Lettera Roberto Innocenti: prima riunione a Milano con l’Associazione Illustratori

In merito alla lettera di Roberto Innocenti sulla denuncia all’editoria italiana, Tullio ci scrive:
Comunicazione di servizio: giovedì 16 ottobre presso lo spazio Chiamamilano, in Largo Corsia dei Servi 11 a Milano, ci sarà un incontro sui diritti e doveri degli illustratori. Una serata di discussione e strategie per il futuro della professione. L’incontro, organizzato dalla Associazione Illustratori, è nato dalla discussione seguita alla lettera di Roberto Innocenti.

Io vi chiedo: chi potrà andarci? Chi si prende la responsabilità di prendere nota dei contenuti della discussione e riportarli su Figure dei Libri per tutti? Aspetto abbondanti ed entusiaste alzate di mano. E’ importantissimo.


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Karl Ibou di Beatrice Alemagna, Autrement Jeunesse

“Sylvester”, il bambino-pietra. (W.Steig).V e ultima parte

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Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Avevamo lasciato Sylvester ormai addormentato in un sonno profondo circondato dal risveglio della primavera. Eccoci giunti alle ultime pagine del meraviglioso album Sylvester and the Magic Pebble di William Steig.

TREDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Il papà di Sylvester insiste perché la mamma si sforzi di uscire a fare un pic-nic, ed insieme si dirigono a Strawberry Hill. Bisogna reagire alla depressione, per quanto il dolore sia grande non ci si deve lasciar abbattere: “Let us try to live again and be happy even though Sylvester, our angel, is no longer with us”. Come il mondo a volte è perfetto! I genitori di Sylvester scelgono per il loro pic-nic proprio Sylvester. Nel sentire il contatto di sua madre Sylvester si risveglia. Vorrebbe gridare “Mamma! Papà!” Ma non ha voce.

Ecco gli adulti (con la loro esperienza) fare la loro parte nella storia, insegnare al bambino che si deve reagire, che la primavera deve essere vissuta nonostante il dolore. Notate come è ben espresso nei disegni la sforzo di provare a star bene, e come diventa importante per il bambino che legge la storia, sentire tutto il dolore che l’assenza di Sylvester porta nel mondo dei suoi genitori.
Sylvester al contatto fisico della madre si risveglia (come è importante anche che l’amore sia fisico per raggiungere il bambino!), ma non sa come esprimere la sua richiesta d’aiuto (i bambini, spesso, non hanno voce).

QUATTORDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

I genitori apparecchiano la tavola con i loro panini. Il papà trova per terra la pietra magica ed esclama: “Che pietra fantastica! Come sarebbe piaciuta a Sylvester per la sua collezione” e posa la pietra sulla pietra-Sylvester. La mamma ha una strana eccitazione e dice che ha come la sensazione che Sylvester non sia lontano. “I am! I am!” vorrebbe gridare Sylvester, ma non può. Se soltanto avesse realizzato che la pietra magica era sulla sua schiena!…

Il padre ricorda la collezione di pietre dell’asinello e avevamo visto come questa era simbolo del suo mondo interiore. C’è dunque, prima di tutto, il riconoscimento del mondo interiore di Sylvester. Grazie a questo la pietra è sul dorso di Sylvester, dunque prossima al miracolo, alla fine dell’incantesimo.

Steig crea la suspence… Tutto sta per risolversi, ma come? Ricordate che all’inizio del testo veniva espressa l’unica condizione possibile perché Sylvester potesse uscire dal suo incantesimo: che qualcuno avesse desiderato ardentemente che una pietra si trasformi in asino. Ma chi mai avrebbe potuto desiderare una cosa simile? C’era una possibilità su un miliardo. Ecco, la precisione puntuale dell’amore è questa: io voglio esattamente che tu sia tu. Ed è solo questa corrispondenza che permette all’altro di esistere davvero, di trasformarsi in se stesso (e al bambino di crescere pienamente). Una canzone anni fa cantava: il legno diventa flauto, quando è amato.

QUINDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Oh quanto vorrei che Sylvester fosse qui in questo bel giorno di maggio! Esclama la madre. ” Non lo vorresti anche tu?” aggiunge rivolta al padre. “Come fai a farmi una domanda del genere” risponde il padre guardandola tristemente. E Sylvester imprigionato nel suo mutismo pensa: Vorrei essere me stesso di nuovo! Vorrei essere il mio vero me di nuovo! (I wish I were myself again, I wish I were my real self again!). E in un istante, lo fu!

