Addomesticatrici di farfalle


Marina Marcolin, “Il segreto del signor L” Lapis Edizioni 2012

Ieri Marina Marcolin ha pubblicato su facebook questa illustrazione di impalpabile bellezza e quando le ho chiesto come aveva fatto a rendere così bene il volo delle farfalle mi ha risposto che le aveva copiate dal vero. Conoscendola (vive in una casa nel bosco con il riscaldamento a legna), ho ribattuto su facebook: Ci credo che sei capace di addomesticare farfalle. Ma non ero seria del tutto. Poi mi ha inviato via mail le foto qui sotto, dopodiché non ho detto più nulla.
Buon week end a tutti.

ps: e se le chiedessimo di organizzare un corso di addomesticamento di farfalle?


CONCORSI DI ILLUSTRAZIONE: costruiamo insieme uno standard di qualità

Scrivo questo post, a nome mio e a nome dei miei collaboratori, Lisa Massei, Giorgia Brandimarte e Oscar Sabini, per aprire una riflessione sulla situazione dei concorsi di illustrazione italiani.
Dopo la richiesta di negoziazione di alcune clausole del concorso Narrare la parità, conclusasi con successo nel febbraio 2012, abbiamo iniziato a interrogarci su quali requisiti dovesse avere il regolamento di un concorso per essere pubblicizzato su LeFiguredeLibri: un blog nato e cresciuto intorno al mestiere di illustratore.

Immagine di Giulia Sagramola per LFdL

Pensiamo che un concorso di illustrazione debba offrire un contratto serio, dettagliato, rispettoso dei diritti d’autore e dell’uso delle opere originali (un bando è un contratto).
Inoltre, se il concorso è finanziato dai partecipanti (cioè a pagamento) ci sembra corretto offrire trasparenza sull’uso che viene fatto del denaro ricevuto.
Molti concorsi italiani non ci sembrano in linea con questi requisiti.
Ma siamo anche consapevoli della situazione italiana, dove mancano fondi per tutto, e della considerevole difficoltà logistica che comporta organizzare un concorso.

Così abbiamo stilato una lista di proposte atte a garantire la serietà di un concorso che ci sembrano necessarie, ma anche ragionevoli. Una sorta di “patentino di qualità” a costo zero.
La useremo in futuro per decidere se dare spazio a un concorso su questo blog.
Speriamo che questa sia la base di partenza per un dialogo proficuo e utile a tutti.
 

PER I BANDI DI CONCORSO DI ILLUSTRAZIONE PROPONIAMO:

TRASPARENZA DEI COSTI E DELLE SPESE:
Se il concorso è a pagamento:
-Che vengano pubblicati nel bando i dettagli delle spese previste (la menzione “spese di segreteria” è vaga).
-Che venga pubblicato l’elenco definitivo dei partecipanti (perché il bilancio tra entrate e uscite sia trasparente).
– In mancanza di queste informazioni, proponiamo che venga reso pubblico il bilancio delle entrate e delle uscite a fine concorso o nei bandi delle edizioni successive.

Se il concorso è gratuito:
-Nel caso venga chiesto un rimborso per la restituzione delle opere, che il prezzo venga stabilito in base alle tabelle vigenti alle Poste Italiane sul rapporto di invio/peso dei pacchi, o venga richiesta una busta preaffrancata. In caso contrario il concorso sarà catalogato da noi come concorso “a pagamento”.

DIRITTI D’AUTORE E PUBBLICAZIONI:
-Nel caso di pubblicazione di un libro come finalità del concorso, che venga sempre specificato nel bando un diritto di recesso sul futuro contratto editoriale da firmare*. In caso contrario, che sul bando venga pubblicato il contratto per esteso.
* (Perché mai un autore dovrebbe cedere, ad occhi chiusi, il diritto di riproduzione della sua opera senza sapere per filo e per segno quale contratto editoriale sottoscrive automaticamente partecipando al concorso?)
-Se la visibilità è il solo premio offerto, che vengano descritti nel bando in modo dettagliato usi, estensioni e limiti che la “visibilità” avrà: nel tempo (fino a quando), nei luoghi (dove saranno riprodotte o esposte le immagini, su quali supporti, con che distribuzione), nelle azioni (quali i limiti della cessione dei diritti di riproduzione, quali gli usi concessi).
RICORDIAMO A TUTTI CHE LA VISIBILITA’ E’ UNA MONETA A DUE FACCE.

