“Alla ricerca del proprio stile”: corso con Anna Castagnoli, Sarmede, giugno 2013
21 Marzo, 2013ALLA RICERCA DEL PROPRIO STILE, CORSO CON ANNA CASTAGNOLI (me), QUALCHE INFORMAZIONE IMPORTANTE:
– Il mio corso di illustrazione sullo stile si terrà a Sarmede (Treviso) dal 17 al 22 giugno. E’ aperto a tutti.
– A Sarmede, nella stessa settimana, Chiara Carrer e Paolo Canton terranno i loro rispettivi corsi. Ci siamo messi d’accordo per riunire le tre classi (chi vorrà partecipare) e tenere un incontro sul CONTRATTO DI EDIZIONE. Cosa è, come deve essere, cosa non deve mancare. Ci sembra un tema importante nella formazione di un futuro professionista. L’incontro sarà fuori dalle ore di corso e GRATUITO.
– Alla Fiera di Bologna, i corsi di questa speciale settimana a Sarmede verranno presentati alle ore 17 del 26 marzo presso lo stand di Sarmede (B4 padiglione 26). Io sarò presente per darvi tutte le informazioni di cui avrete bisogno.
Per informazioni e iscrizioni: info@sarmedemostra.it – tel. +39 0438 959582
QUESTO E’ IL TESTO DI PRESENTAZIONE UFFICIALE DEL MIO CORSO SULLO STILE:
Lo stile è qualcosa di impalpabile come un’emozione, ma deve sapersi incarnare in una composizione passando per linee, colori, piani, visi, mani, piedi, forme di alberi, di fiori… Come trovare uno stile che sia personale e nello stesso tempo adatto al mercato contemporaneo? Come adattare il proprio stile a testi diversi e mantenerlo vivo nella lunga sequenza di tavole di un album illustrato?
Attraverso un percorso teorico-pratico, dove verranno sperimentate tecniche diverse e proposti esercizi creativi, gli alunni verranno guidati a scoprire il loro timbro di voce unico e originale, in equilibrio tra creatività ed esigenze ritmiche e compositive dell’album illustrato moderno.
QUESTO IL TESTO DI PRESENTAZIONE UFFICIOSO, IN ESCLUSIVA PER I LETTORI DI LFDL:
Vorrei raccontarvi qualcosa dei miei corsi e di come li vivo. Ho ancora molti dubbi sulle mie qualità di illustratrice, e ancora molta strada da fare (per fortuna), ma se c’è una cosa di cui sono sicura è che l’illustrazione è una materia che adoro insegnare.
Ma non è preciso. Diciamo che quando insegno illustrazione mi tramuto in un vulcano attivo e insieme a me prende fuoco la classe. Non scherzo. Di solito capita così: gli allievi entrano timidi, coi capelli in ordine, i vestiti puliti, ed escono che sembrano neo-discepoli di Pierino Porcospino, le pupille dilatate come qualcuno che si è fatto di qualche sostanza stupefacente e un sorriso gigante stampato sulla bocca (saranno le esalazioni del Liquin?).
Il mio segreto è tutto qui: ho fiducia nel fatto che le persone abbiano un naturale istinto verso l’armonia estetica, l’equilibrio cromatico e la composizione. Se poi questo istinto è stato fuorviato da anni di scuole medie, è un problema che si può risolvere. Questa fiducia è una miccia esplosiva.
Tutti i corsi che ho fatto fino ad oggi sono stati caratterizzati da due principi pedagogici:
1) mai insegnare qualcosa che non sia una risposta a una domanda. Se ci sono parti teoriche, spiegazioni, proiezioni di immagini, sono sempre precedute da un esercizio in cui gli illustratori si misurano con una difficoltà o un problema che io ho studiato per suscitare il desiderio di capire.
Ad esempio, nel corso sullo storyboard faccio sempre lavorare su testi di album che sono già stati illustrati magistralmente da qualche grande illustratore (l’allievo che sceglie il testo non deve conoscere il libro), senza però mostrare le immagini. Quando alla fine della settimana mostro gli album, gli allievi conoscono ogni singola virgola e problema del testo e possono capire fino in fondo la soluzione (di solito geniale) che ha trovato l’illustratore. E’ un gioco crudele, ma io sono crudele ai miei corsi: si è lì per imparare, non voglio che i miei allievi siano bravi, voglio che facciano decine di errori, perché più errori si fanno, più si impara.
Infatti, il principio pedagogico numero due è questo, e lo dichiaro da subito:
2) si può sbagliare, anzi, si deve. Se, i primi giorni, vedo che qualche illustratore sta cercando di fare qualcosa in cui è capace, per mostrarmi il suo talento, gli faccio immediatamente cambiare tecnica o gli dico di paciugare tutto il foglio. L’ansia di “esser bravi” è il peggiore nemico della creatività .
Vi racconto a grosse linee come si è svolto il mio precedente corso sullo stile (Fine Art Factory, Martina Franca 2012). Così vi fate un’idea di cosa può aspettarvi a Sarmede, se decidete di venire.
La prima giornata è stata dedicata all’arte di copiare. Ma come? Sì! Copiare. Passaggio obbligato per imparare il mestiere. Copiare serve a questo: imparare a guardare.
Non si può imparare a illustrare se prima non si impara a guardare.
Noi pensiamo di saper vedere, perché siamo abituati a farlo da quando abbiamo occhi; in realtà , a vedere si impara, proprio come a leggere, a cantare, a ballare.