Non un solo desiderio, ma la concordanza del desiderio di tutta la famiglia permette a Sylvester di essere di nuovo lui. Non si diventa se stessi da soli. E solo ora il sole splende davvero! Andate a rivedere all’inizio della storia come era pallido e triste a confronto di questo sole simbolo del reciproco amore, il sole che aveva creato Sylvester da solo con la sua magia. Il testo sembra appoggiare la mia interpretazione della pietra come falso-sé dentro cui il vero-sé è imprigionato: I wish I were my real self again. Sylvester è tornato ad essere sé, la felicità di tutti è un giubilo che l’illustrazione ci restituisce in tutto il suo splendore.

SEDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

La famiglia finalmente riunita torna a casa. Il padre mette la pietra magica in un luogo sicuro. Ne farà uso solo se un giorno ce ne sarà davvero bisogno. Ma per ora cosa potevano desiderare di più? They all had all that they wanted.

Le forze potenti dell’inconscio, che la storia ci insegna funzionano bene solo se si esprime il desiderio giusto, non sono escluse dal quotidiano, o censurate, ma archiviate in un luogo sicuro (Ricordate sul fondo del lago il pesce-strega, simbolo dell’inconscio, nell’ultima immagine di Hansel e Gretel di Susanne Janssen?). E’ in questi sottili messaggi, che sta la differenza tra album che non esauriscono nel tempo la loro magia e album destinati a essere dimenticati in breve tempo. Pensate come sarebbe stato facile nel finale dimenticare la biglia (che simbolicamente era uscita dal mondo interiore del bambino) o tacciarla di “cattiva” perché era stata co-responsabile della brutta avventura di Sylvester.
Questo album è grande perché uscito direttamente dalla ricchezza dell’inconscio dell’autore, e non pensato a tavolino per dare un messaggio.

Grazie Steig e ciao caro Sylvester!

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“Sylvester”, Il bambino-pietra (W.Steig).parte IV

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Prima di iniziare riporto la preziosa informazione di Deborah: Sylvester and the Magic Pebble di William Steig esiste in versione italiana sotto il titolo di: Silvestro e il sassolino magico, edito da Mondadori.

DECIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Sylvester è rimasto solo, nessuno lo cerca più. Notte dopo notte, giorno dopo giorno, si sveglia sempre più di rado. Quando è sveglio è solo infelice e senza speranza. Il testo dice: sentiva che sarebbe rimasto una roccia per sempre, e provò ad adattarsi… cadde in un sonno senza fine.

Se nelle pagine precedenti sentivamo tutta l’animazione accorata dei protagonisti, ora a prendere campo è il tempo che passa intorno a loro, i giorni che si susseguono inesorabili (Night followed day and day followed night over and over again.), il ritmo delle stagioni, gli eventi della natura. Sylvester sta cadendo in un sonno senza più pause, come qualcuno che muore pur restando vivo. La depressione è questo: è uno scollamento dal fluire del tempo, il movimento del tempo ci sorpassa e cadiamo in un letargo intervallato solo da stati di profonda malinconia. Molti molti più bambini di quanto pensiamo hanno parti di sé che hanno fatto la fine di Sylvester. Qualcosa dentro di loro non ha più movimenti vitali. Perso il proprio vero sé, l’unico luogo dove può scorrere libera l’energia della vita, l’inverno li invade.

UNDICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Qui il testo smette di parlare di Sylvester… (ne fa solo un accenno marginale quando indica il posto dove si siede il lupo –sat on the rock that was Sylvester-). Si sofferma invece a descrivere l’inverno. Il vento freddo soffia, la neve ricopre ogni cosa, e gli animali stanno al coperto, sopravvivendo col cibo che hanno immagazzinato. Un lupo affamato un giorno si siede sulla pietra per ululare.

