Yan Nascimbene: un’intervista e l’occasione di frequentare un corso con lui
7 Febbraio, 2012Yan Nascimbene (Neuilly sur Seine, Francia 1949) è uno dei più raffinati illustratori contemporanei: tre awards alla Children’s Book Fair per la miglior grafica, due medaglie d’argento e una d’oro alla Society of Illustrators di New York.
Per le sue illustrazioni di Aventures di Calvino (e Palomar e Il Barone rampante) ha ricevuto una medaglia d’argento dalla Society of Illustrators di New York e i complimenti sentiti di Esther Calvino. Nel 2011 la sua opera è stata esposta alla biennale di Venezia nella sezione “L’Italia nel mondo”.
Dal 13 al 17 febbraio Yan Nascimbene sarà al Mi Master di Milano a tenere un corso di illustrazione dal titolo “Illustrare Calvino” (resta qualche posto libero).
Ecco qui di seguito la preziosa intervista che Yan Nascimbene ha regalato a LeFiguredeiLibri.
Il barone rampante, Italo Calvino e Yan Nascimbene, Editions du Seuil 2005
INTERVISTA DI ANNA CASTAGNOLI A YAN NASCIMBENE
Illustrare è…?
Illustrare è trasporre un’idea (un testo, una musica, un evento, un sentimento, qualunque nozione astratta…) in un’immagine.
Ma l‘illustrazione non è adattazione. Mentre un’adattazione (un libro adattato in film, etc) permette tutta libertà , e dunque la creazione di un’opera del tutto originale, l’illustrazione, anch’essa creativa, deve rispettare il contenuto e la forma del modello. Questi limiti, piuttosto di impedire l’ispirazione creativa, obbligano l’illustratore a pensare meglio, con più rigore. Più intensa è la proposta, più preziose e entusiasmanti sono di solito le immagini. (E’ stato più semplice per me illustrare Il barone rampante – racconto ricco d’immagini – che Palomar – in gran’ parte filosofico e astratto – per questo, anche se le illustrazioni del Barone rampante sono piacevoli – almeno, lo spero! – mi sembrano più interessanti quelle di Palomar).
L’idea prima ha una propria forma e un proprio significato, i quali definiscono i limiti per l’illustratore (Il barone rampante, per esempio, si svolge nell’ottocento, così ha deciso Calvino, per cui l’illustratore non può fare indossare a Cosimo e Viola vestiti del settecento).
Il barone rampante, Italo Calvino e Yan Nascimbene, Editions du Seuil 2005
D’altra parte un’illustrazione non può nemmeno essere una copia esatta del modello (se, ad esempio, un racconto evoca un paesaggio con tanti dettagli e personaggi precisi, non occorre che l’illustratore faccia una lista completa di tutti i dati per poi riprodurli, deve invece chiudere il libro, e, con la propria immaginazione, disegnare l’idea, l’atmosfera contenuti nel modello. Si può dire che vale la verità e non la realtà .
L’illustrazione deve raggiungere quest’equilibrio tra la verità del modello e quella propria, cioè la creatività dell’illustratore.
 Lo stile è, secondo me, un modo di relazionarsi alla realtà . Se sei d’accordo, posso chiederti qual’è, nella tua opera, il tuo rapporto con la realtà ?
Lo stile, di fatti, è il modo (l’unico modo) per ciascuno di noi di relazionarsi alla realtà . Non è una scelta ma un’imposizione del destino, cioè del nostro proprio materiale genetico e della vita vissuta.  Lo stile è il riflesso di sé; dentro di esso si potrebbe leggere il nostro passato – le nostre qualità e debolezze, quello che amiamo e odiamo, il piacere e le sofferenze, l’angoscia e la serenità – forse anche la vita dei nostri antenati, e magari il nostro futuro e quello dei nostri figli.
Palomar, Italo Calvino e Yan Nascimbene, Editions du Seuil 2003
Non disegno mai quello che vedo, ma quello che immagino. Sono negato a riprodurre dal vero – che, secondo me, dovrebbe chiamarsi soltanto realtà , in quanto il vero è una realtà resa vera dopo il filtro della nostra personalità .