GIURIA
Domande aperte: I nomi dei giurati devono restare anonimi o essere dichiarati sul bando? I partecipanti (nel caso di premi in denaro) è giusto che siano anonimi per i giurati al momento della scelta? Come viene deciso il criterio di selezione delle tavole? I giurati le vedono tutte o c’è stata una preselezione? Il criterio di selezione è fondamentale per dare a tutti la stessa opportunità di vincere. Da chi viene deciso? La giuria viene pagata per il lavoro svolto? Inoltre: come verrà risolto il conflitto di interesse nel caso che un giurato sia anche editore degli autori in gara?

SEGRETERIA E SUPPORTO AGLI ILLUSTRATORI
Sappiamo che gestire centinaia di illustratori in ansia da competizione non deve essere facile. Ma pensiamo che un concorso serio debba avere un servizio di segreteria minimamente efficiente. Non è sempre il caso.

Se volete aiutarci vi prego di diffondere questo post sui vostri blog o profili Facebook.
Se avete suggerimenti o commenti ne saremo felici.


Anna Castagnoli, Giorgia Brandimarte, Lisa Massei, Oscar Sabini


Lo schizzo o l’arte dell’incertezza

Benoit Jacques

 

Stephan Schriber, Tratto dal manoscritto: Spätgotisches Musterbuch des Stephan Schriber, 1494

Usato come base per costruire un quadro o una scena, o come strumento per capire come sono fatti gli oggetti che ci circondano, le mani, un viso, un paesaggio… Lo schizzo ha attraversato la storia dell’arte come un’ombra fedele dietro ogni passo.
Che si debba dipingere la cappella Sistina, costruire un torre, modellare il torso di un imperatore, fare un ritratto, si deve passare da lì, da quel primo gesto veloce è impreciso che è lo schizzo. Lo schizzo è un’idea. Un’intuizione. Contiene l’opera ad uno stadio di bozza, larva, sogno, esperimento, possibilità, germe.
Ma è anche opera in sé compiuta. Quando il suo tratto viene elevato al rango di capolavoro dall’intercessione elegante di una punta secca, di una lastra di rame o di una stampa monografica. O quando ad osservarlo è uno spirito che non vuole essere definito, che trova nell’incertezza tremolante dello schizzo uno specchio capace di riflettere davvero: ogni forma definitiva è un’illusione.
Sua caratteristica fondamentale è l’incompiutezza.
Incompiuto, incerto, abbozzato è anche il bambino. Sarà per questo che l’illustrazione per bambini è più vicina di tutte le altre arti alla materia fragile e trasparente dello schizzo?

Beatrix Potter

 

Beatrix Potter

 

Beatrix Potter

 

Gustave Doré

 

Arthur Rackham

 


David Hockney

 

David Hockney

 

Edward Hopper

 

Quentin Blake

 

Bruno Schultz

 

Susanne Janssen, studi per Hansel e Gretel

 

Susanne Janssen, Hansel e Gretel

 

Saul Steimberg, 1948

 

Tomi Ungerer

 

Frédérique Bertrand

 

Joanna Concejo

Joanna Concejo

 

Chiara Carrer

 

Kaatje Vermeire, monotipia

 

Komako Sakai

 

Benoit Jacques
Isabelle Arsenault

 

Isabelle Arsenault

 

Anne Cortey

 

Violeta Lopiz

Buon week-end

Autumn Leaf II di Mariann Johansen Ellis


Concorso di illustrazione EurHope 2013

Promosso da SMACK! – Fiera del Fumetto e dell’Illustrazione di Genova, il concorso Eurhope – Immagini dal futuro giunge quest’anno alla sua seconda edizione; la partecipazione al concorso è gratuita, ed aperta a tutti gli illustratori residenti in Europa purché nati dopo il 1 gennaio 1978.