Qui Steig fa qualcosa di narrativamente geniale. Abbandona Sylvester. Lo stato emotivo del bambino-pietra è indescrivibile, solo l’inverno e il ghiaccio possono esserne metafora. Ma se guardiamo meglio, dentro questa metafora ci sono due chiavi importanti. L’urlo del lupo, che rappresenta l’immensa fame d’affetto di Sylvester e ci dice che questa fame è ancora viva, e la descrizione del letargo degli animaletti del bosco: come Sylvester sono rintanati indoors, ma, e qui sta la chiave di volta: per sopravvivere con il poco cibo che hanno. E’ un’indicazione preziosissima sul letargo del bambino-pietra, ci dice che il suo sonno non è un sonno di morte, ma di sopravvivenza. Gli elementi vitali sono stati addormentati per permetterne la sopravvivenza in un contesto difficile (la solitudine, la depressione). Non tutto è perduto!

DODICESIMA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Il testo descrive con poesia la primavera. Gli alberi mettono i germogli, i fiori aprono al sole il loro giovane viso.
Qualcosa in questa tavola ci rasserena rispetto a quella precedente. C’è, malgrado la tragedia dell’asinello, qualcosa di positivo: il tempo con il suo lento fluire saggio è capace di maturare le cose, di farle sbocciare. Scopriamo che l’inverno era una tappa penosa ma necessaria a tutta questa bellezza che ora fiorisce al sole. Che anche Sylvester, il bambino-pietra, ne abbia giovato? E se gli eventi della natura erano metafora del suo stato interiore: è possibile che dentro il suo essere pietra (il suo letargo) qualcosa stesse lentamente maturando?
Pensate come è prezioso, per un bambino che legge, imparare che forse vale la pena “aspettare”. L’asinello che voleva tutto e subito con magia è stato costretto a entrare a forza dentro un elemento immobile, che lo costringe ad assistere al lavorio del tempo. E la domanda che sta dietro a questa metamorfosi è: Bisogna fargli fiducia o no al tempo che passa? Bisogna avere fiducia nella vita? (Notate come queste domande Steig le formula in un linguaggio che il bambino può capire, pagina dopo pagina…).

Segue…


“Sylvester”, il bambino-pietra (W.Steig).parte III

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Nelle puntate precedenti abbiamo visto trasformarsi in pietra il povero Sylvester (Sylvester and the Magic Pebble di William Steig), ora la telecamera si sposta sulla reazione dei genitori alla sua scomparsa. Con le stesse reazioni di due genitori normali il cui figlio non torna a casa, il papà e la mamma di Sylvester passano dalla preoccupazione all’angoscia nello spazio di una notte.

SESTA E SETTIMA TAVOLA
I genitori passano la notte in attesa davanti alla finestra, sperando di vedere tornare Sylvester, poi il mattino (il sole sta appena sorgendo) cominciano le ricerche. Chiedono a tutti i vicini. Nessuno lo ha visto. Decidono di rivolgersi alla polizia.

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Per sorridere ancora una volta dell’assurdità di certe reazioni della società ai libri per bambini (per farvi un esempio, Where the Wild Things Are aveva rischiato la censura in Francia), Sylvester and the Magic Pebble fu censurato in alcuni stati americani per via della scenetta in cui Steig fa interpretare i poliziotti a due simpatici maialini: la scena fu considerata provocatoria e offensiva. Anche se è vero che i poliziotti nel testo dichiarano seccamente che non possono aiutare i genitori a trovare Sylvester, dubito che insieme ad una buona dose di ironia, Steig avesse segrete mire anarchiche…

OTTAVA E NONA TAVOLA
Tutti i cani di Oatsdale si mettono alla ricerca di Sylvester. Annusano ogni pietra, anche la pietra-Sylvester. Ma una pietra odora solo di pietra e nessun cane lo può riconoscere. Dopo un mese i genitori e gli amici abbandonano le ricerche. In uno stato di desolazione profonda il papà e la mamma provano a riprendere la loro vita normale, ma senza Sylvester, niente è più come prima.

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Chi di noi, quando era bambino, non ha giocato a immaginare cosa succederebbe se fosse scomparso …Qualcuno sentirebbe la mia mancanza? Verrebbero a cercarmi se sparissi? Per quanti giorni? Per quanti mesi? Dopo quanto vi dimenticherete di me? Mai… vero? (Il gioco: “nascondino” incarna bene il piacere di dominare l’ansia di queste fantasie).
A questo punto del libro se io fossi un bambino sarei in uno stato d’ansia fortissima per il povero Sylvester (un bambino ha poca distanza tra sé e le cose che legge) Sylvester sono io che leggo, sono perduto per sempre, per sempre solo, nessuno potrà ritrovarmi.

