Scrivere per bambini. Parte 1. Alcune suggestioni
17 Maggio, 2012INTRODUZIONE
Molti di voi mi hanno domandato un post su come si scrive per bambini.
E’ difficile per me scrivere su questo tema, perché appartengo a quella categoria di persone che pensano che la scrittura sia un talento che non può essere insegnato. Penso che tutti possano imparare a disegnare, perché il disegno è qualcosa di naturale e istintivo nell’uomo, e anche quando si pensa di non saper disegnare, in realtà (questa è la mia convinzione) si è solo bloccati.
La scrittura, invece, proviene da una zona del cervello (o dell’anima?) molto più strutturata. Ci sono voluti anni perché imparassimo a scrivere senza errori, in un italiano sintatticamente corretto e ricco (prima meta), ce ne sono voluti altrettanti, se non di più, per formare quel patrimonio morale/culturale/originale che è il nostro pensiero, la nostra immaginazione, il nostro modo di percepire il mondo (seconda meta). La terza e ultima meta, nel caso che si voglia essere scrittori, è imparare a tradurre la nostra visione delle cose attraverso la scrittura.
Materia sinistra, quella della scrittura. Castello di carte che poggia su equilibri misteriosi e delicatissimi. Matrimonio perfetto tra struttura del linguaggio e abissi del pensiero. Leggerezza che attraversa la complessità del sentire umano. Scrivere bene, non è qualcosa che si può improvvisare.
Ezra Pound scriveva:
” Una fondamentale accuratezza d’espressione è il solo e unico principio morale della scrittura”.
Io mi permetto di aggiungere un altro principio morale: “Una fondamentale accuratezza di pensiero.”.
Non ci sono mezze misure, per me, nella scrittura. Sono capace di abbandonare un libro alla prima caduta, e sono ancora più impietosa con me stessa: nonostante ami scrivere, a volte passo anni senza scrivere una riga, tanto mi vergogno di non avere il genio di Nabokov o di Kafka o di Salinger.
Ciò detto, proverò lo stesso a darvi qualche linea guida molto generale sullo scrivere per bambini. E’ il mio punto di vista, ovviamente, e non prendetelo per oro colato. Scrivere bene forse non si può imparare, ma scrivere meglio, sì.
SCRIVERE PER ADULTI e SCRIVERE PER BAMBINI
Scrivere per bambini non è più facile che scrivere per adulti, anzi, è più difficile. In una scrittura per adulti si possono mascherare debolezze di pensiero con una prosa forbita o ermetica; in una scrittura per bambini, la necessità della semplicità , della brevità , dell’immediatezza, impone una trasparenza che mette in luce qualsiasi debolezza. Scrivere per bambini è come scrivere haiku, come scrivere la ricetta per un dolce, come dettare le regole di un gioco: ogni più piccola parola deve essere NECESSARIA.
Agli scrittori per bambini viene sempre chiesto se pensano ai bambini quando scrivono (anche agli illustratori!). Bisogna pensare ai bambini per scrivere per bambini? C’è chi pensa di sì, chi di no. Personalmente, non mi piace sentire compiacenza verso il mondo infantile quando leggo un testo per bambini. Non mi piacciono gli ammiccamenti, i diminutivi, e tutto quel sapore di caramella sciolta che ogni tanto si sente nei libri destinati all’infanzia. Dico questo e taglio la testa al toro: secondo me un buon scrittore per bambini considera i bambini suoi coetanei.
C’è una scena, in In solitario. Diario di volo, romanzo autobiografico di Roald Dahl, in cui lui attraversa da solo, in macchina, una pianura africana e si sente così libero da poter gridare “ciao!” agli stormi di uccelli che volano sopra di lui. Ecco, se da adulti non avete mai urlato ciao! a un gabbiano, forse non potrete diventare scrittori per bambini.
Ma sia chiaro: aver conservato segreta dentro di noi l’età di un bambino, non significa infrangere di tanto in tanto le noiose regole di bon ton che caratterizzano il mondo adulto, non significa essere degli estroversi mattacchioni, significa, al contrario: pensare le cose con molta serietà . Quando Roald Dahl saluta i gabbiani, arriva sul viso del lettore una sferzata d’aria fresca, si spalanca nel costato del lettore una nuova possibilità di esistenza (almeno, io ho sentito questo). Perché quel ciao non è un ciao regressivo (gioco a fare il bambino perché nessuno mi vede), ma un ciao in cui risuona l’intuizione profonda di Dahl di essere una sola cosa con aria, gabbiani, luce, e cielo sopra di lui. Sensazione, questa, che un bambino vive ogni istante della sua giornata.
I bambini vivono una dimensione dell’esistenza simile a quella dei poeti, dei santi, dei mistici, dei giullari che sanno la verità sulla morte del re ma tacciono e ridono, dei vecchi di montagna che non hanno più memoria ma conoscono le leggi che governano il cielo e la terra. Il loro mondo è assoluto, vasto, pieno d’aria, sono, come gli animali, tutti rivolti all’aperto e senza tane.
Ma se da una parte, tutto il loro essere è aperto alle più grandi correnti d’aria dell’esistenza, dall’altro, non sanno quasi niente del mondo che noi adulti abitiamo. Abitano una cultura diversa. Anche se hanno già imparato a parlare, tutto il loro modo di pensare e sentire le cose è profondamente diverso dal nostro. Fiabe, favole, filastrocche, racconti, allegorie, poesie per bambini, sono altrettanti tentativi di “trasferire” il sapere della nostra cultura di adulti alla loro cultura di neo-nati.
Emanuele Luzzati
Per questa ragione, i testi per bambini hanno delle necessità che non sono le stesse della narrativa per adulti. Solo Seymour (di Salinger) riesce a leggere alla sorellina in fasce un testo taoista facendola smettere di piangere.
Nel prossimo post parleremo di similitudini, metafore e allegorie…
Forse vi interessa:
EDITORIA RAGAZZI.com sta pubblicando a puntate una conferenza che si è svolta a Bologna su “Come si diventa scrittori per bambini“.
Forse vi interessa rileggere anche: “Scrivere per bambini, luoghi comuni da sfatare” di Giovanna Zoboli
Alla fine di questi post vi fornirò una bibliografia.