Susanne Janssen, Hansel e Gretel. Parte 8
3 Febbraio, 2008L‘arrivo alla casa di marzapane.
Osservate come i primi illustratori agli inizi del 900 hanno delineato un “tipo” di inquadratura che non è più cambiata fino ad oggi. Come se “l’arte” di illustrare questa scena fosse, di volta in volta, l’arte di muoversi in modo originale nello spazio di un immaginario già dato e non più quella di interpretare il testo.
Freschssimi i lavori di Pablo Auladell, e da lasciare senza respiro la tavola di Lorenzo Mattotti tratta da “Six Scenes from Hansel and Gretel”esposte quest’anno al Metropolitan Opera House’s.
Se qualcuno avesse tra i suoi libri altre preziose tavole nel genere può inviarmene una copia a: lefiguredeilibri(at)gmail.com, le integreremo!
Le nazioni si riferiscono al paese d’origine dell’illustratore.
L’anno a quello della prima edizione della tavola.
2008, Pablo Auladell, Spagna (Edizioni Kalandraka)
2008, Lorenzo Mattotti, Italia
Susanne Janssen “Hänsel e Gretel” Éditions Être 2007 (diritti riservati)
Susanne Janssen “Hänsel e Gretel” Éditions Être 2007 (diritti riservati)
La nona tavola del libro che stiamo analizzando si differenzia da una lunga tradizione iconografica per il tipo di casa di marzapane. Per la somiglianza che ha con la casa natale dei fratelli Grimm, a Kassel, mi piace pensare che l’artista abbia voluto portare i due bambini, dopo secoli di lungo camminare nel bosco, a rendere omaggio ai loro creatori.
Nella decima tavola abbiamo invece la novità di una strega elegantissima. Notate come la Janssen sfrutta di nuovo la metà pagina per appoggiare lo sguardo curioso di Hänsel.
4 Febbraio, 2008 at 21:34
…per quel che può valere il mio semplice parere trovo che tutto questo sia un gran bel lavoro! al tempo stesso cerco anche però di non farmi influenzare troppo dalle teorie ma trovo che le tue abbiano molto a che fare con quel mondo incantato a cui si riferisce Bettelheim. mi piace infatti fare riferimento spesso alle sue teorie quando mi avvicino a una fiaba classica. buon lavoro! oscar
5 Febbraio, 2008 at 8:59
Caro Oscar, grazie per il complimento. Anch’io parto da Bettelheim, ma lo uso come una carta geografica che poi si dimentica a casa. Un sorriso.
6 Febbraio, 2008 at 16:57
Gentile Anna, innanzitutto complimenti per la bella e interessante analisi sul libro illustrato che stai presentando in questo blog. L’ho letta sin dall’inizio ed è davvero stimolante scoprire quanta forza comunicativa si possa celare dentro un’immagine.
Credo che quando si ha a che fare con fiabe classiche e quindi ampiamente illustrate nell’arco dei decenni da altri illustratori, sia opportuno documentarsi sulle passate interpretazioni. Non si può iniziare una sfida di questo tipo senza conoscere quanti e quali tentativi sono stati fatti in precedenza. Solo da quel momento si potrà affrontare l’interpretazione del testo con la propria sensibilità e il personale bagaglio culturale, cercando inoltre di svincolarsi dagli stereotipi o da influenze stilistico/tematiche involontarie.
L’opera della Janssen mi sembra che verta proprio su questo tipo di approccio. Solo così si può dare massima dignità al lavoro dell’illustratore; l’apparato figurativo diventa un secondo “racconto†alternativo e complementare a quello del testo.
Ho una sola perplessità da rivolgerti in relazione a queste ultime due illustrazioni della Janssen. Rileggendo la favola originale noto che viene dato ampio spazio alla descrizione della casa di pane e zucchero e ai due fratelli che mangiano parti di essa.
L’illustratrice in questo caso ha presentato la casa, ma senza rivelarne la sua natura “mangerecciaâ€. Gli stessi Hansel e Gretel, che nel testo sarebbero stremati e affamati, non sembrano affatto interessati al suo aspetto commestibile. Infatti l’attenzione passa immediatamente all’entrata in scena della strega.
Trovo che sia giusto re-interpretare la fiaba cercando di presentarla sotto nuovi punti di vista, ma in questo caso non si rischia di omettere alcune importanti informazioni contenute nel testo snaturandone il senso?
7 Febbraio, 2008 at 8:59
Caro Andrea, intanto grazie per l’attenzione e per i complimenti. La sua riflessione è interessantissima. Un illustratore deve riuscire a interpretare in modo originale il testo, ma nello stesso tempo rispettarlo. Un bambino che si pone davanti al libro di “Hansel e Gretel” non sa nulla di illustratori passati, né della storia, è per la prima volta che questa storia illustrata esiste per lui. Ha diritto a una vera casa di marzapane. Solo che, mi chiedo…. Siamo sicuri che il bambino abbia bisogno di vedere biscotti o tavole di cioccolato per immaginare la casa di marzapane? Per lui non c’è un illustratore dietro le illustrazioni. Per lui non c’è testo E illustrazioni. Quella che vede è l’unica storia, non ne è mai esistita un’altra altrove. Se il testo dice “casa di marzapane” e il disegno la illustra, QUELLA! è la casa di marzapane, la vera.(E’ per questo che ci vuole molta responsabilità a fare libri).Siamo sicuri che nel disegno della Janssen il bambino non veda qualcos’altro rispetto a noi? Forse lui percepisce quella casa comunque di marzapane, e immagina le finestre di cioccolato. Forse che una casa che sembra “vera” si possa mangiare è ancora più stimolante per la sua fantasia? Sono ipotesi…spinte all’estremo anche pericolose (perché allora si può poi dar nonimportacosa al bambino) Nel disegno della Janssen però credo che questo si possa applicare…
7 Febbraio, 2008 at 15:18
…si nel disegno della Janssen questo si può applicare…è vero anche però che ci sono fiabe classiche che i bambini conoscono allo sfinimento, (facendosele raccontare di continuo in alcune fasi della loro crescita)attraverso le quali forse a quel punto l’immagine diventa pretesto per aiutarli (adulti compresi) a vedere oltre.
sono d’accordo che è una questione di responsabilità e credo che una di queste sia quella di accompagnare i fruitori di un bel libro illustrato a fare esercizi di libertà .
7 Febbraio, 2008 at 15:25
…e aggiungo: secondo me più la fiaba è conosciuta per la sua storia e per il suo significato più chi è chiamato a raccontarla per immagini dovrebbe avere una sorta di diritto a stravolgerne i codici visivi. non vi pare?
proprio perchè quella fiaba ha avuto il potere di attivare delle cose personali nel lettore, nell’illustratore, nel genitore che sceglie di voler far conoscere quella storia al proprio figlio, nell’adulto che da grande decide di recuperare le sue fiabe mancate….
buon pomeriggio.