Postfazione a un post

Qualche giorno fa ho pubblicato un post sulle influenze stilistiche che ha subito delle modifiche nel giro di poche ore, vorrei spiegarvi meglio cosa è successo.
La mia tesi era che l’imitazione di autori che amiamo sia un processo normale, fisiologico all’atto creativo, ma che un eccesso di imitazione possa ledere gli illustratori che hanno portato sul mercato, magari con fatica, qualcosa di nuovo e originale. È un punto di vista.
Avevo scelto, per illustrare il post, una serie di illustrazioni pubblicate dove avevo individuato influenze stilistiche di altri illustratori.
Se su un piano critico penso sia legittimo investigare un’immagine o un libro che sono stati pubblicati, nel caso specifico di questo post avrei dovuto dare a quelle immagini un approfondimento diverso, maggiore; per spiegare perché le avevo scelte e soprattutto per contestualizzarle all’interno dei libri da cui erano tratte; oppure sceglierne altre, di illustratori passati, in modo che il dibattito potesse concentrarsi sul tema del post ed essere sereno, e non sulle immagini che lo illustravano.
Ho sbagliato e per questo ho scelto di modificare il post e di togliere alcune immagini. Mi è spiaciuto se ho ferito la sensibilità di alcuni autori, davvero non era mia intenzione. A loro rinnovo tutta la mia stima.
Sto lavorando per approfondire i tanti temi toccati, sia nei commenti che nelle conversazioni con gli autori. Credo interessante se alcuni di questi temi potranno trovare spazio su questo blog, per offrire ai lettori punti di vista diversi.
Grazie, Anna Castagnoli


Molti modi di guidare e viaggiare, 1947

Sabato mi è arrivato per posta questo acquisto da pochi euro. È un libricino tedesco del 1947, “Molti modi di guidare e viaggiare” (Fahren und Reisen auf mancherlei Weisen), è senza testo e lo ha illustrato una sconosciuta illustratrice che porta il nome Amanda Hoffmann, ad Amburgo.
Mi piace la semplicità elegante delle campiture di colore, e mi colpisce il fatto che tutti vadano verso sinistra.
Nell’album illustrato moderno l’azione si svolge sempre verso destra.
È un codice dato soprattutto dal fatto che il libro occidentale si svolge, pagina dopo pagina, verso destra. Ma mi capita spesso di trovare album degli anni 20 o 30 dove l’azione è rappresentata verso sinistra. Significa che lo svolgimento a destra è un codice narrativo che si è consolidato posteriormente.

L’ultima pagina è tagliata. Ho pensato fosse fatto apposta per creare un gioco quando la pagina si chiude, ma il libraio mi ha confermato che è un taglio non voluto. Forse un bambino aveva bisogno di un pezzo di carta verde. :)


Le influenze stilistiche: come prendere segni di altri?

C’è un modo di impossessarsi di segni stilistici di altri artisti che è sano, e necessario, perché rielabora idee e segni di altri artisti in un discorso nuovo e personale, e un altro che ferisce gli illustratori, che si sentono defraudati dello sforzo creativo di aver coniato uno stile proprio, sufficientemente autonomo dalle influenze che li hanno nutriti. Oltre che defraudati di un mercato.
Il confine tra questi due modi non è quantificabile: lo stile è un mix di elementi complesso, dove segni precisi (tipo di linea, forme, prospettive…) si mescolano a un quind indefinibile che è la sensibilità dell’artista.
E poi ci sono le mode, le correnti stilistiche. Se un giovane presenta un’illustrazione troppo fuori coro dalle correnti del momento, rischia di venir rifiutato. Come muoversi, come scegliere con che segni illustrare un libro, in questo terreno difficile?

Ho partecipato a diverse giurie di concorsi. Le imitazioni di Beatrice Alemagna, Simone Rea, Chiara Carrer, Laura Carlin, Rebecca Dautremer, Anna Laura Cantone, Lorenzo Mattotti, Ponzi, Gottardo, tra gli altri, sono sempre tante.
A volte le illustrazioni non passano la tappa di un concorso, a volte vengono premiate, a volte persino pubblicate in un libro.

A volte gli illustratori copiati ne soffrono, altre, no.
Il diverbio sulle influenze stilistiche e la loro misura accompagna tutta la storia dell’illustrazione.
Come fanno i giovani illustratori a orientarsi? A capire quanto e come possono prendere in prestito segni stilistici di colleghi più affermati? E che responsabilità hanno gli editori nel guidarli verso uno stile più o meno personale?

Un caso simpatico è quello di Mélanie Rutten, allieva di Kitty Crowther, che ha preso molto dello stile Crowther, ma con la sua approvazione. In effetti, anche se molte trovate sono in comune, è difficile confonderle.

Kitty Crowther
Mélanie Rutten

Prendiamo l’esempio di Beatrice Alemagna, una delle illustratrici che, a mio avviso, ha portato sul mercato il maggior numero di segni riconoscibili.

