Illustrare significa?
16 Ottobre, 2014Carissimi lettori, grazie per l’entusiasmo e la partecipazione. Scelgo alcune definizioni per lanciare il secondo gioco:
ognuno è invitato a scegliere la definizione-immagine che preferisce e commentarla.
Inizio io! :)
(Nota: Appena mi si sblocca il server vi carico il pdf con tutte le definizioni che mi sono arrivate: erano tutte carine, ma ho scelto quelle che mi sembravano prestarsi meglio a una riflessione).
Pierre Mornet
Illustrare è preservare intatto il mistero delle parole.
Alessia Napolitano
—.—
Simone Rea
Illustrare è arrivare vicino per portare lontano.
Roberta Bridda
—.—
Isabelle Arsenault
Illustrare è vedere oltre il lupo.
Lisa Massei
—.—
Joanna Concejo
Illustrare è dire quello che non è stato detto
Marianna Longo
—.—
Wolf Erlbruch
Illustrare è un contatto tra me e te.
Rebecca Giusti
—.—
Nicolas Delort, tavola realizzata in scratchboard
Illustrare è la capacità di meravigliare e incuriosire con luce e composizione.
Andrea Alemanno
—.—
Anne Herbauts
Illustrare è dire l’indicibile.
Laura Campadelli
—.—
Keiko Shibata
Illustrare è raccontare qualcosa, in qualunque modo, perché sì.
Laura Campadelli – bis
—.—
Emanuele Luzzati
Illustrare è accennare a dei movimenti che sono movimenti del corpo ma anche dell’anima,
saper cogliere le attese, i fremiti e i rapporti (…).
Marco Serpieri
—.—
Illustrare è dare senso al vuoto.
Ilaria Falorsi
—.—
Blexbolex
llustrare è abitare le parole.
Luisa Valenti
—.—
Pablo Picasso
Illustrare è nel contempo sintesi e approfondimento.
Francesca Fontanarosa Foscolo
—.—
Tomi Ungerer
Illustrare è raccontare una storia nella storia.
Geena Forrest
—.—
Shaun Tan
Illustrare è svelare un mondo.
Teresa Manferrari
—.—
Isol
Illustrare è avere un’opinione.
Isol (citata da Miguel Tanco)
16 Ottobre, 2014 at 13:25
Io scelgo: “Illustrare è dire l’indicibile”.
Mi ricorda quello che diceva Pina Bausch, una grande coreografa contemporanea, a proposito della danza: il gesto può dire quello che le parole non arrivano a dire.
Ci sono sentimenti, stati d’animo, che le parole non possono tradurre. L’illustrazione, come un gesto, lo fa. Si potrebbe obiettare che questo non è peculiare dell’illustrazione. Anche la pittura è capace di evocare, di traddurre l’indicibile. La differenza, secondo me, è che l’illustrazione, come la danza, vuole essere un discorso.
16 Ottobre, 2014 at 14:09
Io scelgo “Illustrare è preservare intatto il mistero delle parole”.
E’ vero che l’illustrazione è fatta per comunicare, per creare una relazione tra autore/illustratore e lettore, quindi non si esclude mai il lettore, presentando immagini e/o testi incomprensibili (a meno che non sia parte di un gioco voluto, spiazzante, che poi crea un certo tipo di percorso probabilmente destinato a una qualche illuminazione finale succesiva alla fase di spaesamento). Ma anche se la comunicazione è fondamentale, non sempre coincide con la spiegazione, quindi ci sono storie che si fondano su misteri che restano comunque tali.
L’uomo non sa tutto, è evidente. Quindi ci possono essere albi che parlano di questo ignoto.
Ma non c’è solo il mistero generato dal non sapere, esiste anche un mistero più sottile, portato appunto dalle parole in quanto parole. A volte una storia, per come è e per come è scritta, volutamente porta in sé misteri profondi. L’illustrazione potrebbe, volendo, far luce su questi misteri. Ma può anche non farlo.
Un esempio chiarificatore su tutti (chi mi conosce adesso sbufferà stufo da morire perché parlo sempre di ‘sto libro!) è il “Dentro me” di Alex Cousseau illustrato da Kitty Crowther.
Il testo è molto oscuro, è misterioso, forte. Le immagini che lo accompagnano sono altrettanto forti, ma non fanno luce sul mistero di quelle parole. Ed è giusto che in quel caso sia così.
16 Ottobre, 2014 at 14:22
A me piace molto ” illustrare é vedere oltre il lupo” ; oltre l’ ostacolo, sfidando le nostre paure di bambini e anche di adulti, perché affrontare il lupo cattivo ci serve per imparare ad affrontare la vita.
