Beatrice Alemagna, La promenade d’un distrait, Seuil Jeunesse 2005
Questa estate, a Sarmede, insegnando illustrazione a più di 80 allievi, mi sono accorta che una delle cose che ripetevo più spesso era di girare i personaggi di profilo o di tre quarti, e di non metterli in posa, davanti al lettore, come se si stessero facendo fare una fotografia.
I personaggi, sulla scena dell’album, dovrebbero avere l’aria di vivere in un mondo che non riguarda il lettore, a meno che non ci sia un gioco voluto, esplicito, tra i personaggi e il lettore.
I personaggi di un album sono come attori sul palco di un teatro. Se recitano le loro parti rivolti verso il lettore perché il lettore li veda meglio, devono (dovrebbero) dare l’impressione, il meno forzata possibile, che sia naturale essere in quella posizione, girati così.
Fanno eccezione a questa regola la copertina e la prima pagina, dove di solito viene presentato il personaggio: vedremo meglio queste eccezioni nel prossimo post.
A teatro, tradizionalmente, gli attori entrano in scena e fanno finta che il pubblico sia invisibile. Anche il pubblico ama sentire di essere invisibile.
Una quarta, invisibile, impenetrabile parete separa la finzione in cui recitano gli attori sul palcoscenico dalla realtà della sala dove siede il pubblico.
Un attore, allora, potrà fare un intero monologo con la testa e il corpo rivolti verso il pubblico, ma dare l’impressione di parlare solo a se stesso, come se davanti a lui non ci fosse nessuno.
Teatro della Cittadella dei Giovani di Aosta “Aspettando Godot”
Oppure, gli attori possono entrare in scena e rivolgersi direttamente al pubblico con un dialogo franco e diretto. In questo caso, la quarta parete scompare. Questa diversa maniera di recitare e considerare la distanza tra lo spazio della finizione scenica e quello della realtà dove siede il pubblico dovrà essere esplicita, come è chiaro in un testo il “Tu, lettore, che leggi queste righe...” con il quale l’autore si rivolge al lettore in un romanzo.
In questo caso, un po’ della finzione che c’è sul palco arriverà fino alla sala e un po’ della realtà che c’è nella sala salirà fino al palco.
Il libro illustrato ha molto in comune con il teatro e con il cinema. L’illustratore deve sempre essere molto chiaro nel far capire al lettore se la quarta parete c’è o non c’è.
L’attore Mauro Monni
Jean-Claude Floch
Fronte e profilo sono due codici molto importanti nella storia del libro illustrato e nella storia dell’arte. Entrambi hanno un significato narrativo che si è depositato, lungo i secoli, nella cultura di chi guarda le immagini.
Riassumo in questo post i principali significati della posizione di fronte e di profilo nell’arte e nell’illustrazione. Tralascio quella di ‘tre quarti’, che è una posizione intermedia meno codificata. Forse, per questa minore codificazione, la posizione di tre quarti traduce una dimensione psicologica più intima e raccolta (M. Schapiro).
Il bacio di Giuda, Cimabue (1240-1302)
Nelle immagini raffiguranti il vangelo, miniate o affrescate, il Cristo è spesso ritratto di fronte e gli apostoli di profilo. Questa posizione lo rende distante dalla vita degli apostoli: egli rivolge lo sguardo fuori dalla scena, il suo viso e il suo sguardo, perpendicolari alla scena, si sottraggono all’azione. Egli è un’icona.
Essere di profilo significa essere paralleli alla storia, al tempo, alla dinamica narrativa che scorre parallela alla tela o alla carta.
Gli apostoli, messi di profilo in opposizione al Cristo frontale, sono dentro il tempo secolare (almeno fino a che non saranno santi o martiri e prenderanno a loro volta la posizione frontale in antagonismo alle belve o ai demoni tentatori), il Cristo ne è fuori.
Quando Giotto illustra il Cristo di profilo mentre Giuda lo bacia, parallelo a Giuda, uguale a Giuda, solo appena più alto, ne sottolinea tutta l’umanità e la fragilità . Egli è un Cristo del tutto umano. Interamente dentro la storia.
Il bacio di Giuda, Giotto, 1303-1305 c. Cappella degli Scrovegni, dettaglio, Padova
Nell’affresco di Giotto, il passaggio dalla posizione frontale con cui Cristo veniva solitamente rappresentato in questa scena, a quella di profilo, avviene attraverso il movimento, quasi cinematografico, della teste di due soldati dietro i due personaggi principali.
Traccia che svanisce di un Cristo-icona, ma anche stratagemma per seguire con un movimento fluido l’intercambiabilità di Cristo e Giuda.
Forse, solo per un caso, Cristo non è Giuda e Giuda non è Cristo, sembra volerci dire Giotto.
Nell’arte antica egiziana, dove quasi tutte le figure erano ritratte di profilo, una parziale frontalità veniva concessa, come eccezione, alla rappresentazione dei morti.
Nell’arte medioevale, i demoni e i malvagi venivano ritratti di profilo. Nelle rappresentazioni dell’Ultima cena, a volte il profilo è riservato esclusivamente a Giuda, in opposizione alla frontalità di tutti gli altri discepoli.