Beatrice Alemagna, Gisèle de verre, Seuil jeunesse, 2002

Il suo stile è veloce, fresco, spontaneo, fatto di trovate stilistiche molto precise e forse per questo apparentemente facili da imitare. Il modo di disegnare le dita delle mani, con le unghie tonde; il nasino all’insù con le narici ben marcate; la linea nera interna degli alberi, appoggiata su una forma di collage ritagliata; i tombini parigini; un certo tratteggio fitto, spesso non finito; le nuvole a collage, piatte e lisce; i tetti spioventi delle case; i ritagli fotografici… Tutti abbiamo studiato Beatrice Alemagna.
È un passaggio obbligato.

I suoi tratti inconfondibili sono stati copiati da tanti giovani illustratori alle prime armi, ma anche professionisti contemporanei, con uno stile già proprio e maturo  hanno preso a prestito qualche suo elemento.
Così come la Alemagna, a sua volta, ha costruito il suo stile con tasselli di altri (Matisse, Picasso, Saul Steinberg, i collage dadaisti, Étienne Delessert, Tomi Ungerer).
Perché i grandi illustratori possono “copiare” e i giovani illustratori, invece, se copiano si fanno tirare le orecchie?
Facciamo un passo indietro, cerchiamo di capire se e come si può “copiare”.

Catarina Sobral, Achimpa, Orfeu Negro, 2012
Dettaglio di una pagina di Jo singe garçon, Beatrice Alamegna, Autrement, 2010

Siamo tutti d’accordo che un brano musicale, un testo, un quadro, non si possono copiare a meno che il loro autore non sia morto da tot anni.
Perché? È semplice. Copiare si deve (se no ritorneremmo ogni volta ai graffiti nelle grotte), ma copiare un vivo rischia di togliergli mercato.
Il diritto d’autore esiste per permettere all’autore di vivere del suo lavoro.
È stato inventato quando papati e Stati hanno smesso di sovvenzionare gli artisti.
Ma cosa succede quando ad essere copiato non è il disegno ma un certo stile? Cosa è il plagio di uno stile? Di che materia impalpabile è fatto lo stile?
Lavorando alla stesura del Manuale dell’illustratore, al capitolo Diritti d’autore, ho scoperto una cosa che mi ha colpito.
Lo stile non è coperto dal diritto d’autore!
“La Convenzione di Berna – un accordo internazionale che a partire dal 1886  ha stabilito il riconoscimento reciproco del diritto d’autore tra le nazioni aderenti -, ha deciso che ostacolare la libera diffusione dello stile sarebbe stato un rischio troppo alto per la libertà della ricerca artistica.

Infatti, pensate a cosa sarebbe stata la Storia dell’arte se non si fosse potuto copiare lo stile dei maestri.
Non si può creare nulla senza usare il patrimonio di stili, di tecniche e di idee che ci circondano e ci hanno preceduto.
Questa verità, però, non porta alla diretta conseguenza che si possa copiare a piacimento.
Perché un’opera possa rientrare sotto la giurisdizione del diritto d’autore, deve portare al mondo qualcosa di nuovo, di originale.
Se non lo porta, non si può neppure parlare di opera”, scrivevo nel Manuale.
Questo in occidente, nella nostra attuale giurisdizione.
In altre epoche, in altre regioni della terra, la copia dello stile poteva essere persino incoraggiata.
Nella pittura cinese tradizionale, ad esempio, si imparava a disegnare gli oggetti con uno stile preciso e non si poteva sgarrare. I tratti stilistici nuovi erano così minimi che è impossibile, per un occidentale, capire le differenze tra artisti della stessa epoca.

Dong Qichang (Cina, 1555–1636)
Lan Ying (Cina, 1585 – 1664)

Il discorso sullo stile è ampio e inesauribile, definisce i paradigmi culturali di una società e viene definito, a sua volta, da essi.
Fino a qualche anno fa, un giovane illustratore che copiava pedissequamente lo stile di altri non andava più lontano di qualche distratta case editrice.
Oggi, complice la globalizzazione, complici i social, o l’esplosione del mercato dell’editoria per ragazzi, si sta facendo strada una sensibilità diversa rispetto alle influenze dello stile. Illustratori con stili molto simili possono trovare il loro posto riconosciuto nel mercato (pensiamo a Gottardo e Ponzi).
Quando partecipai alla giuria del premio SM, di 30.000 euro, discutemmo tanto se Maisie Shearring, giovane artista che poi scegliemmo, era troppo simile a Laura Carlin o no. Ne avevo parlato in questo post qui. Ebbene, era simile, ma raccontava cose diverse. E vinse.

Maisie Shearring, inedito
Laura Carlin, The promise, Walker Books 2013

Si può prendere a prestito qualche elemento, ma per rimodellarlo e inserirlo in una nuova geografia, in un nuovo sentimento, in un nuovo messaggio.

