A caccia di ricordi con Miguel Tanco. Sàrmede, giugno 2013

Miguel Tanco, insieme a Eva Montanari, terranno un corso di illustrazione a Sàrmede (TV) nella mia stessa settimana, dal 24 al 29 giugno (info sui loro corsi qui). Ho chiesto a entrambi di raccontarci qualcosa sul loro corso.
Il post di Eva lo trovate qui.
Miguel in questo post ci descrive il lavoro del primo giorno a Sàrmede, il resto del corso lo ha descritto in questo post, sul blog dei Topipittori.

 

Creazione di una mappa per un immaginario personale della storia
Corso di Sàrmede, giugno 2013
di Miguel Tanco

Il punto di partenza del mio corso a Sarmede sarà la ricerca di un immaginario personale per la storia. Due anni fa avevo scritto per la rivista Andersen questo testo, dove raccontavo, con tutti i miei limiti per l’italiano (sono spagnolo), perché è importante raccogliere esperienze e avere un bagaglio visivo.

“Disegnare linee con un ombrello nel fango, Mafalda, Miguelito e Libertà, arrampicarsi sull’albero di melograno in autunno, i film di Tarzan il sabato, i libri illustrati di Salgari, i temporali di fine estate, un grande cane di nome Aaran, le cicogne che tornano sui tetti rossi, il bianco su bianco della calce nelle case, un fustino di Dixan pieno di giocattoli, l’odore delle gomme da cancellare.”

Il ritorno ai ricordi dell’infanzia, mescolato con l’oblio. La ricostituzione dei sogni, idealizzando la realtà per poter realizzare un’immagine suggestiva.
L’illustratore è anche un creatore di finzioni, come il poeta (“Il poeta è un fingitore/ finge così completamente/ che arriva a fingere che è dolore/ il dolore che davvero sente” scriveva Fernando Pessoa), ma ha bisogno di questa materia prima per poter fare il proprio percorso verso un immaginario personale.
Poi le fonti di lavoro saranno infinite, ma è importante che la materia prima, le fonti originarie siano sincere.
La narrazione con le immagini non nasce solamente come una rivelazione dal testo: il bagaglio visivo dovrà essere costruito dall’illustratore prima ancora di conoscere il testo da illustrare, come se l’illustratore fosse il coautore di un testo complementare alla storia.
La nostra proposta illustrata ci obbliga a rinnovare continuamente il dizionario visivo: ogni film, ogni mostra, ogni libro potrebbe essere una fonte d’ispirazione che ci aiuta nella ricerca della immagine. Il viaggio verso l’immaginario è pieno di domande quasi sempre senza risposte; il nostro lavoro dipenderà dalla qualità di quelle domande e da quel viaggio nell’oblio che, riuscito o no, vale sempre la pena fare.

Calle Templarios in Jerez de los Caballeros (Extremadura-Spagna), dove sono cresciuto
Illustrazione per Cyrano de Bergerac (Gruppo Espresso 2010), Miguel Tanco

I primi esercizi del corso saranno destinati a raccogliere immaginario e capire come possono essere usati sul nostro mestiere d’illustratori.

Il testo parla dell’infanzia, ma preciso che non sono dell’opinione che per illustrare libri per bambini serva tornare sempre alla propria infanzia e diventare bambini. Quello che voglio segnalare è che, a priori, possiamo raccogliere la nostra esperienza e sensibilità e unirla a un futuro lavoro facendo una specie di “Binomio Fantasticoâ€.

L’obiettivo è non andare sempre a vivere dove abita il testo, ma lasciare anche che il testo venga a vedere come è bella la nostra casa.

