La “finestra” nell’arte e nell’illustrazione

11 Giugno, 2012
Paolo Uccello

In misura maggiore o minore, a seconda dei momenti storici, il mondo è sempre stato percepito come separato in due: il mondo interno, teatro di sentimenti e pensieri privati: spazio conosciuto, familiare, sicuro; e il mondo esterno, pubblico, dove ciò che accade è alla luce del sole: spazio sconosciuto, luogo di desiderio e avventure, pericoloso o allettante.
Il confine tra ciò che è interno e ciò che è esterno è in continuo movimento: si sposta dai confini della polis, a quelli di una nazione, può coincidere con il cognome di una famiglia, con il simbolo di un’appartenenza politica o ideologica, una marca, un brand, oppure essere lo stretto confine di un io: la pelle che avviluppa il nostro corpo.

In un bellissimo saggio di Milan Kundera (l’ho letto in francese in L’art du roman, ma penso che sia riportato nel libro I testamenti traditi edito da Adelphi), Kundera ripercorre la storia del romanzo seguendo i confini di questa membrana: se in Don Quichotte l’orizzonte del mondo è di una vastità quasi infinita, in Balzac diventa lo spazio della città e delle relazioni sociali, in Madame Bovary di Flaubert si restringe al soffocante perimetro della casa, in Kafka diventa il claustrofobico spazio di un io da cui non si può più fuggire.


René Magritte

Nelle arti figurative, la tensione tra questi due mondi (esterno e interno), si è spesso incarnata nell’immagine della “finestra”. La finestra è quell’apertura che rende la membrana tra dentro e fuori permeabile. Si potrebbe addirittura tracciare una storia della percezione umana tra interno ed esterno, solo analizzando le rappresentazioni nell’arte e nella letteratura della “finestra”.
In questo post cercherò di darvi qualche idea di come pittori e illustratori hanno nel tempo usato il simbolo della finestra. Solo qualche spunto, non certo esaustivo.

Nel rinascimento la finestra aveva una funzione di “veduta”. Non è un caso se nella pittura del rinascimento sia difficile rintracciare i confini delle finestre. La finestra era un pretesto per portare dentro, la bellezza scenografica del mondo, e aveva una funzione puramente estetica.

Con l’avanzare della dimensione borghese della vita privata, il mondo interno diventa quello privato della “casa”. Casa non più solo come spazio dove rifugiarsi dalle intemperie, ma casa come spazio simbolico che separa ciò che è familiare da ciò che è estraneo.

L’interno della casa è lo spazio degli affetti, lo spazio femminile dell’attesa, dei lavori e della tranquillità domestici, mentre l’esterno è lo spazio dell’avventura, della scoperta, dell’ignoto (storicamente riservato agli uomini). Chi abita l’interno può essere turbato dal desiderio di uscire, oppure voltare le spalle alla finestra e scegliere la tranquillità di una vita silenziosa e privata.

Vermeer
Hammershoi

Molto spesso la finestra svolge semplicemente la sua funzione di apertura su un paesaggio esterno, in questo caso il soggetto è ripreso in un atteggiamento contemplativo. E’ un’immagine spesso usata nell’illustrazione perché il bambino è sovente confinato in casa. Il mondo esterno è ancora troppo grande e pericoloso per lui, e deve rassegnarsi a contemplarlo. In questo caso il suo sguardo sarà spesso simile a quello malinconico dei gatti, che confinati in una stanza ricordano, guardando il fogliame fuori dalla finestra, la loro antica natura di bestie selvagge, o del prigioniero, per il quale la finestra diventa l’ultimo spiraglio di libertà.

Ezra Jack Keat
Maja Celija
Olivier Tallec
Komako Sakai
Beatrice Alemagna

E’ importante, nell’analizzare le finestre, vedere dove l’artista ha posizionato il suo cavalletto. La finestra può essere inquadrata dall’esterno, e diventa allora un “quadro” che isola una scena a cui non possiamo accedere. Lo spettatore dell’immagine (o il lettore) è anche lui “all’esterno”. A seconda di come è questo esterno (freddo, pericoloso, simpatico come una strada animata, deserto come una strada notturna…), lo spettatore può essere più o meno spinto a desiderare di entrare nell’intimità percepita dietro la finestra.
Per un principe che ha cavalcato per mesi alla ricerca della sua bella, la finestra che inquadra la principessa Raperonzolo sarà il quadro più desiderabile di tutti.
Pensate anche al tòpos classico del cinema in cui un povero per la strada innevata guarda con struggimento, dietro alle finestre addobbate per il Natale, la vita piena d’affetto, calore e luci che gli è stata preclusa.

“O Rapunzel, Rapunzel! Let down thine hair!†Walter Crane 1845-1915

Con il punto di vista esterno, la finestra può essere il quadro prefetto per il nostro istinto voyeuristico.

