Cuentos para niños no tan buenos, di Jacques Prévert e Elsa Enriquez

Udite udite! Ho scoperto che Zorro Rojo, che a mio modesto parere è uno dei migliori editori spagnoli in assoluto, ha ristampato il mitico album illustrato CONTES POUR ENFANTS PAS SAGES di Jacques Prévert, illustrato da quella affascinante quanto misteriosa modella di Balthus che portava il nome di Elsa Henriquez . Vi avevo già parlato in questo post di questo libro, quando per caso ne trovai una prima edizione in una libreria antiquaria (fu edito da Editions du Pré aux Clercs nel 1947) e lo acquistai dilapidando mezzo stipendio (senza mai pentirmene).

I racconti di Prévert contenuti in questo libro sono un capolavoro della letteratura infantile, e ad essi si affiancano le immagini di Elsa: moderne, spiritose, sublimi nel tratto. E ancora non basta: la costa di stoffa verde che rilega il libro, le pagine di spessa carta color crema, la tipografia che cambia colore ad ogni storia, l’impaginazione perfetta di testo e immagini… fanno di questo libro uno dei libri più belli della storia dell’illustrazione.


Ora ne esistono due versioni ristampate, quella francese, edita da Gallimard, e quella spagnola, appena fresca di stampa (se non me ne sfuggono altre). Non ho visto quella di Gallimard, ma l’edizione di Zorro Rojo è veramente un omaggio all’originale perché lo riproduce identico in ogni dettaglio. E’ il libro che ogni albumofilo sogna di avere nella sua libreria, e oggi il prezzo della ristampa (15 euro circa) ne permette finalmente la meritata diffusione.

Ogni storia è una piccola storia edificante ma con una morale paradossale, dove gli animali sono protagonisti. In Lo struzzo, ad esempio, Pollicino si fa mangiare tutte le pietre da uno struzzo (si sa che gli struzzi mangiano tutto). L’animale, poi, stringe amicizia con Pollicino e lo convince a non tornare più indietro da due genitori tanto idioti, ma di montargli in groppa per andare a scoprire il mondo. Pollicino sulle prime piagnucola, ma lo struzzo gli ricorda che la madre porta cappelli con piume di struzzo e abbandona i bambini, e il padre, bè, il padre fa battute che non fanno ridere Pollicino, come quella volta che davanti al mare disse: peccato che manca un ponte per attraversarlo, e tutti gli adulti risero, tranne Pollicino, che si mise a piangere.

 

Tutto il libro è percorso dall’humor inconfondibile di Prévert: assurdo e poetico quanto basta per far fare corto circuito alle nostre sinapsi, strapparci alla noia della nostra sicumera sul mondo e trascinarci nel mondo della poesia, che è sempre nuovo e  imprevedibile. Vi faccio un esempio di incipit, quello del capitolo L’Opera delle Giraffe:

“OPERA TRISTE IN PIU’ TEMPI

Siccome le giraffe sono mute, la canzone resta dentro la loro mente. Solo fissandole negli occhi con molta attenzione, si può capire se le giraffe stanno cantando in falsetto o veramente. (…).”

 

 

NOTE:
Alcune immagini di questo post sono fotografie della versione originale del libro, quella del 1947.
Trovate una breve biografia di Elsa Henriquez nei commenti a questo post.

 

Cuentos para niños no tan buenos
Jacques Prévert e Helsa Enriquez
Uno dei capolavori della storia dell’illustrazione
16,14 euro
Contes pour enfants pas sages
Jacques Prévert e Helsa Enriquez
Uno dei capolavori della storia dell’illustrazione
15,44 euro

Tower’s Little primer for the youngest class in primary schools, 1857

Carissimi invisibili,
vi posto ancora qualche libro antico e poi vi abbandono fino a settembre. Come ogni inizio estate (che qui a Barcellona è sempre caldissimo) mi passa la voglia di stare dietro il computer, il quale a sua volta sembra non gradire la mia compagnia e inizia a surriscaldarsi dopo pochi minuti. O forse, questa del computer bollente è una scusa, e la vera ragione della mia fuga è che ho voglia di disintossicarmi un po’ da internet e ritrovare un ritmo diverso, più a contatto col silenzio, i libri e la natura.
Ci ritroviamo tra qualche giorno col saluto ufficiale, ora godetevi questi bellissimi bianchi e neri colorati maldestramente e meravigliosamente a mano con colori primari. Queste macchie colorate: cobalto, giallo, magenta, e verde ftalo, sono in assoluto i miei accostamenti di colori preferiti.

