Scrivere per bambini. parte 3. Il soggetto
28 Maggio, 2012Sempre restando in tema di racconti brevi e non di filastrocche o poesie o nonsense, provo a fare qualche riflessione sul soggetto.
Vorrei che voi prendeste questi post come uno spunto di riflessione e non come una regola. Non c’è nulla, in materia di creatività , che possa stare dentro delle regole.
Pippi Calzelunghe, Simona Mulazzani
TIPI DI SOGGETTI
Il soggetto, può essere inanimato. Esempio: Una sera di agosto, una stella brillava sopra la città di S., ed era la stella più bella che gli abitanti di quella città avessero mai visto.
Oppure animato: Esempio: C’era una volta un bambino fine come un fiammifero.
SOGGETTI INANIMATI
Un soggetto inanimato può funzionare quando l’album è una sequenza di pagine unite solo da un’atmosfera (io l’ho fatto in Caminos sin nombre), ma quando la struttura che unisce le pagine è “narrativa” e c’è una sola storia che attraversa il libro, il soggetto inanimato deve animarsi per poter compiere delle azioni, avere dei sentimenti, parlare, etc
A meno di non essere Collodi, o il reverendo Wilbert Awdry (che ha scritto Thomas the tank engine, un libro che dopo 60 anni è ancora in testa alle classifiche di vendita inglesi e americane) o Andersen, o un nuovo grandissimo talento non ancora scoperto: state attentissimi a animare oggetti inanimati.
Thomas the tank engine
Fun and Nonsense, Willard Bonte, Stati Uniti
C’è sempre qualcosa di inquietante in un oggetto inanimato che prende vita. E se non è inquietante è kitsch come le tazzine e le teiere cantanti di Walt Disney. Essere inquietante non è per forza una caratteristica negativa, anzi, ma se non si sa dominare con maestria l’arte della scrittura, si rischia di non saper fargli compiere “il salto” e l’oggetto che avrebbe dovuto prender vita resta a metĂ tra due mondi, dando al racconto una tonalitĂ sinistra, da post-sbornia o “trip” finito male.
Walt Disney production: La bella e la bestia
Non ne sono sicura, ma aggiungerei che animare oggetti inanimati è un po’ passato di moda. Io mi ricordo un libro di geometria che avevo da bambina dove compassi, squadrette e gomme per cancellare erano personaggi animati e direi che era un libro molto “anni 70”.
SOGGETTI VEGETALI E ANIMALI
Fanno eccezione i soggetti vegetali e animali, che per tradizione letteraria sono capaci di parola e di comportamenti umani.
Nella tradizione fiabistica, alberi e fiori di solito possono solo parlare (e sono spesso dotati di profonda saggezza), mentre gli animali possono fare tutto: vestirsi, pensare e comportarsi proprio come esseri umani. PiĂą di rado, ma possiamo trovare anche soggetti vegetali che si comportano come personcine: un fiore che si sveglia troppo presto d’inverno, un pisellino che vuole essere diverso dai compagni, etc.
Quando gli animali sono vestiti da umani, e si comportano come tali, il racconto è animato solo da protagonisti animali. Nei casi dove animali e umani abitano lo stesso mondo con le stesse regole, il protagonista è di solito un bambino: gli animali che lo accompagnano (o lo ostacolano) sono “umanizzati” perché vittime di un incantesimo, oppure “aiutanti”, oppure animati dalla fantasia del bambino stesso, come nelle deliziose strisce di Calvin & Hobbes , dove un tigrotto è vivo solo in presenza del bambino ma ritorna peluche quando compaiono gli adulti.
Se, invece, i due mondi (quello dove gli animali si comportano da umani e quello in cui ci sono solo umani) coesistono con adulti-animali e adulti-umani che condividono le stesse regole e lo stesso habitat (se cioè, anche gli adulti possono vedere gli animali umanizzati), c’è sempre una forte tensione tra i due mondi, e questa tensione è quasi sempre l’asse centrale del racconto. Perché è come dire che il mondo della fantasia e quello della realtà possono coesistere (visione che è giudicata infantile e non adulta). E’ una tensione che di solito viene risolta alla fine del racconto perché le cose tornino al loro ordine naturale.
In Zoo di Susy Lee, come in La notte di Erlbruch, gli adulti e i bambini vedono allo stesso tempo due realtĂ differenti.
In Zoo la bambina protagonista vede uno zoo colorato dove gli animali giocano con lei, mentre gli adulti vedono uno zoo in bianco e nero, dove non ci sono che gabbie vuote, altri umani, e cartelloni con animali disegnati.
Zoo, Suzy Lee
In La notte un bambino si fa portare dal papà a “vedere” la notte: mentre il papà , mezzo addormentato, gli spiega che di notte non c’è niente da vedere perché tutti dormono (e non vede effettivamente niente perché cammina a occhi semi chiusi), il bambino, lui, vede cose fantastiche.
La notte, Wolf Erlbruch
In entrambi i libri, quando il mondo della realtĂ ritorna prepotente (il gioco è finito), c’è sempre un pezzettino di mondo fantastico che è rimasto per fare un “clin d’oeil” al lettore: nel libro di Suzy Lee gli animali salutano la bambina entrando per un momento nel mondo grigio, nel libro di Erlbruch il bambino ritorna a casa con una pallina regalatagli da Alice.
Al contrario, se nel libro non compaiono umani ma solo animali umanizzati, potete spostare l’attenzione su altre tensioni narrative. Il lettore saprà che il mondo che avete messo in scena è un mondo reale dentro i confini del vostro libro.