Sto leggendo un bellissimo libro in questi giorni (ve ne parlerò presto): GUARDARE, PENSARE, PROGETTARE, di Riccardo Falcinelli. Un approccio neuroscientifico alla percezione visiva. In questo libro c’è una frase che mi ha colpito, che dice quanto il guardare non sia affatto un atto semplice e naturale:
“Di fronte a un dipinto di natura morta con verdure e cacciagione, uno storico d’arte compirà saccadi (n.d.r: percorso che fa l’occhio sulla tela) di un certo tipo, un cacciatore di un altro, un bambino di un altro ancora. Esploriamo la scena in maniera diversa a seconda del momento della vita, delle nostre competenze, della nostra cultura, della nostra età e dello stato emotivo del momento.”
O anche, come dice Miguel Tanco in questo bel post (Miguel terrà un corso a Sarmede la settimana dopo il mio):
“D’altra parte, lo stile non è solo una componente legata alla tecnica, ma anche il frutto di una capacità di interpretazione”.
Elisabetta Civardi
Durante questa lunga giornata gli allievi si orientavano naturalmente verso stili che sentivano più vicini al loro gusto.
Per evitare questo, ho riempito la giornata di trabocchetti e ostacoli. Non era ancora il momento giusto per cercare il proprio stile. A volte siamo affezionati a quello che conosciamo, ma siamo sicuri che sia in quella direzione che dobbiamo cercare il nostro stile? Non possiamo scoprirlo se non sperimentiamo cose nuove.
Alla fine della prima giornata abbiamo trovato ancora le energie per una lezione sugli stili contemporanei.
Per fortuna, ai corsi esistono le serate e le cene: mi sono fatta perdonare la dura giornata a suon di Panzerotti fritti*.
La mattina del secondo giorno è stata tutta in discesa (o caduta libera). Partendo da fotografie, immagini e stimoli pensati per liberare le associazioni mentali, gli alunni erano invitati a scrivere una breve storia (anche solo una sceneggiatura). Non era importante il valore letterario. Era importante l’atmosfera generale della storia e, soprattutto, che andassero a cercarla in zone poco frequentate di se stessi. Angoli della memoria, stradine non asfaltate, sentierini di montagna o dune extraterrestri. Non importava dove, l’importante era lasciarsi sorprendere.
Io, in questi momenti di grande concentrazione generale, mi sento sempre come doveva sentirsi un condottiero che varcava le colonne d’Ercole. (Troveremo mai terra?).
Il pomeriggio è stato dedicato allo studio dello storyboard. Un pomeriggio intensissimo, pieno di diapositive, album sfogliati, discussioni, riflessioni su cosa significa raccontare una storia con le immagini.
La mattina del terzo giorno abbiamo sperimentato alcune tecniche (monotipia, uso della lavagna luminosa, china con pastello grasso, incisione con acrilico su pastello, collage, etc), alcuni illustratori studiavano ancora la storia e la sua messa in scena.
Dopo pranzo ho invitato tutti a scegliere una scena della loro storia e iniziare a disegnarla sul serio (esecutivo). Che stile usare? Realista o astratto? Simbolico o grafico? Da che angolo prendere la scena? Che colori usare? Si può non fare lo schizzo e partire subito da un fondo di colore? Si può, si può tutto. Pile e pile di carta, sbuffi, sospiri, qualcuno si perde e dice: non sono capace!
Io intanto appendo alle pareti dei grandi fogli e spiego la mia categorizzazione degli stili. Dopo tutto è più facile (o sembra).
Gli ultimi giorni gli allievi hanno lavorato sulla tavola scelta, con lo stile scelto. Si sono buttate vie tante idee, per arrivare a qualcosa di veramente personale. C’è chi l’ha rifatta due o tre volte, cambiando completamente stile, per sperimentare. Chi si è improvvisato incisore, chi ha scoperto i miracoli della lavagna luminosa. Se i primi due giorni erano stati una maratona molto serrata di idee e esercizi, ora lasciavo tutta la libertà . Sono stati giorni di assoluta concentrazione. Ore silenziose, vele gonfie che attraversavano distese di colore senza più paura. Ogni tanto qualcuno mi chiedeva di essere accompagnato in un passaggio. Ma erano piccole spinte, solo di incoraggiamento. La mia fiducia era stata riposta bene: stavano venendo fuori dei lavori sorprendenti.

Barbara Bergamo

Francesca Pirrone
Ognuno col suo grado, ognuno col suo ritmo, abbiamo tutti fatto un passo avanti, io inclusa.
Questa apertura al nuovo mi commuove ogni volta che la osservo. Mi commuove perché io stessa, tra le mie quattro mura, non sono capace di salti simili. E’ come se il coraggio fosse lì, palpabile, presente, perché siamo tutti insieme.
FINE
Valeria Castellani
Nota: il mio corso a Sarmede sarà sullo stile, come quello di Martina Franca, ma devo ancora decidere quali diavolerie inventerò per farvi inciampare in voi stessi :)
Nota 2: per i miei ex-allievi: se venite a Bologna scrivetemi che ci organizziamo per un caffè.
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Su cosa è lo stile: questo post e questo.
Per conoscere i prezzi e le modalità di iscrizione andate qui o scrivete a info@sarmedemostra.it
Per la storia di Sarmede non perdete i bei post di Monica Monachesi qui e qui
* Non è vero che li ho cucinati io i Panzerotti! Ne ho solo mangiati 6.