“Il libro d’artista fa ingresso a scuola” di Laura Anfuso
8 Ottobre, 2012“Il libro d’artista fa ingresso a scuola” di Laura Anfuso è stato pubblicato sul numero 95 della rivista LIBER.
Quando l’ho letto, mi sono commossa davanti alla Meraviglia, con la M maiuscola, che le persone (in questo caso dei ragazzi) hanno nascosta dentro. Ma è possibile che tutti l’abbiano, questa Meraviglia e non si sappia? E’ possibile che il mancato incontro con un libro, o dei libri, o delle belle persone, costringa questi tesori nel segreto o -peggio- nella dimenticanza? Cosa possiamo fare, ognuno di noi, perchĂ© non ci sia piĂą spreco? Non è, la bellezza, la responsabilitĂ piĂą alta?
Nota: Laura Anfuso e l’editore di Liber mi hanno gentilmente concesso il permesso di pubblicare l’articolo su LeFiguredeiLibri. L’editore Le MagnificheEditrici mi ha concesso la pubblicazione delle immagini. Grazie. E un grazie speciale a Laura Anfuso per aver dato spazio alle voci di questi ragazzi.
IL LIBRO D’ARTISTA FA INGRESSO A SCUOLA
di Laura Anfuso
L’universo dei libri tattili è un mondo affascinante, ma complesso e ancora da scoprire, spesso anche per gli addetti ai lavori. Soprattutto quando si tratta di libri d’artista, è molto raro che essi siano conosciuti e proposti nelle scuole. Il silenzio non è d’oro, il libro che Le MagnificheEditrici Edizioni d’Arte hanno realizzato nel 2011, in occasione del concorso tattile “Tocca a te”, ha suscitato l’attenzione dei ragazzi di una classe III della scuola secondaria di primo grado.
Stampato in 10 esemplari più due prove d’artista, è ospitato nella collana Giocarte che Manuela Marchesan e Paola Sapori hanno voluto dedicare ai libri d’artista per bambini. Le matrici di linoleum e le gomme industriali sono state assemblate secondo il gioco delle casualità . Il testo nasce da un gioco dadaista in cui colori e segni si mescolano in un racconto che si snoda seguendo il ritmo a leporetto del libro. La stampa a secco è stata eseguita con torchio calcografico in una sola battuta. Nel foglio, in seguito ripiegato, sono state inserite carte colorate e dalle diverse trame che contribuiscono ad aumentare il rilievo già ottenuto dalla stampa. Il testo in lingua italiana della copertina/scatola è stato stampato a mano con caratteri mobili in legno mentre il codice braille è stato stampato su carta diamant e, successivamente, inserito nella poetica confezione. Il silenzio non è d’oro è un libro suggestivo che fa nascere parole-emozioni dallo stupore.
I ragazzi hanno potuto guardare e toccare il libro con calma e, la musica classica a cui è stato fatto ricorso, per creare quell’isolamento che conduce alla possibilità di “sentire” in modo più profondo, ha consentito loro di soffermarsi sullo spazio interiore, di godere di quel tempo irrinunciabile per guardarsi dentro prima di affrontare la lettura condivisa. In seguito, per non spezzare l’atmosfera che si era creata in classe, si è preferito rispondere solo ad alcune domande concernenti il codice braille e la tecnica con la quale era stato realizzato il libro. Luisa, una ragazza sensibile, ha voluto descrivere così Il silenzio non è d’oro: «Le pieghe [del libro] hanno il sapore profondo del mare, la voce muta delle finestre di un castello, il dialogo d’amore che il sole e il cielo tessono tra le colonne di un tempio bianco». Alessia, la sua compagna di banco stupita, ha usato queste parole: «Che forte! Io ci ho letto cose diverse… Io non lo so se ho fatto bene… Io penso che l’anima abbia nodi, angoli, fessure, finestre e anche gli occhi misteriosi di un gatto che pensa».
Mirco, un ragazzo che la docente di lettere aveva definito «l’eterno distratto», ha partecipato con vivacità : «Ma ci sono altri libri così? Dove si comprano? Io non li ho mai visti! Mi piacerebbe averne uno tutto per me da guardare quando sono triste. Mi fa venire la voglia di chiudere gli occhi e di sentire la voce delle cose. Io ho pensato che il braille è una scrittura leggera, ma più potente del codice nero perché si può toccare. Io non so leggere il braille, ma quando lo tocco sento qualcosa e quindi vedo qualcosa. Perciò per un vedente che conosce il braille ci sono come tre possibilità di significato: una che si vede fuori, una che si tocca e si vede nella mente, una che si sente dentro. Lo so che sono strano e che non ci capisco nulla, ma so che questa cosa mi piace e la voglio imparare per leggere con gli occhi e con le mani e per scrivere in braille le cose che nessuno deve sapere. Perché nel mio castello non ci sono vetri azzurri, c’è una signora nera, ci sono le fiamme della rabbia, c’è un tempio di cielo vuoto che aspetta l’oro. Fuori c’è un gatto che non può entrare, a cui posso dare da mangiare di nascosto e che mi ascolta quando sono arrabbiato. Solo lui conosce le mie cose segrete».
Alexia, una ragazza con la gomma stretta tra i denti e con il viso velato di malinconia: «Ho pensato al tempio come a una coperta lunga ancora da realizzare. Lo so che non c’entra nulla, ma per me ci sono le stoffe, tante stoffe, frammenti del mondo. Sono tante e diverse, ma ancora da cucire e da comporre: l’angora morbida e affettuosa, il cashmere snob, la seta fredda e sfuggente, il tulle vanitoso che protegge solo se stesso, il lino che non sopporta alcuna pressione e sembra devastato anche dal contatto più leggero, lo chiffon ricco, ma fragile. Quando suona [la campanella], posso parlare con lei? Io ho scritto anche altre cose, ma non voglio leggerle ad alta voce. I compagni mi prenderebbero in giro».
Marika è stata in silenzio per tutto il tempo, ma ha ascoltato con attenzione i compagni che hanno voluto esprimere le loro emozioni. Poi, senza nemmeno alzare la mano, perché l’esigenza di parlare era diventata troppo forte, ha gridato: «Non ho parlato prima perché ero emozionata e avevo paura. Ho provato cose che non avrei mai immaginato e che mi sembravano strane, come se fossi diventata un po’ matta e lontana dal mondo. Ma poi ho visto che anche gli altri compagni erano diversi e che dicevano cose che non gli avevo mai sentito dire prima. Così voglio spiegare anch’io cosa mi è successo: è che questa carta è poesia che mi ha fermato il cuore, che mi ha costretto a pensare a certe cose con grande libertà come se i miei occhi potessero navigare liberamente per vedere che c’è l’immensità del cielo, ma che c’è anche la finestra che ti regala un pezzettino del mondo e che le colonne del tempio, anche quelle più alte e più dure, hanno bisogno del cielo e del sole per esistere. Mi scusi, ma non ce la facevo più! E la ringrazio per avermi fatto scoprire un libro che non avevo mai visto prima, nemmeno in biblioteca».
Laura Anfuso. Crediti: rivista LIBER, n°95.