Imparando la tipografia: racconto di un corso con A. Balius e E. Manso
1 Ottobre, 2012Andreu Balius, Carmen, Criditi Andreu Balius Typerepublic.com
Da anni mi lamentavo di non capire un h della tipografia. Non riuscivo a vedere le lettere, benché più di una persona avesse cercato di spiegarmi la differenza tra famiglie tipografiche. Nonostante avessi capito la differenza tra una lettera con serif (le grazie) o senza serif, le lettere continuavano ad apparirmi invisibili. E per qualcuno che fa libri, o li studia, o anche solo li ama, è un bel problema. A inizio settembre, su facebook, ho visto l’annuncio di un corso di tre giorni di tipografia, qui a Barcellona, indirizzato a persone che non avevano nessuna base: «De la letra al tipo». Tenevano il corso due famosi tipografi: Andreu Balius, autore della famosa famiglia di caratteri Carmen (stupenda) e Eduardo Manso; il corso era organizzato dalla rivista Monografica. Insomma, la qualità del corso si annunciava alta, e ho deciso di iscrivermi.
Il corso è iniziato un venerdì sera, con una lunga conferenza tenuta dalla professoressa universitaria Raquel Pelta (che è anche la redattrice di Monografica). Raquel ha tracciato la storia della tipografia del ‘900, raccontandoci dei grossi dibattiti filosofici e sociali che hanno accompagnato la sua evoluzione.
Prima bella scoperta: il mio non vedere le lettere non era poi così sconveniente, perché il grande dibattito che ha animato la tipografia fin dai suoi esordi è stato tra chi sosteneva che le lettere dovessero essere discrete e invisibili, per veicolare il più velocemente possibile il contenuto della parola scritta, chi invece sosteneva che la forma influenza il messaggio e la forma delle lettere avesse dunque una maledetta importanza.
Seconda scoperta: gli svizzeri hanno, se non inventato, codificato la tipografia moderna. La famosa famiglia Helvetica, l’hanno inventata loro (che ignorante ero!). Un po’ di storia la trovate qui. Terza scoperta: la tipografia contemporanea, che dopo decenni di sperimentalismo è ritornata a un classicismo elegante e depurato, è ormai governata da una caterva di dogmi. Spazio per la creatività sembra ne sia rimasto poco.
Quarta e ultima scoperta: ancora oggi, la tipografia si disegna a mano. Esistono molti programmi che poi sanno leggere lo schizzo, precisarlo e derivare altre lettere, ma la prima idea si disegna ancora a mano.
Un coup de dés jamais n’abolira le hasard,1897, di Stéphane Mallarmé, uno dei primi esperimenti in cui la tipografia diventa co-protagonista del testo.
Dopo la conferenza abbiamo terminato la serata conoscendoci (eravamo tanti), con birre offerte dall’organizzazione (vi ho già detto che in Spagna la cerveza è un must). Lo spazio che ci accoglieva era quello di uno studio di giovani designer industriali (Entresuelo primera), grande e luminoso, in una zona di Barcellona che conoscevo poco e che mi sembrava un po’ Brooklyn.
SECONDO e TERZO GIORNO
Il secondo giorno ci ha accolti ciascuno una graziosa cartellina con fogli, fogli vegetali trasparenti, carta millimetrata e matite. Ci era stato detto, infatti, che non dovevamo portare niente. I professori hanno introdotto il corso con una conferenza in cui veniva spiegata la fisionomia di alcune lettere, e la loro assonanza con altre lettere.
La a e la n hanno la curvatura superiore simile. La p, la d, la b, sono uguali o quasi sempre uguali (può cambiare lo spessore di una curva). Molte lettere come la o, la p, e altre lettere panciute, hanno bisogno di essere un po’ più alte delle altre lettere e di avere un impercettibile spessore in più in certi punti della pancia, per correggere un effetto ottico che le farebbe sembrare più piccole. Ci hanno indicato i nomi delle linee dentro cui stanno le lettere, che sono come righi di partiture musicali. Poi, finita la conferenza, ci hanno detto, bene: ora disegnate la vostra tipografia. Pensate a un fine (a dove volete metterla) e disegnatela. Partite dalla parola “alpino” minuscola, che è la parola che contiene più informazioni per poi derivare le altre lettere.