Cosa: ogni illustratore potrà inviare un massimo di tre elaborati, realizzati con qualsiasi tecnica ma obbligatoriamente di formato quadrato; le opere non dovranno essere spedite in originale, bensì in riproduzione cartacea di alta qualità (stampa digitale in formato 30 x 30 cm) ed in formato elettronico Tiff o JPG in alta risoluzione (minimo 300 dpi) su cd-rom o dvd.
Tema: il tema scelto per questa seconda edizione del concorso è “Immagini dal futuro – Abitare il mondo: città, architetture, paesaggi umani“. Ispirandosi all’Europa, al suo territorio, alle sue culture ed alle sue infinite forme, ogni artista dovrà quindi fare un salto nel futuro, rappresentando idee, visioni, scenari, paure e speranze per il domani.
Scadenza: 2 aprile 2013 (farà fede il timbro postale).
Premio: fra tutte le opere pervenute, la Giuria selezionerà tre vincitori, cui verrà assegnato, rispettivamente, un premio in denaro pari a 1.500, 1.000 e 500 €;  i primi tre classificati verranno inoltre ospitati in albergo per la notte successiva alla cerimonia di premiazione e riceveranno un rimborso spese, da concordare con l’organizzazione, fino ad un massimo di 200 €. Tutte le opere selezionate saranno esposte in una mostra pubblica a Genova e Milano e verranno pubblicate in un catalogo (una copia del quale sarà spedita, su richiesta e con spese a carico del richiedente, ai selezionati).
Considerazioni aggiuntive: ogni illustratore, pur restando proprietario di tutti i diritti esclusivi di utilizzazione economica delle opere presentate in concorso, riconosce all’organizzazione la facoltà e il diritto di utilizzarle per qualunque iniziativa di promozione e comunicazione del concorso e della mostra, nonché il diritto non esclusivo di esporle in mostre successiva al concorso e di pubblicarle, anche sotto forma di manifesto o locandina, nei materiali pubblicitari della manifestazione con la citazione dell’autore in chiara evidenza.

Scarica qui il bando in PDF!

Scarica qui il modulo di partecipazione in PDF!


La lingua segreta delle immagini e le sue strutture narrative

In questo post pubblico alcuni lavori che i lettori di Le Figure dei Libri hanno fatto spontaneamente a partire dal laboratorio dell’illustratrice francese Sara (descritto qui).
I lavori sono stati fatti per il puro piacere della sperimentazione, ma vorrei usarli per fare qualche considerazione sul linguaggio narrativo delle immagini (messe in sequenza e senza un testo). Lo scopo è quello di riflettere insieme su come si racconta una storia per sole immagini.
Ricordo che il tema dato era: raccontare una storia in tre parti (inizio, qualcosa accade, soluzione) partendo tutti dalla scena di una barchetta su un’onda. Tre soli colori.


Elisa Lodolo, prima storia

Elisa Lodolo, seconda storia

Prima di leggere quanto segue, leggete con attenzione le due storie raccontate da Elisa Lodolo nelle sequenze qui sopra, cercando di interpretare il finale.

Nella prima sequenza c’è una barca che naviga. Per rendere l’idea del suo andare, nell’inquadratura delle prime 5 scene Elisa ha usato un linguaggio cinematografico: la barca attraversa lentamente il piano fisso di un’immaginaria videocamera. Vediamo spostarsi la barchetta da sinistra a destra. Poi vediamo un’onda entrare in scena da destra e andare incontro alla barca, crescendo.
La suddivisione in 5 tempi dell’onda che arriva rende la scena “come al rallentatore” (per contrapposizione alla velocità quasi istantanea che dovrebbe avere un’onda).
Abbiamo il tempo di entrare nella comprensione di cosa sta accadendo e la suspense sale…
Ma nella sesta scena, l’ultima, c’è un colpo di scena, un salto logico che ci sorprende: l’onda non ha rovesciato la barca come avrebbe dovuto. Il mare ora è giallo e il cielo è diventato marrone. La barca prosegue tranquilla il suo viaggio.

