Joanna Concejo, 7 domande
16 Maggio, 2011Questa intervista verrà inviata identica ad altri illustratori. Ho cercato di centrare in 7 domande la vastità del lavoro creativo di un illustratore di album per ragazzi, e il suo metodo. Arduo intento.
Joanna Concejo, Alice
7Â DOMANDE A JOANNA CONCEJO, di Anna Castagnoli
Illustrare è… ?
Non lo so mai con precisione, o meglio, ogni volta che ho la risposta, succede qualcosa che mi obbliga a rimettere tutto in discussione. In questo momento, penso che  illustrare significhi cercare un’immagine in cui le parole potranno sbocciare, crescere al loro ritmo , dare i più bei frutti…
Quale è il tuo rapporto con il colore, la linea, la carta?
Mi piace utilizzare i materiali che hanno già una storia. La carta invecchiata o la carta che è già servita a qualche cosa, come ad esempio i vecchi schedari… Penso di avere due motivi per questa passione: Il primo: quando ero una liceale, e poi studente all’Accademia di Belle Arti, era l’epoca della crisi economica in Polonia. Non avevamo nessun materiale degno di questo nome e utilizzavamo tutto quello che trovavamo. Mio padre mi portava dal suo ufficio delle vecchie affiches e io ci disegnavo sul retro. Recuperavo tutto quello che potevo. Mi chinavo a raccogliere per terra un pezzo di matita, anche piccolissimo. Poteva servire. Sentivo questa situazione come normale, tutti facevano la stessa cosa. Ancora oggi, ad eccezione delle matite, non riesco a comprarmi del buon materiale in un negozio specializzato. Non riesco mai a iniziare un disegno su un foglio tutto lindo, credo che mi faccia un po’ paura, ed è il secondo motivo. Non so da che parte iniziare, ho paura di rovinarlo. Utilizzo un foglio nuovo solamente quando non ho altra scelta. Ma lo faccio come se dovessi obbligarmi a un sorso di medicina… se posso, evito.
Joanna Concejo, I cigni selvatici, Topipittori 2010
Anche i colori hanno la loro importanza, soprattutto i colori della carta. Utilizzo molti pochi colori, e lo faccio sempre con grande attenzione. La linea mi interessa di più, o meglio: una sorta di tensione tra le linee. Una tensione che esse rendono evidente perché sono là , inesatte o sbagliate.
Quale è il tuo rapporto con i limiti della pagina del libro (o doppia pagina)?
Quello che mi piace è l’intimità del formato libro.  Lo spazio del libro tra le mani. So bene che un libro è stampato in molti esemplari, ma il suo formato mi fa sentire il suo unico destinatario. Siamo “a tu per tuâ€.
Questo piccolo formato ha una sua magia. Più vado avanti, più mi piacciono i libri di piccola taglia. Il formato del quaderno di scuola è quello in cui mi sento più a mio agio. Una specie di scatola dei tesori che si può portare dappertutto.
Non vedo la pagina come un limite perché si può girarla e lei continua, c’è un seguito. La vedo come una possibilità di spazio da prendere, e in questo caso mi piace prendere tutto lo spazio che c’è. Ho una preferenza per le doppie pagine senza testo, anche più doppie pagine di seguito senza testo, una storia intera senza testo… Perché no?!
Joanna Concejo, Zimbo
Nella tua opera, quale è il tuo rapporto con la realtà ?
Per me, tutto comincia nella realtà . Anche l’immaginazione. In ogni caso, l’immaginazione è radicata nella realtà , e se ne nutre. La realtà è una sorgente inesauribile: se sono capace di “vedereâ€, se so attingervi. Ho bisogno di immagazzinare una grande quantità di “cose†della realtà : i visi, le parole, gli oggetti, le immagini, le situazioni, etc… per trovare infine quello che mi serve.
In un primo tempo, prendo tutto; poi seleziono. O meglio: l’immagine giusta “esce†dal disordine costituito da questo mucchio di “coseâ€. Appare come un miracolo al momento giusto. Almeno, questa è la mia impressione, o quello in cui voglio credere.
Mi rendo conto che tutti i miei momenti di “panne†sono sempre dovuti all’incapacità di “vedere†nella realtà presente o passata- quella dei ricordi.  Quando questo mi capita,  mi contento di disegnare quello che posso vedere nella realtà di fronte a me. Dopo un po’, la sensazione di “panne†si risolve. Per fortuna!