Corso di Miguel Tanco al Museo Abc Madrid 2012

Per info e iscrizioni QUI
o scrivete una mail a info@sarmedemostra.it


Concorso Internazionale di illustrazione “I colori del sacro” 2014

Jesus Cisneros Laguna, Terra, i colori del sacro

I Colori del Sacro è ad oggi l’unica rassegna itinerante dedicata a tematiche sacre nel campo dell’illustrazione per l’infanzia, e guarda non soltanto alla cultura ebraico cristiana, ma anche alle altre religioni e tradizioni culturali ancor oggi vitali o che comunque sopravvivono in racconti, feste e riti appartenenti ai diversi popoli. Scopo della mostra è quello di stimolare alla lettura i bambini ed i ragazzi, avvicinandoli a testi che solitamente non leggono e facendo loro conoscere culture e tradizioni diverse per educarli al confronto e alla convivenza (obiettivo ormai imprescindibile se si guarda alla realtà delle scuole di oggi, sempre più frequentate da studenti delle più varie provenienze, culture e religioni).
Il progetto ha preso avvio nel 2001 per iniziativa del Museo Diocesano di Padova e del Messaggero Sant’Antonio, e ha da subito visto la collaborazione della Fondazione Mostra Internazionale di illustrazione per l’infanzia “Stepàn Zavrel†di Sarmede, da anni impegnata nel rapporto con il mondo dei bambini e dei ragazzi. Dopo la prima edizione di carattere generale, che attingeva al lavoro degli illustratori per l’editoria di settore, si è pensato di proporre ad ogni edizione un tema diverso, seguendo un particolare filone interculturale e interreligioso.

Tema: il tema scelto per la settima edizione della rassegna è “il Viaggio“. Le illustrazioni potranno esplicitare il tema approfondendo sia quegli aspetti legati al desiderio di conoscenza e di scoperta che da sempre caratterizza gli spostamenti verso terre e popoli lontani, sia tutti i risvolti più di tipo psicologico, emotivo e spirituale che accompagnano le fasi del viaggio e che accomunano il sentire di chi parte, per qualsiasi meta, fosse anche un partire simbolico. Qui trovate alcune brevi tracce tematiche fornite dagli organizzatori come piccolo aiuto al lavoro degli illustratori; si tratta di spunti da cui liberamente partire per realizzare le tavole per la mostra, indicazioni evocative e non certamente esaustive del tema, di cui tenere conto o meno.
Cosa: ogni illustratore può partecipare inviando fino a 3 illustrazioni originali  nel formato massimo di 60 x 50 cm, realizzate ex novo per I colori del Sacro o meno, edite o inedite, ciascuna accompagnata dall’apposita scheda descrittiva.
Scadenza: 7 settembre 2013.
Premi: come avvenuto nella sesta edizione, anche quest’anno sarà assegnato il Best Illustrator Award I colori del sacro 2014. All’illustratore prescelto verrà riconosciuto un premio in denaro pari a 1.000 €uro, e sarà affidato l’incarico di realizzare le tavole per un albo illustrato sul tema dell’edizione 2016; la pubblicazione uscirà entro novembre 2015 e sarà a cura di una casa editrice del settore che proporrà all’illustratore selezionato un regolare contratto di pubblicazione. Tutte le illustrazioni originali selezionate saranno inoltre riprodotte, complete di didascalia, sul catalogo a colori della mostra, in tutti i materiali promozionali dell’iniziativa (inviti, folder, pieghevoli, flyer, locandine, manifesti, CD per la stampa), nonché su poster e cartoline disponibili alla vendita presso i bookshop delle diverse sedi espositive dove la rassegna sarà allestita.
Considerazioni aggiuntive: dopo la tappa padovana (18 gennaio – 2 giugno 2014), anche la settima edizione della rassegna sarà proposta in altre sedi, fino all’apertura dell’edizione successiva; si rende pertanto obbligatorio che gli artisti partecipanti concedano l’autorizzazione a esporre le opere originali sia a Padova che nelle diverse tappe della rassegna fino a febbraio 2016. Dopo tale termine, il Museo diocesano di Padova restituirà a ciascun illustratore le tavole originali, ad esclusione degli originali che ciascun autore deciderà di propria iniziativa di donare al Museo diocesano per il suo Fondo permanente di illustrazione. Le opere non selezionate per la mostra saranno comunque restituite ai legittimi autori.

Scarica qui il bando completo del concorso!

Per maggiori informazioni scrivete a info@icoloridelsacro.org, oppure contattate la Segreteria organizzativa del premio ai numeri +39 049 652855 / +39 049 8226167.


Coinvolgere il lettore 3: la prospettiva, da Brunelleschi a Anthony Browne

Francesco  Borromini  1599 –1667

In questo post e in quest’altro abbiamo visto alcuni stratagemmi grazie ai quali il lettore (il fruitore dell’immagine) è interrogato e sollecitato a “entrare” dentro l’immagine. E’ qualcosa che insegno sempre ai miei corsi: quando si pensa un’immagine, quando la si costruisce, non si dovrebbe mai dimenticare quell’invisibile finestra che separa il lettore dal disegno: è da lì che il lettore entra dentro l’immagine.