16 Ottobre, 2014 at 14:33
Ciao Anna, la definizione che più mi ha colpita e che si avvicina moltissimo alla mia idea di illustrazione è quella di Isol, citata da Miguel Tanco, “Illustrare è avere un’opinione”. Credo che questa definizione racchiuda tutte le altre. E’ una sintesi perfetta dell’idea di illustratore come interprete, e non come traduttore. Secondo me l’illustratore deve offrire al lettore un punto di vista alternativo e parallelo alla storia. Tradurre pedissequamente il testo in immagini, priva il lettore della possibilità di conoscere un modo diverso di esprimere quello stesso concetto. Non si tratta soltanto di rappresentare le emozioni, ma di rendere nuove e stimolanti le situazioni più comuni.
16 Ottobre, 2014 at 14:33
Illustrare è raccontare qualcosa, in qualunque modo, perché sì.
16 Ottobre, 2014 at 14:34
Io mi sono innamorata di: “Illustrare è arrivare vicino per portare lontano”. La trovo bellissima, esprime tutta la delicatezza che bisognerebbe avere nei confronti di un bambino per spalancargli piano la finestra verso il senso della vita e verso l’immaginazione.
16 Ottobre, 2014 at 14:36
a me piace molto questa frase in movimento: “Illustrare è arrivare vicino per portare lontano”. Perché l’illustrazione tocca la parola, si appoggia a lei, la rappresenta e infine l’arricchisce o a volte la modifica. E questi ultimi due passaggi aprono le porte per un nuovo mondo, lontano da quello da cui la parola era partita.
16 Ottobre, 2014 at 14:50
Anche a me piace la frase citata da Miguel: “illustrare è avere un’opinione”; credo racchiuda in sè molte altre delle definizioni presenti in questo gioco (raccontare una storia nella storia, abitare le parole, vedere oltre il lupo…). Anche all’illustratore è affidato un compito: far sentire la sua voce, il suo punto di vista. È ovvio che, come in una conversazione, per esternare il proprio pensiero in maniera corretta, aggraziata e comunque potente, bisognerà farlo rispettando la voce dell’altro, esprimendosi al meglio, se possibile incantando gli uditori.
I libri dove la “conversazione” tra scrittore e illustratore avviene in questo modo sono, a mio parere, i libri perfetti.
16 Ottobre, 2014 at 15:11
io scelgo
“Illustrare è dare senso al vuoto.”
è una bellissima frase e mi rispecchia =)
16 Ottobre, 2014 at 15:22
Anch’io scelgo “Illustrare è dire l’indicibile.”
Facendo i corsi di illustrazione, ho percepito come l’illustrazione sia affine al teatro, arte che faccio e studio.
Nel teatro, così come nell’illustrazione almeno da quello che ho carpito, è molto importante quello che non si fa vedere così come quello che si vorrebbe far vedere e invece lo si tiene nascosto.
16 Ottobre, 2014 at 15:28
Scelgo “Illustrare è arrivare vicino per portare lontano” , trasportare il lettore in un mondo parallelo fatto di personaggi e città che non esistono, ma che diventano reali nella pagine del libro. Essere un po’ come il tornado che solleva la casa di Dorothy e la trasporta in volo in un mondo fantastico.
16 Ottobre, 2014 at 15:29
Concordo che illustrare “è dare senso al vuoto”.
La definizione secondo me è calzante per due motivi:
– coglie lo scarto esistente tra detto e non-detto, in tutte le relazioni tra i soggetti coinvolti (almeno l’autore, l’illustratore ed il lettore/fruitore);
– dice del tentativo dell’illustrazione di raccontare quanto la parola non riuscirebbe da sola a comunicare (l’indicibile).
16 Ottobre, 2014 at 15:54
Anche a me, sulle prime, aveva colpito la frase di Isol: Illustrare è avere un’opinione.
Invece poi ripensandoci non mi convince. Un’opinione è qualcosa di molto netto, sicuro. Ha un sapore quasi politico.
Mentre l’illustratore (l’artista in generale) dovrebbe porsi verso le cose con un atteggiamento di totale umiltà.
Gli album che mi piacciono, infatti, sono quelli che non danno un’opinione, ma un dubbio.
Kundera scriveva: “Il romanziere insegna al lettore a cogliere il mondo come una domanda”.
16 Ottobre, 2014 at 16:03
Anche io sono per “Illustrare è avere un’opinione”.
Sono rimasta molto colpita da questa espressione.
