Gli imperdonabili, di Cristina Campo, Adelphi 1987
20 Marzo, 2011.
Gli imperdonabili, Cristina Campo, Adelphi  1987
“Di certe pesche si dice in italiano che hanno “l’anima spicca”, il nocciolo, cioè, ben distaccato dalla polpa. A spiccarsi del pari il cuore dalla carne o, se vogliamo, l’anima dal cuore, è chiamato l’eroe di fiaba, poiché con cuore legato non si entra nell’impossibile.
Questa provincia mediana della fiaba, tra prova e liberazione, è, se mai ve ne fu uno, mondo di specchi. Come in una antica danza di corte, bene e male vi si scambiano le maschere, e che la sorridente regina fosse una negromante, che nella stamberga del menestrello si celasse il magnanimo re Barba-di-Tordo non si appaleserà se non in quel sopramondo delle scadenze imponderabili a cui la fiaba conduce: là dove le figure rovesciate si ricomporranno nel tessuto splendente, nell’atlante perfetto dei significati. E tuttavia l’eroe di fiaba è chiamato sin dal principio a leggere in qualche modo quel sopramondo in filigrana, ad assecondarne le leggi recondite nelle sue scelte, nei suoi dinieghi. Gli si chiede nulla di meno che appartenere, simultaneamente, sonnambolicamente a due mondi.”
Cristina Campo, “DELLA FIABA” Gli imperdonabili, Adelphi 1987
Il libro che vi propongo oggi non è un consiglio di lettura, è un invito a un viaggio in terre di pietre e stelle, un invito al silenzio, al nutrimento di “un’ora che lenta fluisce”. Ci sono scrittori che arrivano nella nostra vita chiamati da un bisogno, come chiavi perfette, d’oro, di porte che sono state troppo a lungo chiuse. Non so dire perché in una vita dedicata alle lettere, alla filosofia, alla sete di parole che traducano perfettamente l’ambiguo senso del mondo, io abbia incontrato Cristina Campo solo oggi. Posso solo dire che ho incontrato, più che una scrittrice, un dono, e che ai doni non si domanda perché né quando.
“Come i vangeli, la fiaba è un ago d’oro, sospeso a un nord oscillante, imponderabile, sempre diversamente inclinato, come l’albero maestro di un vascello su un mare ondoso.
Offre di volta in volta la scelta – ma è una scelta velata di veli sempre diversi – tra semplicità e sapienza, durezza e soavità , memoria e oblio salutare. Uno vince perché in un paese di creduloni e intriganti fu diffidente e segreto, l’altro perché si affidò infantilmente al primo venuto o addirittura a un cerchio di malfattori. (…) Nessuna Scrittura offre precetti buoni per sempre, o negherebbe la vita. Enigma ogni volta nuovo e nuovamente proposto; mai risolto se non nell’ora decisiva, nel gesto puro: del tutto sciolto dalla indigente esperienza, alimentato, giorno dopo giorno, di visione e silenzio.”
Cristina Campo, “DELLA FIABA”, Gli imperdonabili, Adelphi 1987