di libri. Il direttore artistico di questa società era Thomas Crane, fratello di Walter.

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Kate Greenaway nel suo studio, 1895, foto copyright: NYPL, Digital Gallery

Dopo 6 anni con la Marcus Ward, Kate interruppe la collaborazione con loro: non le restituivano mai gli originali.
Il padre la presentò allora a Edmund Evans, famoso stampatore e incisore su legno dell’epoca, già stampatore di Caldecott.  Fu un incontro decisivo per la sua carriera. Evans andò subito in visibilio per i disegni dell’illustratrice, e decise di fare un libro con lei, su rime della stessa Greenaway. Evans non badò a spese: per riprodurre tutte le nuances delle tavole originali, usò ben quattro blocchi di colore: rosso, blu, giallo e rosa color-carne.

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Kate Greenaway, Under the Window, Londra 1878. Guarda il libro completo su: Digital Library of Illuminates books

Il libro venne intitolato Under the Window (1878) ed ebbe un successo inaspettato. La nostalgica ambientazione pastorale pre-industrializzazione, la delicatezza dei costumi, l’immagine di un’infanzia idilliaca, stregarono il pubblico inglese. Il libro andò esaurito in un attimo e  le immagini della Greenaway lanciarono una moda. Vennero riprodotte in ogni dove: su tazze di porcellana, carta da parati, tessuti, pubblicità. Non sempre le riproduzioni venivano effettuate con il permesso dell’illustratrice.

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Kate Greenaway, Under the Window, Londra 1878. Guarda il libro completo su: Digital Library of Illuminates books


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Kate Greenaway, Under the Window, Londra 1878. Guarda il libro completo su: Digital Library of Illuminates books

Dopo il successo di Under the window Il critico d’arte John Ruskin, innamoratosi dei disegni della Greenaway, le scrisse una lettera di elogi, e questo fu l’inizio di una corrispondenza che durò tutta una vita. L’influenza del critico sull’opera di Kate Greenaway (molti dicono negativa) la portò a lasciare a più riprese l’illustrazione, considerata da Ruskin un’arte minore, per dedicarsi a una pittura di quadri ad acquarello che non incontrò mai il favore del pubblico.

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Il suo successo (enorme in Inghilterra e America) si rivelò controproducente: la produzione della Greenaway non riusciva a stare al passo con la richiesta del mercato, e il pubblico si orientò verso imitatori, spesso di mediocre talento. Presto il suo nome smise di essere popolare (mentre il suo stile segnava un’epoca). Kate Greenaway morì di tumore al seno a 55 anni, depressa e convinta che il suo lavoro valesse poco.
Kate Greenaway è invece una delle illustratrici immortali dell’età d’oro dell’illustrazione, e ancora oggi i suoi libri, stampati e ristampati in innumerevoli edizioni, regalano immagini di sogno ai bambini di tutto il mondo.
A suo nome è stata istituita nel 1955 la Kate Greenway Medal.

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Kate Greenaway, The flower dance

Qui di seguito alcuni artisti che hanno influenzato, direttamente o indirettamente, il lavoro di Kate Greenaway. Come nel rococò francese, le sue scene sono ritratti di una vita aristocratica, idilliaca, in una cornice dove l’armonia della natura è protagonista insieme all’uomo. Una grossa influenza sui suoi costumi l’ebbero soprattutto le litografie dell’editore Rudolph Ackermann, che avevano reso popolare in Inghilterra la moda impero.

(Su questo sito potete sfogliare alcuni dei più bei libri di Kate Greenaway).

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Pilgrimage to Cythera di Jean-Antoine Watteau, 1721, Louvre


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Kate Greenaway, il pifferaio di Hamelin

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William Hamilton, (Chelsea, 1751 – Londra, 1801)


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Kate Greenaway, “Ring-a-Ring-a-Rosies,” 1881


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The Sackville Children, John Hoppner 1797


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Kate Greenaway


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Illustrazioni di J. Dugourc (1749-1825), edizioni Rudolph Ackermann; Inghilterra 1822


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The Repository of Arts, Literature, Commerce, Manufactures, Fashion, and Politics, edizioni Rudolf Ackermann 1824


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The Repository of Arts, Literature, Commerce, Manufactures, Fashion, and Politics, edizioni Rudolf Ackermann 1824


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Kate Greenaway. Mother Goose, New York: George Routledge and Sons, 1881.