Uno stile è fatto di tanti elementi. Per disegnare un volto, ad esempio, bisogna trovare una soluzione stilistica per il naso, la bocca, gli occhi, la linea esteriore (c’è, non c’è?), il colore, la presenza o meno di chiaro scuro o macchie per le guance. Da un altro illustratore potete prendere, magari, uno o due elementi, e inventare gli altri.
È uno studio faticoso, lungo e frustrante e tutti i grandi illustratori lo sanno.

Schizzi preparatori di Il meraviglioso Ciccia Pelliccia, Beatrice Alemagna, Topipittori

Quello che mi interesserebbe tantissimo capire ed esplorare è questo:
Cosa è quel quid che fa di un’illustrazione disegnata come disegnerebbe un bambino, cioè un po’ maldestramente, un disegno efficace, e di un’altra, disegnata quasi identicamente, un disegno debole?
La deformazione anatomica ha regole misteriose ma precise. Deformando una testa, le braccia, i piedi, le mani di un personaggio, si può andare verso la caricatura (Anna Laura Cantone, ad esempio), oppure verso una deformazione di sapore onirico e/o poetico (Beatrice Alemagna, Joanna Concejo, Ofra Amit), oppure, ancora, verso un disegno semplicemente debole.

Da circa un paio d’anni sto cercando di capire cosa e dove si può deformare per andare in una direzione o l’altra, per poi  poterlo spiegare ai miei allievi. Non è facile. Sono arrivata alla conclusione che, sia per la caricatura, sia per la deformazione onirico-poetica, alcuni snodi anatomici vadano mantenuti realistici.

Il braccio della bambina di Beatrice Alemagna, ad esempio, anche se deformato (sottilissimo, mano piccola, etc) si piega là dove dovrebbe esserci il gomito, e questo permette (forse) ai mei neuroni specchio di riconoscerla come umana.

Beatrice Alemagna, dettaglio di Lotte Combinaguai

Penso anche che il fatto di aver maturato un proprio stile con fatica, porta l’illustratore a sentirsi più sicuro al momento di disegnare. Matita e colori diventano, così, un medium più veloce delle emozioni dell’artista.

Dunque, per ricapitolare. Dietro uno stile riuscito c’è sempre una ricerca laboriosa e approfondita che riguarda:

– la realtà anatomica delle cose e la loro possibile deformazione nel disegno.
Рquali soluzioni stilistiche di altri artisti si sono prese in prestito e come le si ̬ rielaborate (mescolate) in uno stile personale per dire qualcosa di nuovo.

Voi cosa ne pensate?
Anna Castagnoli

P.s
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Se volete approfondire il tema dello stile: qui e qui.
Qui trovate una postfazione a questo post.


Come le ciliegie: un progetto editoriale

“Abbiamo in comune l’idea che lo spazio dell’arte non sia solo quello del museo o della galleria e che l’arte contemporanea possa insegnarci a guardare diversamente.”
Ecco una mia lunga intervista alla casa editrice les cerises. Un progetto editoriale che pubblica libri di sole immagini, con atelier e giochi per incoraggiare i bambini a una costruzione libera e creativa del senso. Mi piace.
www.lescerises.net

Antonio Rovaldi, New York City Babe, les cerises 2017

Anna Castagnoli. Uno studio di design a Bolzano, un’architetta trasferita a Parigi, una storica dell’arte che vive a Roma: se non fosse che le vostre professioni hanno in comune le immagini, sembrerebbe il tavolo anatomico di Lautréamont citato dai surrealisti: «Bello come l’incontro casule di una macchina da cucire e di un ombrello…»: come vi siete conosciuti? Come nasce la decisione di un progetto editoriale comune?
Ci siamo conosciuti facendo mostre e lavorando insieme a progetti; abbiamo in comune l’idea che lo spazio dell’arte non sia solo quello del museo o della galleria e che l’arte contemporanea possa insegnarci a guardare diversamente, e forse anche semplicemente possa insegnarci a GUARDARE (cosa che non sappiamo più fare almeno nel quotidiano, bombardati come siamo dalle immagini)!
Con queste premesse il passo al libro come contesto è stato breve, come anche l’idea di collaborare con gli artisti, architetti e designer per raggiungere un pubblico che altrimenti all’arte arriva molto tardi: i bambini. E che secondo noi ha meno pregiudizi e dunque più facilità a incontrare i linguaggi visivi contemporanei.

Uno dei laboratori di les cerises

A.C. Perché “les cerises�
Alla base di les cerises c’è l’idea di collaborazione. La ciliegia è un frutto che non cresce da solo, si dà sempre come coppia o multiplo. Così noi all’inizio quando les cerises era solo un’idea eravamo due, poi siamo diventati quattro e ora ancora di più. Come le ciliegie: una tira l’altra.

