A book of nonsense, Edward Lear

14 Gennaio, 2010
1846
A book of nonsense, Edward Lear, James Miller edition, 1875
Lear_colori
A book of nonsense, Edward Lear, da una rara edizione litografica a colori del 1870
1861
A book of nonsense, Edward Lear, Thomas McLean edition, 1846

Da “La grammatica della fantasia” di Gianni Rodari:

Il “limerick” è un genere organizzato e codificato – e inglese,  di nonsenso. Sono famosi quelli di Edward Lear. Eccone uno nella traduzione di Carlo Izzo (Lear, Il libro dei nonsense, Einaudi, Torino 1970).

C’era un vecchio di palude
di natura futile e rude
seduto su un rocchio
cantava stornelli a un ranocchio
quel didattico vecchio di palude.

Con pochissime varianti, tutte autorizzate, i “limericks” ricalcano da sempre la stessa struttura, che è stata analizzata con grande precisione dai semiologi sovietici Civian e Segal (in italiano nel volume: I sistemi di segni e lo strutturalismo sovietico, Bompiani, Milano 1969).
Il primo verso contiene l’indicazione del protagonista (il “vecchio di palude“). Nel secondo verso è indicata la qualità (“di natura futile e rude“). Nel terzo e nel quarto verso si assiste alla realizzazione del predicato (“seduto su un rocchio/cantava stornelli a un ranocchio“). Il quinto verso è riservato all’apparizione di un epiteto finale, opportunamente stravagante (“quel didattico vecchio di palude“). Alcune varianti sono in realtà forme alternative della struttura. Per esempio, al secondo verso, la qualità del personaggio può essere indicata, anziché da un semplice attributo, da un oggetto che egli possiede, o da un’azione che compie. Il terzo e quarto, anziché alla realizzazione del predicato, possono essere riservati alla reazione degli astanti. Nel quinto, il protagonista può subire rappresaglie più serie di un semplice epiteto. Ricalcando questa struttura, e rispettando la combinazione delle rime (il primo, il secondo e il quinto verso rimano tra loro, il quarto rima col terzo), possiamo comporre noi stessi un limerick, alla maniera di Lear. (Gianni Rodari)

Cover_lear
Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009

Le Editions Rackham hanno da poco riedito con la doppia versione francese/inglese l’A book of nonsense di Edward Lear, in un’edizione elegantissima, con copertina di tela. Se cercate una bella edizione del libro, questa merita.

Lear1bis
Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009
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Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009
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Un livre a-sensé, Edward Lear, Editions Rackham 2009, particolare

Su questa pagina di Google Books potete trovare tutte le tavole del libro.

28 Risposte per “A book of nonsense, Edward Lear”

  1. 1 omanu
    14 Gennaio, 2010 at 12:15

    MI sono sempre molto piaciuti i limerik e il non sense in generale. Anni fa sono stata a un concerto per quartetto a cappella ” Nonsense” di Goffredo Petrassi tratto proprio da Lear.
    Aggiungo il link per avere un’idea… assai divertente che la musica supportasse ed esaltasse lo straniamento.
    un saluto o’Manu

    http://www.youtube.com/watch?v=xjiabm3vtko

  2. 2 Paolo
    14 Gennaio, 2010 at 14:05

    I limerick, il nonsense, la poesia umoristica e il gioco di parole hanno avuto scarsissima fortuna in Italia.
    Qualcuno ha idea della ragione?
    Nonostante Rodari, Toti Scialoia viene considerato un “minore”, benché sia un poeta di primissimo ordine.

    Uno dei pochi cultori di questo genere era Giovanni Gandini, che ne pubblicava spesso su Linus (nella preistoria). Ne ricordo ancora qualcuno:

    — Ca’ di David (VR)
    Nella romita di Ca’ di David
    c’erano scavi d’
    antichi palazzi
    e altre cose da pazzi
    nella romita di Ca’ di David.
    (la rima in “id” è una ricercatezza che mi manda in sollucchero)

    — Portogruaro (VE)
    Una ragazza di Portogruaro
    ogni mattina saliva sul faro.
    Di lì, con sputi al fulmicotone,
    affondava ogni zattera e ogni barcone
    da Caltanissetta a Catanzaro,
    quella ragazza di Portogruaro.

    La Zoboli, poi, in età verdissima, attraversando la Padania in automobile per recarsi dalla nonna, accompagnata da genitori e sorella, poetava così:

    — Chiari (BS)
    Un viandante in quel di Chiari
    vende solo calamari.
    Calamari e triglie storte,
    poi li incarta con le porte.
    Se le porte son scadenti,
    spesso viene il mal di denti.