Lo stile “Greenaway” ha segnato tutto un filone dell’illustrazione moderna. Chi come me è nato negli anni ’70, ricorderà le atmosfere di Kate Greenaway in una verisone derivata, banalizzata e diventata ormai uno zuccherosissimo prodotto di mercato: Holly Hobbie e Sara Kay. Le ricordate? Profumavano persino le gommine per cancellare!

HollyHolly Hobbie, anni 70


lefiguredeilibri.HobbieHolly Hobbie, anni 70

Walter Potter: illustrare con la tassidermia

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Walter Potter (1835-1918), The rabbit school, particolare,Historical Victorian Taxidermy

Dopo due post sui bambini, i passeri, gli scriccioli morti, mi sembrava allegro restare in tema e farvi conoscere, se già non lo conoscete, un illustratore inglese di fine ‘800 il cui stile è… diciamo, un pochino insolito: Walter Potter (1835-1918).
So, grazie a gentili lettere ricevute, che molti di voi mi leggono facendo colazione. Se così è, mi auguro che questo post non vi disturbi troppo l’appetito. Spero anche che tra voi non ci siano animalisti troppo convinti. La seconda cosa che mi sono chiesta quando ho scoperto Walter Potter è: ma i gattini li ha fatti fuori lui? Chi vuole continuare ad avermi in simpatia non mi chieda quale è stata la prima cosa che ho pensato, e fermi la sua lettura qui.

La prima cosa che ho pensato guardando le opere di Walter Potter è: Quanto costa una di queste scatole? LA VOGLIO. Per quella sulla morte di Cock Robin, The Original Death and Burial of Cock Robin (già solo il titolo mi manda in visibilio) penso che sarei capace di dilapidare i risparmi di una vita. Sono fortunata, non credo che l’opera sia più in vendita.

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Walter Potter, the Original Death and Burial of Cock Robin, 1855 circa. Crediti: Historical Victorian Taxidermy

Il primo animale che Walter Potter impagliò fu il suo amato canarino (c’è sempre un colpevole), seguì, a soli 19 anni la realizzazione di The Original Death and Burial of Cock Robin, su ispirazione della nota filastrocca; l’opera conta 98 specie diverse di uccelli britannici.

lefiguredeilibri.titolopotterWalter Potter, The Original Death and Burial of Cock Robin, 1885 circa, crediti: Historical Victorian Taxidermy

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Walter Potter, The Original Death and Burial of Cock Robin, 1885 circa, crediti: Historical Victorian Taxidermy

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Walter Potter, The Original Death and Burial of Cock Robin, 1885 circa, crediti: Historical Victorian Taxidermy

In epoca vittorina la tassidermia era molto in voga in Inghilterra, e Potter ebbe in vita un notevole successo. Il suo museo, a Bramber, era  meta di affollatissime visite. Poi il nuovo secolo spazzò via molti fantasmi, la passione vittoriana per gli animali imbalsamati smise di essere alla moda, Potter morì, il muso andò in rovina,  la collezione fu ereditata dalla figlia e una nipote.
A più riprese l’opera di Potter fu messa all’indice e accusata di essere la prova di atti di crudeltà compiuti sugli animali. Per far tacere queste voci la figlia di Potter fece una dichiarazione pubblica in cui affermò che il padre non aveva mai ucciso bestiole per le sue opere, ma le aveva sempre trovate morte (difficile crederle).

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Walter Potter, Squirrels Game of Cards, c. 1870, Historical Victorian Taxidermy

Durante il ‘900 la collezione si spostò in diverse sedi museali inglesi, destando sempre accese polemiche. C’era chi adorava la macabra fantasia di Potter e c’era chi gridava alla scandalo.
L’ultima sede del museo è stata il Jamaica Inn, in Cornovaglia. La collezione di Potter attirava più di 30.000 visitatori l’anno, ma la morte dell’unica guida esperta di tassidermia, alcune difficoltà economiche, hanno costretto il museo a cercare un acquirente; nessuno si è presentato e la collezione è stata messa all’asta.

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Walter Potter, Kittens’ Tea Party,Historical Victorian Taxidermy

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Walter Potter, The frog school. (Una commentatrice ci informa che questa scena non è di Potter ma di François Léopold Perrier).