A.C. Quando avete iniziato, avevate in mente un solo libro, i tre libri che avete pubblicato fino ad oggi o un’intera collana editoriale? Se doveste definire la vostra linea editoriale, cioè il senso profondo che vi ha guidato e vi guiderà nella scelta dei titoli e degli autori, come la descrivereste?
Abbiamo sempre avuto in mente un progetto di lunga durata, una collana il cui filo conduttore fosse pubblicare libri in cui la narrazione è affidata alle immagini, ma senza il vincolo di un formato dato a priori.
Libri fatti con entusiasmo e con amore, cura del dettaglio e soluzioni ad hoc, ragionando insieme agli autori, discutendo collettivamente scelte, formati, materiali, e che potessero diventare nel tempo un appuntamento atteso per il lettore.
Ci lasciamo guidare dalla nostra curiosità, dall’entusiasmo e dal rispetto per le pratiche degli artisti e creativi che invitiamo. Soprattutto cerchiamo di fare i libri che vorremmo leggere e che non troviamo.

Emanuele Oliveri, Storie di una Balena, les cerises 2015

Per il primo progetto abbiamo collaborato con un giovanissimo illustratore, eravamo tutti al primo libro, lui e noi.
Ci ha proposto la storia di un incontro tra un bambino e un animale, è un racconto poetico e lieve, alla liberazione della balena del racconto concorrono diversi attori: il bambino, un uccello e un gatto.
Gli artisti che fino ad oggi hanno realizzato con noi i libri, non progettano nella loro quotidianità libri per bambini, quindi il lavoro dell’artista non viene “adattato†alla lettura del bambino, questo è molto importante per noi.
Come anche il fatto che ogni bambino racconterà la storia che le immagini suggeriscono in maniera sempre diversa.
Ci piace pensare che i nostri libri possano raccontare infinite storie, a seconda di chi le legge, di dove le legge, di quando le legge.
Ecco, per noi ogni progetto deve essere una sfida, un atto di fiducia, un po’ di follia, molta convinzione e poi la consapevolezza che il risultato è frutto di un impegno condiviso.

Emanuele Oliveri, Storie di una Balena, les cerises 2015
Uno dei laboratori di les cerises

A.C. Si sa che arte e cultura per l’infanzia sono difficili da promuovere insieme. Fin dagli inizi della storia del libro per bambini, dalla metà del 1600, la produzione editoriale per l’infanzia ha seguito i dettami della pedagogia, con l’idea di fondo che i bambini avessero bisogno di un baby talk non solo linguistico, ma anche visivo. Colori primari, forme semplici, etc.
Questa idea non è mai stata confermata da nessuno studio attendibile, ma si è nutrita di luoghi comuni e di una scarsa educazione sociale legata alle immagini, fino a diventare il famoso ritornello “questo non è un libro per bambiniâ€.
Scegliendo immagini di artisti e grafici contemporanei avete scelto di andare controcorrente. Di più. Avete deciso di lasciar parlare le immagini, senza affiancarle a un testo, un genere letterario che, nonostante la moda attuale, è ancora molto difficile da vendere.
(Non amo la definizione di silent book, o libro muto, perché attribuisce implicitamente al testo la sola parte “comunicativa†del libro).
Perché questa vocazione al suicidio editoriale? Con quali strumenti (social, laboratori, articoli) pensate di aiutare il pubblico a prendere dimestichezza con libri di immagini non “per bambini†nell’accezione comune, destinate ai bambini?
Avete una pagina Facebook, Pinterest o Instagram?

È esattamente così, noi siamo convinti che non esistano libri che non sono adatti ai bambini, anzi che proprio i bambini se lasciati pensare e giocare con le immagini sappiano trovare più facilmente degli adulti il modo di raccontarle perché le guardano con molta serietà e attenzione, e non ne hanno paura. E siamo altrettanto convinti che sia importante e urgente anche per gli adulti imparare di nuovo a prendere tempo di fronte a un’immagine, senza cercare di interpretarla, senza sovrascriverla di parole perché si dischiuda, ci punga, ci parli.
Perciò si, condividiamo: i libri senza parole sono tutt’altro che silenziosi! Siamo ostinati e un po’ visionari, crediamo che troveranno il modo di incuriosire il pubblico – ogni libro è accompagnato da laboratori e attività didattiche e da approfondimenti e suggestioni che si possono trovare sul sito.
E poi sì, abbiamo una pagina Facebook, però è soprattutto attraverso l’incontro con persone che hanno progettualità e modi di pensare all’editoria per l’infanzia e all’arte affine che si creano momenti di condivisione profonda e duratura.

Chiara Camoni, dettaglio di Psssst Psssst, les cerises 2016
Chiara Camoni, dettaglio di Psssst Psssst, les cerises 2016

A.C. So per esperienza che i bambini, quando non hanno un adulto teso accanto, sono molto bravi a leggere le immagini (qualsiasi immagine). Sono liberi dalla paura di dover cercare un senso interno all’immagine. Proiettano il loro, di senso. Sono creativi. Usano i diversi elementi dell’immagine per costruire storie, come farebbero con dei pupazzi o delle bambole. Con la scuola o un certo conformismo naturale dello sviluppo umano, perdono questa capacità. Ho visto molti adolescenti e adulti a disagio davanti alle immagini.
Non sanno cosa pensarne. Per fortuna (o per sfortuna), nei musei, viene loro in soccorso una anonima voce nelle cuffiette che spiega in che età è nato il pittore Tal dei tali e di quanti centimetri è lunga la tela. Voce che rassicura e contemporaneamente educa male: insegna che il senso dell’immagine riguarda soprattutto una qualche nozione, non un atto creativo del fruitore, naturale e spontaneo.
Credo ci siano modi più interessanti per imparare a “leggere†le immagini, e meno frustranti per la creatività del fruitore. Che cosa ne pensate?