Joanna Concejo, Au clair de la nuit, Editions Motus 2009
Nella tua opera, quale è il tuo rapporto col tempo?
Il tempo ed io abbiamo rapporti molto mutevoli. A volte buoni, a volte no. Come ogni opera, anche la mia si costruisce nel tempo; come io stessa del resto.
Questo passaggio del tempo è visibile anche in una sola immagine. Quando mi capita di sapere esattamente come voglio portare avanti un lavoro, incappo sempre in qualche imprevisto. Mentre procedo, scopro nuove possibilità dell’immagine… Ad ogni istante posso prendere un sentiero diverso. Anche solo per questa sensazione, adoro disegnare. E sarebbe impossibile senza il tempo che passa. Quando, a volte, l’immagine viene fuori troppo velocemente, mi spavento, e mi devo fermare per un poco. Mi metto a lavare i piatti, passo l’aspirapolvere, vado a fare una spesa, etc… Solo così posso riprendere il mio disegno, perché il tempo è passato.
Joanna Concejo, L’angelo delle scarpe, Topipittori 2009
Anche le immagini hanno il loro tempo interno. Possono essere lette rapidamente, in un colpo d’occhio. Ma se ci si sofferma sopra, si scoprono mille piccoli dettagli, dei minutissimi disegni o collages. Sono le sorprese, senza un legame evidente con la storia, ma che ci sono e domandando il tempo di essere scoperte. E’ come se le immagini racchiudessero in esse un frammento di tempo. Ho questa sensazione di nostalgia, come quando guardo delle vecchie fotografie. E’ difficile da spiegare… Può essere anche per questa ragione che mi piace utilizzare le vecchie carte dove è evidente il segno del tempo. Ecco, quanto detto qui sopra è il mio “buon†rapporto col tempo, e il “cattivo�
Ho sempre l’impressione che mi manchi tempo. Mi dico sempre che se ne avessi di più potrei fare così tanti disegni in più e così migliori…. Ma deve essere solo un’impressione. Non farei, probabilmente, né di più, né meglio.
A conti fatti, spreco tantissimo tempo e penso che sia necessario farlo.
Illustrazione e parola, come dovrebbe essere la loro relazione ideale?
Sarebbe bene che fossero amiche. Possiamo “far fare amicizia†a  parole e immagini molto differenti tra loro. Possiamo sorprenderci a pensare sottovoce: “è bello come siete diverse…â€. Perché da questa differenza nasce qualcosa d’inaspettato, che sorprende ed emoziona.
Se dovessi riassumere in una frase quello che hai cercato fino ad oggi attraverso la tua opera? E domani?
Parto da “non so dove†per cercare “ non so cosaâ€, quando lo trovo, so che è quello che cercavo. Qualche volta sbaglio strada, allora ricomincio. Credo che domani farò lo stesso.
Joanna Concejo, Il giardino
Su Joanna Concejo potete anche leggere:
Joanna Concejo, il mio primo libro
e
questa lunga intervista sul blog La Scatola del Tè
16 Maggio, 2011 at 10:54
Non è solo bello guardare quel che disegna ma è anche bello, intimo, rilassante leggere quel che pensa. Mi son sentita sulla stessa lunghezza d’onda, mi son sentita compresa.
Grazie Joanna per questo sguardo dietro le quinte del tuo lavoro e non solo.
16 Maggio, 2011 at 12:14
joanna è davvero speciale,
ho seguito il suo corso alla fabbrica delle favole di Macerata l’anno scorso.
si muoveva leggera sui disegni di noi allieve, dosando le parole, alternando grandi sorrisi.
ci ha trasmesso la sua calma e la sua pazienza.
ho ritrovato le stesse sensazioni nelle sue parole per queste interviste.
parole come piccoli tesori da conservare.
16 Maggio, 2011 at 13:12
bellissime le sue illustrazioni e stupenda questa intervista…Le parole di Joanna sono la prova concreta di quale coerenza ci possa essere tra l’artista e la sua arte…Joanna non poteva non pensare quello che qui leggo…perchè già traspare dalle sue illustrazioni…
16 Maggio, 2011 at 13:13
Joanna è una illustratrice rigorosissima, lo dico da editore. Si prepara a ogni libro con grande concentrazione ed esige moltissimo da sé. I suoi tempi vanno rispettati e il suo lavoro lasciato maturare. I risultati di queste lunghe elaborazioni sorprendono sempre e fanno sì che lavorare con lei sia sempre estremamente appagante e interessante.