Tower’s Little primer for the youngest class in primary schools di Anna Editore: E. Tower, Brown, Taggard & Chase – 1857 Stati Uniti d’America.


Inaugura oggi la mostra di Arianna Vairo a Pavia, da non perdere!

PAVIA FESTIVAL DELL’ILLUSTRAZIONE – 5^ EDIZIONE

Arianna Vairo, dal 15 giugno al 24 giugno 2012
Santa Maria Gulatieri, Piazza della Vittoria

segue la mostra:

“L’arte dell’illustrazione lituana contemporaneaâ€
Castello Visconteo (dal 21 giugno all’8 luglio)

Ingresso gratuito

Informazioni:

tel: 0382.399610-611-612 – 349.3516553
email: festival.illustrazione.pavia@gmail.com

Ecco il comunicato stampa:

La seconda sezione del Festival, riservata ogni anno agli artisti emergenti e per questo  appuntamento importante ed entusiasmante, è la mostra “Arianna Vairo al Festival dell’Illustrazione di Pavia†che inaugura venerdì 15 giugno alle 18 (fino a domenica 24 giugno, in Santa Maria Gulatieri, Piazza della Vittoria, aperta da martedì a domenica, dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 19).  Giovanissima artista della scena milanese, Arianna Vairo (Milano, 1985), riceverà il premio “Ill. 2012â€, in quanto eccellente rappresentante di quel nuovo filone dell’illustrazione che sostiene non soltanto il bisogno di creare immagini belle e accattivanti, ma sottolinea soprattutto la necessità di saper progettare. La sua grande versatilità la porta ad esprimersi con tecniche spesso molto diverse tra loro.  Il suo stile, personalissimo e graffiante,  è riconducibile al grafico pittorico, pieno di entusiasmo e di idee. A inizio giugno Arianna Vairo sarà a New York per la presentazione del terzo volume del catalogo della mostra di Marina Abramovich, di cui ha curato le illustrazioni, e sempre nel mese di giugno presenterà in Portogallo un libro in collaborazione con Ana Biscaia illustratrice portoghese. A quella di illustratrice, Arianna Vairo aggiunge la professione di collaboratrice satellite di uno stamperia d’arte incisoria e tipografia, recentemente vincitrice del bando Incredibol (Bologna) che le consentirà di acquisire uno spazio e alcune agevolazioni per la fase di strt-up. Da gennaio, inoltre, l’artista lavora come grafica del Teatro Franco Parenti di Milano e, saltuariamente, affianca Renato Galbusera, decente all’Accademia di Belle Arti di Brera, durante le lezioni del corso “Immagini e Parole”. La sua partecipazione a BILBOLBUL, una delle manifestazioni più innovative nel panorama del fumetto nazionale e internazionale, non fa che confermarne la bravura. <<Il premio  che ogni anno il Festival conferisce ad un giovane illustratore e la possibilità  per l’artista prescelto di poter usufruire di una “vetrina†– dice Neva Kolman – si configurano come un vero e proprio sostegno istituzionale alla creatività giovanile, permettendo a nuove e più vitali risorse di liberarsi e portare nuovo ossigeno ad una realtà che , talvolta, mostra un complicato e tormentato rapporto tra mercato ed artisti ancora non completamente consolidato>>.

Il Festival si completa con la mostra dedicata a “L’arte dell’illustrazione lituana contemporaneaâ€, che inaugura giovedì 21 giugno alle 18, presso il Castello Visconteo per rimanervi fino a domenica 8 luglio (Viale XI Febbraio 35, aperta da martedì a domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 19). <<Una presenza importante e di grande interesse – spiega Neva Kolman – non solo perché la Lituania ha dato i natali a illustratori di fama internazionale, ma anche perché la sua recente storia ha fortemente influenzato la cultura, determinando un grande fermento e una grande ricchezza nel mondo culturale. L’apertura verso l’occidente, che ha preso avvio dalla sua indipendenza negli anni ’90, ha fatto sì che la Lituania consentisse alla comunità internazionale di apprezzare con maggiore consapevolezza la sua cultura e i suoi artisti, recuperando il tempo perduto e proiettando sulla scena internazionale i suoi illustratori di grandissimo talento>>. La mostra presenta opere che,  pur nascendo  da un patrimonio di fiabe, di folclore, di poesia, hanno la grande capacità di fondere le tradizioni con l’innovazione e approda a Pavia come una delle poche opportunità per vedere ,nel nostro Paese, non solo le opere degli autori più affermati che hanno creato alcune delle testimonianze più importanti ed emozionanti dell’illustrazione lituana, ma anche l’arte della generazione più giovane e l’ impegnativo lavoro di ricerca che ha portato a sviluppare nuovi stili .