Mi siedo al tavolo un po’ perplessa. E da dove inizio? Intanto ho pensato che volevo disegnare un carattere per “Le Figure dei Libri”, dunque doveva essere qualcosa di elegante, ma non troppo freddo, e che desse una sensazione di “cultura”, ma senza che questa cultura fosse troppo seria.
Bene, partiamo da questo alpino… inizio dalla a. Prendo la mia brava carta millimetrata, la matita, traccio i righi di contenimento della lettera, e? di colpo mi sono resa conto che non sapevo disegnare una a! Provateci anche voi. A che punto deve inclinarsi la testolina in alto? E’ chiusa o aperta? E il ricciolo della gamba dove deve fermarsi? La pancia come deve essere?
Per fortuna i professori avevano portato due giganteschi libroni (Type Cosmic: Digital Type Collection) dove c’erano centinaia di tipografie, con serif e senza serif (li ho cercati su Amazon ma ne ho trovato solo uno usato, in America: quello senza serif). Inizio a sfogliare i libroni per cercare una a che mi piace. Ce n’è di ogni sorta! Decido che mi piace con serif. E’ già un punto di partenza.
Mentre disegnavo, ogni 20 minuti circa passavano a turno Andreu e Eduardo (instancabili), e mi correggevano. In realtà lo spazio di manovra per disegnare una lettera è scarsissimo. Non si può essere troppo creativi senza disturbare una qualche legge sull’equilibrio visivo che è già stata inventata. Accidenti. Ma seguendo le indicazioni dei due professori mi rendevo conto che avevano ragione: a poco a poco il mio alpino diventava più armonico e bello.
Sopra e sotto: il mio alpino prima e dopo le correzioni dei professori.
Non ve la faccio lunga. Ho disegnato e ridisegnato le lettere di alpino per 10 ore. Vedevo alpini da tutte le parti. Alle 10 di sera avevamo tutti gli occhi fuori dalle orbite, ma ancora abbastanza energia per appendere i lavori finali al muro e commentare la nostra avventura. Noi alunni eravamo soddisfattissimi e molto fieri. I due professori nascondevano con decoro la loro vertigine davanti ai nostri primi mostri tipografici :)
Il giorno dopo lo abbiamo passato a digitalizzare le lettere al computer. Io con mia somma vergogna ho dovuto dire che non sapevo lavorare con Illustrator in vettoriale, ma ho avuto un prode cavaliere che si è offerto di digitalizzare la mia tipografia dopo aver terminato la sua (grazie Carlos!). Per non dargli troppo lavoro ho rifatto tutto da capo e inventato un carattere senza serif.
La mia prima tipografia, che ho chiamato “Tipo Anna”.
Tornando a casa in motorino, e guardando intorno a me la città notturna, con tutte le sue insegne, i suoi cartelli, le vecchie scritte liberty, le austere lettere che dicono i nomi delle vie, la grande C di Correos, le P dolci delle panaderias … mi sono resa conto che finalmente VEDEVO le lettere. Eureka! Ero felicissima. Un altro velo caduto.
Chi fosse interessato, può vedere i lavori di ogni partecipante del gruppo su questa pagina della rivista Monografica.
Qui sotto il nostro bellissimo gruppo. Grazie a tutti!
Nota: al corso ci hanno indicato Designing Type come il migliore libro per imparare le prime basi della tipografia. C’è anche in edizione francese e spagnola.
Designing Type Karen Cheng Un libro che insegna a disegnare tipografia 26,62 Euoro. Spedizione gratuita |