“Conversas ao Pé da Página” in Brasile: o di come leggere il mondo

20 Maggio, 2014

“Il romanziere insegna al lettore a cogliere il mondo come una domanda” *
Milan Kundera

All’aeroporto André Franco Montoro di São Paulo, in coda per il visto di uscita dal Brasile, quando il timbro ha impresso la pagina del passaporto, inaspettatamente, mi hanno pizzicata gli occhi due lacrime. Il Brasile mi ha stordita.
Il tempo deve scorrere in maniera diversa in quel frastuono di palme, grattacieli e macchine che è l’immensa città di São Paulo. Una settimana in Brasile è stata lunga un mese, un anno. Sono stata via un anno. Mi è piaciuto tantissimo.
Sul volo di ritorno sono stata affollata da ricordi frasi, sorrisi, abbracci, immagini di libri, dialoghi, sguardi aperti e curiosi. Un caleidoscopio caotico con al centro una sola parola: lettura.

Tutti gli ospiti della prima edizione 2014 di Conversas ao Pé da Página

Sono stata invitata al convegno sulla lettura Conversas ao Pé da Página da Dolores Prades, redattrice della Revista Emilia e Patricia Pereira Leite, insieme ad Antonio Ventura editore de El Jinete Azul, Teresa Colomer, Cristina Correro del Master Gretel (Spagna), Elisabeth Lortic co-editrice de Les Trois Ourses (Francia), Aidan Chambers, scrittore di libri per ragazzi (Inghilterra), l’illustratore Gabriel Pacheco (Messico), il professore di letteratura Daniel Delbrassine (Belgio), e tanti altri ospiti dal Brasile.

Vi riporto in ordine sparso qualche impressione.

Gabriel Pacheco, Messico, © Henrique Lenza, Conversas ao Pé da Página

Gabriel Pacheco ha concluso la sua bellissima conferenza dicendo che la lettura (come la scrittura, come l’illustrazione) ha come scopo finale quello di aiutarci a trovare il nostro luogo: e, una volta trovato, a rispettarlo.
Come mi piace questa parola: rispetto. Mi ricorda il concetto heideggeriano di “cura”: prendersi cura. I libri belli ci aiutano a scoprire chi siamo.

Bruno Torturra, Brasile, ©  Henrique Lenza,  Conversas ao Pé da Página

Bruno Torturra, giornalista e fotografo brasiliano, ha raccontato di come i giovani brasiliani abbiano potuto accedere al mondo moderno, alla contemporaneità, alla cultura, grazie a internet. Mai come oggi un’intera generazione di giovani è stata produttrice di testi (post, blog, messaggi, tweet, sms). Una riflessione ancora più vera in un paese dove la povertà e l’analfabetismo giovanile è fitto come una favela.
Mi piace pensare ai giovani come a produttori di testi creativi, rumorosamente tweettanti, piuttosto che pensarli “sdraiati”, pigri e isolati, come vuole un certo stereotipo europeo, così stantio, incapace di leggere questa nuova generazione digitale e le sue risorse.

Antonio Ventura, Spagna, © Henrique Lenza,  Conversas ao Pé da Página

Antonio Ventura ha usato questa metafora per indicare al mediatore il suo ruolo tra lettore e libro: “Compratevi una bussola e disegnate le vostre mappe”.


Anna Castagnoli, Italia, ©  Henrique Lenza,  Conversas ao Pé da Página
Gabriel Pacheco, Anna Castagnoli, Dolores Prades, Renato Moricone, © Conversas ao Pé da Página

Gabriel Pacheco, Renato Moricone (autore totale di due libri stupendissimi di cui vi parlerò prestissimo) ed io ci siamo ritrovati in una tavola rotonda a discutere sul ruolo del libro illustrato nella formazione del lettore. Partendo dal presupposto che i libri, come diceva Kundera in un’intervista, dovrebbero insegnare al lettore a leggere il mondo come una domanda, siamo arrivati unanimi alla conclusione che l’album illustrato è per costituzione una delle forme più adatte a veicolare questa domanda, lasciandola aperta.
L’album illustrato è irriducibilmente un mezzo di comunicazione “ambiguo”, perché è dialogo tra linguaggi profondamente diversi: quello della scrittura e quello delle immagini. E’ un ibrido. Questa ambiguità spiazza il lettore, lo costringe a un lavoro di interpretazione e di co-creazione del senso. E’ soprattutto il lettore adulto a dover imparare a leggere l’ambiguità dell’album. Il bambino, lui, sa leggere a meraviglia.