In questo evento espositivo si esplicita con estrema forza il rapporto importante fra immagine e testo, svelandone immediatamente  l’intimo nesso e immergendoci in un mondo in cui i confini fra reale e surreale si muovono su binari invisibili..

L’iniziativa è organizzata da: Sistema Bibliotecario Intercomunale del Pavese “Renato Sòriga” e Assessorato alle Biblioteche Civiche del Comune di Pavia, con la collaborazione dell’Assessorato al Marketing territoriale e Cultura, con il contributo di Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia e  Fondazione Cariplo.


Momotaro, nato da una pesca: una antica fiaba giapponese


Momotaro, nato da una pesca. Fiaba tradizionale giapponese, qui in una versione illustrata da Sensei Eitaku nel 1885 circa

Momotaro è l’eroe di una fiaba tradizionale giapponese. Potete leggere un adattamento del testo in italiano qui. La storia narra di un vecchio e una vecchia che non hanno potuto avere figli. La donna trova una pesca nel fiume e la porta al marito. La aprono per mangiarla ma salta fuori un bambino: Momotaro, che significa nato da una pesca.
Il ragazzo cresce e la sua forza è fuori dal comune. Compiuti i 15 anni decide di andare su un’isola abitata dai demoni  malvagi, per prendere il loro tesoro e tornare dalla sua famiglia. Sulla strada incontra tre aiutanti: una scimmia, un cane e un fagiano. Tutti e tre gli animali, nelle diverse versioni illustrate, sono sempre rappresentati per metà umani, e solo nella chiusura del libro, di solito, vengono illustrati come animali.
Come mi faceva notare un caro amico qualche giorno fa: quanto poco conosciamo la letteratura fiabistica giapponese, e la loro storia dell’illustrazione, che devono essere meravigliose.

Qui di seguito due versioni, una in bianco e nero e una a colori, illustrate da Sensei Eitaku e pubblicate con testo in inglese da Kobunsha – Giappone, nel 1885. Quella a colori è la prima edizione del libro.

 

 

Questa qui sotto è la copertina di Sensei Eitaku della seconda edizione del libro.

Momotaro(???), Translated by David Thompson, Giappone, T. Hasegawa 1886

Qui sotto altre versioni illustrate della stessa epoca.

Questa qui sotto è la versione che riporta il sito della collezione Gutenberg (potete vedere il libro completo qui)

Pubblicato da T. HASEGAWA, 17 Kami Negishi, Tokyo, Japan.

La fiaba a tutt’oggi continua a essere pubblicata e illustrata. Qui una bellissima illustrazione di Mayumi Otero.

Mayumi Otero

LO STILE. Il mio prossimo corso di illustrazione

AGGIORNAMENTO: restano solo 3 posti liberi per il mio corso ad agosto a Martina Franca, affrettatevi per non perdere questo bellissimo viaggio alla ricerca del proprio stile!

“Alla ricerca del proprio stile.â€
Corso di illustrazione con
Anna Castagnoli
Fine Art Factory
Martina Franca
6 – 10 Agosto 2012

info.fineartfactory@gmail.com
+39 329 9882303 – +39 328 2287690

Si sente tanto parlare di stile. Ma che cosa è lo stile? Ogni stile ha debiti verso artisti e correnti, ma per essere riconoscibile, deve avere qualcosa di personale e unico. Come trovare il proprio stile? Le giornate del corso saranno suddivise in due parti: una parte teorica, dove si studieranno le principali correnti dell’illustrazione contemporanea e i meccanismi della composizione di un’immagine; e una parte pratica, dove attraverso esercizi pittorici e giochi gli illustratori saranno portati a liberare la loro creatività. Il corso si propone di aiutare ciascun illustratore a definire meglio la sua voce stilistica, il suo timbro unico e irripetibile.

Per iscrizioni contattare Francesca Cosanti:
info.fineartfactory@gmail.com
+39 329 9882303 – +39 328 2287690


La “finestra” nell’arte e nell’illustrazione

Paolo Uccello

In misura maggiore o minore, a seconda dei momenti storici, il mondo è sempre stato percepito come separato in due: il mondo interno, teatro di sentimenti e pensieri privati: spazio conosciuto, familiare, sicuro; e il mondo esterno, pubblico, dove ciò che accade è alla luce del sole: spazio sconosciuto, luogo di desiderio e avventure, pericoloso o allettante.
Il confine tra ciò che è interno e ciò che è esterno è in continuo movimento: si sposta dai confini della polis, a quelli di una nazione, può coincidere con il cognome di una famiglia, con il simbolo di un’appartenenza politica o ideologica, una marca, un brand, oppure essere lo stretto confine di un io: la pelle che avviluppa il nostro corpo.