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Walter Potter, The rabbit school, particolare, Historical Victorian Taxidermy

La collezione di Potter al completo (più di 6.000 animali imbalsamati) è stata messa all’asta dalla casa Bonhams nel 2006 (potete leggere qui la cronaca dell’asta). Tutti pezzi sono stati venduti, la cifra più alta è andata a The Original Death and Burial of Cock Robin: la bellezza di £ 23.500 (c. 27 mila euro). L’acquirente è stato Robert Chinnery, direttore del The Victorian Taxidermy Company.
L’artista Damien Hirst (le cui opere sono di solito animali morti messi in formaldeide) aveva offerto un milione di sterline per comprare la collezione Potter al completo e non frantumarla, ma la casa d’aste ha rifiutato. Una vera tragedia ha commentato l’artista,  e sono d’accordo con lui. Qui  potete leggere l’articolo sul The Guardian dove Hirst denuncia questa vendita sconsiderata.

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Walter Potter, Kitten’s wedding, Historical Victorian Taxidermy

 

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Qui sotto, nel video dei Radiohead compaiono, animate, due opere di Walter Potter.

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Il matrimonio dei gatti, una delle sue opere più conosciute, ha tutti i gattini appartenenti allo stesso pool genetico, perché il colore del pelo risultasse uniforme. Si dice che Potter vestisse i suoi animali come fossero state persone vere, non solo per l’effetto scenografico. I gattini, ad esempio, hanno biancheria intima minuziosamente ricamata (biancheria che lo spettatore non può vedere).
Allora, che cosa ne pensate dell’opera di Potter? E’ da brivido, no? Siete tra i fans o tra chi è turbato da questi macabri teatrini?

 

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Walter Potter,Historical Victorian Taxidermy


La vera morte di Cock Robin (la simbologia del pettirosso)

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Death and Burial of Cock Robin, pubblicato da John Harris nel 1819

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Randolph Caldecott, The babes in the wood, Frederick Warne & Co., Londra 1879, particolare

Quello che mi affascina nella ballata The babes in the wood è la comparsa in scena, ancora una volta, del pettirosso (in inglese il pettirosso si chiama robin, robin-redbreast o ruddock). Avevo già parlato in questo post di Cock Robin e della mia passione per la filastrocca Who killed Cock Robin?.

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Se nella filastrocca di Who killed Cock Robin?, il pettirosso viene ucciso da una freccia e seppellito dagli amici (tutta la filastrocca è una descrizione dei riti della sepoltura), nella ballata di The babes in the wood invece, è il pettirosso che si fa carico della sepoltura dei bambini (coprendoli di foglie).

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Who Killed Cock Robin? fu pubblicato nel 1744 nella raccolta Tommy Thumb’s Pretty Song Book, ma la filastrocca non è che la parte finale di una ballata molto più lunga: la versione integrale venne stampata solo nel 1770.
Nei secoli si sono mescolate molte varianti, in quella più conosciuta Cock Robin (il pettirosso) si innamora di Jenny Wren (lo scricciolo). Viene celebrato il loro matrimonio (ampia descrizione del banchetto). Tutti sono felici, bevono e mangiano cose deliziose, ma a rovinare la festa entra in scena il cuculo, che vuole portarsi via Jenny Wren. Il passero allora, con arco e frecce, prende la mira per toglierlo di torno, ma sbaglia il colpo e uccide Cock Robin (anche nella realtà il cuculo ruba i nidi già fatti). In altre varianti una lite tra i due uccellini innamorati precede il matrimonio.

(…)
The concert it was fine;
And every bird tried
Who best should sing for Robin,
And Jenny Wren the bride,

When in came the Cuckoo
And made a great rout;
He caught hold of Jenny,
And pulled her about.

Cock Robin was angry,
And so was the Sparrow,
Who fetched in a hurry
His bow and his arrow.

His aim then he took,
But he took it not right;
His skill was not good,
Or he shot in a fright;

For the cuckoo he missed,
But Cock Robin he killed!—
And all the birds mourned
That his blood was so spilled.