Avere un’opinione vuol dire avere qualcosa da dire, qualcosa che può interessare anche agli altri. Vuol dire interpretare il testo secondo il proprio punto di vista rispetto ad un determinato argomento.
Pensandoci, mi capita spesso di chiedere a me stessa se ho qualcosa da dire, da raccontare, se appunto ho un’opinione quando affronto un nuovo progetto o un concorso. Credo sia fondamentale ma non me ne sono resa consciamente conto fino ad ora quando ho letto la definizione di Isol.
16 Ottobre, 2014 at 16:17
Io scelgo “Illustrare e’ raccontare qualcosa,in qualunque modo. Perche’ si”
Penso sia la frase che dona meno restrizioni e rende libera espressione alle intuizioni; proprio come l’illustrazione.
16 Ottobre, 2014 at 16:29
Sai Anna forse è perché io intendo il termine “opinione” nell’accezione più ampia di “pensiero”. E nel mio “pensiero” io ci metto dentro anche i miei dubbi e continue domande. Certo come dici tu se l’opinione è espressa in maniera netta, arrogante e senza aperture, allora è logico che non ha niente a che fare con l’arte.
Però, non so… (sto riflettendo e scrivendo allo stesso tempo, eh?!?) secondo me l’illustratore deve avere una minima convinzione da cui partire, su cui magari ritornare, anche una convinzione da cambiare se necessario, ma un’opinione di partenza forse dovrebbe esserci. Lo vedo molto creativo come processo. E forse (sto sempre riflettendo e digitando) sto dicendo quello che dici tu… :)
16 Ottobre, 2014 at 17:10
Io, escludendo l’ autovoto, direi …raccontare…perché sì…di Laura.C.
Perché illustrare è sentire dalla pancia,vedere i colori e le forme delle farfalle nello stomaco e riportarle su una pagina, come fosse aprire le porte delle nostre stanze per mostrarci con sincerità e se perdiamo le chiavi dobbiamo cercarle nei posti che sentiamo più familiari.
16 Ottobre, 2014 at 17:19
“raccontare una storia nella storia”, “portare lontano”, “vedere oltre il lupo”, “dire quello che non è stato detto” e “dire l’indicibile” mi sembrano le metafore giuste per quello che vorrei che un bambino veda in una illustrazione (credo che tutte vogliono dire la stessa cosa). Un racconto potrebbe essere preciso e concretto con le parole (oppure non), ma molto ricco con una illustrazione. Ma se questa è ottima dovrebbe essere la porta per tante altre storie… ecco perché “avere una opinione” mi disturba, perchè non cento, mille opinioni??. Vorrei che un bambino vedendo la stessa illustrazione diverse volte, scopra sempre storie diverse.
16 Ottobre, 2014 at 17:20
Scusatemi, poi smetto: è che io mi incarto sempre e arrivo lentamente alle cose
Sono d’accordissimo sulla necessità dell’umiltà dell’artista e di mettersi sempre in discussione e credo anche che nel dire un’opinione si possa far percepire le proprie domande interiori.
Quindi dipende tutto da come lo si fa.
16 Ottobre, 2014 at 17:21
Anna riflettevo sul tuo commento e cercavo di immaginare come si possa illustrare (o anche scrivere) senza avere un’opinione: sarebbe come parlare a vanvera. Definisci la parola “opinione” come qualcosa di negativo che fa passare l’illustratore per un megalomane egocentrico. Avere delle idee non significa non essere umili, al contrario mi sembrerebbe molto meno umile un illustratore che si esprimesse con le idee degli altri, copiando, per esempio, lo stile di un collega. Anche crearsi un proprio stile, un proprio mondo figurativo significa avere un’opinione, ed è proprio quello che viene spesso chiesto agli illustratori: essere sé stessi. Secondo me non può esistere creatività senza un’opinione. Mi piace molto la tua citazione di Kundera “Il romanziere insegna al lettore a cogliere il mondo come una domanda”. Mi riporta a quello che intendevo esprimere nel mio primo commento, quando parlavo di dare al lettore delle visioni alternative creando in lui la capacità di andare oltre le apparenze. Come si può fare questo senza avere una propria opinione del mondo e della vita.
16 Ottobre, 2014 at 17:25
…e se illustrare fosse un gioco di definizioni partecipate!
16 Ottobre, 2014 at 18:14
Ci sto pensando anch’io. Tanto per giocare mi sono letta la definizione del Devoto Oli di ‘opinione’.
Sono sempre meno convinta.
Avere un’opinione è avere un ‘punto di vista’, scegliere una prospettiva. L’illustratore, forse ancora più dell’autore, proprio per la malleabilità infinita delle immagini, dovrebbe indicare una strada che disorienta. Un bivio. Un cartello con tremila direzioni.
