La prima versione delle fiabe dei Grimm, a cura di J. Zipes: due versioni di Biancaneve a confronto

21 Gennaio, 2013

Fabian Negrin, Bianceneve, da Principessa pel di topo e altre 42 storie da scoprire, Donzelli 2012

La raccolta di fiabe Principessa Pel di topo, da poco pubblicata da Donzelli, raccoglie le 42 fiabe della primissima edizione dei fratelli Grimm, pubblicata nel 1812 e presto dimenticata dal pubblico a vantaggio delle edizioni successive. La raccolta è curata dal germanista americano Jack Zipes, uno dei massimi esperti viventi sulle fiabe.


E’ stupefacente, conoscendo la versione più edulcorata delle fiabe, scoprire quanto di magnifico, illogico, perverso, pulsava nelle vene delle fiabe popolari prima che venissero “sterilizzate”.
In questo post mi sono divertita a comparare la prima versione di Biancaneve, contenuta in questa raccolta curata da Zipes, e quella riscritta dai Grimm nel 1857, contenuta nell’edizione Mondadori “Grimm. Fiabe”.


Kinder und Hausmarchen, Frontespizio dell’edizione del 1819, illustrato da Ludwig Emil Grimm, L. Haas

PREMESSA

 Principessa Pel di Topo e altre 41 fiabe, illustrato superbamente da Fabian Negrin, prima di essere una raccolta di fiabe, è un documento storico eccezionale. Le 42 fiabe sono infatti quelle della versione dei Grimm pubblicata a Berlino da Georg Andress Reimer nel 1812, sconosciute al pubblico moderno. Le fiabe che tutti noi conosciamo, invece, sono quelle della settima edizione, pubblicata nel 1857, dopo decenni di limature e modifiche operate dai Grimm per accontentare critica e pubblico. Le prime versioni erano state accusate di essere troppo crude, violente, non raffinate da un punto di vista letterario e non adatte ai bambini. Eppure, erano proprio quelle prime stesure che riportavano con più autenticità le fiabe della tradizione orale!

Vi avevo già raccontato nel post Le fiabe sono un genere per bambini? E chi sono i bambini?, di come le fiabe non siano nate come “genere per bambini”. E’ solo con il consolidamento della classe borghese e dell’infanzia come categoria sociale vera e propria, che le fiabe vengono modificate per adattarsi – non tanto ai bambini, quanto all’idea che avevano gli adulti dei bambini e della loro educazione.


Frontespizio dell’edizione bolognese del Pentamerone di Giambattista Basile, 1742

L’ottocento tedesco ospitava le prime discussioni intorno a quale forma di letteratura fosse più adatta ai bambini. Nell’introduzione di Jack Zipes a Principessa Pel di topo (imperdibile: Zipes raccontata tutta la storia della famiglia Grimm), viene riportato l’estratto di una lettera di Jacob Grimm davvero interessante:

«La differenza tra le fiabe per bambini e quelle del focolare e il rimprovero che ci viene mosso di avere utilizzato questa combinazione nel nostro titolo è più una questione di lana caprina che di sostanza. Altrimenti bisognerebbe letteralmente allontanare i bambini dal focolare dove sono sempre stati e confinarli in una stanza. Le fiabe per bambini sono mai state concepite e inventate per bambini? Io non lo credo affatto e non sottoscrivo il principio generale che si debba creare qualcosa di specifico appositamente per loro. Ciò che fa parte delle cognizioni e dei precetti tradizionali da tutti condivisi viene accettato da grandi e piccoli, e quello che i bambini non afferrano e che scivola via dalla loro mente, lo capiranno in seguito quando saranno pronti ad apprenderlo. È così che avviene con ogni vero insegnamento che innesca e illumina tutto ciò che era già presente e noto, a differenza degli insegnamenti che richiedono l’apporto della legna e al contempo della fiamma».

Curioso come questa questione sollevata da Jacob nel gennaio 1813 sia ancora attuale ai nostri giorni, e che invece di spaccare il capello in due per decidere quali libri siano adatti ai bambini e quali no, non sia stato fatto ancora nulla (o poco) per riflettere su quale sia l’immagine di infanzia implicita dietro la questione annosa.

Immagine tratta da una traduzione islandese delle fiabe dei Grimm, 1852

COMPARAZIONE DI BIANCANEVE NELLA PRIMA VERSIONE DEI GRIMM del 1812, IN “PRINCIPESSA PEL DI TOPO”, Donzelli, E NELL’ULTIMA VERSIONE DEI GRIMM del 1857, IN “FIABE”, Mondadori.

In generale, lo stile della prima versione di Biancaneve, rispetto a quello della settima, è molto più diretto, meno ricamato, meno poetico, e vengono saltati molti passaggi logici che invece si ritrovano nell’ultima versione. Italo Calvino avrebbe adorato la prima versione per efficacia e forza di sintesi narrativa: il ritmo è veloce, scarno, essenziale.
Ecco come cambiano alcuni cardini narrativi della fiaba:

Prima versione, 1812: Dopo essersi punta un dito e aver visto una goccia di sangue cadere sulla neve, una regina sogna di avere una bambina bianca come la neve, nera come l’ebano, rossa come il sangue; quando le nasce una figlia, la chiama Biancaneve.
Ultima versione, 1857: …la regina sogna di avere un bambino bianco come la neve, nero come l’ebano, rosso come il sangue; quando le nasce una figlia, la chiama Biancaneve.