    (Bel gioco, quello di fare poesie sui luoghi che si attraversano in viaggio. Anna, perché non facciamo un concorso?)

    Edward Lear era un disegnatore supremo. Sue le tavole di raccolte ornitologiche fra le più belle, ricercate e costose al mondo. Un assaggio lo trovate qui (e cercate di non guardare i prezzi)
    http://www.audubonart.com/02_gall_LEA1.asp

  3. 3 Anna Castagnoli
    14 Gennaio, 2010 at 14:40

    (Bel gioco, quello di fare poesie sui luoghi che si attraversano in viaggio. Anna, perché non facciamo un concorso?)

    Sai che mi era venuto in mente anche a me?!
    Ora ci penso.

  4. 4 Silvana
    14 Gennaio, 2010 at 14:56

    C’era una volta un bell’uomo di Bresso
    che non amava parlare di sesso.
    Però i suoi vicini – orecchi assai fini –
    dicevan che poi lo faceva lo stesso,
    quel discreto signore di Bresso.

    Lo so, si può migliorare…

  5. 5 Romain Antonioni
    14 Gennaio, 2010 at 17:28

    Ho visto un ometto di Cassolnovo
    nascosto dentro il cappotto nuovo.
    L’ho visto attraverso il body scanner
    e mi ha ricordato Tony Tanner
    quel povero ometto di Cassolnovo
    che ovunque vada, io lo ritrovo.

  6. 6 Anna Castagnoli
    14 Gennaio, 2010 at 17:36

    Romain, è carina e piena di interessanti allusioni, ma è sbagliata!
    Un Limerick ha 5 strofe e devono rimare così:
    AABBA.

    Bella quella di Silvana! Ora ci provo io…

  7. 7 Romain Antonioni
    14 Gennaio, 2010 at 17:40

    Proverei così, con la versione originale:

    Ho visto un ometto di Cassolnovo
    nascosto dentro il cappotto nuovo.
    L’ho visto attraverso il body scanner
    e mi ha ricordato Tony Tanner
    quel povero ometto di Cassolnovo.

  8. 8 Anna Castagnoli
    14 Gennaio, 2010 at 17:48

    Due ciclisti di Milano
    ghiotti solo di parmigiano
    pedalando per trastullo
    arrivarono fino a Pavullo
    quei due scaltri ciclisti di Milano

  9. 9 Arianna
    14 Gennaio, 2010 at 17:55

    A cavallo del mio treno di panna
    leggo dell’idea di Paolo e Anna
    di un gaio concorso
    presto in corso
    …e già la mia mente s’affanna!

  10. 10 Silvana
    14 Gennaio, 2010 at 18:23

    Per Romain:
    Dài, mandaci l’illustrazione della tua limerick – lo sappiamo che ti viene meglio!
    Saluti a Tony Tanner in quel di Cassolnovo.

  11. 11 Mirella Parer
    14 Gennaio, 2010 at 18:25

    avevo scritto una cosa per il gatto rosso di Simone Rea…
    devo correggerla, forse andava scritta così:

    Gatto gatto sei un po’ matto
    un gomitolo hai disfatto
    hai attaccato anche un bottone
    e per finire la questione
    un bel colletto ti sei fatto

    …non sapevo niente dei non sense…Grazie Anna!

  12. 12 Anna Castagnoli
    14 Gennaio, 2010 at 18:26

    Aspetta a farla Romain! Riservala per il concorso Limerick :-)

  13. 13 Francesco
    14 Gennaio, 2010 at 19:19

    La voce di un cantante
    s’era fatta distante
    come la testa dal piede
    chi l’ascolta non la vede
    quella voce distante.

  14. 14 Paolo
    15 Gennaio, 2010 at 15:54

    Accidenti, siete bravi!

    Vabbé, ci provo anch’io:

    “Equivoci caratteriali”
    L’editor di viale isonzo
    dicon tutti sia un po’…..
    ma è il piglio milanese
    che fa sembrar scortese
    quel gioviale editor di viale isonzo.

    Adesso convinco la Zoboli a scendere in campo.

  15. 15 giovanna
    15 Gennaio, 2010 at 17:03

    Ricordo un cuoco di Riolunato
    pazzo d’amore per un biancostato
    diventato d’amblai vegetariano
    darsi l’aria di guru tibetano
    quel cuoco profumato d stufato.

