Mostra Illustratori Bologna 2009: un’analisi
6 Aprile, 2009Mostra Illustratori Bologna 2009
La giuria: John A Rowe (Gran Bretagna, illustratore), Won Bok Rhie (Corea, Illustratore, docente di illustrazione all’Università della California Irvine), Beatrice Masini (Italia, scrittrice, responsabile editoriale Fabbri e Rizzoli), Eduardo Filipe (Portogallo, ideatore e responsabile organizzativo Ilustrarte).
A prescindere dalla qualità più o meno alta delle tavole esposte, e fatta eccezione per alcuni disegni, la Mostra illustratori 2009 non mi è piaciuta, ho sentito una mancanza di coerenza nelle scelte della giuria, e un disordine conseguente (il disordine può anche essere arricchente, ma ero abituata a un messaggio più chiaro da parte delle giurie e sono stata spiazzata).
Molte, troppe illustrazioni non mi hanno raccontato una storia. Troppi disegni carini, puliti, ben fatti, che restavano sulla carta come un compito. Ma per non parlare sempre a vanvera, e di non si sa cosa, inizio questa carrellata con due immagini che non c’entrano nulla con la mostra e che ho rubato ad un libro di Komako Sakaï.
Subito, senza neanche fermarmi a pensare se il disegno è bello o non è bello, senza conoscere la storia, vengo catturata dal senso dell’immagine, non posso staccare gli occhi dalle forme, esse mi interrogano e mi chiedono notizie sull’identità di questo orsetto malinconico, sulla sua relazione con il minuto uccellino, voglio sapere. Guardate nella seconda immagine come è potente la relazione tra i due personaggi, c’è una tensione che mi cattura, e niente altro attorno, niente che non sia necessario.
Passeggiando per la Mostra illustratori 2009 vedevo disegni, non storie, non emozioni, non tensioni interne. Ero anche un po’ satura, devo confessarlo, di illustrazione. Avrei voluto vedere qualcosa di originale e invece la maggior parte delle tavole sembrava avere una di queste tre etichette: “disegno alla moda da rivista”, “realismo magico”, “stile filo-iraniano” (anche gli iraniani doc mi sono sembrati un filo troppo filo-iraniani!). Per quanto riguarda il gruppo “realismo magico”, non ne basta una di Iku Dekune? Per quanto riguarda il gruppo “disegno da rivista” la selezione Figures Futur 2008 ci ha già mostrato che si può osare di più. Non che non si debba entrare sotto una di queste etichette (l’arte è sempre stata una corrente), ma che almeno lo si faccia con coraggio.
Anna Fujihara, Mostra Illustratori Bologna 2009
Zahra Sarmashghi, Mostra Illustratori Bologna 2009
Valeria Valenza, Mostra Illustratori Bologna 2009
Valentina Sozzi, Mostra Illustratori Bologna 2009
Pablo Amargo, Mostra Illustratori Bologna 2009
Laura Acquaviva, Mostra Illustratori Bologna 2009
Merita una parola a parte il lavoro di Glenda Sburelin. Ho trovato il suo angelo commovente. Con le sue lunghe ali fatte di cartelli pubblicitari stropicciati, la sua timidezza (lo vedete nascosto dietro il ritratto di famiglia) sembrava trascinare con sé il disagio dei bambini di oggi, con la loro poesia ingombrante tra la folla dei passanti.
Glenda Sburelin, Mostra Illustratori Bologna 2009
Glenda Sburelin, Mostra Illustratori Bologna 2009
Osamu Komatsu, Mostra Illustratori Bologna 2009
Un altro difetto che ho notato ripetersi è l’incapacità di creare e chiudere l’universo del disegno. Più l’universo del disegno è un mondo a sé (vedi Shaun Tan, o l’angelo di schiena di Glenda Sburelin), più dà le spalle al visitatore ignorandone lo sguardo come qualcuno che o non sa di essere visto o se ne infischia, più la nostra curiosità è viva. Non è forse sempre affascinante spiare illecitamente dentro le finestre di una casa? Nella scelta del taglio prospettico, nella scelta della profondità di campo, nella scelta, soprattutto, della distanza che decidiamo di porre tra lo spettatore e il piano più superficiale del disegno, apriamo o chiudiamo il mondo del disegno.
Immaginate un vetro che delimita la quarta parete del disegno (quella che separa lo spettatore dalla scena), e poi chiedetevi: quanto è vasto il mondo dell’illustrazione riprodotta qui in basso? Quanto è profondo? E’ tutto appiccicato al vetro. Tutto rivolto verso di noi.
L’illustratore ha voluto comunque creare una distanza: ha messo di sbieco le linee degli sguardi e le ha puntate dietro di noi, alla nostra sinistra. Non basta per incantarci. Forse se avesse osato far puntare i sei occhi delle tre donne sotto vetro dritti nei nostri, l’immagine sarebbe stata più coraggiosa, e dunque più forte.
Yuri Mildeberg, Mostra Illustratori Bologna 2009
Nell’immagine di seguito invece (interessante la tecnica), l’ombra lunga delle zampe del gatto sposta il piano della scena molto più in là rispetto al vetro (virtuale). Ma, su questa scena in fondo, quello che accade è di nuovo confuso e poco interessante. Non solo dobbiamo costruire uno spazio teatrale, ma uno volta costruito dobbiamo far recitare bene gli attori, basta un attore mediocre, o posizionato male nello spazio, e l’illustrazione perde interesse.
Qui non si capisce la relazione tra il gatto e l’uccellino. L’uccellino sembra nascondersi, ma se il gatto (quello reale) è davanti a lui, gigante, lui non è nascosto per nulla. Se l’uccellino invece è appiattito dalla paura, allora è un attore poco convincente. Se la relazione è tra l’ombra che profila il gatto e l’uccellino, di nuovo, non ne capisco la natura (se la grandezza dell’ombra è minacciosa, la postura del gatto non lo è). Non importa se un testo potrebbe chiarire la faccenda. L’immagine deve sapere dire autonomamente (e immediatamente) qualcosa di leggibile.
Matthias Doebele, Mostra Illustratori Bologna 2009
Interessanti i lavori di Igor Maier, un espressionista “digitale”. Ancora troppo rivolti “verso il pubblico” ma abbastanza coraggiosi da rimanere in piedi (morti a inclusi!).
Igor Maier, Mostra Illustratori Bologna 2009
Ho aperto questa carrellata con due immagini tratte da un libro orientale, e chiudo con un altro esempio di Illustrazione con la I maiuscola, una potentissima immagine di Shaun Tan esposta in mostra. Di nuovo: l’immagine mi racconta qualcosa, è narrativa e io sento il privilegio (per nulla scontato) di assistere alla scena. Che non si dica che 5 immagini non bastano a raccontare una storia, o che ci vuole il testo per capire… una ben fatta è più che sufficiente. (Sono pedante ma lo ripeto: autosufficiente non vuol dire che debba reggersi da sola. Nell’immagine qui sotto io ho tutta una storia che segue da scoprire…).
Shaun Tan, Mostra Illustratori Bologna 2009
Sto diventando troppo severa? Raccontatemi le vostre impressioni…