Coinvolgere il lettore 3: la prospettiva, da Brunelleschi a Anthony Browne
4 Giugno, 2013Francesco Borromini 1599 –1667
In questo post e in quest’altro abbiamo visto alcuni stratagemmi grazie ai quali il lettore (il fruitore dell’immagine) è interrogato e sollecitato a “entrare” dentro l’immagine. E’ qualcosa che insegno sempre ai miei corsi: quando si pensa un’immagine, quando la si costruisce, non si dovrebbe mai dimenticare quell’invisibile finestra che separa il lettore dal disegno: è da lì che il lettore entra dentro l’immagine.
Uno dei più sofisticati sistemi per invitare il lettore a “entrare” nell’immagine è l’invenzione della prospettiva centrale. Non che prima la prospettiva non fosse conosciuta (le misure dei templi greci sono tutte pensate per correggere e calibrare la visione dell’occhio umano che tende a deformare gli oggetti del campo visivo) ma a nessuno era mai venuto in mente di ordinare tutte le fughe prospettiche in un solo punto di fuga.
Giotto 1297, Leggende di San Francesco
Agli inizi del 1400, Filippo Brunelleschi inventa la prospettiva a punto unico di fuga. Se osservate il quadro di Giotto vedrete che ci sono diversi punti di fuga, come se l’immagine fosse guardata da più persone in posti diversi, o da una sola ma in momenti diversi. Il punto di fuga unico presuppone invece un solo spettatore, posizionato davanti all’immagine, e un’unità di tempo e di luogo del vedere.
Si potrebbe dire che la prospettiva a punto unico di fuga regala allo spettatore il miglior posto possibile per assistere alla scena: al centro della platea (Brunelleschi era anche scenografo), e gli regala anche la rassicurante sensazione di essere uno e non centomila. Lo spettatore rinascimentale è uno spettatore ricco e sicuro della sua identità .
La città ideale, (anonimo) 1480 e il 1490
La rivoluzione della prospettiva rinascimentale è data dall’illusione di poter ordinare la realtà secondo un ordine matematico e universale, e metterla ai piedi, se così di può dire, dell’uomo. L’uomo non è più in balia delle forze della natura e del caso, ma diventa padrone e maestro dell’universo.
Ma la prospettiva a punto unico di fuga è, passatemi il gioco di parole, un errore di prospettiva.
Noi non vediamo la realtà così. Intanto, di rado siamo così ricchi da poterci permettere un posto al centro della platea, senza nessuno davanti; poi, la prospettiva centrale presuppone un solo occhio, mentre noi ne abbiamo due: le leggi della profondità di campo che governano il nostro sguardo non sono le stesse di quelle che governano un’immagine prospettica bidimensionale; infine, molti esperimenti sulla percezione neuronale (1) dimostrano che l’essere umano ha una percezione sinestetica del mondo circostante, molto più vicina a una rappresentazione artistica simbolista che realista. Alla luce delle scoperte sulla percezione, Giotto è più realista di Brunelleschi.
Insomma, la prospettiva centrale a punto unico di fuga è solo un banale trompe-l’oeil.
Pensate a quale rivoluzione culturale, soprattutto politica, hanno portato i movimenti artistici del cubismo, del surrealismo, dell’espressionismo o dell’astrattismo, che hanno rinunciato alla misurabilità matematica e oggettiva del reale a vantaggio di un’interpretazione emotiva e soggettiva, che hanno rinunciato alla centralità dello spettatore unico a vantaggio della contemporaneità (più democratica) di diversi punti di vista.
Georges Braques, Paisatge de l’Estaque, 1908
Nel 1900, attaccata e minata dalle rivoluzione delle avanguardie, la prospettiva ha trovato rifugio nel cinema. Stanley Kubrick, in particolare, è stato un grandissimo interprete della prospettiva centrale a punto unico di fuga. Guardate questo video e scoprirete come Kubrick sia riuscito a restituire al mondo l’angoscia claustrofobica del punto di vista centrale. Se nel Rinascimento essere al centro dell’universo era un grande sollievo, nel 1900 diventa l’icona della solitudine più radicale.
Il cinema ha compensato il senso di solitudine e costrizione della prospettiva centrale offrendo la possibilità all’uomo-spettatore unico di spostarsi e guardare il mondo da punti di vista inusitati e improbabili. La telecamera lo porta a spasso con sé facendogli assaggiare l’ebrezza di visioni prospettiche che quotidianamente gli sono precluse. L’uomo-spettatore della prospettiva cinematografica è un uomo onnipotente.
Shining, Stanley Kubrick, 1980
In illustrazione, l’uso della prospettiva marca ancora la differenza tra la “realtà oggettiva” (per essere esatti, la sua rappresentazione codificata dal rinascimento in avanti): misurabile, con un solo spettatore, precisa, e la “realtà soggettiva” (per essere esatti, la sua rappresentazione codificata dal ‘900 in avanti): emotiva, simbolica, indefinita.
