Riflessioni sull’arte dell’illustrazione

1 Marzo, 2016

Carissimi invisibili lettori, questa settimana non ho molto tempo da dedicare al blog.
Ri-posto, per chi non segue Facebook, alcune riflessioni che pubblico settimanalmente sulla pagina Facebook delle Figuredeilibri.
Quando guardo un’illustrazione che mi piace, non riesco a darmi pace fino a che non capisco COSA mi piace, e PERCHÉ quell’immagine funziona. Ecco alcune delle mie risposte.

arsenaultIsabelle Arsenault, schizzo

Sono due o tre volte che ritorna su Pinterest questa immagine di Isabelle Arsenault: mi piace molto.
Oggi mi sono fermata per capire perché mi piace. La freschezza e la poesia di un disegno hanno sempre una ragione.
– Intanto, lo schizzo ha due colori dominanti che sono complementari, il rosso e il verde (tema primario armonico).
All’ocra-panna dello sfondo fa eco un filo azzurrino dello stesso tono, altri due complementari (tema cromatico secondario).
– A livello di toni: il rosso mattone potrebbe risultare aggressivo per il verde delicato della zuppa, e schiacciarlo; ma il verde delicato della zuppa è un cerchio perfettamente centrato nel quadrato dell’immagine, ha la massima stabilità possibile: impossibile che il rosso riesca a penetrarlo o invaderlo, quindi lo abbraccia. Lo contiene. (Ma la tensione è presente). Mi fa venire in mente un haiku di Akutagawa:

Così morbida –
una cavalletta del primo autunno
stretta tra le mie dita.

– Il rametto di rosmarino è spostato di quel tanto che basta dall’asse diagonale per creare un leggero guizzo di movimento (fosse in linea, l’immagine risulterebbe monotona perché troppo ordinata; fosse troppo lontano dalla diagonale, non sapremmo capirlo).
A proposito di questo lieve spostamento: Gombrich scriveva che il piacere estetico è sempre in bilico tra la noia e la confusione.
Anche la leggera curva della testa del rametto è piacevole, come una volontà di indipendenza dall’ordine che lo circonda, ma lieve, come un primo accenno di curiosità verso il movimento.

arsenault2

– Il rametto di rosmarino è curato in modo quasi realistico, e questo contrasta con la grossolana stesura dello schizzo: amiamo i contrasti. I contrasti sono dialogo.
– Il rosso finisce esattamente a due terzi dell’altezza del disegno, l’orizzonte chiaro ha la misura aurea per eccellenza, un terzo della superficie. In questo modo sentiamo anche che verticalmente il rosso fa da base: oltre a contenere, permette alla tazza di non scivolare giù, la sostiene.
– Infine, il disegno non è finito; questo contrasta con la perfetta armonia delle forme. Se fosse finito, sarebbe lezioso.
E tutto questo per quanto riguarda la morfologia dell’immagine.
Poi c’è il contenuto. Un momento di cura di qualcuno, forse un invito.
Ecco, è tutto. Uno schizzo.

Sophie Lécuyer (monotipia)

Oggi sono stata colpita da questa immagine di Sophie Lécuyer.
Ai miei corsi insegno sempre che non esiste un’illustrazione bella o brutta. Bellezza o bruttezza non sono, per me, criteri con i quali giudicare un’illustrazione. Per me un’illustrazione funziona o non funziona, e l’estetica non è il requisito più importante (l’estetica è un mezzo, non il fine).
Un’illustrazione, per piacermi, deve semplicemente esistere davvero.
Deve essere il frammento di un mondo che esiste da qualche parte; forse un mondo molto lontano e molto diverso dal nostro, ma credibile, con una sua realtà.
Non ci deve essere niente, nella scena, che non sia strettamente necessario alle dinamiche interne della scena.
Non ci sono orpelli, fiocchetti, riccioletti o nastrini: nessuno, lì dentro, è interessato a me.
Sono tutti molto occupati da qualcosa che è la loro propria esistenza.
Ogni personaggio è abitato da una ragione, ancora prima che da un sentimento.

Un’illustrazione funziona quando mi obbliga a crederle.

Anna Castagnoli