L’arte, diceva il pedagogista John Dewey, offre un’esperienza più completa del mondo – questo ci guida nelle nostre scelte curatoriali e come casa editrice.
Il libro di Chiara Camoni ad esempio è un racconto circolare, gli incontri tra le coppie di animali raffigurate sono a volte impossibili, a volte ambigue – il gatto sussurra al pesce una parola, o spalancherà la bocca per mangiarlo?
Poi: i disegni sono tratti da tavole scientifiche dell’Ottocento, nella idea della copia c’è la pratica della bottega, l’apprendistato dal Maestro, c’è l’impossibilità di cogliere – e il rincorrere – un gesto altrui perché ogni mano è diversa, c’è la copia che sostituisce l’originale.
Insomma, la copia attraversa tutta la storia dell’arte dai suoi inizi ad oggi.
È un libro che si sfoglia ma le pagine sono materiche e si possono aprire a ventaglio per farne un cilindro – un oggetto da guardare.
Il libro restituisce delle caratteristiche del lavoro di Chiara Camoni: l’equilibrio – o tensione – tra bellezza e crudeltà, la copia dal vero come esercizio critico, la scultura come medium. È un libro per bambini, ma è anche un oggetto che ci fa entrare in diretto contatto con la poetica di una artista italiana a noi contemporanea.

Chiara Camoni, Psssst Psssst, les cerises 2016

Per il nostro terzo libro siamo partiti da un paio di suggestioni: volevamo lavorare con la fotografia, e ci piaceva l’idea di un lavoro sul paesaggio. Ai bambini le fotografie piacciono. Le cercano. Le fanno. Le guardano con attenzione. I libri di paesaggio, soprattutto le guide di città, per bambini sono saturi di informazioni, non sappiamo poi quanto utili.
Avevamo già pensato ad Antonio Rovaldi per un libro perché ci interessa molto il suo lavoro; abbiamo colto l’occasione di un suo lungo soggiorno negli Stati Uniti di preparazione un libro sui suoi cinque distretti di New York, per proporgli di pensare a un libro con noi.

Credo che quando il libro ‘da grandi’ sarà pubblicato scopriremo tante assonanze tra i due, forse dei percorsi si sovrapporranno, perché in New York City Babe c’è davvero tutto il modo di guardare di Antonio.

Antonio Rovaldi, New York City Babe, les cerises 2017

Però, qui lo fa ad altezza bambino, con la camera a un metro d’altezza, che coglie il meraviglioso e l’incantevole e il bizzarro che il quotidiano, a saperlo guardare, ci offre sempre.
C’è una fotografia nel libro che forse restituisce in maniera molto semplice questo richiamo a reinventare la città, è un rametto posato sul marciapiede che proietta un’ombra definita, grafica, e che sembra un bruco. O un disegno.
Questo libro ha la forma di un album da disegno, è in bianco e nero e in un certo senso invita l’intervento e lo scarabocchio sulle pagine, e a coltivare la fantasticheria e il desiderio di girovagare una volta chiuso.

Antonio Rovaldi, New York City Babe, les cerises 2017

Ecco i libri di les cerises hanno lo scopo di catturare l’attenzione del bambino, attraverso la storia, attraverso l’ambiguità, attraverso la quotidianità, e condurlo naturalmente a soffermarsi su ciascuna immagine, analizzarla, appropriarsene e raccontarla con i mezzi che sono propri.

A.C. Oltre al titolo, avete messo qualche nota in quarta di copertina, una legenda, un’introduzione alla collana per guidare il lettore? Potete riportarla in questo post e dirci perché avete scelto di metterla (se l’avete messa) e perché avete scelto di non metterla, se non l’avete messa?
Ogni libro ha la sua natura e le sue necessità, sono oggetti che si adattano di volta in volta al contenuto del libro: ogni progetto è pensato in maniera diversa e così è anche per la quarta di copertina, che non ha un formato standard.
Però cerchiamo sempre di usare meno parole possibile per spiegare al lettore che è un libro di sole immagini e che le parole le deve mettere lui!
Sul nostro sito si legge: “...e tu come la vuoi raccontare?â€, è un frase che racchiude un po’ il senso del progetto, o semplicemente uno dei modi in cui cerchiamo di spingere i nostri piccoli lettori ad approfondire la lettura delle immagini dei nostri libri.
Sempre sul sito c’è anche una pagina dedicata alla raccolta delle storie che alcuni bambini hanno inventato per il nostro primo libro, storie differenti in diverse lingue a partire dagli stessi disegni.