François Roca
Javier Zabala
Quando, come illustratori, scegliete di dare allo spettatore la sensazione di una realtà “oggettiva” (che nella realtà non esiste), usando la prospettiva con un solo punto di fuga (e quindi un solo punto di vista), cercate sempre di rispondere a questa domanda: il posto che avete assegnato allo spettatore quale è? Guardare da lì (e non da altrove) che cosa significa a livello politico, emotivo, simbolico?
Maurizio Quarello, L’autobus di Rosa, orecchio acerbo 2012
 Roberto Innocenti, Pinocchio, La Margherita 2006
Anthony Browne
Nel libro Voices in the Park, Anthony Browne racconta la storia di quattro personaggi, un bambino-scimmia, sua madre, un cane e un uomo-scimmia che accidentalmente si incontrano in un parco, vista dai quattro punti di vista dei diversi personaggi (potete sfogliare il libro qui). Quattro voci, quattro storie completamente diverse che danno al lettore la misura della relatività del punto di vista del soggetto. Ognuno dei personaggi vede il mondo a suo modo, e la sua visione non può che essere povera. Solo il lettore può rendersi conto di questo, e per questo il suo sguardo è più ricco di quello dei personaggi narranti. Forse, il tesoro della cultura umana è costituito proprio dalla possibilità di arricchirsi di punti di vista diversi dal proprio, o di averne uno capace di mutare.
(1) Guardare, pensare, progettare. Riccardo Falcinelli
Voices in the Park Anthony Browne Un pomeriggio al parco raccontato da 4 voci 13,09 euro |
4 Giugno, 2013 at 14:15
Bellissimo post. Anthony Browne é uno dei miei illustratori preferiti in assoluto. Avevo visto questo libro una sola volta 12 anni fa a Bologna, grazie per averlo postato.
4 Giugno, 2013 at 18:46
Grazie Anna!
Mi sono venuti in mente tre libri che ho trovato interessanti e molto utili per “sbloccare” il meccanismo prospettico occidentale (magari è una segnalazione di poca utilità poiché noti):
P. Florenskij, La prospettiva rovesciata e altri scritti, Gangemi, Roma 1990;
E. Panofsky, La prospettiva come «forma simbolica», Abscondita, Milano 2007;
M. Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, SE, Milano 1989.
Un abbraccio,
anna
4 Giugno, 2013 at 19:54
Anna, grazie per il suggerimento, cercavo proprio dei titoli così dopo aver scritto questo post. Non li conoscevo. Ora studio da quale iniziare.
4 Giugno, 2013 at 22:07
Una bella ,sintetica, originale lezione sulla prospettiva.
4 Giugno, 2013 at 22:29
Anna che bello, sono molto felice perché temevo di essere stata poco utile.
Con le dovute critiche, sono libri complessi e ricchi che, a parer mio, dovrebbero essere letti – per quanto possibile – contemporaneamente. Prima Panofsky e Florenskij (sono contemporanei, hanno scritto saggi sulla prospettiva con visioni diametralmente opposte, ma non si conoscevano!), poi Merleau-Ponty.
Se può fare piacere, ho un po’ di materiale di un bellissimo corso che ho seguito.
Buona serata :)
5 Giugno, 2013 at 10:56
mi piace l’associazione della prospettiva centrale con il senso di solitudine e angoscia.. non ci avevo mai pensato e questo mi dà molte risposte: lo legherei anche al senso della vita prospetticamente centrale di molte persone e al senso di sconforto che può dare.
5 Giugno, 2013 at 18:40
Grazie Anna per questo bel post. Per la serie stessa storia con punti di vista differenti, volevo segnalare questo bel libro di Sara Fanelli ” Dear Diary” della Walker Books. Non so se è uscito in Italia. Si tratta di un libro con all’interno sette diari di diversi personaggi e dove in ognuno viene raccontata la stessa giornata da un punto di vista diverso
Si può trovare a questo indirizzo :
http://www.amazon.co.uk/dp/0744582636
5 Giugno, 2013 at 18:46
Bellissimo, non conoscevo neanche questo. Sara Fanelli è geniale. Grazie Francesca.
E grazie Anna per le precisazioni.
5 Giugno, 2013 at 19:27
Lucia: eh sì! Ce n’è tante persone che non si schiodano da lì. :)
6 Giugno, 2013 at 10:16
Post davvero davvero interessante. Ci sto riflettendo dall’altro giorno.
Grazie anche ad Anna e Francesca per i suggerimenti bibliografici. Ogni volta LFdL è una miniera (commenti compresi).
27 Gennaio, 2014 at 22:38
Il genio compreso quello notevole di Brunelleschi spesso si manifesta attraverso processi ricorsivi, giochi di specchi. Così come con le tavolette prospettiche dove il punto di fuga veniva a coincidere con il punto di vista. E’ la doppia cupola del duomo, una interna all’altra, di cui quella interna ne contiene una virtuale a sezione circolare, che ne ha garantito la costruzione autoportante senza uso di centine di sostegno. Infine la presenza della ricorsiva sequenza di Fibonacci nella costruzione. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.