In un bellissimo saggio di Milan Kundera (l’ho letto in francese in L’art du roman, ma penso che sia riportato nel libro I testamenti traditi edito da Adelphi), Kundera ripercorre la storia del romanzo seguendo i confini di questa membrana: se in Don Quichotte l’orizzonte del mondo è di una vastità quasi infinita, in Balzac diventa lo spazio della città e delle relazioni sociali, in Madame Bovary di Flaubert si restringe al soffocante perimetro della casa, in Kafka diventa il claustrofobico spazio di un io da cui non si può più fuggire.


René Magritte

Nelle arti figurative, la tensione tra questi due mondi (esterno e interno), si è spesso incarnata nell’immagine della “finestra”. La finestra è quell’apertura che rende la membrana tra dentro e fuori permeabile. Si potrebbe addirittura tracciare una storia della percezione umana tra interno ed esterno, solo analizzando le rappresentazioni nell’arte e nella letteratura della “finestra”.
In questo post cercherò di darvi qualche idea di come pittori e illustratori hanno nel tempo usato il simbolo della finestra. Solo qualche spunto, non certo esaustivo.

Nel rinascimento la finestra aveva una funzione di “veduta”. Non è un caso se nella pittura del rinascimento sia difficile rintracciare i confini delle finestre. La finestra era un pretesto per portare dentro, la bellezza scenografica del mondo, e aveva una funzione puramente estetica.

Con l’avanzare della dimensione borghese della vita privata, il mondo interno diventa quello privato della “casa”. Casa non più solo come spazio dove rifugiarsi dalle intemperie, ma casa come spazio simbolico che separa ciò che è familiare da ciò che è estraneo.

L’interno della casa è lo spazio degli affetti, lo spazio femminile dell’attesa, dei lavori e della tranquillità domestici, mentre l’esterno è lo spazio dell’avventura, della scoperta, dell’ignoto (storicamente riservato agli uomini). Chi abita l’interno può essere turbato dal desiderio di uscire, oppure voltare le spalle alla finestra e scegliere la tranquillità di una vita silenziosa e privata.

Vermeer
Hammershoi

Molto spesso la finestra svolge semplicemente la sua funzione di apertura su un paesaggio esterno, in questo caso il soggetto è ripreso in un atteggiamento contemplativo. E’ un’immagine spesso usata nell’illustrazione perché il bambino è sovente confinato in casa. Il mondo esterno è ancora troppo grande e pericoloso per lui, e deve rassegnarsi a contemplarlo. In questo caso il suo sguardo sarà spesso simile a quello malinconico dei gatti, che confinati in una stanza ricordano, guardando il fogliame fuori dalla finestra, la loro antica natura di bestie selvagge, o del prigioniero, per il quale la finestra diventa l’ultimo spiraglio di libertà.

Ezra Jack Keat
Maja Celija
Olivier Tallec
Komako Sakai
Beatrice Alemagna

E’ importante, nell’analizzare le finestre, vedere dove l’artista ha posizionato il suo cavalletto. La finestra può essere inquadrata dall’esterno, e diventa allora un “quadro” che isola una scena a cui non possiamo accedere. Lo spettatore dell’immagine (o il lettore) è anche lui “all’esterno”. A seconda di come è questo esterno (freddo, pericoloso, simpatico come una strada animata, deserto come una strada notturna…), lo spettatore può essere più o meno spinto a desiderare di entrare nell’intimità percepita dietro la finestra.
Per un principe che ha cavalcato per mesi alla ricerca della sua bella, la finestra che inquadra la principessa Raperonzolo sarà il quadro più desiderabile di tutti.
Pensate anche al tòpos classico del cinema in cui un povero per la strada innevata guarda con struggimento, dietro alle finestre addobbate per il Natale, la vita piena d’affetto, calore e luci che gli è stata preclusa.

“O Rapunzel, Rapunzel! Let down thine hair!†Walter Crane 1845-1915

Con il punto di vista esterno, la finestra può essere il quadro prefetto per il nostro istinto voyeuristico.