Who killed Cock Robin?
“I,†said the Sparrow,
“With my bow and arrow,â€
I killed Cock Robin.â€
(etc…)
Leggi la versione integrale

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The marriage of Cock Robin and Jenny Wren, J.L. Marks, Londra, c 1800

Il pettirosso e lo scricciolo sono entrambi uccelli venerati nelle mitologia antica. Lo scricciolo era considerato il re degli uccelli nella mitologia greca, e il più furbo tra essi nella mitologia celtica (vedi la storia L’aquila e lo scricciolo).

Ma ora viene il bello. Lo scricciolo si chiama Jenny Wren. Wren day è il nome irlandese della nostra festa di Santo Stefano (26 dicembre), che, insieme a Natale, corrisponde alle antiche feste del solstizio d’inverno. Nell’antica tradizione celtica uno dei riti di questa festa era… l’uccisione dello scricciolo (!). Tradizione rimasta molto a lungo in Irlanda, da cui il nome Wren day.

Scricciolo

Nel suo libro La dea bianca, Robert Graves spiega che nella tradizione celtica, la lotta tra le due parti dell’anno, è rappresentata dalla lotta tra il re-agrifoglio (o vischio), che rappresenta l’anno nascente e il re-quercia, che rappresenta l’anno morente. Al solstizio d’inverno il re-agrifoglio vince sul re-quercia, e viceversa per il solstizio d’estate (vedi The Holly King). Nella tradizione orale, una variante di questa lotta è rappresentata dal pettirosso e lo scricciolo, nascosti tra le foglie dei due rispettivi alberi. Lo scricciolo rappresenta l’anno calante, il pettirosso l’anno nuovo.
Il nostro albero di Natale e la tradizione del vischio sono il retaggio di questi miti, come le cartoline natalizie che associano il vischio all’immagine di un pettirosso.christmas

Ma non è finita qui! Ancora oggi, in alcune zone dell’Irlanda è tradizione celebrare una simbolica caccia allo scricciolo, il 26 dicembre. Durante il Wren Day l’effige di uno scricciolo viene posta su un ramo o un palo, e tutti i bambini del villaggio devono colpirla con bastoni o sassi, fino a farla cadere. Una volta “ucciso” lo scricciolo, i  bambini dovranno bussare alle porte del paese con un rametto di agrifoglio in mano, chiedendo soldi per seppellire lo scricciolo. Ecco la filastrocca che devono cantare:

The wren, the wren, the king of the birds,
On Stephen’s Day was caught in furze;
Up with the kettle and down with the pan,
And give us some money to bury the wren.

Ho trovato anche riferimenti a un rito più antico durante il quale uno scricciolo e un pettirosso venivano messi insieme in una gabbia perché si uccidessero l’un l’altro.

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Cock Robin, Illustrazioni di Barbara Cooney, 1965

Alla luce di queste nuove scoperte, torniamo alla filastrocca di Cock Robin e proviamo a darne un’interpretazione. Ecco che ritroviamo tutti gli elementi: lo scricciolo e il pettirosso, simboli delle due parti dell’anno, il loro matrimonio, simbolo dell’unione mistica tra le due parti (anche nel mito celtico il re-quercia e il re-agrifoglio erano gemelli e uniti simboleggiavano l’anno), la morte di uno dei due uccellini, simbolo della morte dell’anno vecchio.
Il banchetto descritto può essere quello delle feste del solstizio d’inverno (o d’estate). Il cuculo (uccello primaverile) arriva per portar via l’inverno, rappresentato dallo scricciolo. Una delle due parti dell’anno (il pettirosso) viene uccisa e poi sepolta. Grande spazio al rito di sepoltura, che rappresenta il passaggio necessario alla rinascita della primavera.
Non è chiaro perché sia il pettirosso a lasciarci le penne e non lo scricciolo, potrebbe essere che con l’accumularsi dei significati nello scambio orale del racconto, il pettirosso e lo scricciolo siano diventati simboli intercambiabili.

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Una versione della prima parte della filastrocca nella quale Cock Robin e Jenny Wren litigano e vanno davanti a un giudice

Il pettirosso che seppellisce sotto le foglie i due bambini in The Babes in the wood, potrebbe essere ciò che resta della versione arcaica del mito; con The babes in the wood siamo in una cornice simbolica più strutturata, in cui non ci sono più uccelli, ma bambini, il maschile e il femminile, che uniti in un abbraccio (il matrimonio) rappresentano la morte come passaggio necessario verso l’anno nuovo. E’ interessante in questo caso che in alcune versioni della ballata, più tardive, il pettirosso copra di foglie i bambini per proteggerli dal freddo della notte, in un rito in cui il passaggio morte-rinascita si fa più breve e meno angoscioso: sonno-veglia.

