L’ours et le chat sauvage, di Komako Sakaï
17 Luglio, 2009L’ours et le chat sauvage (L’orso e il gatto selvatico), illustrato da Komako Sakaï, edito in Francia da L’école des loisirs (in Spagna da Corinbo), è un capolavoro sull’esperienza della morte. Ma prima di parlarvene vorrei aprire una riflessione sullo spazio che la morte occupa oggi nella nostra cultura.
L’ours et le chat sauvage, Kazumi Yumoto (testo) e Komako Sakaï, L’école des loisirs 2008, Francia
Qualche giorno fa un’amica mi scrive quasi sconvolta: suo figlio di 4 anni e mezzo, la sera precedente, con gli occhi lucidi, le ha detto: mamma, non voglio che tu muoia. E poi. Mamma, ma se io muoio, dopo, ci sono ancora i colori? E poi, piangendo in un modo contenuto, doloroso: anche se io divento grande, non voglio che tu muoia.
La madre era sconvolta dal fatto che un bambino così piccolo potesse interrogarsi sulla morte. Pensava che le domande testimoniassero un disagio non normale del bambino. E’ troppo piccolo! Mi scriveva. A questa età non dovrebbero pensare a giocare e divertirsi?
Ho riportato questo aneddoto come testimonianza del fatto che, l’angoscia della finitudine, della morte, sono sentimenti che appartengono all’essere umano fin dalla sua più tenera età . Non era l’interrogare del bambino anormale, ma la reazione della madre.
Un tempo nonni e bisnonni, zie e prozie decrepite, morivano in casa, per giorni la famiglia era intorno ai loro ultimi respiri, ai loro sudori, fino al contrarsi delle mandibole, fino alle finestre aperte, fino al silenzio che si sospende sopra il cadavere. Oggi i bambini dove possono fare esperienza della morte? Oggi l’unica morte di cui si può fare esperienza è quella veloce passata ai telegiornali (con morbosa attenzione su questo fenomeno così curioso: le lacrime dei cari (!)), quella di serie televisive come Lost o di confusi videogiochi, dove gli eroi muoiono e risorgono in barba al tempo, come burattini di gomma che rimbalzano. Ma l’altra morte, quella che ci abita dentro, quella che non ha altra voce che un dolore silenzioso, lungo, rauco, quella che dà senso come un orizzonte alle cose che facciamo ogni giorno, quella che chiede sgomenta: ma dopo, ci sono ancora i colori? Dove incontrarla?
Per fortuna, esistono i libri. I libri nei quali ancora si tramanda una cultura dell’anima (questa sconosciuta), i libri attraverso i quali i bambini possono fare esperienza di tutto quello che fa paura ai grandi.
L’ours et le chat sauvage, Kazumi Yumoto (testo) e Komako Sakaï, L’école des loisirs 2008, Francia
L’ours et le chat sauvage, Kazumi Yumoto (testo) e Komako Sakaï, L’école des loisirs 2008, Francia
Quella mattina l’orso piangeva, il suo amico, il piccolo uccello, era morto.
Inizia così l’adagio poetico di questo libro sui sentimenti del lutto. La morte accade. E’ da questo accadere che ha origine la storia. Non c’è altro inizio possibile per una storia che questo: la morte accade.
L’orso ricorda la conversazione che aveva avuto con il suo uccellino proprio il giorno prima.
“Vedi uccellino? Oggi è oggi, non è così? Ma ieri e l’altro ieri, anche era oggi. Non è strano?
E quando verrà domani sarà ancora oggi, ogni giorno è oggi, e ogni giorno noi siamo insieme. Che ne pensi?†L’uccellino aveva scosso la testa e risposto: “E’ vero orso. Ma sai cosa? E’ oggi il mio giorno preferito. Mi piace più di ieri e più di domaniâ€. E ora il piccolo uccello non c’era più.
In una paginetta di album Kazumi Yumoto, l’autore, ha sintetizzato 1500 anni di pensiero filosofico sul tempo, da Sant’Agostino ad oggi. (Noi insegniamo ai bambini con grande sforzo l’idea del tempo, e poi ci stupisce vedere come l’idea della morte sgorghi naturalmente, con tutto il dolore ad essa correlato. Con o senza filosofia, l’esperienza del tempo è esperienza della morte).
L’ours et le chat sauvage, Kazumi Yumoto (testo) e Komako Sakaï, L’école des loisirs 2008, Francia
L’orso costruisce con amore una piccola bara di legno, la arreda di petali di fiori e bacche profumate e ci adagia dentro il suo piccolo amico. Non vuole più separarsene. Tutti gli animali del bosco gli chiedono: “cosa c’è dentro la tua scatola?” Ma quando l’orso apre la scatola per mostrare il contenuto tutti scuotono la testa, rimproverano l’orso che non l’ha ancora seppellita, gli dicono che, anche se è difficile, non deve più pensare al suo amico. Allora l’orso, nel buio della sua casa, si isola in una solitudine sempre più terribile. Non risponde più agli inviti (via via più sporadici) degli animaletti che vengono a chiamarlo. La depressione è illustrata da una grande doppia pagina nera, senza più confini, solo la pagina finale con il prato fiorito, dove l’orso di spalle camminerà col gatto selvatico verso il mondo, sarà altrettanto grande.
Un giorno l’orso apre la finestra e vede che fuori fa bel tempo, il vento porta i profumi, l’orso respira forte e decide di uscire di casa. Camminando nel bosco e poi lungo il fiume incontra un gatto selvatico con una cassa. Gli chiede cosa c’è dentro. Il gatto dice che mostrerà il contenuto della sua scatola solo se l’orso gli mostrerà il contenuto della sua. L’orso apre la cassa col piccolo uccellino. Il gatto dice: “Questo piccolo uccello doveva contare molto per te. Deve mancarti terribilmente”. Era la prima volta (dice il testo) che qualcuno gli diceva così. Il gatto selvaggio apre la sua scatola e tira fuori un violino. Annuncia che suonerà una musica per l’uccellino morto.
L’ours et le chat sauvage, Kazumi Yumoto (testo) e Komako Sakaï, L’école des loisirs 2008, Francia
Al suono della musica l’uccello rivive nel ricordo dell’orso, in tutte quelle avventure che avevano vissuto insieme. Dopo questo straziante passaggio di ricordi l’orso potrà seppellire infine la bara di legno e partire in viaggio in compagnia del suo nuovo amico.
L’ours et le chat sauvage, Kazumi Yumoto (testo) e Komako Sakaï, L’école des loisirs 2008, Francia
Vi ho raccontato in sintesi la storia del libro per darvi un esempio di “come si scrive una storia†(spero che qualche editore abbia già comprato i diritti in Italia o li compri presto, così che possiate leggere questo tesoro). Non ci sono paroline decorative, non c’è retorica, non c’è il desiderio di “aiutare i bambini a capire l’esperienza della morteâ€. C’è solo una storia raccontata, con parole scarne, necessarie. La storia di un orso che aveva come amico un piccolo uccello molto amato, che è morto.
Komako Sakaï interpreta il testo in modo magistrale.
Metto questo libro nel pugno di album più belli che abbia mai letto.