Mi incanta l’illustrazione più della pittura proprio perché non mi obbliga a stare davanti a un’idea; al contrario, mi presenta un disagio, un non-senso, un non-finito; qualcosa che si cerca senza trovarsi; qualcosa di ambiguo che mi nega la sicurezza di un punto di vista. C’è qualcosa di “sfigato” nelle illustrazioni che mi conquistano. Mai un’idea.
La letteratura sì, mi regala mondi, idee, punti di vista. Ma non l’illustrazione per ragazzi.
Forse non è un caso se la letteratura per ragazzi è piena di bambini sciocchi, bassi, zoppi, con i piedi bruciati, che arrivano a casa solo dopo aver fatto il giro del mondo, e troppo tardi.
È il bosco dove gli alberi sono al contrario, e se hai l’opinione che lo debbano essere, ti si raddrizzano davanti solo per dispetto.
Nell’illustrazione io cerco il punto di vertigine che dipana ogni certezza, che mi apre alla pluralità, al paradosso di una verità irriducibilmente frammentata.
(Sarà per questo che, pur riconoscendone il valore, le illustrazioni di Isol non mi sono mai piaciute?)
E se, sempre per giocare, sostituissimo con ‘visione’, non vi piace di più?
Illustrare è avere una visione.
Una visione è un lampo, uno squarcio, un’intuizione: poi la visione si richiude e l’immagine, la poesia, l’illustrazione, restano lì a testimoniare di un miracolo perduto.
16 Ottobre, 2014 at 18:23
Ah ah! Anch’io sono andata a vedermi la definizione di opinione.
Comunque vada per “visione”, almeno per me.
16 Ottobre, 2014 at 18:43
Anche per me va bene “visione”, ma devo dire che la parola opinione non mi dispiaceva, intesa nel senso di “da quel che posso capire io” e quindi con mille dubbi e tanta umiltà di fondo.
16 Ottobre, 2014 at 19:34
Buonasera, noi abbiamo scelto: ” Illustrare è arrivare vicino per portare lontano”
Ci piace pensare che ogni opera d’arte, qualunque forma abbia, ci permetta di guardare attraverso di essa per andare lontano dalle cose che conosciamo. Un po’ come la finestra albertiana non si guarda l’opera ma attraverso l’opera. Si modifica così la nostra conoscenza del mondo e si concretizza la possibilità del lontano.
grazie!
16 Ottobre, 2014 at 22:54
scelgo: Illustrare è nel contempo sintesi e approfondimento.
perchè se le illustrazioni svelano il segreto di alcune parole, di sicuro creeranno nuovi rebus a cui solo il lettore potrà rispondere.
perchè le immagini sono una lente di ingrandimento su un piccolo granello o al contrario una straordinaria veduta panoramica.
perchè quando apri un libro un filo invisibile connette il tuo cuore alle immagini.
perchè molte delle frasi tra cui scegliere le sento vere, importanti, ma il primo passo, per me parte da qui: un’illustrazione contiene diversi messaggi e questioni irrisolte o il lettore non girerebbe pagina.
17 Ottobre, 2014 at 8:50
Uffi… ieri non sono riuscita a partecipare al gioco!!
Personalmente, l’unica definizione che mi ha colpita (perchè più incisiva) è quella appunto sull’ “opinione”. Ma anch’io la intenderei più come uno sguardo, un punto di vista… Ciò che mi emoziona di un’illustrazione è sempre la capacità, di chi l’ha realizzata, di farmi vedere qualcosa che non avevo considerato, di farmi letteralmente girare la testa per guardare il mondo da quell’angolino lì.. che è il suo.. e magari anche il mio.
(Comunque..l’autore dell’illustrazione scelta da Ilaria Falorsi è Noma Bar. Geniale. Io, al contrario di te Anna, sono affascinata dalle IDEE! Ci resto secca.)
17 Ottobre, 2014 at 11:00
A me piace molto “Illustrare è un contatto tra me e te”. Certo non è un concetto che possa definirsi universale. Credo che alcuni libri illustrati vadano letti da soli per essere contemplati, osservati. Altri, spesso anche i più importanti a livello formativo, nascono e acquisiscono profondità solo stando insieme.
Per la citazione di Miguel Tanco però più che di opinione forse è più corretto Visione.
E, sempre per gioco, al posto di “avere una opinione” fosse “Indicare delle opinioni”?
A volte insidiare il dubbio può essere d’aiuto, può portare al confronto.