Cambi effettuati: La madre sogna di avere un figlio maschio, non femmina.

Fabian Negrin, Bianceneve, da Principessa Pel di topo, Donzelli 2012

LA MADRE DIVENTA UNA MATRIGNA
Prima versione, 1812:
  La regina è vanitosa, quando Biancaneve compie sette anni, diventa gelosa della sua bellezza e chiede a un cacciatore di ucciderla e di portarle polmone e fegato della bambina, che li vuole cucinare con sale e pepe.
Ultima versione, 1857:  La regina muore alla nascita della bambina. Il Re sceglie un’altra sposa, ma la nuova matrigna è vanitosa e cattiva. Quando Biancaneve compie sette anni, diventa gelosa della sua bellezza e chiede a un cacciatore di ucciderla e di portarle polmone e fegato, a prova della sua morte.

Cambi effettuati: Non è la madre a diventare invidiosa ma la matrigna: questa sostituzione della madre con una matrigna cattiva avverrà in tutte le fiabe dei Grimm dove compaiono invidia della madre e istinti infanticidi.
E’ censurato il desiderio cannibale di divorare la figlia: polmone e fegato diventano, nella settima versione, una semplice prova della morte. Nella settima edizione, la matrigna finisce comunque per cucinare e mangiare polmone e fegato di un cucciolo di animale credendoli della figlia, conditi di sale e pepe.


Angela Barrett, Blanche-Neige, Kaleidoscope, 1991

UN DESIDERIO NECROFILO VIENE CENSURATO

Prima versione, 1812: …la regina madre riesce a far mangiare la mela avvelenata a Biancaneve e ucciderla.
I sette nani provano a rianimarla ma niente, è morta. Vedendo che anche da morta Biancaneve continua ad essere florida e bella, decidono di metterla in una bara di vetro e tenerla in casa. «Così Biancaneve restò molto, molto a lungo nella bara senza deperire». Un principe chiede ospitalità ai nani, vede la bara, leggendo l’iscrizione d’argento sulla bara scopre che la bambina è figlia di re, se ne innamora. Vuole comparare la bara, i nani non la vendono, la chiede allora in dono e i nani gliela cedono. Porta la bara al castello e la tiene nella sua stanza per contemplare ogni giorno Biancaneve. Quando non può guardarla perché deve uscire di casa, viene colto da umore nero. I servitori, stufi di trasportare la bara su e giù per il palazzo, aprono la bara, scuotono Biancaneve arrabbiati, dicendole che per causa sua sono costretti a portare il peso della bara a destra e manca. Scuotendola, le fanno uscire il boccone di mela dalla gola, e Biancaneve ritorna in vita. Si organizzano le nozze, la madre viene invitata. Vengono date delle scarpe roventi alla madre, la quale balla fino a morire.

Ultima versione, 1857: …la matrigna riesce a far mangiare la mela avvelenata a Biancaneve e ucciderla.. I sette nani non trovano modo di rianimarla, allora le slacciano il corpetto, la lavano con acqua e vino, le pettinano i capelli e la mettono in una bara. La piangono tre giorni, poi decidono di seppellirla. Vedendo che anche da morta continua ad essere florida e bella, non hanno il coraggio di interrarla nella terra scura. Sostituiscono allora la bara con una bara di vetro, scrivono sulla bara nome e origine della bambina a lettere d’oro, e lasciano la bara di vetro sul monte, all’aperto. A turno un nano le fa da guardia per non lasciarla sola. Anche gli animali vengono a contemplarla. Passa di lì un principe, vede dall’iscrizione che è figlia di Re, si innamora della bambina. Vuole comparare la bara, i nani non la vendono, la chiede allora in dono e i nani gliela cedono. Nel tragitto verso il castello i servitori lasciano cadere la bara. Biancaneve si rianima, il principe le dichiara il suo amore e si organizzano le nozze. La matrigna viene invitata. Vengono date delle scarpe roventi alla matrigna, la quale balla fino a morire.

Cambi effettuati: Nell’ultima versione viene censurato il desiderio necrofilo. Molto più dettagliati i riti di sepoltura (lavaggio del corpo, vestizione) e limitato il tempo concesso alla veglia del cadavere: tre giorni contro molto, molto tempo. Il cadavere della bambina non viene più tenuto in casa, ma viene portato all’aperto, il principe non fa in tempo a portare la bara a castello perché i servi la fanno cadere prima; non si fa cenno al desiderio di contemplare la bambina morta. L’iscrizione del nome sulla bara nella prima versione è d’argento, nella settima, d’oro.

Ecco, questi sono i cambi principali apportati alla trama nell’ultima versione della fiaba. E’ necessario che vi dica quale delle due versioni è la mia preferita? E comunque vorrei farvi notare che in entrambe le versioni la principessa di cui si innamora il principe, e che sposa, ha 7 anni!
Va bene che 7 è un numero simbolico nelle fiabe, ma diciamo che… come dire, siamo ancora lontani dalla versione di Disney del 1937, ottant’anni dopo.

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Per Donzelli è da poco uscito La fiaba irresistibile, storia culturale e sociale di un genere, sempre di Jack Zipes. Con copertina di Kiki Smith! Irresistibile, tanto che l’ho già ordinato. Ve ne parlerò presto.

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