Altrettanto interessante è la credenza inglese che sia compito dei pettirossi seppellire i morti restati senza sepoltura nei boschi. Questo ribaltamento dei significanti: pettirosso che muore/pettirosso che si prende cura dei morti – è tipico delle metamorfosi dei miti nel tempo (ed è anche un meccanismo tipico dei sogni). Il pettirosso, antico simbolo dell’anno nuovo, è colui che facilita il passaggio dall’inverno alla rinascita.

A conferma del ruolo del cuculo nella filastrocca ho trovato questo proverbio dell’Italia meridionale: Canta il cuculo sulla quercia nera, ricordati padrone che è primavera. Nella tradizione del centro italia al cuculo si potevano chiedere pronostici sulla propria morte: Coch, bel coch d’abril, quant’ho gia? da muri?? (Bel cuculo di aprile, quanto tempo avro? prima di morire?), recita un proverbio romagnolo.

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Raffaello, Madonna del cardellino, 1506

Nella tradizione cristiana il pettirosso è associato sia alla morte, che alla nascita di Gesù. E’ di origine medioevale (ma me la raccontava ancora mia nonna!) la storia del pettirosso che con grande sforzo sfila una spina dalla corona di Cristo in croce. Una macchia di sangue gli resta sul petto e a partire da quel giorno tutti i pettirossi, in ricordo del suo gesto generoso, avranno il petto rosso. In un’altra versione, nella capanna dove è nato Gesù, un uccellino passa la notte a volare vicino alle braci del fuoco, perché non si spengano. In ricompensa Gesù lascia sul suo petto il segno del fuoco.

Molti i quadri della tradizione cristiana di Madonne con uccellino, dove il bambin Gesù tiene in mano, o al laccio, un cardellino, o un pettirosso o altri uccellini non meglio identificabili. Detesto queste scorciatoie da “mitologia per dilettanti“, ma mi sembra possibile il richiamo agli uccellini dell’antico culto del solstizio d’inverno.

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Vierge du boissons des roses, Martin Schongauer, 1473, particolare

Finalmente ho una chiave di lettura della filastrocca che amavo di più da bambina. La sepoltura di Cock Robin è una sepoltura simbolica, il passero assassino è in realtà innocente come l’inverno che porta via le foglie agli alberi. Devo dirvi la verità, per quanto sia stato elettrizzante scoprire quanto si piantano profonde le unghiette del mio amato pettirosso nella storia della nostra cultura, la filastrocca mi piaceva di più prima, con la sua aura completamente surreale. Ma, come amava ripetere Robert Musil, nostro compito è quello di perdere il sogno e conquistare la realtà. Avanti dunque. Aspetto le vostre interpretazioni!

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The babes in the wood, cronaca di una leggenda

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Randolph Caldecott, The babes in the wood, Frederick Warne & Co., Londra 1879

The babes in the wood è un’antica ballata tradizionale inglese. Ecco la trama: due genitori morenti affidano i loro due bambini alle cure di uno zio. Morti i genitori, lo zio, per rubare l’eredità dei bambini, li fa portare nel bosco da due compari. Uno dei due delinquenti, mosso a pietà all’ultimo momento, non ha il coraggio di abbandonare i bambini, e viene ucciso dall’altro. I due bambini abbandonati muoiono di inedia, uno tra le braccia dell’altro, e vengono coperti di foglie da un pettirosso (in alcune versioni i pettirossi sono due).

La prima versione conosciuta della ballata risale al 1595, quando l’editore Thomas Millington la stampò col titolo The Norfolk Tragedy.
Qui di seguito, potete ammirare alcune tavole di Caldecott, che ha illustrato la ballata nel 1879.
(Sul sito del progetto Gutenberg trovate tutte le tavole e il testo integrale).