Uno dei più sofisticati sistemi per invitare il lettore a “entrare” nell’immagine è l’invenzione della prospettiva centrale. Non che prima la prospettiva non fosse conosciuta (le misure dei templi greci sono tutte pensate per correggere e calibrare la visione dell’occhio umano che tende a deformare gli oggetti del campo visivo) ma a nessuno era mai venuto in mente di ordinare tutte le fughe prospettiche in un solo punto di fuga.

Giotto 1297, Leggende di San Francesco

Agli inizi del 1400, Filippo Brunelleschi inventa la prospettiva a punto unico di fuga. Se osservate il quadro di Giotto vedrete che ci sono diversi punti di fuga, come se l’immagine fosse guardata da più persone in posti diversi, o da una sola ma in momenti diversi. Il punto di fuga unico presuppone invece un solo spettatore, posizionato davanti all’immagine, e un’unità di tempo e di luogo del vedere.
Si potrebbe dire che la prospettiva a punto unico di fuga regala allo spettatore il miglior posto possibile per assistere alla scena: al centro della platea (Brunelleschi era anche scenografo), e gli regala anche la rassicurante sensazione di essere uno e non centomila. Lo spettatore rinascimentale è uno spettatore ricco e sicuro della sua identità.

La città ideale, (anonimo) 1480 e il 1490

La rivoluzione della prospettiva rinascimentale è data dall’illusione di poter ordinare la realtà secondo un ordine matematico e universale, e metterla ai piedi, se così di può dire, dell’uomo. L’uomo non è più in balia delle forze della natura e del caso, ma diventa padrone e maestro dell’universo.

Ma la prospettiva a punto unico di fuga è, passatemi il gioco di parole, un errore di prospettiva.
Noi non vediamo la realtà così. Intanto, di rado siamo così ricchi da poterci permettere un posto al centro della platea, senza nessuno davanti; poi, la prospettiva centrale presuppone un solo occhio, mentre noi ne abbiamo due: le leggi della profondità di campo che governano il nostro sguardo non sono le stesse di quelle che governano un’immagine prospettica bidimensionale; infine, molti esperimenti sulla percezione neuronale (1) dimostrano che l’essere umano ha una percezione sinestetica del mondo circostante, molto più vicina a una rappresentazione artistica simbolista che realista. Alla luce delle scoperte sulla percezione, Giotto è più realista di Brunelleschi.
Insomma, la prospettiva centrale a punto unico di fuga è solo un banale trompe-l’oeil.

Pensate a quale rivoluzione culturale, soprattutto politica, hanno portato i movimenti artistici del cubismo, del surrealismo, dell’espressionismo o dell’astrattismo, che hanno rinunciato alla misurabilità matematica e oggettiva del reale a vantaggio di un’interpretazione emotiva e soggettiva, che hanno rinunciato alla centralità dello spettatore unico a vantaggio della contemporaneità (più democratica) di diversi punti di vista.

Georges Braques, Paisatge de l’Estaque, 1908

Nel 1900, attaccata e minata dalle rivoluzione delle avanguardie, la prospettiva ha trovato rifugio nel cinema. Stanley Kubrick, in particolare, è stato un grandissimo interprete della prospettiva centrale a punto unico di fuga. Guardate questo video e scoprirete come Kubrick sia riuscito a restituire al mondo l’angoscia claustrofobica del punto di vista centrale. Se nel Rinascimento essere al centro dell’universo era un grande sollievo, nel 1900 diventa l’icona della solitudine più radicale.

Il cinema ha compensato il senso di solitudine e costrizione della prospettiva centrale offrendo la possibilità all’uomo-spettatore unico di spostarsi e guardare il mondo da punti di vista inusitati e improbabili. La telecamera lo porta a spasso con sé facendogli assaggiare l’ebrezza di visioni prospettiche che quotidianamente gli sono precluse. L’uomo-spettatore della prospettiva cinematografica è un uomo onnipotente.

Shining, Stanley Kubrick, 1980

In illustrazione, l’uso della prospettiva marca ancora la differenza tra la “realtà oggettiva” (per essere esatti, la sua rappresentazione codificata dal rinascimento in avanti): misurabile, con un solo spettatore, precisa, e la “realtà soggettiva” (per essere esatti, la sua rappresentazione codificata dal ‘900 in avanti): emotiva, simbolica, indefinita.