Elisa Lodolo, prima storia

Se fossimo al cinema, (regno dove il tempo che passa ha la stessa logica del tempo come noi lo conosciamo nel quotidiano, e ogni frattura nella sua logica va giustificata), potremmo pensare che la scena della barca nella sesta tavola è molto distante temporalmente da quelle precedenti. E’ scesa la notte, il cielo è diventato scuro, il mare è illuminato dalla luna, la barca è sopravvissuta all’onda.
Ma una sequenza narrativa su carta ha regole diverse, e noi interpretiamo la sesta scena come una conseguenza delle scene precedenti. L’onda ha capovolto cielo e mare, e la barca è passata in mezzo a questo capovolgimento indisturbata. E’ una metafora visiva!

Nel finale del secondo esperimento di Elisa (qui sotto) troviamo un’altra soluzione narrativa, ma la “regola grammaticale” usata per metterla in scena è la stessa. La barca è scampata all’onda capovolgendosi. E’ un finale perfettamente logico nella logica della poesia visiva delle immagini, ma non lo sarebbe nella realtà, e non lo sarebbe al cinema: sia nella realtà che nel cinema (dove l’ancoraggio alla realtà è ancora forte), i passeggeri della barca sarebbero tutti morti annegati e la scena non ci divertirebbe affatto.
Ma noi lettori sappiamo che questa barca può andare sott’acqua: nell’album illustrato siamo in un nuovo regno, con regole e leggi che stanno in biblico tra quelle fisiche del nostro mondo quotidiano e quelle metaforiche e permeabili della poesia e delle associazioni di idee.

E ora provate a fare un gioco: provate a raccontare ad alta voce, a qualcuno o a voi stessi, la storia di questa barca (sia quella della prima sequenza, che quella della seconda). Vedrete che è impossibile restituire lo stesso senso, perché la logica delle parole è ancora diversa! (Forse solo una poesia potrebbe riuscirci).


Elisa Lodolo, seconda storia

Il linguaggio delle immagini illustrate in sequenza, quando non è cinematografico, assomiglia al linguaggio della poesia.
Il linguaggio della poesia (metaforico, evocativo, allegorico, simbolico…) ha anche lui, come quello della prosa, delle regole che devono venir rispettate, pena la perdita totale del senso. Queste regole sono però molto più elastiche e fluttuanti rispetto a quelle della prosa. Il linguaggio della poesia e quello delle immagini esplorano le segrete connessioni delle parole con le emozioni e il pensiero umani in un modo più empatico (inconscio? Istintivo? Non trovo l’espressione), affondando le unghie in quella zona oscura che precede il pensiero razionale.*
Esempio: le poesie di Paul Celan o alcune poesie di Samuel Beckett hanno esplorato i confini ultimi del linguaggio: le frontiere oltre le quali il senso finisce.

(Una volta, era la vita?)
Una volta, era la vita?, di nuovo,
era la luce?,
si porse a me, con gesti
di capitano d’arca, la
mano spinata del frontaliere
e mi pregò di sostituirla.
Io credo, lo feci
(Paul Celan. Traduzione di Michele Ranchetti)

Quella qui sotto è la sequenza di Gioia Marchegiani. E’ molto bella esteticamente, ma non sono riuscita a capire cosa succede alla barca. Forse il suo esercizio era un gioco puramente evocativo. O forse Gioia ha infranto qualche regola della grammatica delle immagini.
La sequenza di Gioia è una poesia che va oltre i confini del senso. Mi chiedo: come esiste una pittura astratta, può esistere un linguaggio “astratto”? E’ una domanda aperta.

Gioia Marchegiani

La sequenza qui sotto, di Federica Cerutti, racconta con sole tre immagini un’altra storia dalla logica squisitamente metaforica. Una barca viene investita da un’onda ma si salva diventando dello stesso colore dell’onda. Cioè lasciandosi interamente trasformare dalla materia che l’ha investita. La storia funziona.
Le tre goccioline dell’onda sono diventate le goccioline della barca che dice “Fiù, l’ho scampata bella!”. Capiamo la frase della barca perché Federica ha usato l’espressione dello spavento codificata dal linguaggio del Fumetto.
(E’ una barca furba quella di Federica, e, se notate, stava già andando controcorrente dalla prima scena, visto che il movimento classico di un inizio-storia è da sinistra verso destra).