Una delle storie scritte dai bambini a partire da “Storia di una balena” di Emanuele Oliveri

A.C. Come e dove cercate autori e idee per i vostri titoli? Mostre, blog, cataloghi, amici? Gli autori, artisti, illustratori, possono proporvi un progetto? Quale è la veste di presentazione migliore per proporvelo?
Nel nostro lavoro ci capita di conoscere e lavorare con tanti artisti, designer, architetti.
Sottoponiamo l’un l’altro idee, approfondiamo e man mano costruiamo una collana a partire da quegli artisti e creativi – e quei linguaggi – con cui ci piace confrontarci, cercando di trovare anche un ritmo e una diversità tra un libro e l’altro.
Spesso sono persone con cui abbiamo un lungo sodalizio, una conoscenza approfondita del lavoro, altre volte invece è un impulso e la curiosità verso una poetica.
Per il momento non abbiamo ancora ricevuto proposte e a dire la verità fatichiamo a contenere le nostre – siamo un progetto piccolo, autofinanziato, un po’ suicida e dobbiamo fare i conti con tempo ed economie – ma in un futuro accadrà.
E credo che sarà una chiacchierata al bar, il modo migliore. Un caffè di Parigi, una grattachecca a Roma, un bicchiere di vino a Bolzano…

A.C. Attraverso quali canali distribuite? Dove si possono trovare i vostri libri? Pensate di proporre co-edizioni all’estero?
Distribuiamo attraverso una rete di librerie in Italia e all’estero con le quali sentiamo di avere sensibilità e obiettivi comuni, luoghi che ci conoscono e di cui noi stimiamo il lavoro. E poi attraverso il nostro sito, dove si possono ordinare le copie.

Grazie!
Intervista di Anna Castagnoli
Il collettivo les cerises è composto da:
Angelika Burtscher, Agnese Canziani, Cecilia Canziani, Daniele Lupo. Francesca Campli si occupa della distribuzione e dei laboratori; Sara Zolla dell’ufficio stampa.
Per acquistare o vendere i libri di les cerises o per organizzare un laboratorio per bambini: contact@lescerises.net
Sito: lescerises.net
Pagina Facebook: qui

 


Concorso Tapirulan 2017 in scadenza! – 10 giorni

Quest’anno, ho l’onore di far parte della giuria del concorso di illustrazione Tapirulan, alla sua tredicesima edizione: un concorso che ho sempre amato per la serietà e la simpatia dei suoi organizzatori.
Ho messo uno zampino nella scelta del tema, quando Fabio Toninelli mi ha proposto una lista di idee ho fatto subito il tifo per CIAO. Un tema aperto e vasto, ma che conduce inevitabilmente alla relazione.
Che si arrivi o si parta, per poco o per sempre, CIAO è una parola che mi piace: dolce, a volte ironica, non è mai aggressiva.
Sfoderate la vostra fantasia!

L’inaugurazione della mostra Tapirulan, a Cremona, 2016

LINK REGOLAMENTO COMPLETO: QUI
Cosa: una tavola.
L’opera deve essere di formato quadrato, deve avere dimensioni non inferiori a 25×25 centimetri e non superiori a 40×40 centimetri.
Spedire a: Associazione Culturale Tapirulan
corso XX Settembre 22, 26100 Cremona
Scadenza: 25 ottobre 2017 (fa fede il timbro postale)
Costo: 10 euro
Premio: a giuria selezionerà, a suo insindacabile giudizio, le 48 illustrazioni da esporre in mostra e da pubblicare sul catalogo. Tra le 40 opere selezionate, 12 verranno pubblicate anche sul calendario. La giuria assegnerà inoltre il primo premio di 2.000 euro e il vincitore verrà invitato – l’edizione successiva – a fare parte della giuria e a realizzare una mostra personale presso lo Spazio Tapirulan. Le 48 illustrazioni selezionate saranno pubblicate su www.tapirulan.it, dove gli utenti registrati potranno votare il proprio artista preferito, il più votato riceverà un premio di 500 euro.
Giuria:
Tony Wolf, illustratore, presidente di giuria

Giulia Pastorino, illustratrice (vincitrice della XII edizione)
Anna Castagnoli, Le figure dei libri
Mauro Gatti, presidente Associazione Illustri
Mariaflora Giubilei, direttrice Musei di Genova-Nervi
Maria La Duca, Illustratore Italiano
Simone Sbarbati, editor-in-chief di Frizzifrizzi
Pablo Amargo, illustratore
Fabio Toninelli, presidente Associazione Tapirulan
Andrea Dami, Edizioni Dami

Qui di seguito qualche foto dell precedenti edizioni, premiazioni e vincitori, e un’illustrazione del presidente della giuria di quest’anno, Tony Wolf.