François Roca

Javier Zabala

Quando, come illustratori, scegliete di dare allo spettatore la sensazione di una realtà “oggettiva” (che nella realtà non esiste), usando la prospettiva con un solo punto di fuga (e quindi un solo punto di vista), cercate sempre di rispondere a questa domanda: il posto che avete assegnato allo spettatore quale è? Guardare da lì (e non da altrove) che cosa significa a livello politico, emotivo, simbolico?

Maurizio Quarello, L’autobus di Rosa, orecchio acerbo 2012
  Roberto Innocenti, Pinocchio, La Margherita 2006
Anthony Browne

Nel libro Voices in the Park, Anthony Browne racconta la storia di quattro personaggi, un bambino-scimmia, sua madre, un cane e un uomo-scimmia che accidentalmente si incontrano in un parco, vista dai quattro punti di vista dei diversi personaggi (potete sfogliare il libro qui). Quattro voci, quattro storie completamente diverse che danno al lettore la misura della relatività del punto di vista del soggetto. Ognuno dei personaggi vede il mondo a suo modo, e la sua visione non può che essere povera. Solo il lettore può rendersi conto di questo, e per questo il suo sguardo è più ricco di quello dei personaggi narranti. Forse, il tesoro della cultura umana è costituito proprio dalla possibilità di arricchirsi di punti di vista diversi dal proprio, o di averne uno capace di mutare.

(1) Guardare, pensare, progettare. Riccardo Falcinelli

Voices in the Park
Anthony Browne
Un pomeriggio al parco raccontato da 4 voci
13,09 euro

Tre preziosi corsi di illustrazione a Martina Franca (Puglia), estate 2013

Ancora corsi…! Quest’estate avrete l’imbarazzo della scelta.

ROGER OLMOS
29 luglio-2 agosto 2013
In questo corso impareremo a sviluppare e spremere la nostra immaginazione al massimo. Dalla nostra esperienza e visione personale della vita faremo in modo che il nostro lavoro sia qualcosa di piú che un semplice contributo visuale alla storia, offrendo delle seconde letture, piccoli messaggi, e delle possibili storie paralelle.
Dovremo fornire ai nostri personaggi una loro psicologia ed intensificarla con l’aiuto di ambientazione e composizione,
ingredienti fondamentali per acquisire l’attenzione del lettore.

VIOLETA LOPIZ
5-9 agosto 2013
Utilizzare la natura e il metodo scientifico per trovare nuove idee e nuove tecniche di illustrazione.
Condurre il lavoro sul campo in modo da trovare ispirazione nei luoghi di lavoro. Questo corso si ispirerà al posto di lavoro e alla persone che sono in esso. L’illustratore come osservatore della natura: osservare la natura, analizzarla, studiarla, imitarla, utilizzare la scienza come fonte di ispirazione.
Scendere in campo, raccogliere dei campioni, classificarli, denominarli, guardare le stelle, leggere una mappa, utilizzare l’illustrazione per capire la natura, utilizzare la natura per motivare la nostra creatività.
Chi crea è responsabile, al termine della ricerca, di portare un messaggio e comunicarlo agli altri. Perciò il creativo non deve perdere la voglia di sperimentare e riprendere il metodo scientifico potrà dargli alcune linee guida.

MATTEO GUBELLINI
26-30 agosto 2013
La danza delle dita sul foglio, per stanare ombre e luci, e scoprire il volume di ogni forma.
L’analisi di vari albi illustrati, come spunto per affrontare ogni giorno una tematica diversa, legata a diverse esigenze narrative e compositive.
Per info e iscrizioni cliccate qui o scrivete a:
info.fineartfactory@gmail.com


Illustrare la montagna: corsi di illustrazione tra le rocce e il cielo (Pasubio)

NOTA: LE ISCRIZIONI SONO PROROGATE FINO AL 15 LUGLIO.

Il Festival Tra le Rocce e il Cielo, sul massiccio del Pasubio, tra Vicenza e Trento, giunto alla sua terza edizione, quest’anno offrirà una serie di workshop di illustrazione legati a questi fantastici luoghi.
SCARICA IL PROGRAMMA IN PDF


Pasubio, immagine tratta dal sito del Festival

Il paesaggio è una trama che si presta all’osservazione e al racconto. Quello che interessa in questo progetto è il paesaggio montano, in particolare quello del monte Pasubio. Su questo monte l’intreccio di livelli narrativi è tale da giustificare un interesse specifico da parte di chi si occupa di illustrazione, fumetto, graphic novel e della promozione di questi linguaggi. Scrive Gilles Clément che «L’idea proviene dall’incontro con il luogo. Vi è intimamente associata e si giustifica soltanto attraverso questa intimità, senza la quale potrebbe applicarsi a qualsiasi luogo del territorio». Con questo spirito, il progetto Pasubiana mira a far nascere sul Pasubio, a partire dall’estate 2013, una “piccola scuola di disegno di montagnaâ€.