Federica Cerutti

Quella di Nicoletta Petruzza è una storia tutta cinematografica. C’è un passaggio non cinematografico tra la sesta e la settima tavola che forse era importante per la storia ma non mi sembra chiaro. L’onda crea un ponte. La barca ci si rifugia sotto, ma nella settima e nell’ottava tavola non capisco bene cosa è successo al ponte. Il finale mi dice che comunque la barca ce l’ha fatta. E il senso della storia, anche con un passaggio poco chiaro, è comprensibile.

Nicoletta Petruzza 1
Nicoletta Petruzza 2

Elilisa mi aveva mandato la sequenza qui sotto. Né io né i suoi figli l’avevamo capita (i bambini sono i più acuti lettori!).

 Elillisa

Elilisa si è resa conto di un errore logico nell’ultima tavola e mi ha rimandato la sequenza corretta qui sotto (col fondo nero anche nell’ultima tavola): e finalmente ho capito la storia (ma solo dopo una o due letture, perché l’isola mi sembrava una faccia e non ho capito subito che era un’isola). Chiedo a voi di raccontarmi la storia della barca di Elilisa, per farvi giocare.

Elillisa

Questa qui sotto è di Yayoi. Io l’ho interpretata pensando che la barca, avvicinandosi al cielo, ha contagiato le nuvole col suo bianco, rendendole innocue e pacificando il mare. Forse con qualche passaggio narrativo in più la storia sarebbe stata ancora più chiara.

Yayoi

Qui sotto la sequenza di Luisa Nascosto. E’ molto concettuale, ma chiara. La barca, cadendo dall’onda, incontra un suo riflesso e si unisce ad esso diventando una stella. Una barca che si trasforma in stella è possibile nel linguaggio delle immagini, ma il salto logico, rispetto alla logica del mondo che conosco, è molto grande e ho l’impressione di poterlo seguire solo razionalmente. E’ un passaggio concettuale.
La barca di Elisa, nelle prime due tavola del post, restava una barca vera. Cioè, era una barca anche sott’acqua, solo più magica, perché capace di un potere nuovo. Nella sequenza di Luisa, per seguire la barca fino alla sua trasformazione in stella, io devo pensare che la barca diventa “simbolica”. Cioè astratta come un simbolo.
Personalmente trovo che il linguaggio simbolico sia meno coinvolgente a livello emotivo di quello metaforico, ma forse è una lettura data dalla mia sensibilità.
Nei miei corsi invito comunque gli allievi a limitarne l’uso, perché mi sembra un linguaggio più da rivista o giornale che da album per bambini. Ma nel caso di questo laboratorio, non c’era nessun obbligo di fare una storia per bambini.

Quest’ultima sequenza è mia, realizzata durante il laboratorio con Sara. Quando alla fine del corso Sara è passata vicino al mio banco, volevo spiegarle a voce cosa avevo voluto dire, ma lei mi ha fatto un cenno intimandomi il silenzio. Ha detto: se le immagini da sole non sono in grado di raccontare la storia che volevi raccontare, significa che hai fatto qualche errore.
Nella mia sequenza c’erano alcuni “buchi logici”: mancavano dei passaggi tra una sequenza e l’altra, e non si capiva quasi niente!
Potete leggere la spiegazione della mia storia nei miei commenti al post di Sara: qui.

Anna Castagnoli 1
Anna Castagnoli 2

Metafore visive, salti logici, sequenze cinematografiche, linguaggio poetico…: non è affascinante il linguaggio delle immagini?
Aveva ragione Sara quando diceva che questo linguaggio ha una grammatica precisa.
Volete che proviamo a inventare qualche altro gioco per capirlo meglio?
Vi suggerisco anche questo post dei Topipittori: 22 regole per raccontare una storia.

*Mi verebbe da dire che il linguaggio delle immagini (come quello della poesia) sta al linguaggio della prosa come la fisica quantistica sta alla fisica classica.