 

L’inaugurazione della mostra Tapirulan, a Cremona, 2016

Tony Wolf, presidente della giuria 2017, Animali dal mondo
Joao Vaz de Carvalho, Premio della Critica  2011
Francesca Pitrello, Premio Popolare 2009
Lorenzo Conti, Premio Popolare, 2017
Marco Giagnotti, Premio Popolare 2014
Giulia Pastorino, Premio della Critica, 2017
Giulia Pastorino, Premio della Critica, 2017, il giorno della premiazione

 


Storia di un carnet in viaggio

L’anno scorso, di pasaggio a Firenze, sono stata invitata a illustrare una pagina di Carnet Itinerante, un quaderno che ha girato come una trottola per tutta Italia, convolgendo tantissimi illustratori. Ho chiesto a Madeleine Frochaux e Alberto Bonetti. che hanno ideato e curato il progetto, di raccontarmi questo viaggio.


Marina Marcolin

Madelaine e Alberto, di Torino, sono anche gli organizzatori del bellissimo concorso di illustrazione That’s a Mole, ho chiesto loro di raccontarci questa avventura:

Cosa: Progetto #carnetitinerante
Quando: dal 23 luglio 2015 al 26 marzo 2018
Ideato e realizzato da: Associazione Circolarte
Link: www.circolarte.it

Bagaglio a mano 217×160 mm
In pochi grammi di carta ci stanno dei mondi. Il piacere di (ri)scoprire sulle pagine disegnate ricordi annotati, un paesaggio lontano, i dettagli di un volto, un pezzettino di storia.
“L’idea del carnet itinerante è nata a Torino nel 2015, parlando di viaggi e di illustrazione, mentre sviluppavamo il progetto “In camminoâ€, un’indagine artistica sul tema del viaggio. (Qui il progetto con mostra di Marina Marcolin / Gianluca Folì / Viola Niccolai a The Others art fair ).
Volevamo riflettere sul tema del viaggio, come cammino fisico e astratto percorso dall’uomo, come esperienza personale di esplorazione interiore.

Per questo, il carnet ci è sembrato il contenitore ideale per un viaggio artistico! Un carnet de voyage nasce proprio per contenere tratti di viaggio. Ma soprattutto, ci siamo detti, se a viaggiare non fosse stato l’illustratore ma il carnet stesso, da una città all’altra, da un illustratore all’altro, quante cose avrebbe potuto raccontare?
Le sue tappe sono diventate, allora, le scrivanie degli illustratori che gli aprono la porta, il suo viaggio, città diverse, china e matite, passamano, inviti e biciclettate: ogni pagina ha una storia e un carattere diverso.

il kit

Quanti viaggi stanno in 105 pagine?
Tanti quanti gli occhi che raccontano, le mani che lo illustrano, pagina per pagina.
“Studiamo il da farsi, cerchiamo un carnet che sia bello, personalizzato e con una carta che possa dare ampio libertà di scelta sulle tecniche utilizzabili. Troviamo con fortuna l’azienda torinese 13sedicesimi, che realizza taccuini a mano e che crede nella nostra idea. Ci realizza appositamente per il progetto il carnet di 61 pagine bianche numerate con indice, carta con fibre di cotone (matelica gesso 180 g/m2) e copertina in cartone naturale con titolo del progetto inciso. Delizioso!

Sulla pagina Facebook di Circolarte lanciamo la call to action per partecipare liberamente al progetto e invitiamo di persona alcuni tra gli illustratori a cui teniamo particolarmente. Realizziamo un video per lanciare il progetto. Tra mail, Facebook, amici e colleghi siamo belle che oltre 40 artisti coinvolti… le pagine sono già quasi finite!â€

Un viaggio di gruppo. Organizzato (quasi)
Come all’inizio di ogni viaggio, tutto è pronto. Qualche dettaglio da definire, ma pare esserci tutto.
Scatola, istruzioni, scotch. C’è persino un file xls su Google Drive con la lista degli illustratori che aderiscono al progetto (Alberto ha capito, dopo anni accanto alla mia scrivania, che i tempi di un illustratore non necessariamente vanno al ritmo delle idee e delle buone intenzioni!).

Il 23 luglio 2015, un po’ emozionati, consegnamo ad Elisa Talentino il #carnetitinerante, al caldo ai piedi di Palazzo Madama.

Quanti passi è lungo un viaggio?
Come in viaggio capitano imprevisti e si cambiano i programmi – incontri una persona, ti fermi a cena e poi a dormire, rimandi la partenza per la tappa successiva, torni indietro a riguardare qualcosa… il carnet ha preso il suo ritmo personale, dalle prime tappe di pochi giorni arriva a residenze di mesi. Gira da due anni, principalmente per passamano (non abbiamo trovato un corriere che si affezionasse al progetto tanto da sponsorizzarci spedizioni assicurate) e incontri più o meno casuali.