In generale, ricordatevi che per un bambino tutto è VIVO, vivo a un grado che un adulto stenta a capire. Il bambino è animista e percepisce oggetti (sia reali che rappresentati) come animati da intenzioni, anche quando sono immobili. Non c’è bisogno di “calcare troppo la mano” animando qualsiasi cosa con occhi e bocca (questo vale anche per gli illustratori alle prime armi, spesso influenzati dall’immaginario di Disney).
SOGGETTI METAFORICI
Per le stesse ragioni che vi spiegavo nel post precedente, evitate di scegliere soggetti metaforici. “La vita”, “l’amore”, “la paura”, “il coraggio”, “la morte”, “il bene”, “il male”… sono concetti che a noi fanno vibrare i polsi, a un bambino non dicono proprio un tubo. Per le orecchie di un bambino sono suoni vuoti, senza energia, senza poesia, senza emozione. Se proprio volete parlarne, dovete incarnarli in qualcosa. La morte può essere, come nello splendido libro di Kitty Crowther, una donnina che è stanca di far paura alla gente. La vita può essere un albero mostrato in tutte le sue stagioni. La paura un lupo. Il male una strega o una tempesta o una vicina antipatica. La paura può essere il suono della notte fuori dalla finestra. Non usate questi soggetti a livello metaforico. Non parlate “di cosa è la vita”, mostratela.
Kitty Crowther, la visite de petite mort
La letteratura per album contemporanea è una letteratura discreta, sobria. Vi suggerisco di seguire il consiglio che Rilke dava al poeta nelle Elegie Duinesi, quando deve descrivere all’Angelo che cosa è il mondo:
… Loda all’Angelo il mondo, non quello indicibile, con lui
non puoi sfoggiare splendore di sentimento; nell’Universo
 dove egli sente più sensibilmente, tu sei novizio. E allora
mostragli
quello che è semplice, quel che, plasmato di padre in
 figlio
vive, cosa nostra, alla mano e sotto gli occhi nostri.
Digli le cose. ResterĂ piĂą stupito; stupito come rimanesti tu
dinanzi al cordaio a Roma o al vasaio sulle rive del Nilo.
(R.M. Rilke)
PSICOLOGIA DEL SOGGETTO
E’ vero che i protagonisti e i personaggi che animano la letteratura per bambini hanno una psicologia “semplice”, sono cioè, come nella commedia dell’arte, spesso caratterizzati da qualità morali molto ben definite: buono, cattivo, generoso, avido, pigro, coraggioso, etc
Questo non significa che siano marionette tonte in mano allo scrittore, capaci soltanto di reagire in modo determinato a snodi della storia costruiti a pennello per “quel tipo di carattere”.
Il piccolo drago GrisĂą che voleva fare il pompiere
Per la stessa ragione per cui il bambino fatica a capire le metafore (come vi dicevo, il bambino è come un animale senza tane, sempre “all’aperto”: il suo pensiero, non ancora astratto, fa fatica a staccarsi da quello che accade nel qui e ora), fatica a capire i sentimenti. Un bambino non sa di essere “arrabbiato” quando lo è. Solo sente che qualcosa dentro lo brucia come il fuoco e che vorrebbe distruggere ogni cosa. Come in uno specchio fedele alle sue sensazioni, il personaggio di un libro sarà un drago che quando si arrabbia brucia tutto e poi per riparare (pentimento) vuole fare il pompiere. O sarà un gigante sputa-fuoco. Raramente troveremo il verbo “arrabbiato” in una fiaba classica; purtroppo lo troviamo in quei terribili libricini fatti per aiutare il bambino a capire le sue emozioni, dove di solito c’è un bambino e quel bambino è vergognosamente affetto da sentimenti quali: gelosia per un fratellino, arrabbiatura contro la mamma, paura di andare a scuola. Ahi! che vergogna essere così messi a nudo, scoprire anzi tempo di non essere mostri sputa-fuoco ma solo bambini gelosi di un fratellino.
Babes in the wood, Caldecott
Allora, concentratevi bene su questo punto: il personaggio di una fiaba non prova meno sensazioni e sentimenti di un bambino vero, con tutta la complessità mostruosa dei sentimenti umani (quel groviglio di budella in cui si fa sempre fatica a capire dove inizia l’odio e finisce l’amore, e viceversa). Solo che questa complessità deve prendere vita nel racconto attraverso azioni, personaggi, tempeste, inverni gelidi che paralizzano tutto, incantesimi che trasformano in pietre o animali, oggetti o persone che crescono a dismisura o rimpiccioliscono, tesori scoperti, arcobaleni, fate che condannano o fate che salvano, boschi dove ogni scricchiolio gelerebbe il sangue del più coraggioso eroe,  fiori che nascono nella neve, etc etc etc… e MAI questa complessità deve essere narrata astrattamente dal linguaggio.
Ognuno dei sentimenti che animano la complessitĂ del sentire umano deve incarnarsi in qualcosa.
Non sono mai riuscita a finire neanche un Harry Potter e il suo protagonista mi ha sempre irritato oltre misura proprio per questa sensazione di burattino in un copione già dato. Lui è davvero “semplice” nel senso peggiore del termine.
Come ultimo consiglio sul soggetto vi riporto un consiglio che mi aveva dato Carll Cneut riguardo all’illustrazione: “disegna sempre un protagonista capace di farsi voler bene al primo sguardo”.
Per oggi, non mi viene più in mente più nulla (anche se penso che ci sarebbe una caterva di cose da dire ancora (se avete idee interessanti le ospiterò volentieri sul blog!), ora, con calma, vorrei prepararvi un post sulla trama del racconto.