Programma:
Alle residenze di ogni autore corrispondono tre workshop aperti a tutte le persone interessate a disegnare e camminare in montagna. Ciascun workshop  durerà 2 giorni. Sarà necessaria attrezzatura sportiva e discreta familiarità con la montagna. Alcuni esperti provenienti dal Museo della Guerra di Rovereto e dal MuSe accompagneranno gli artisti e i partecipanti in escursioni mirate.

I corsi:
Alicia Baladan
Storie di piante, rocce e animali
da venerdì 23 a domenica 25 agosto
Alicia Baladan, illustratrice, lavorerà sul paesaggio. Guarderà con particolare attenzione ad aspetti legati alla vegetazione, alla geologia, alla fauna preistorica. Immaginerà come poteva apparire il Pasubio in ere in cui l’acqua marina lo ricopriva.

Antonio Marinoni
Storie di architetture, rifugi e guerra
da lunedì 26 a mercoledì 28 agosto
Antonio Marinoni, illustratore, si concentrerà sul rapporto tra Pasubio e Grande Guerra, a partire da elementi biografici, dal confronto con fotografie d’archivio e lettere, dallo studio delle architetture di guerra.

Marina Girardi e Rocco Lombardi
Storie di pastori, camminatori e recuperanti
da venerdì 30 agosto a domenica 1 settembre
Marina Girardi e Rocco Lombardi sono una coppia di fumettisti. Lavoreranno sulla dimensione narrativa legata al transito di persone e animali sul Pasubio oggi: pastori transumanti, rifugisti, escursionisti, recuperanti, abitanti stagionali
del monte.

Costi:
Costo workshop 220 euro (il materiale è compreso).
Le iscrizioni si chiuderanno il 15 giugno 15 luglio 2013. Il rimborso della quota d’iscrizione non è previsto.

Informazioni e iscrizioni:
Giulia Mirandola
info@giuliamirandola.it
Cell. 328 9343926
www.tralerocceeilcielo.it
SCARICA IL PROGRAMMA DEI CORSI IN PDF

(post curato da Lisa Massei)


Coinvolgere il lettore 2: la posizione del protagonista e quella del lettore

Leggi il post: Coinvolgere il lettore: dire meno, dire poco, nascondere.

Uno dei più affascinanti quadri della storia dell’arte è La caduta di Icaro di Pieter Bruegel il Vecchio. Prima di continuare a leggere, guardatelo con un po’ di calma qui, in più alta definizione.

Pieter Bruegel il Vecchio, 1558

Il soggetto del quadro, Icaro, che pensava di poter sfidare le leggi della fisica e raggiungere il sole, non c’è. Al suo posto, al centro del quadro, abbiamo un contadino che ara la terra. Solo in un secondo momento ci accorgiamo che Icaro c’è, in effetti, ma è già caduto, si vedono solo le sue gambe nella parte destra del quadro, in basso.

Quando vidi per la prima volta questo quadro (dal vero), dopo la sorpresa di scorgere Icaro quasi  fuori quadro, provai un senso di sgomento. Era una beffa! Tutta l’ottusa macchina del mondo aveva avuto la sua rivalsa su Icaro.
Di Icaro e del suo volo magnifico, metafora dell’ambiziosa ed effimera bellezza dei più grandi sogni umani, non restava più niente. Restava solo, vittoriosa, fastidiosamente presente, l’indifferenza del paesaggio: l’ottuso e sensato lavoro del contadino che arava la terra, l’imperturbabile polvere d’oro del sole che continuava la sua orbita.
Banalmente,  il quadro di Breugel ci dice che il centro è il luogo per eccellenza del protagonista: basta un semplice spostamento per dire altro. Ma c’è qualcosa di ancora più complesso in questo spostamento: io, spettatore, nel momento in cui scopro le gambe di Icaro nella parte meno importante della scena, sono “dalla sua parte”. Proprio la posizione secondaria e infima di Icaro muove la mia empatia, mi strugge, mi dà tutta la misura della mia propria fragilità e miseria.
Qualcosa dell’ambizione e della caduta di ogni uomo sono rappresentate nella caduta di Icaro, e quel genio di Bruegel sapeva che per chiamare all’appello la nostra propria miseria, doveva usare un escamotage.