Durante l’incontro ho proiettato su un grande schermo esempi di come l’immagine possa lasciare uno spazio al lettore.
Eccone alcuni:

– Quando è parziale, incompleta o poco leggibile

– Quando gioca con i livelli di finzione scenica (dove è posizionato il lettore davanti all’immagine? A chi si rivolge l’immagine?)

– Quando la scelta del tipo di rappresentazione prospettica, o l’assenza di prospettiva, determinano una precisa posizione del fruitore

Le conferenze e gli incontri si sono svolti in un grande teatro: più di 1000 i bibliotecari, gli insegnanti, gli educatori iscritti al convegno.

© Henrique Lenza, Conversas ao Pé da Página

Tra un incontro e l’altro si è discusso, riso, giocato, ci siamo lasciati intervistare. Il clima era frizzante, Antonio Ventura, instancabilmente allegro, inanellava barzellette con coltissime citazioni. Elisabeth Lortic de Les Trois Ourses ha frainteso l’ora di un appuntamento ed è scomparsa: eravamo tutti preoccupati, ma Dolores ha sfoderato un sorriso tra i più rassicuranti che ci ha tenuti lontani da ogni ansia. Dolores è stata bravissima nel farci sentire a casa in una città di 12 milioni di abitanti.
Ci siamo sentiti coccolati, viziati da tramezzini e sorrisi, lusingati dall’attenzione del pubblico o dagli illustratori che venivano nei camerini a domandarci una dedica.

Gabriel Pacheco con Dolores Prades, ©  Henrique Lenza,  Conversas ao Pé da Página
Teresa Colomer, Spagna

Il secondo giorno ho tenuto un corso su come funzionano il ritmo e il movimento nell’album illustrato. 39  alunni che dicevano di non saper disegnare: tutti inseganti e bibliotecari. Ma io ho la teoria che tutti sappiano disegnare, così li ho messi al lavoro in una febbrile catena di montaggio, facendo produrre una quantità folle di montagne, fiori, nuvole, onde… Alla fine, ognuno ha potuto servirsi di quei frammenti di mondo (venuti benissimo) per costruire il suo: non è questo il senso più profondo del disegnare?

Alcuni momenti del mio laboratorio sull’album illustrato, ©  Henrique Lenza, Conversas ao Pé da Página

Teresa Colomer e Cristina Correo hanno parlato della lettura a scuola, anche Cristina ha tenuto anche un atelier sul libro illustrato.

Cristina Correo, Spagna

Elisabeth Lortic, finalmente riapparsa, ha presentato la storia de Les Trois Ourses, poi ha letto ad alta voce Si direbbe che nevica, di Remy Charlip: un libro dove al posto delle illustrazioni indicate dal testo ci sono solo pagine bianche. Siamo ai confini del linguaggio dell’album, là dove la sua neve bianca spalanca gli orizzonti alla fantasia del lettore.


Elisabeth Lortic, editrice de Les Trois Ourses, Francia, ©  Henrique Lenza,  Conversas ao Pé da Página

 

Aidan Chambers, Inghilterra, © Henrique Lenza, Conversas ao Pé da Página

Ma il vero pezzo forte di tutto il convegno è stato l’intervento di Aidan Chambers, scrittore inglese di libri per ragazzi, venuto fino in Brasile nonostante l’agorafobia. Aidan ha 80 anni. Ha raccontato dal vivo, con uno spettacolo mozzafiato, la sua lunga vita di uomo e lettore.
Ha raccontato di quando ha imparato a leggere per la prima volta: quando il padre, indicandogli una montagna al fondo di un paesaggio, gli ha detto che la strada che si inerpicava su verso la cima era la coda di un drago (il grande libro, il primo, è il mondo). Ha raccontato di quando, seduto sulle ginocchia di una maestra morbida, ha capito per la prima volta la relazione tra scrittura e voce (non c’è insegnamento che possa giungere al bambino se non viene mediato dall’affetto e dalla passione). Ha raccontato della sua grave dislessia, della prima volta che è riuscito a leggere un testo scritto (aveva 9 anni) e di come lo avesse folgorato capire che le parole, quei segni scuri, fossero immagini. Ha raccontato delle bombe che cadevano sull”Inghilterra, del suo primo amico, delle frustate sulle mani a scuola, del suo primo bacio, del suo primo impulso a scrivere, del suo primo amore. Libri e vita si confondevano in un unico, inestricabile, vitale intreccio.
Metà sala, me inclusa, ha finito di ascoltare la conferenza in lacrime.

