I 5 malfatti di Beatrice Alemagna. O della felicità di avere dei difetti

5 Marzo, 2014

“È cosa evidente e osservata tuttogiorno, che gli uomini di maggior talento sono i piú difficili a risolversi tanto al credere quanto all’operare; i piú incerti, i piú barcollanti e temporeggianti, i piú tormentati da quell’eccessiva pena dell’irresoluzione; i piú inclinati e soliti a lasciar le cose come stanno; i piú tardi, restii, difficili a mutar nulla del presente, malgrado l’utilità o necessità conosciuta. E quanto è maggiore l’abito di riflettere e la profondità dell’indole, tanto è maggiore la difficoltà e l’angustia di risolvere”. (Zibaldone, Leopardi. Recanati 1821)

“ERANO CINQUE. CINQUE COSI MALFATTI.
IL PRIMO ERA BUCATO, QUATTRO GROSSI BUCHI IN MEZZO ALLA PANCIA.
IL SECONDO ERA PIEGATO IN DUE, COME UNA LETTERA DA SPEDIRE.
IL TERZO ERA MOLLE, SEMPRE STANCO, ADDORMENTATO.
IL QUARTO ERA CAPOVOLTO. NASO IN GIÙ E GAMBE IN SU.
E IL QUINTO… LASCIAMO PERDERE. IL QUINTO ERA SBAGLIATO DALLA TESTA AI PIEDI. UN AMMASSO DI STRANEZZE. UNA CATASTROFE”

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014

Inizia così I cinque Malfatti, l’ultimo libro di Beatrice Alemagna. Un album di una tale fulminante bellezza che alla prima lettura è salito nella cinquina dei miei libri illustrati preferiti nell’universo mondo. Niente ha a che vedere, questa preferenza, col fatto che il libro mi sia stato dedicato: quello, è un ultra plus plus di emozione.

Nella fiabe per bambini, la dialettica tra eroi e antieroi vede sempre premiati i secondi. Dei sette o undici figli del proverbiale contadino delle fiabe, è sempre l’ultimo, il più mingherlino, il più fragile, il più sciocco, che riuscirà, per una ragione o per l’altra, a spuntarla.

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014, dettaglio

Il filosofo Giorgio Agamben lo spiega così:

Forse perché il bambino è un essere incompiuto, la letteratura per l’infanzia è piena di aiutanti, esseri paralleli e approssimativi, troppo piccoli o troppo grandi, gnomi, larve, giganti buoni, geni e fatine capricciose, grilli e lumache parlanti, ciuchini cacadenari e altre creature incantate che al momento del pericolo spuntano per miracolo a trar fuori d’impaccio la buona principessina o Giovanni senza paura.
Sono i personaggi che il narratore dimentica alla fine della storia, quando i protagonisti vivono felici e contenti fino alla fine dei loro giorni; ma di loro, di quella “gentaglia†inclassificabile cui, in fondo, devono tutto, non si sa più nulla. Eppure provate a chiedere a Prospero, quando ha dimesso i suoi incanti e fa ritorno, con gli altri umani, al suo ducato, che cos’è la vita senza Ariele. (Giorgio Agamben, Gli aiutanti, in Il Giorno del Giudizio)

Era agli aiutanti citati da Agamben e agli omini gobbi di benjaminiana memoria a cui pensavo quando ho cucito con un solo filo i libri di Beatrice Alemagna nell’introduzione al suo lavoro sul catalogo di Sarmede, nel 2010 (Il mondo delle cose fragili).
I protagonisti dei libri di Beatrice sono sempre figure incompiute, rotte, sbeccate, distratte, svagate, malinconiche, perdenti e perdute.


I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014

Beatrice mi ha raccontato al telefono che quando ha letto il mio saggio per il catalogo di Sarmede ha trovato la forma per un’idea che aveva in germe, ed è uscito questo libro, che parla della rivincita di tutti gli omini storti.
I cinque malfatti non amano fare niente, perdono tempo, non riparano la loro casa, la quale casca loro in testa. La sola cosa che li diverte è discutere tra loro su chi è il più malfatto.
Il ritmo delle prime pagine del libro è volutamente discreto, blando: un ritmo da perdigiorno. A inizio libro, quando dovrebbe partire l’azione, tutti dormono.
Ma girando la settima pagina, un colpo di scena:

“UN GIORNO, DA NON SI SA DOVE, ARRIVÃ’ UN TIPO STRAORDINARIO”

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014

La storia diventa epica. Arriva l’eroe. E’ il destino stesso che entra in campo con la formula magica “Un giorno, da non si sa dove, arrivò…â€. Un destino capace di capovolgere sorti e animi. Bellissima la diagonale a zig zag della strada che si perde nell’infinito dell’oltre-storia. Sul fondo bianco, l’occhio segue la vertigine del lontano che diventa vicino. Fortissima la tensione teatrale dell’entrata in scena (a sinistra, come tradizione teatrale vuole) del nuovo protagonista. I malfatti sono rientrati in casa e forse stanno cucinando qualcosa (c’è fumo che esce dal camino). Loro non sanno che il destino è arrivato, il lettore sì.
Superba retorica del pathos.