    E non è finita qui…

    A Riolunato abitava un cuoco
    che metteva troppa carne al fuoco
    e spacciandosi re delle salsicce
    intortava le donne di Gabicce
    quel sucido carnivoro da poco.

  16. 16 Silvana
    15 Gennaio, 2010 at 18:04

    Voto per il re delle salsicce!

  17. 17 Silvana
    15 Gennaio, 2010 at 18:12

    Per rimanere in tema culinario:

    Un monomaniaco di Pozzimanenghi
    voleva mangiare soltanto borlenghi.
    In un ristorante di Ascott
    risposero :”What?”
    a quel morto di fame di Pozzimanenghi.

  18. 18 Paolo
    15 Gennaio, 2010 at 18:49

    Ennò, Silvana
    Ascòtt, per far rima con what non passa.
    Ascot ha una t sola e l’accento sulla A.
    Però quel morto di fame di Pozzimanenghi mi sta simpatico. Sarà per via dei borlenghi?

  19. 19 giovanna
    15 Gennaio, 2010 at 19:09

    Quel che fa dei limerick un genere meraviglioso è anche l’attingere alle ineguagliate vette poetiche che raggiunge dalla toponomastica.
    Pozzimanenghi allude a vite condotte nel tentativo infruttuoso di uscire dall’eterno pozzo del borgo natìo, come infatti mette in luce Silvana, con quella cattiveria della lingua inglese che oppone un freddo rifiuto ai morti di fame che, dominati dal borlengo, l’inglese, obviously, mica l’hanno imparato.

  20. 20 alicia
    15 Gennaio, 2010 at 19:26

    Sotto la scrivania c’è un polipo parlante
    la questione è piuttosto inquietante

    Vattene prima che commetta un delitto
    potresti, per dire, finire fritto!

    un polipo parlante che recita Dante

  21. 21 Francesco
    15 Gennaio, 2010 at 19:39

    (proseguendo quella di Alicia…)

    Una seppia recitava Ungaretti
    poesie in forma di spaghetti:
    erano lunghe e saporite
    e con metafore condite
    con la penna fatte a pezzetti

  22. 22 Silvana
    16 Gennaio, 2010 at 8:56

    Ode al Borlengo

    O tu bianca nuvola sparata
    con la pistola ad aria compressata,
    già lo sai: finir ti tocca
    nella mia tumida, bramosa bocca.
    E per fare la tua fine ancor più bella
    ti tiro addosso un mezzo chil di mortadella.

    Non è limerick, è ode, ma forse lo spirito essenziale si avvicina.

    E chiedo scusa ad Anna per aver invaso il suo spazio con questi vaneggiamenti! Ma si sa, evocare il nonsense può essere rischioso…
    Buon fine settimana a tutti!

  23. 23 Paolo
    16 Gennaio, 2010 at 16:29

    Visto che stamattina siamo andati a incontrare i genitori di Nati per Leggere in una biblioteca, ecco il risultato:

    Una sposina di Gravellona Toce
    davanti all’altare perse la voce.
    La ritrovò dopo qualche giorno
    con un playboy che le ronzava intorno,
    quella sventata di Gravellona Toce

  24. 24 Anna Castagnoli
    18 Gennaio, 2010 at 13:56

    L’identità dell’autore dell’Ora blu (che scrive limericks in onore di Tony Tanner)l’avevo indovinata, ma la relazione tra Nati per leggere e la sposina di Gravellona Toce mi sfugge proprio :-)

  25. 25 Paolo
    18 Gennaio, 2010 at 14:26

    Anna cara,
    il legame non è ovvio, ma è banale:
    la A4, che ci portava a destino, incrocia la A26 che finisce a Gravellona Toce.

  26. 26 Stefano
    18 Gennaio, 2010 at 15:46

    Malgrado “licenza” indubbio è il talento
    quoto Silvana e…mi cimento:

    Dentro l’arringa di un vile avvocato
    balza un leone dal crine tagliato.
    Scroscia sul banco dei cento imputati
    la voce di un bimbo dagli occhi salati.
    Trema il ruggito del grande avvocato.

  27. 27 francesca
    19 Aprile, 2010 at 16:56

    se devo dire la verità a me non mi sono piaciuti i nonsense ma se ne fanno altri piu crativi…si!!

  28. 28 Anonimo
    4 Agosto, 2010 at 23:47

    Rispondo a Paolo: secondo me si tratta di ragioni culturali. La mentalità italiana non ha gli strumenti per comprendere il nonsense. Predilige piuttosto un umorismo gretto e popolareggiante, immediato.