Per definire la mia relazione alla realtà direi che non è diversa da quella del cuoco, del giardiniere, del babysitter, dello scrittore, del fotografo… insomma, cambia ogni volta. Non mi considero illustratore, ancora meno artista (parola che non adopero quasi mai, confusa e spesso prepotente.  Notiamo che in tante lingue le parole usate per lavoro sono le stesse usate per arte. Questo mi piace). Di fatti, se dovessi scegliere, preferirei definirmi un artigiano, ma veramente sono cuoco quando cucino un risotto, giardiniere quando innaffio le mie piante, babysitter quando cambio i panni dei nipotini, scrittore quando scrivo, fotografo quando scatto fotografie.
D’altronde non c’è limite -né fisico, né psicologico- tra la realtà della mia vita e quella del mio lavoro.
Palomar, Italo Calvino e Yan Nascimbene, Editions du Seuil 2003
Mi sembra di percepire nella tua opera un interesse costante per la luce: come se il mondo, le cose, le persone si definissero in base al loro grado di “luminescenzaâ€. E’ così?
Idea bella, però purtroppo non penso che il grado di luminescenza nei miei disegni corrisponda a qualsiasi grado delle cose o delle persone. La loro intensità e il loro contrasto sono casuali (controllo già troppo, grazie al cielo non tutto!). Anche questa luce -ossia la luce e l’ombra- non sono una scelta nel mio lavoro. La realtà è una nozione oggettiva. Questo contrasto tra la luce, spesso abbagliante, e la densità dell’ombra, sono una pagliuzza nella mia verità , del tutto soggettiva.
The creative collection of american short stories, autori vari e Yan Nascimbene
Tra pochi giorni sarai al Mi Master di Milano a tenere il corso: “Illustrare Calvinoâ€. Puoi darci una breve anteprima di cosa significa “Illustrare Calvinoâ€?
Avevi letto l’opera di Italo Calvino in giovane età ? Posso chiederti se al momento di illustrarlo hai sentito che le immagini erano già dentro di te da qualche parte?
Difficile definire il lavoro di illustrare Calvino in poche parole. Direi che le mie risposte alla tua prima domanda dovrebbero essere ancora più rigorose quando si tratta di Italo Calvino, particolarmente nell’illustrazione delle Città invisibili. Le regole geometriche e matematiche nell’opera di Calvino devono assolutamente essere rispettate in quanto sono importanti non meno del soggetto.
Ho letto Calvino tardi. Avevo già compiuto trent’anni. Questa lettura è stata da subito molto di più di una piacevole distrazione. Il sentiero lungo il quale camminavo leggendo la sua opera sempre più si avvicinava a quanto ero io;  mentre andavo avanti, leggendo, ricordavo la vita, la mia vita, unica e universale, emozioni straordinarie tra tanta normalità .
Palomar, Italo Calvino e Yan Nascimbene, Editions du Seuil 2003
Mentre leggevo, non potevo non vedere immagini mie. Era già accaduto con Marcel Proust (Du côté de chez Swann). Dovevo disegnare ciò che vedevo e soprattutto ciò che sentivo. Dovevo provarci… anche se forse è impossibile illustrare Proust o Calvino.
Le immagini erano già presenti dentro di me, però bisognava estrarle, e buttarle giù sulla carta. (Il successo non è mai totale. Sarebbe come illustrare cose viste in un sogno: non è possibile farlo, ed è meglio così. Il surrealismo mi sembra un inganno).
Tra l’altro, non posso guardare un’opera (più che altro un film) senza essere distratto dalle forme, sedotto dai colori, dalla luce, percepire il ritmo, gli angoli prospettici, capire i movimenti della cinepresa, le lenti adoperate… per questo non capisco mai la trama della storia e mi dimentico presto anche dei più bei film!
Se dovessi riassumere in una frase quello che hai cercato attraverso la tua opera durante la tua carriera? E domani?
Una vita.
Il barone rampante, Italo Calvino e Yan Nascimbene, Editions du Seuil 2005