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Randolph Caldecott, The babes in the wood, Frederick Warne & Co., Londra 1879

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Randolph Caldecott, The babes in the wood, Frederick Warne & Co., Londra 1879

(…)
He took the children by the hand,
While tears stood in their eye,
And bade them come and go with him,
And look they did not cry:
And two long miles he led them on,
While they for food complain:
“Stay here,” quoth he, “I’ll bring ye bread,
When I come back again.”

These pretty babes, with hand in hand,
Went wandering up and down;
But never more they saw the man
Approaching from the town.
Their pretty lips with blackberries
Were all besmear’d and dyed;
And when they saw the darksome night,
They sat them down and cried.

Thus wandered these two pretty babes,
Till death did end their grief;
In one another’s arms they dyed,
As babes wanting relief.
No burial these pretty babes
Of any man receives,
Till Robin-redbreast painfully
Did cover them with leaves.

(The babes in the wood)

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Randolph Caldecott, The babes in the wood, Frederick Warne & Co., Londra 1879

Non si conosce l’origine della storia, che probabilmente affonda le sue radici in antichissime leggende legate al bosco. Ma se ci addentriamo nella cronaca delle prime versioni stampate della ballata, scopriamo curiose relazioni con la cronaca inglese del ‘500, il teatro e… l’Italia. State a sentire.

Thomas Percy, poeta e antiquario inglese di fine ottocento, che pubblicò una versione di The babes in the wood, identificava l’origine della ballata in una stampa del 1601, dal titolo: Two Lamentable Tragedies, di Rob. Yarington (i bibliofili possono sfogliare qui la prima edizione). In Two Lamentable Tragedies venivano raccontati due fatti di cronaca, quello della morte di Robert Beech, avvenuta per mano di Thomas Merry nel 1594 a Londra, e quello della morte di due bambini abbandonati nel bosco, complice uno zio dei bambini.

Ma data 1599 (quindi è di due anni anteriore alla pubblicazione di Yarington) il dramma, Thomas Merry, or Beech’s Tragedy, scritto dal drammaturgo elisabettiano Henry Chettle. Nel dramma viene raccontata solo una delle due parti di Two Lamentables Tragedies, quella dell’uccisione di Robert Beech.
Da fonti indirette (la registrazione di un pagamento effettuato), si sa che pochi mesi dopo Chettle scrisse anche un dramma intitolato: The Orphan’s tragedy. I due episodi, quello dei bambini abbandonati e quello dell’assassinio di Beech, devono essersi fusi insieme nelle successive versioni della storia.

Ma, cosa curiosa! l’attore William Haughton, che interpretò i due drammi di Chettle, fa riferimento nei suoi diari a The Orphan’s tragedy chiamandola The italian’s tragedy.
Quali segreti scambi intercorrono tra la storia di Nennillo e Nennella (vedi introduzione a Hansel e Gretel) di Gianbattista Basile, stampata nel  1634, The italian’s tragedy e The babes in the wood? Quale antica leggenda (o un fatto di cronaca italiana?) è all’origine di tutte queste versioni di un infanticidio nel bosco? E quali sono le relazioni tra la ballata The babes in the wood, la versione di Hansel e Gretel dei Grimm e quella del Pollicino di Perrault?

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Nennillo e Nennella, illustrazione di Warwick Goble (1862-1943)

Nel 1882, Francis James Child, appoggiandosi al corpo di ballate raccolte e riscritte da Percy pubblica The English and Scottish Popular Ballads, meglio conosciuto come  The Child  Ballad, una raccolta completa, filologicamente attendibile, del corpus delle ballate inglesi, scozzesi e irlandesi. La raccolta, che conteneva The babes in the wood, ebbe un’enorme influenza sul romanticismo inglese.

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Babes in the wood, Mary Ann Criddle (1805-1880)
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The Babes in the wood, William Robert Symonds (1851-1934)

Emily Dickinsons fa riferimento in una lettera alla storia di The babes in the wood, definendola “immortale”. Qui di seguito un frammento di una sua poesia ispirata alla storia:

Fra sentieri si stendeva – fra rovi –
Fra radure e fra boschi –
Spesso banditi ci oltrepassavano
Sulla strada solitaria.