© Henrique Lenza, Conversas ao Pé da Página

Ecco qui sopra l’équipe di Conversas al completo. Tanti ragazzi entusiasti di aiutare il SESC, il Servizio Sociale di Commercio che ha finanziato e ospitato il convegno: un organismo nato dal desiderio dei commercianti di poter offrire cultura e sport alle loro famiglie in una nazione dove il governo è spesso distratto da problemi che sembrano più urgenti di quello della carenza di cultura. Il SESC oggi vanta enormi centri culturali, pieni di teatri, cinema, sale di conferenze, piscine, campi sportivi; in città come in provincia.

Ci sono stati altri incontri per me sensazionali, uno tra tutti, quello con uno dei più importanti esperti di critica di illustrazione del Brasile, Odilon Moraes: un illustratore con una riflessione sull’album illustrato tra le più acute che abbia mai incontrato (per questo incontro ringrazio tanto l’illustratrice Laura Teixeira). Abbiamo parlato fitto fitto per un’ora e deciso che inizieremo una corrispondenza scritta sull’album: categoricamente via posta, perché Odilon, per scelta, non usa il computer neanche per leggere una mail. Sarà appassionante.

Odilon Moraes, Brasile

Questa settimana mi ha lasciato un gusto meraviglioso: la consapevolezza di quanto la lettura possa essere un ponte capace di portare fuori dalla povertà, sia sociale che morale.
Essere autori e illustratori, ma anche critici, editori, insegnanti, bibliotecari, è una responsabilità altissima.

E’ con il tesoro di tanti amici nuovi e di un nuovo sguardo sull’importanza del mio lavoro che sono tornata a casa.


* Milan Kundera, “The novelist teaches the reader to comprehend the world as a question” in «New York Times», 30 novembre 1980

5 Risposte per ““Conversas ao Pé da Página” in Brasile: o di come leggere il mondo”

  1. 1 AlmaCattleya
    20 Maggio, 2014 at 19:40

    Anch’io sono dislessica.
    Le parole sono sempre state per me concetti astratti.
    Anche adesso. Per capire com’è scritta una parola nuova ho bisogno di vederla scritta.
    Per capire un concetto nuovo ho bisogno di visualizzarlo.
    Mi ricordo ancora adesso quando alle elementari per la prima volta imparai a memoria un testo. Era un pezzo di storia egizia e parlava dei geroglifici. La maestra mi aveva scritto una nota di merito sul quaderno e per me era una grande conquista. A rifletterci adesso, mi sembra davvero ironico proprio sui geroglifici, immagini che stanno a simboleggiare parole.
    Per riempire la mia fantasia mi sono sempre dovuta affidare alle immagini, a quello che vedevo, concetti che non riuscivo a esprimere con le parole perché quelle sono venute dopo.

  2. 2 Palier
    20 Maggio, 2014 at 20:39

    Bravo Anna pour tout ce travail !
    Bea

  3. 3 elillisa
    20 Maggio, 2014 at 21:16

    “L’album illustrato è irriducibilmente un mezzo di comunicazione “ambiguo” […] Questa ambiguità spiazza il lettore, lo costringe a un lavoro di interpretazione e di co-creazione del senso. E’ soprattutto il lettore adulto a dover imparare a leggere l’ambiguità dell’album. Il bambino, lui, sa leggere a meraviglia.”
    Gulp!
    … e poi tutto il resto.
    Anna, che racconto!
    Grazie.

  4. 4 Gabriella
    23 Maggio, 2014 at 2:37

    Che bel racconto Anna, proprio così, il bambino sa leggere a meraviglia e perchè noi “grandi” fatichiamo a comprendere o non ne siamo più capaci?
    Grazie per aver condiviso questa nuova esperienza. Ti leggo sempre con affetto. Gabriella

  5. 5 Andrea Alemanno
    24 Maggio, 2014 at 20:33

    Sono tante le cose che mi hanno appassionato i. Questo articolo. La prima forse è stato sapere dell’esistenza del SESC perché è la dimostrazione che non bisogna sempre aspettare un aiuto dall’alto.
    La seconda è leggere l’intervento di Chambers. Deve essere stato emozionante. La dislessia poi mi ha sempre interessato perché non ho mai ben capito cosa comporti. Chissà forse un albo illustrato sul far capire cosa vuol dire essere dislessici potrebbe aiutare! Ma forse già esiste.
    In ogni caso grazie per questo articolo!