Susanne Janssen, Hansel e Gretel. Parte 9

6 Febbraio, 2008

(ritorna all’inizio)

“La vecchia fingeva di essere buona, ma era una cattiva strega…”

Per la comprensione delle prossime due tavole, così dense di significati, vi invito di nuovo (caldamente) a rileggere la storia di Hänsel e Gretel.
L’interpretazione della Janssen di questa parte del testo è sublime.

Susanne Janssen “Hänsel e Gretel” Éditions Être 2007 (diritti riservati)

La casa di marzapane sembra essersi trasformata per intero in un corridoio di carcere, rivelando la sua vera natura e la sua freddezza. La prospettiva centrale crea in direzione della strega una tensione compositiva che esplode nella sua risata melefica, nella sua bocca divoratrice, grande abbastanza da poter inghiottire Hänsel da un momento all’altro. Per sua fortuna “le strege hanno gli occhi rossi e la vista corta“.
Gretel ha perso il suo grembiule a quadretti e ne ha uno di garza nera, sul volto ha dei “segni†(tutto questo viene dalla fantasia dell’illustratrice).

La sua schiavitù è sospetta: è schiava delle strega o è diventata sua collaboratrice?
Il testo non dice forse: “Ora al povero Hänsel cucinavano i cibi più squisiti…” ?

Quante volte il bambino (e poi l’adulto) preferisce restare schiavo di forze distruttive invece di incamminarsi nel percorso faticoso dell’indipendenza, dell’autonomia? Quanto è più comodo per Hänsel starsene rintanato a farsi nutrire, ad ingrassare di nascosto? E per Gretel lamentarsi senza agire? (Vedi anche dialettica servo-padrone in Hegel).

Guardate che fotografia perfetta di questi complessi movimenti inconsci ha creato Susanne Janssen: i due bambini non vogliono guardare, non vogliono dirsi la verità sulla loro condizione, tengono gli occhi chiusi. Cieca è la strega, ciechi sono loro.

Fino a che finalmente Gretel…

Susanne Janssen “Hänsel e Gretel” Éditions Être 2007 (diritti riservati)

(prosegui l’analisi…)