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014, dettaglio

La pagina che segue non delude l’attesa. A presentarsi, occupando tutta la doppia pagina con la sua fluente capigliatura, è nientepopodimeno del perfetto.

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014

“ERA BELLO, LISCIO, PERFETTO, AVEVA UN NASO AL POSTO DEL NASO, UN CORPO BELLO DRITTO, NEMMENO UN BUCO IN PANCIA, PURE UNA BELLA CAPIGLIATURA”

Non si può non ridere davanti a questo ritratto della vanità. I miei nipoti sono scoppiati in una fragorosa risata. E’ la posizione del corpo del perfetto, con la sua posa di vanesio incapace di dubbio, che fa ridere. Beatrice Alemagna ha sempre avuto una facilità felice nell’animare il corpo dei suoi personaggi.
Nella pagina successiva, il perfetto guarda i malfatti dall’alto in basso. Come fanno gli adulti con i bambini. Chiede loro cosa fanno, e quegli altri rispondono: Boh. Niente. Sbagliamo tutto.
Da notare che fino ad ora i malfatti erano tranquilli e allegri. Anche se uno innaffiava il divano invece della pianta. L’altro dormiva sempre. L’altro ancora si bagnava le pieghe quando pioveva. Niente era grave. Non c’era in loro un giudizio di merito sul loro essere al mondo. Sarà solo dopo che il perfetto si indigna e suggerisce loro di farsi venire un’idea (“Bisogna trovarvi qualcosa, un progetto, una soluzione, un’idea!“) che i malfatti cominceranno a riflettere sul senso di loro stessi. Ma che idee potranno mai avere?

Al bucato le idee passano attraverso, il piegato non le trova nelle pieghe, il molle le ha molli… etc.
Il perfetto, sempre più scandalizzato da tanta ignavia, emette la sua sentenza:

“DUNQUE NON SERVITE A NIENTE! Siete delle vere nullità!”

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014, dettaglio

Questa è la frase cardine del libro.
Da una parte c’è un’economia giocosa, pre-industriale, pre-adulta, dove la moneta di scambio è il piacere (la lettura, il riposo, la cucina, la cultura, lo scambio, l’amicizia, la condivisione divertita dei difetti di ognuno, il piacere del gioco e della chiacchiera), dall’altra un’economia post-industriale, dove il valore delle cose viene misurato, quantificato, pesato in funzione della sua utilità pratica (servire a qualcosa, avere un progetto, trovare una soluzione, avere un ego ben pasciuto, un corpo perfetto, avere tutto al posto giusto come le macchine in serie).
Da una parte c’è un gruppo di amici (il difetto non può che essere personale, e l’amicizia non può prescindere della persona), dall’altra la solitudine (la perfezione è sempre seriale, l’amicizia, quella vera, fugge la serie).

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014, dettaglio

Tristi dell’aver scoperto di non valere nulla, ognuno dei cinque malfatti cerca dentro di sé il senso di se stesso. E’ proprio bello, rassicurante, che il senso che trovano abbia origine proprio dal loro difetto: il piegato, nelle sue pieghe, nasconde tutti i ricordi.

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014, dettaglio

Il capovolto vede le cose che gli altri non vedono…

“AHHH! Rise lo sbagliato, IO, CHE SONO TUTTO SBAGLIATO, QUANDO MI RIESCE QUALCOSA, SI FA FESTA!”

Essere felici di essere se stessi significa cambiare prospettiva di lettura di sé. Il cambio di prospettiva scatta nel momento del confronto col perfetto. (Il senso di sé è sempre dialettico: non c’è senso senza un confronto).

Non vi dico come finisce il libro, vi lascio la sorpresa. Vi dico solo che è uno dei finali più lievi e belli che abbia mai letto. E’ un’alzata di spalle. Un salto di Cavalcanti. Un inno alla leggerezza di essere sé.

I cinque malfatti, Beatrice Alemagna, Topipittori 2014

Vorrei aggiungere una testimonianza, che è la reazione dei miei nipoti (6 e 8 anni) al libro. Quando ho letto loro il passaggio in cui il capovolto dice che da capovolto vede le cose che gli altri non vedono, si sono messi a testa in giù sul letto, per provare. Siccome avevano appena cenato, ho suggerito loro che potevamo anche girare il libro al contrario. Così, si sono fatti rileggere tutta la storia da capo, per guardare le figure dalla prospettiva dell’omino capovolto.
L’empatia è l’unica qualità che mancava al perfetto.

I cinque malfatti
Beatrice Alemagna
I difetti sono tesori
17 Euro

ps: Grazie Beatrice per la dedica, da tutte le mie pieghe distese. Anna