L’opinione può invece diventare un punto fermo, delle volte troppo inamovibile.
In questo senso allora l’opinione di Lisa Massei diventa più azzeccata. “vedere oltre il lupo” che può indicare la capacità di non fermarsi a ciò che si vede o che si percepisce in maniera diretta.
17 Ottobre, 2014 at 16:13
A me piace: “Illustrare è svelare un mondo”.
Questa frase rispecchia il mio stato d’animo quando mi accingo ad illustrare un racconto…io vedo un mondo racchiuso nella mia immaginazione. Poi ci sono quei gesti semplici come l’impugnare un pennello e intingerlo nel colore, far scorrere il pennello sulla carta e “Puf”, come per magia, quel mondo si rivela ai nostri occhi, e l’immaginazione prima nascosta ad altri viene svelata al mondo. Quindi potrei dire che in fondo l’illustrazione è come magia e ti fa volare sulle ali della fantasia…
17 Ottobre, 2014 at 20:48
Ciao a tutti, io scelgo “Illustrare è dare senso al vuoto”. lo ricollego anche a quello che volevo dire con “vedere oltre il lupo”, ovvero trovarsi.
Imparare ad affrontare le paure della vita (come ha commentato Eroma), ed anche avere un occhio più profondo, “vedere oltre”, non limitarsi all’immagine più semplice da illustrare, ma mettersi in gioco fino in fondo.
Dare senso al vuoto forse è anche questo…
18 Ottobre, 2014 at 11:42
Io scelgo “illustrare è vedere oltre il lupo”. Mi piace molto l’idea di poter vedere l’universo nascosto appena oltre a quello che è evidente a tutti.
18 Ottobre, 2014 at 12:55
per me non è un problema di definizione, o meglio: tutte le definizioni sono valide metafore, interpretando ognuno l’illustrazione a modo suo si trova più vicino ad una parola piuttosto che ad un’altra.
Vi cito Rilke che parla dell’arte, per me queste parole sono le più vicine al mio modo di pensare:
“Le opere d’arte sono sempre il frutto dell’essere stati in pericolo, dell’essersi spinti, in un’esperienza, fino al limite estremo oltre il quale nessuno può andare.
La maggior parte degli avvenimenti sono indicibili, si compiono in uno spazio che mai parola ha varcato, e più indicibili di tutto sono le opere d’arte, misteriose esistenze, la cui vita, accanto alla nostra che svanisce, perdura
Una opera d’arte è buona, s’è nata da necessità.”
18 Ottobre, 2014 at 22:19
Io scelgo Marco/Rilke.
18 Ottobre, 2014 at 23:10
Marco, grazie. Sublime Rilke.
È proprio così.
19 Ottobre, 2014 at 7:06
… Una opera d’arte è buona, s’è nata da necessità… di trasmettere qualcosa a qualcuno, altrimenti rimane fine a se stessa.
Rebecca Giusti
19 Ottobre, 2014 at 9:06
Mi spiego meglio: un’ illustrazione, deve avere la qualità di essere compresa facilmente dal fruitore, ed essere in grado di trasmettere qualcosa che favorisca la percezione dei sensi e lo sviluppo dei sentimenti oltre alla capacità di stimolare riflessioni e atteggiamenti propositivi.
19 Ottobre, 2014 at 20:05
Anche secondo me “illustrare è” la somma di tutte queste definizioni, ma per stare al gioco allora scelgo “Illustrare è abitare le parole”.
Ritengo che immagini e parole abbiano lo stesso peso/importanza in un albo, ma funzioni diverse, come altre definizioni proposte sottolineano.
Mi ha colpita il concetto di “abitare”. Restando in questa metafora, penso a un testo, e immagino il suo autore come l’architetto che lo ha pensato, progettato e costruito come fosse una casa, o un palazzo, o un mini appartamento che sarà scelto e abitato da qualcuno, i lettori.
Ma un testo pensato per un picture book, senza immagini, è come un edificio senza finiture interne, porta già in sé un’identità ma non è ancora espressa in tutto il potenziale… Ecco allora che arriva l’illustratore, entra umilmente ma appassionatamente nelle parole, le abita con il suo stile, i suoi colori e le sue interpretazioni, e rende ancora più abitabile il testo per chi verrà subito dopo, tutti i lettori, che troveranno un edificio “pronto” ma non per questo già completo di tutto.
Se autore di testo e autore di immagini avranno fatto bene il loro lavoro, i lettori avranno ancora molta libertà e spazio per completare l’opera, con le loro personali interpretazioni di quell’albo, magari anche molto diverse tra loro.