Edward Hopper

Un altro caso di finestra, vista di profilo: la luce che entra dalla finestra illuminando prepotentemente la camera, può essere rivelazione di una verità. Annunciazione che entra come lama a scoprire qualcosa di noi stessi, o ancora a segnare con un’ombra troppo netta la rivelazione della nostra solitudine ontologica. In questi casi, il punto di vista è quasi perpendicolare all’asse della finestra, per poter meglio inquadrare la dialettica tra soggetto/membrana/esterno in una sola scena.

Edward Hopper
Balthus
Lorenzo Mattotti
Maurizio Quarello

Abbiamo detto che questa membrana di vetro tra esterno e interno è permeabile: l’esterno può quindi entrare all’interno e viceversa? Se ciò che entra è solo un frammento di mondo esterno: come le farfalle nell’immagine di Emiliano Ponzi, oppure la piuma nell’immagine di Elena Odriozola, allora va bene, siamo ancora al sicuro, e l’immagine non risulta inquietante. Ciò che entra è una metafora, una brezza, l’eco del mondo esterno.

Emiliano Ponzi
Elena Odriozola

Ma se a entrare è invece qualcosa di più reale, fisico e meno simbolico, l’entrata del mondo esterno in quello interno sarà sempre inquietante o altamente drammatica: perché, benché trasparente, la finestra ha il ruolo specifico di tener ben sperati i due mondi. La sua permeabilità deve essere solo simbolica. Vediamo cosa succede se questa funzione viene declinata.

Antonio Marinoni
Pia Valentinis

Guardando le immagini qui sopra, a rassicurarci è soltanto la consapevolezza che sono immagini di un libro.

Ancora più minaccioso dell’ingresso dell’esterno nell’interno, è quando lo spazio interno, che dovrebbe essere il luogo dove rifugiarsi e stare tranquilli, diventa ostile e spinge il soggetto verso l’esterno. Se non ci si può più rifugiare all’interno, dove mai si potrà trovare pace? La finestra diventa allora teatro di una distruzione dell’io. Il soggetto, schiacciato nel vano della finestra tra due mondi diventati estranei, non può che implodere. Il suicida che si getta dalla finestra è vittima di questa scomparsa definitiva di un luogo “abitabile”.

Ci sono molti casi in cui dentro e fuori si mescolano tra loro, senza che sia o l’uno o l’altro che prende il sopravvento. Questa fusione può essere terribile come nel meraviglioso ritratto di Rosa Bianca di Innocenti, dove sul vetro i riflessi dei soldati si mescolano al viso sgomento della bambina…

Oppure venata di ironia (ma non per questo meno inquietante), come nell’immagine di Holland…

Brad Holland

Perché la fusione dei due mondi non risulti inquietante bisogna che uno dei due perda un po’ della sua realtà: è il caso in cui a uno dei due mondi viene assegnato il ruolo di spazio del sogno o della fantasia.
Alla dialettica tra esterno e interno, prende il posto quella più conosciuta tra mondo della fantasia e mondo della realtà (così cara alla letteratura per bambini), e la finestra diventa allora il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Peter Pan, uscendo in volo dalla finestra, entra nel mondo della fantasia. Oppure, un’ombra proiettata sulle pareti della stanza, prende vita e anima la stanza di improbabili presenze. Le figure sono molte. Nel libro uscito di recente Cose che non vedo dalla mia finestra, di Guido Scarabottolo, le immagini che si vedono nel libro sono tutte “immaginarie” in ragione del titolo del libro: la vista di una finestra, nella realtà, non può che essere una.

Ofra Amit

Se i nostri occhi sono le finestre dell’anima, a Jacques Tati  va riconosciuto il merito di aver trovato una delle esperessioni più deliziose di questa allegoria trasformando due finestre nel continuo sguardo di una casa su cosa accade nel cortile (Il set di Mon oncle).

Mon oncle di Jacques Tati

Ma la Palma d’Oro sul tema della finestra la darei a Alfred Hitchcock che girando La finestra sul cortile ha sviscerato ogni possibile angolo di significato della finestra contemporanea. Quando e come abbiamo il diritto di entrare dentro le finestre degli altri? E cosa succede davvero dietro le finestre?

Oggi stiamo assistendo, con le nuove reti sociali, a una grande rivoluzione del confine tra dentro e fuori. Cosa è privato e cosa pubblico per un giovane adolescente di oggi è molto diverso dal concetto di privato delle generazioni precedenti. Oggi la finestra ha perso tutto il suo fascino simbolico, ed è stata sostituita dallo schermo del computer, dell’iPad, del iPhone, dall’interfaccia di Facebook o Pinterest… che con molto meno charme, ma centuplicato potere, portano dentro casa il mondo, e fuori casa le nostre emozioni più private.