Vedere le cose dentro la testa. Un’altra lezione di Martin (6 anni)

3 Marzo, 2014

Questo week-end l’ho passato in Francia, dove vivono i miei nipoti. Per quattro giorni filati, ho avuto tra le mani (e le braccia) l’allievo più giovane della mia storia di insegnante: Martin. Di Martin, e del suo interesse vivissimo per il disegno e l’illustrazione, vi avevo già parlato in questo post.
Questa volta, ho provato a insegnargli a disegnare dal vero. Dico “provato” perché già dopo pochi minuti che disegnava mi è stato chiaro che ero io ad avere tutto da imparare da lui.

Ai miei corsi di illustrazione, dico sempre che bisogna imparare a vedere. Paul Valéry scriveva: “Dovremmo provare a guardare attraverso gli occhi, invece di guardare attraverso i concetti”. Voleva dire, credo, che gli adulti hanno ormai dei concetti molto precisi attraverso i quali filtrano il mondo: “L’albero”, “La casa”, “Una pietra”… Quando guardano, la maggior parte delle volte, guardano il concetto, e non vedono cosa hanno davvero davanti agli occhi. “Disegnare dal vero” è un esercizio di umiltà davanti al mondo, che non è mai uguale a se stesso.
Vedendo disegnare Martin, disegnando insieme a lui (spesso sullo stesso foglio), mi sono accorta che ho ancora molta strada da fare per imparare a guardare. Una caterva di concetti guidava la mia mano. La mano di Martin, invece, era libera, disinibita, creativa.


Nel paesaggio che avevamo davanti, a un tratto, è passata un gazza; lui l’ha aggiunta al disegno. Non sembrava importante che il soggetto ritratto non fosse più presente. Gli ho chiesto: Come fai a vederla se non c’è più? Mi ha risposto: La vedo dietro gli occhi, qui. E ha indicato un punto sulla fronte. Dopo aver disegnato due zampe, ne ha aggiunta una terza, commentando: Perché andava veloce. Era chiaro che non pensava che la gazza avesse tre zampe: aveva cercato una soluzione grafica per dare l’idea del movimento.

Questo qui sotto è un disegno che abbiamo fatto a quattro mani. Tutte le parti “alla Hockney” sono sue, come anche il pavimento di pietra, dove ha ricalcato le linee che presentavano un’ombra. Io ho fatto il muro in prospettiva e i chiari scuri.

Disegno a 4 mani, Anna e Martin

Abbiamo lavorato concentrati e molto seri per quasi un’ora. Ogni tanto gli facevo un complimento e lui rispondeva, mezzo in francese mezzo in italiano: C’est la vie, vedo le cose dentro la testa.
Alla fine, mi ha chiesto se avrei messo il  suo disegno su facebook. Gli ho detto che l’avrei fatto. Mi daranno quanti “J’aime”? (Mi piace), ha chiesto. Io: Non so, tanti. E lui: Mille? E io: di più, forse.
Io sono di parte, ma gliene darei inifiniti.

ps: Domenica (ieri sera), sono rientrata a Barcellona. Ho aperto il computer e ho trovato una mail di Martin. Si era appositamente fatto aprire dal papà una casella gmail per mandarmi il disegno qui sotto.
E’ il disegno dal vero della sua stanza, fatto quando io ero già partita. Ovvio che ho avuto gli occhi tutti lucidi.