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Segue…


“Sylvester”, il bambino-pietra (W.Steig).parte II

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Continuiamo l’avventura del nostro asinello Sylvester, (Sylvester and the Magic Pebble di William Steig). (Io improvviso le mie sensazioni e le mie idee, ma vi invito a fare altrettanto e suggerire nuove strade di lettura). Avevamo lasciato l’asinello sulla strada di ritorno verso casa, eccitato dal ritrovamento della pietra magica capace di esaudire qualsiasi desiderio.

QUARTA TAVOLA
Mentre Sylvester sta attraversando Strawberry Hill, pensando a tutte le cose che può desiderare, gli si para davanti un leone affamato. Sylvester è terrorizzato. Il testo dice: se non fosse stato così spaventato avrebbe potuto far sparire il leone, o avrebbe potuto mettersi in salvo nella casa di suo padre e sua madre, avrebbe potuto trasformare il leone in una farfalla… (…) ma la paura non gli permise di pensare bene: “Voglio essere una pietra, disse, e si trasformò in una pietra”.

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

Osservate come nell’illustrazione Sylvester passa dall’essere pietrificato dalla paura, ad essere una pietra. Abbiamo già constatato che Sylvester ha un tipo di pensiero magico e immaturo (vuole ottenere le cose per magia, vuole che tutto sia sempre sereno), ed è con le stesse armi psicologiche che affronta il leone: invece di un pensiero costruttivo e creativo (trasformare il leone in farfalla) attua una strategia regressiva alla massima potenza. E’ il bambino davanti alla paura, con le sue armi primitive, con i suoi semplici modi di reagire all’angoscia (se mi nascondo, sarò al sicuro). Non vi capitava da piccoli, spaventati da qualche rumore nella notte, di restare immobili e trattenere il respiro? E’ la vita che circola in noi che attira la paura e le emozioni. Come cose o morti, saremmo forse salvi (è con questa idea che il bambino in un ambiente non sicuro, o non sufficientemente ricco affettivamente, decide di abdicare al proprio sé più autentico, scegliendo un falso-sé attraverso il quale adattarsi al mondo. E’ una strategia di salvezza, ma ha un prezzo incommensurabile).

Non vorrei andare troppo lontano, ma l’apparizione del leone sembra essa stessa scaturire dal dilagare dei pensieri onnipotenti, come forza persecutoria liberata dalla rinuncia al senso della realtà. E cosa dire del fatto che Sylvester trova una pietra magica e finisce per diventare pietra? Come quel re che voleva tutto d’oro e morì di fame perché ogni cosa, anche il cibo, si trasformò in oro.

QUINTA TAVOLA

Sylvester and the Magic Pebble di Wiliam Steig, Windmill Books/Simon & Schuster 1969

La pietra magica per funzionare deve essere tenuta in mano. Sylvester non ha più modo di tornare ad essere Sylvester. Pensa che l’unico modo sarebbe che qualcuno trovando la pietra ne esprimesse il desiderio. La pietra è luccicante, sarebbe facile trovarla, ma quanti trovandola potrebbero desiderare che una pietra si trasformi in un asino? (pensa Sylvester). Una probabilità su miliardi. Sylvester è sgomento, in uno stato d’angoscia fortissimo dice piangendo: “Oh, come vorrei essere di nuovo me stesso“.

Lasciamo da parte tutta la letteratura antichissima (pensate solo alla mitologia greca) che è dietro a questa metamorfosi in pietra. Pensiamo all’album illustrato per bambini.
Voi siete adulti, ma immaginate un bambino davanti a questa doppia pagina. C’è in quella pietra inanimata (morta) l’amato asinello che poco fa era vivo: immobilizzato, solo, impotente. Provate a ingrandire l’illustrazione e fissare la pietra. Provate anche voi a immedesimarvi nella pietra-bambino. Un senso di solitudine sconfinato (accentuato dalla notte stellata) proviene da essa. E’ lo stesso impotente dolore che grida in fondo a ogni bambino (o adulto) che ha dovuto rinunciare a se stesso per sopravvivere nel mondo. Io credo che tutti i bambini, e tutti gli adulti, in maniera più o meno accentuata, conoscano in fondo a se stessi questo grido.

Segue…