Tappe di km, pagine di silenzio contemplativo, ogni artista una tecnica, una diversa idea di viaggio.
Gioia Marchegiani ha attraversato di corsa in bicicletta Roma con il carnet nel cestino, Mauro Sacco dalla pianura l’ha portato al mare, Chiara Fedele l’ha passato di porta in porta agli artisti di Tromello, e così via.

foto di Gioia Marchegiani

Quante storie può raccontare un carnet di viaggio?
È un bell’andare, dice Andrea Calisi nella sua illustrazione. Ed è proprio così: un viaggio di gruppo di tanti “viaggiatori solitariâ€.
Un daino salta, una bambina sbircia attraverso la porta, si cade in un complicato labirinto, si arriva al mare, si migra in volo, si arriva ad una casetta, si riparte, piano o di corsa, ci si riposa all’ombra di un albero…. le illustrazioni sono una più bella dell’altra!

Elisa Talentino
Marco Somà
Chiara Fedele
Francesco Chiacchio
Vittorio Bustaffa
Gianluca Folì
Gioia Marchegiani
Marco Cazzato
Carla Manea
Simone Massoni
Elisabetta Banfatto
Anna Castagnoli
Andrea Calisi
Martina Vanda

Ogni pagina conduce a territori inesplorati, sconosciuti, a contatto con realtà differenti, con percorsi e dimensioni inaspettati.
Le pagine si imbarcano, si riempiono e arricchiscono di immagini, idee e segni diversi, ognuna col suo carico di riflessioni personali e astratte.
Il carnet si si trasforma, è un viaggio fisico e un viaggio metaforico, un viaggio corale di oltre 40 “matite erranti†per raccontare il senso del viaggio.


Quando è ora di tornare (a casa)?
Il carnet itinerante è partito da Torino nell’estate 2015 e sta viaggiando per l’Italia.
Alcuni tra i migliori artisti e illustratori del panorama italiano ed estero hanno partecipato a questo viaggio.
Poi, come quando si torna da un viaggio, si stampano le foto e si organizza una cena di gruppo di tutti i partecipanti.
L’idea è di chiudere il viaggio in primavera e trovarci tutti di persona a Bologna, in occasione della Fiera del Libro.
Per un incontro reale tra pagine, un bicchiere e chissà perchè no, forse una mostra e una pubblicazione (cerchiamo spazi, se qualcuno avesse suggerimenti…).

Il carnet itinerante è un progetto dell’Associazione Circolarte, una realtà che abbiamo fondato due anni fa per sviluppare progetti artistici di utilità sociale caratterizzati dalla restituzione dell’arte alla comunità.
Siamo molto contenti dell’adesione degli artisti e dell’entusiasmo che accompagna il carnet nel suo viaggio.

foto di  Gioia Marchegiani

Questo è il carnet itinerante, un oggetto semplice ma prezioso: un accumulo di suggestioni, illustrazioni emozionanti, idee originali. E’ possibile seguire le tappe del carnet e scoprire le tavole gli artisti che partecipano al progetto nella sezione news o sui social con l’hashtag #carnetitinerante.

Hanno già partecipato:
Monica Barengo – Caluso (TO); Elisabetta Benfatto – Loreggia – (PD); Valentina Biletta – Celle Ligure – (SV); Rossana Bossù – Val della Torre – (TO); Vittorio Bustaffa – Padova; Andrea Calisi – Roma; Anna Castagnoli – Firenze; Francesco Chiacchio – Firenze; Marco Cazzato – Torino; Paolo d’Altan – Milano; Ilaria Falorsi – Firenze; Chiara Fedele – Tromello – (PV); Gianluca Folì – Roma; Gianluca Garofalo – Roma; Carolina Grosa – Aosta; Gioia Marchegiani – Roma; Marina Marcolin – Arcugnano – (VI); Carla Manea – Malo – (VI); Tullia Masinari – Tromello – (PV); Simone Massoni – Firenze; Marco Paschetta – Cuneo; Chiara Pasqualotto – Roma; Gabriele Pino – Cigliano – (VC); Francesco Poiana – Roma; Laura Pugno – Torino; Alex Raso – Savona; Mauro Sacco – Varazze – (SV); Marco Somà – Mondovì – (CN); Elisa Talentino – Torino; Simona Traina – Tromello – (PV); Elisa Vallarino – Varazze – (SV); Martina Vanda – Roma
e a breve sulle pagine:
Annalisa Bollini; Dalia del Bue; Alessia Bravo; Chiara Dattola; Zosia Dzierzawska; Stefano Faravelli; Madeleine Frochaux; Riccardo Guasco; Mauro Mazzara; Andrea Musso; Viola Niccolai; Alessandra Sorrentino; Resli Tale; Ilaria Urbinati; Roberta Vottero.

Madeleine Frochaux e Alberto Bonetti sono gli ideatori del #carnetitinerante.
Coppia creativa di Torino, fondatori dello studio imperfect, del concorso That’s a Mole e non ultimo di Circolarte, l’associazione promotrice del progetto, si lanciano con entusiasmo in progetti più grandi di loro :D