Edward Hopper

Un altro caso di finestra, vista di profilo: la luce che entra dalla finestra illuminando prepotentemente la camera, può essere rivelazione di una verità. Annunciazione che entra come lama a scoprire qualcosa di noi stessi, o ancora a segnare con un’ombra troppo netta la rivelazione della nostra solitudine ontologica. In questi casi, il punto di vista è quasi perpendicolare all’asse della finestra, per poter meglio inquadrare la dialettica tra soggetto/membrana/esterno in una sola scena.

Edward Hopper
Balthus
Lorenzo Mattotti
Maurizio Quarello

Abbiamo detto che questa membrana di vetro tra esterno e interno è permeabile: l’esterno può quindi entrare all’interno e viceversa? Se ciò che entra è solo un frammento di mondo esterno: come le farfalle nell’immagine di Emiliano Ponzi, oppure la piuma nell’immagine di Elena Odriozola, allora va bene, siamo ancora al sicuro, e l’immagine non risulta inquietante. Ciò che entra è una metafora, una brezza, l’eco del mondo esterno.

Emiliano Ponzi
Elena Odriozola

Ma se a entrare è invece qualcosa di più reale, fisico e meno simbolico, l’entrata del mondo esterno in quello interno sarà sempre inquietante o altamente drammatica: perché, benché trasparente, la finestra ha il ruolo specifico di tener ben sperati i due mondi. La sua permeabilità deve essere solo simbolica. Vediamo cosa succede se questa funzione viene declinata.

Antonio Marinoni
Pia Valentinis

Guardando le immagini qui sopra, a rassicurarci è soltanto la consapevolezza che sono immagini di un libro.

Ancora più minaccioso dell’ingresso dell’esterno nell’interno, è quando lo spazio interno, che dovrebbe essere il luogo dove rifugiarsi e stare tranquilli, diventa ostile e spinge il soggetto verso l’esterno. Se non ci si può più rifugiare all’interno, dove mai si potrà trovare pace? La finestra diventa allora teatro di una distruzione dell’io. Il soggetto, schiacciato nel vano della finestra tra due mondi diventati estranei, non può che implodere. Il suicida che si getta dalla finestra è vittima di questa scomparsa definitiva di un luogo “abitabile”.

Ci sono molti casi in cui dentro e fuori si mescolano tra loro, senza che sia o l’uno o l’altro che prende il sopravvento. Questa fusione può essere terribile come nel meraviglioso ritratto di Rosa Bianca di Innocenti, dove sul vetro i riflessi dei soldati si mescolano al viso sgomento della bambina…

Oppure venata di ironia (ma non per questo meno inquietante), come nell’immagine di Holland…

Brad Holland

Perché la fusione dei due mondi non risulti inquietante bisogna che uno dei due perda un po’ della sua realtà: è il caso in cui a uno dei due mondi viene assegnato il ruolo di spazio del sogno o della fantasia.
Alla dialettica tra esterno e interno, prende il posto quella più conosciuta tra mondo della fantasia e mondo della realtà (così cara alla letteratura per bambini), e la finestra diventa allora il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Peter Pan, uscendo in volo dalla finestra, entra nel mondo della fantasia. Oppure, un’ombra proiettata sulle pareti della stanza, prende vita e anima la stanza di improbabili presenze. Le figure sono molte. Nel libro uscito di recente Cose che non vedo dalla mia finestra, di Guido Scarabottolo, le immagini che si vedono nel libro sono tutte “immaginarie” in ragione del titolo del libro: la vista di una finestra, nella realtà, non può che essere una.

Ofra Amit

Se i nostri occhi sono le finestre dell’anima, a Jacques Tati  va riconosciuto il merito di aver trovato una delle esperessioni più deliziose di questa allegoria trasformando due finestre nel continuo sguardo di una casa su cosa accade nel cortile (Il set di Mon oncle).

Mon oncle di Jacques Tati

Ma la Palma d’Oro sul tema della finestra la darei a Alfred Hitchcock che girando La finestra sul cortile ha sviscerato ogni possibile angolo di significato della finestra contemporanea. Quando e come abbiamo il diritto di entrare dentro le finestre degli altri? E cosa succede davvero dietro le finestre?

Oggi stiamo assistendo, con le nuove reti sociali, a una grande rivoluzione del confine tra dentro e fuori. Cosa è privato e cosa pubblico per un giovane adolescente di oggi è molto diverso dal concetto di privato delle generazioni precedenti. Oggi la finestra ha perso tutto il suo fascino simbolico, ed è stata sostituita dallo schermo del computer, dell’iPad, del iPhone, dall’interfaccia di Facebook o Pinterest… che con molto meno charme, ma centuplicato potere, portano dentro casa il mondo, e fuori casa le nostre emozioni più private.