Sarà per questa tradizione che il lupo di Cappuccetto Rosso è quasi sempre illustrato di profilo o di schiena quando si presenta a Cappuccetto? E lei di fronte o tre quarti?
Ecco alcuni esempi.
Anonimo, (fine 1700?), Musée du loup au Cloître Saint Thégonnec, Bretagna
Gustave Doré, Chaperon Rouge, 1867
Arthur Rachkam, (1867 – 1939) Cappuccetto Rosso
Chissà se Walter Crane, nel 1875, quando ritrae l’incontro di Cappuccetto Rosso con il lupo, mettendo entrambi di profilo, ha un’intenzione narrativa simile a quella di Giotto .
Walter Crane, 1875
Fronte e profilo si sono delineati nel tempo come una coppia dialettica, ma i loro significati non sono mai fissi: è il modo in cui vengono giustapposti che crea il messaggio, l’ipertesto narrativo. Il profilo e il ritratto di fronte, presi individualmente, non sono che due modi diversi di disegnare un viso.
Il critico d’arte Meyer Schapiro, in un saggio sublime del 1996, scrive che possiamo paragonare il profilo alla terza persona del discorso narrativo, e il ritratto frontale, alla prima.
Non è affascinante questo raffronto?
“Il profilo, per dirla nelle grandi linee, è come la forma grammaticale della terza persona, l’impersonale “egli” o “ella” con la forma verbale concordata e appropriata; mentre al viso di fronte viene accreditata un’attenzione, uno sguardo latentemente o potenzialmente rivolto all’osservatore e corrisponde al ruolo dell'”io” nel discorso, con il suo complemento “tu” (…).” Words, Script, and Pictures: Semiotics of Visual Language, 1996
L’affermazione di Schapiro è corretta, secondo me, per tutti i casi in cui il ritratto frontale buca la quarta parete invisibile per rivolgersi volutamente verso lo spettatore. Come il “Tu, lettore…” del narratore di un romanzo.
Ma quando il ritratto frontale è usato per sottrarre alla storia e all’azione il personaggio, per renderlo icona, io credo che non sia più EGLI, ELLA, LORO, ma diventi: IL, LA o I, seguito da un sostantivo e non da un verbo.
Stepan Zavrel, affresco a Sarmede, Treviso
Nelle illustrazioni di Emanuele Luzzati, come in quelle di Stephan Zavrel, che prendono molta ispirazione dall’arte delle icone russe, i soggetti rappresentati hanno spesso la testa rivolta verso lo spettatore, anche quando il corpo è girato di profilo per svolgere l’azione.
È quasi come se, con la loro testa girata verso di noi, ci dicessero che non hanno un nome, che non si chiamano Giovanni, Teresa o Pallino, ma che sono icone. Quando sono bambini, sono ‘I bambini’ e stanno per tutti i bambini del mondo, oppure I pastori, IL principe, LA principessa, etc.
In questo caso, una certa distanza impersonale separa lo spettatore dai protagonisti, ma è una distanza diversa da quella della narrazione in terza persona. E di sicuro non è intima come quella del discorso diretto.
Se si può parlare di ‘tono narrativo’ anche per un’immagine, le illustrazioni dove le teste sono girate di fronte mentre l’azione spinge i corpi trasversalmente avranno un tono esemplare: come quello di una massima, di una favola morale o di una storia proverbiale.
Guardate come è diverso il tono narrativo, il sapore retorico dell’immagine, in queste due scene di Luzzati, che rappresentano entrambe la morte apparente del personaggio principale: Biancaneve e La Bella Addormentata.
Nella prima immagine, la testa di Biancaneve è frontale, così come quella dei nani.
È il simbolo di tutte le fanciulle ingannate da una matrigna gelosa, un’icona. Ed è forse, anche, l’icona della Morte. I nani sono un coro, anche loro simboleggiano il dolore di tutti i lutti.
Davanti alla seconda tavola, qui sotto, proviamo una sensazione diversa. I visi del Principe e della Bella Addormentata sono perpendicolari al lettore (uno di profilo e uno di tre quarti) e paralleli alla bidimensionalità della pagina.
Paralleli, dunque, a quella pellicola sottile che è la storia che scorre sul libro: indifferenti al nostro sguardo, come nascosti dietro un’invisibile velo (la quarta parete), essi si incarnano in due soggetti totalmente immersi nella storia. Non sono icone, sono personaggi credibili nell’azione, umani e reali.
Guardandoli entriamo, quasi cadendo, nella finzione scenica.
La testa di profilo o di fronte nell’immagine è un elemento che influenza il tono retorico della storia che viene raccontata, e in un certo senso, anche il suo stile.
Cari illustratori, se vi ho messo un po’ di confusione in testa, non vi preoccupate, nel prossimo post faremo altri esempi e vedremo che in generale, ad eccezione della copertina e della prima pagina del racconto, nell’album illustrato i personaggi sono quasi sempre di profilo o di tre quarti.
Segue. Leggi la seconda parte…