Il testo dell’articolo di Angela Dal Gobbo

20 Dicembre, 2008

Nei precedenti post sono state pubblicate due reazioni all’articolo di Angela Dal Gobbo comparso sul numero 80 di Liber: Il picturebook è una galleria d’arte?: la lettera di Diletta Colombo e il mio articolo.
Potete leggere il testo integrale dell’articolo di Angela Dal Gobbo sul sito di Liber.


Secondo voi un album illustrato può essere una galleria d’arte per bambini?
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Leggi la critica di Anna Castagnoli
Leggi la lettera di Diletta Colombo

4 Risposte per “Il testo dell’articolo di Angela Dal Gobbo”

  1. 1 diletta
    21 Dicembre, 2008 at 14:35

    E’ importante aver messo l’articolo per intero (non sapevo nemmeno si potesse fare perchè ero convinta ci volesse il permesso di Liber per pubblicarlo). Leggere con attenzione la fonte e le riflessioni emerse è necessario per una critica seria e propositiva. Lo scopo di allargare questo dibattito infatti è condividere una riflessione “alta” e mettere in primo piano temi importanti sia dal punto di vista educativo, sia culturale sia economico. Lo scopo non è una polemica “da salotto”, uno “sparare a zero” su una persona o difendere “a spada tratta” una corrente di libri per l’infanzia. Ho provato ad aprire il confronto da un sentimento di stupore e di amarezza per l’articolo della dal Gobbo (per altro citata felicemente nella mia tesi per i suoi articoli passati) ma l’obiettivo non è condannare superficialmente. Spero sia chiaro che il mio
    è stato UN tentativo di CONDIVISIONE PUBBLICA per parlare, ogni tanto, SERENAMENTE (MA CON DECISIONE) di CULTURA e dei MODI per promuoverla nel senso più vivo, appassionato, serio, accorto, approfondito. Proviamo a vivere questo dibattito da un altro punto di vista? A capovolgere lo sguardo?

  2. 2 Patrizia
    21 Dicembre, 2008 at 21:20

    Da non esperta del settore l’articolo mi lascia il dubbio che la tesi che i bambini non sono recettivi alla complessità estetica in età precoce, che mi risulta peraltro priva di un fondamento scientifico, possa scambiare il rapporto di causalità. Ovvero che questa idea possa nascondere il fatto che si teme di educare tropo precocemente i bambini alla complessità estetica. Forse in periodi di esplosione di una complessità che non si comprende e governa, nasce la tentazione di circoscriversi e arroccarsi nella finitezza, che però rischia di diventare madre dei riduzionismi, delle censure e delle semplificazioni.
    Così l’educazione alla complessità forse fa paura perché, inducendo a non applicare interpolazioni, approssimazioni e filtri percettivi, rende autonomi e onesti nella percezione stessa dei fenomeni e nella successiva costruzione dei propri schemi cognitivi quindi meno omologabili e governabili; l’educazione estetica, ammesso di intendersi sui termini forse fa paura quando al posto dell’educazione a una canonizzazione estetica del senso della misura sociale, si sposta nei terreni del sublime e apre dei canali destabilizzanti verso l’inconscio. Così educa a nutrire fiducia nel potere creativo del singolo e a divenire recettivi verso la molteplice complessità del reale senza ingessarsi educatamente sui canoni accettabili secondo la finitezza dei codici relazionali abituali(da qui la subordinazione delle immagini al super-io del testo).
    Mi viene il dubbio che a volte anche gli intellettuali cadono nella trappola della finitezza, magari travestita da rigore, e si prestano a dare voce, magari anche inconsapevolmente, alle tesi delle stanze del potere massificatorio.

  3. 3 cinzia
    6 Gennaio, 2009 at 19:01

    Leggendo l’articolo per intero,mi sembra di aver capito che l’autrice metta sopratutto a confronto due tradizioni diverse di albi illustrati:quella inglese e quella francese,o forse è meglio dire,come forse direbbero gli inglesi,quella del continente.L’autrice fa un’interessante citazione di Lobel,autore di splendidi album illustrati,che sottolinea come non sia importante che gli albi siano belli.Se ho ben capito la sua tesi parte da qui,da un modo di concepire il mondo dei bambini all’inglese.
    Devo confessare un mio profondo amore per la tradizione inglese,per i libri di autori come Quentin Blake,John Burningham,Raymond Briggs e molti altri.Amo il loro modo ironico,meravigliosamente leggero senza mai essere superficiale,fantastico dietro l’apparente realismo e considero i loro libri perfetti,funzionanti in ogni loro parte,accattivanti e ricchi.Però amo anche gli stimoli forti,inconsueti che provengono da altri mondi dell’illustrazione.Quello che non riesco a capire è la contrapposizione assoluta.Perchè un modo di fare gli albi illustrati e di conseguenza di concepire i bambini dovrebbe negare l’altro?La compresenza di mondi diversi io la considero una sfida interessante,non un problema da evitare.
    Gli albi illustrati comunque, sono una delle porte attraverso le quali i bambini possono guardare,pensare,immaginare le loro vite.Solo una, e non necessariamente la principale.
    Tra l’altro anche gli inglesi,pur rimanendo legati alla loro tradizione,producono oggi libri inconsueti(penso a Sara Fanelli),sofisticati e bellissimi.
    Molto di ciò che riguarda i bambini in Inghilterra(giochi,vestiti e ovviamente libri)resta, mi sembra,caratterizzato dalla tipica leggerezza e ironia,ma raramente ho trovato moralismo.Piuttosto uno scarto,a volte quasi impercettibile,dalla realtà.E credo che in ciò consista la bellezza e la forza della versione inglese della vita da bambino.
    Detto questo,mi sembra triste e anche strano che,in un mondo così omologato e omologante come il nostro,ci si preoccupi di lasciare i bambini come al riparo da quel poco di diversità che ancora resiste,negando loro la possibilità di conoscere le varie versioni della vita da bambino.Che sono più varie di quella inglese e continentale.

  4. 4 Anna Castagnoli
    8 Gennaio, 2009 at 9:58

    Cinza cara, grazie per il tuo intervento, puntuale e intelligente. Sono d’accordo con tutto quello che scrivi.