Jacob Peter Gowy, da bozzetto di P. P. Rubens, La caduta di Icaro (1636-1638)

Ora guardate questo quadro di Jacob Peter Gowy. Dedalo e Icaro occupano da veri protagonisti tutta la scena. La tesa di Icaro è quasi perfettamente al centro dell’immagine. Sono molto dispiaciuta per Icaro, ma è LUI che sta precipitando, non io! Posso essere spaventata, preoccupata per la sua sorte, sollecitata dal suo grido, affranta per il suo osso del collo che non avrà lunga durata, ma mentre provo tutto questo il mio sedere resta bellamente comodo sulla poltrona, e al calduccio: penso a Icaro e alla sua triste sorte e sono ben contenta di non essere al suo posto. Guardando il quadro di Bruegel, invece, io sono Icaro. E Icaro è tutti gli uomini del mondo. L’indifferenza della vita che continua nonostante la sua morte ferisce me in prima persona. Bruegel è riuscito in questa acrobazia empatica con due escamotage (e un buon quid di misterioso genio): non ci ha mostrato il viso di Icaro, l’ha spostato fuori scena.

Un paio di mesi fa è stato pubblicato un mio articolo sulla rivista Fuera de Margen dal titolo: Le maschere del discorso narrativo (potete  leggerlo in italiano qui). Nell’articolo analizzavo la posizione del lettore davanti alla copertina poco convenzionale del libro El actor, illustrato da Simone Rea.
Da allora, quando guardo un’illustrazione o un quadro, non smetto di interrogarmi su tutti quei segnali, più o meno convenzionali, che indicano al lettore quale è il suo ruolo all’interno dell’immagine che sta vedendo. Chi è il lettore? (chi sono io mentre leggo?): è un semplice spettatore o è chiamato ad essere protagonista? E’ un voyeur o un amico franco?

El Actor, Uday Prakash e Simone Rea, A buen paso, Spagna

Ora, per iniziare a renderci consapevoli del ruolo che occupiamo quando guardiamo un’immagine (e relative sensazioni), facciamo qualche esercizio. Solo allenandoci come spettatori potremo capire e scovare quei trucchi che ci serviranno poi per guidare le emozioni dei nostri lettori al momento di illustrare un libro. Ascoltate le sfumature e le differenze di sensazioni davanti alle prossime due illustrazioni (prima di continuare a leggere, guardatele con attenzione).

Olaf Hajek

Questa ragazza ci guarda (funzionerebbe ancora meglio se lo sguardo fosse esattamente rivolto allo spettatore), noi la incontriamo proprio come potremmo incontrare qualcuno per strada, il suo viso e il suo sguardo ci invitano (ci obbligano, quasi) a una relazione. La sua richiesta di relazione è leggermente aggressiva, per via dell’eccessiva vicinanza a noi (immaginate di ritrarre questa ragazza con una invisibile macchina fotografica che state tenendo in mano: sareste molto vicini al suo viso, troppo, forse, per i codici di comportamento tra sconosciuti), e per via dello sguardo diretto. Non abbiamo scampo, dobbiamo immediatamente darle una risposta, salutarla o girare pagina se non ci è simpatica.

Ritratto di Naoko, di Lizzy Stewart

Ora guardate con attenzione Naoko, di Lizzy Stewart, la ragazza è leggermente più lontana, e non ci guarda direttamente, il suo sguardo è forse indirizzato ad altri, o perso in un pensiero. Guardandola non ci sentiamo sollecitati e obbligati a rispondere subito: possiamo entrare di più nella scena, fermarci più tempo prima di decidere se ci piace o non ci piace, se abbiamo voglia di sapere qualcosa di più di lei o no. Sa che la stiamo guardando? La sua indifferenza ci intriga. Non sei lì per noi, tu, Naoko? Sei al centro della scena e non ci guardi? Ohi! dico io, dopo un primo momento di curiosità: girati a guardarmi!

Vi lascio riflettere su questa introduzione, lunedì prossimo analizzeremo ancora la posizione del protagonista e la conseguente posizione (sensazione) dello spettatore in un’immagine.