Il lupo veniva a scrutare curioso –
Il Gufo guardava perplesso all’ingiù –
La figura di raso del serpente
Sgusciava via furtivamente,

Le tempeste ci sfioravano le vesti –
I pugnali del lampo dardeggiavano –
Feroce dal Dirupo su di noi
Il famelico Avvoltoio gridava –
(…)

(Emily Dickinsons, traduzione di Giuseppe Ierolli, leggi qui la versione originale)

Nei secoli, la storia di The babes in the wood ha goduto di un immutato successo popolare; innumerevoli le pantomime inglesi, spesso in chiave ironica, gli spettacoli teatrali e le canzoni ispirate alla trama. Il finale tragico è stato sovente mitigato: i bambini venivano salvati o trasportati in cielo. Più tardi, la storia si è mescolata a quella di Robin Hood: in alcune versioni, interviene per salvare i bambini. Forse la fusione delle due storie è avvenuta per uno slittamento metonimico del nome Robin – pettirosso in inglese. In alcune versioni meno drammatiche della ballata, il pettirosso copre di foglie i bambini per proteggerli dal freddo.

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La locandina di una pantomima di The babes in the wood del 1954

Nel 1932 la Walt Disney firma un cortometraggio intitolato The babes in the wood:

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Il cortometraggio, diretto da Burton Gillett, trasforma la fiaba in un’accozzaglia di riferimenti in cui entra in scena la casetta di marzapane, una banda di elfi, una strega-befana sulla scopa, le torte in faccia, i veleni capaci di trasformare i bambini in ragni e altre bestie orribili… Un compendio squisitamente kitsch di tutte le ramificazioni che la storia di The babes in the wood ha avuto nei secoli (merita di essere visto per intero! Un vero incubo).
Il lieto fine (se lieto si può chiamare) vedrà la strega trasformarsi in pietra per la gioia dei bambini, dopo essere morta ustionata in un  pentolone di lava bollente.

lefiguredeilibri.MetropolitanjpgThe babes in the wood, Thomas Crawford (ca. 1813-1857), Metropolitan Museum of Art, New York

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A book of nonsense, Edward Lear

1846
A book of nonsense, Edward Lear, James Miller edition, 1875
Lear_colori
A book of nonsense, Edward Lear, da una rara edizione litografica a colori del 1870
1861
A book of nonsense, Edward Lear, Thomas McLean edition, 1846

Da “La grammatica della fantasia” di Gianni Rodari:

Il “limerick” è un genere organizzato e codificato – e inglese,  di nonsenso. Sono famosi quelli di Edward Lear. Eccone uno nella traduzione di Carlo Izzo (Lear, Il libro dei nonsense, Einaudi, Torino 1970).

C’era un vecchio di palude
di natura futile e rude
seduto su un rocchio
cantava stornelli a un ranocchio
quel didattico vecchio di palude.

Con pochissime varianti, tutte autorizzate, i “limericks” ricalcano da sempre la stessa struttura, che è stata analizzata con grande precisione dai semiologi sovietici Civian e Segal (in italiano nel volume: I sistemi di segni e lo strutturalismo sovietico, Bompiani, Milano 1969).
Il primo verso contiene l’indicazione del protagonista (il “vecchio di palude“). Nel secondo verso è indicata la qualità (“di natura futile e rude“). Nel terzo e nel quarto verso si assiste alla realizzazione del predicato (“seduto su un rocchio/cantava stornelli a un ranocchio“). Il quinto verso è riservato all’apparizione di un epiteto finale, opportunamente stravagante (“quel didattico vecchio di palude“). Alcune varianti sono in realtà forme alternative della struttura. Per esempio, al secondo verso, la qualità del personaggio può essere indicata, anziché da un semplice attributo, da un oggetto che egli possiede, o da un’azione che compie. Il terzo e quarto, anziché alla realizzazione del predicato, possono essere riservati alla reazione degli astanti. Nel quinto, il protagonista può subire rappresaglie più serie di un semplice epiteto. Ricalcando questa struttura, e rispettando la combinazione delle rime (il primo, il secondo e il quinto verso rimano tra loro, il quarto rima col terzo), possiamo comporre noi stessi un limerick, alla maniera di Lear. (Gianni Rodari)

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Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009

Le Editions Rackham hanno da poco riedito con la doppia versione francese/inglese l’A book of nonsense di Edward Lear, in un’edizione elegantissima, con copertina di tela. Se cercate una bella edizione del libro, questa merita.

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Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009
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Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009
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Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009, particolare

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