Corso base di economia del picture book. Lezione 5

Lezione numero 5LE VIE DEL MERCATO SONO INFINITE
di Plumers

Lo so che ti ho scoraggiato, cara Anna.
E ne hai ragione. Anche perché le ipotesi che ho fatto non sono per nulla plausibili.

Eppure, il settore dell’editoria (e quello degli albi illustrati in particolare) sono dinamici, pieni di fermento. Possibile che ci sia così tanta gente che, insieme a te, è disposta a perdere tempo e denaro in un’avventura destinata al fallimento o, quanto meno, a offrirti un reddito molto modesto??
Ma il lupo, cara Anna, non sempre è così cattivo come lo si dipinge. Anzi, spesso sembra molto cattivo solo perché ci accorgiamo della sua presenza solo quando fa buio.
Per consolarti ho pensato che fosse importanti farti sapere due cose:
1) gli autori/illustratori non hanno, come unico sbocco professionale il picture book. Possono integrare il proprio reddito facendo illustrazioni o scrivendo testi per riviste, aziende, agenzie di pubblicità; insegnando in corsi di illustrazione o di scrittura creativa; facendo laboratori  a pagamento nelle scuole, nelle librerie, nelle biblioteche. La pratica dell’illustrazione e del testo commerciali sono di solito molto utili allo sviluppo della creatività: pensa a Munari, Carle, Lionni, il dottor Seuss e tutti gli altri che avevano fatto della pubblicità una professione e che, parallelamente, conducevano la vita clandestina dell’illustratore/facitore di libri.
E poi ci sono gli illustratori artisti: Hai mai provato a comprare un quadro di Mattotti, nella sua galleria parigina, o una tavola originale di Simona Mulazzani o di Fabian Negrin alla Galleria l’affiche di Milano?
Ma quello che mi piace di più è quello che fanno i giovani illustratori stranieri: libri autoprodotti con serigrafie o monotipie, in tiratura limitata, che vendono a prezzi fra i 50 e i 100 euro. E li vendono davvero! (Hai visto quelli bellissimi di Gosia Machon alla Galleria Squadro a Bologna, durante BilBolBul?).

2) gli editori non hanno, come campo di gioco, solo il ristretto mercato librario nazionale. Possono proporsi come realizzatori di progetti editoriali o di comunicazione per imprese e istituzioni (in questo, Carthusia ha molto da insegnare a tutti). O possono presentarsi nei mercati esteri come fornitori di contenuti, vendendo i diritti delle opere che pubblicano (per esempio, “Che cos’è un bambino†di Beatrice Alemagna, pubblicato da Topipittori, e “Il libro sbilenco†di Orecchio Acerbo hanno avuto un buon successo in Italia, ma sono anche stati pubblicati in molti altri paesi, generando non solo maggiori ricavi, ma anche una riduzione del costo unitario diretto di produzione, con il conseguente aumento del margine operativo lordo (rileggiti la Lezione numero 3)

La storia non finisce qui. Quello che ti ho raccontato in queste lettere, che ho pomposamente chiamato lezioni, è probabilmente discutibile e possibilmente inesatto. Ma spero che ti abbia aiutato  a capire qualcosa in più dei meccanismi economici che governano la creazione, la produzione e la commercializzazione degli oggetti della tua passione e della tua professione.
Di cose da imparare e da capire ce ne sono ancora un sacco. Per esempio: com’è che i librai, se non vendono un libro lo possono rimandare al distributore, senza che questo comporti per loro alcun onere?
Ma, per adesso, basta. Di scienza triste ne hai avuta abbastanza. Per qualche mese non te ne parlo più. Lo giuro.

Continua a fare libri.
Ciao.
Plumers

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Corso base di economia del picture book. Lezione 4

Lezione n°4UN’ILLUSIONE OTTICA
di Plumers

Cara Anna,
parlando di costi unitari, rischio di creare un’illusione ottica: sembra che tutti guadagnano e che il mondo sia bello e felice. Allora, proviamo a dare un’occhiata ai valori assoluti.

L’ipotesi che un albo abbia una tiratura di 2000 copie non è affatto peregrina. È questa la tiratura media degli editori italiani. Aggiungiamo un’ulteriore ipotesi: che le 2000 copie vengano tutte vendute in un tempo ragionevole e che, quindi, il costo unitario di produzione sia uguale al costo unitario del venduto. Questo ci semplifica la vita, anche se farà arricciare il naso agli editori, che sono abituati a vendere le 2000 copie in tempi molto più lunghi di quelli che ipotizzeremo.

Per comodità, diciamo che un tempo ragionevole è 1 anno.

20 euro x 2000 copie = 40 000 euro, che per soggetto si ripartiscono così:
autore/illustratore: 4.000 euro
librai: 12.000 euro
distributore: 10.000 euro
editore: 14.000 euro

Di ciò che riguarda i librai e i distributori ci occuperemo più avanti
Ma disponendo di questi dati possiamo domandarci quanti libri da 20 euro che vendono 2000 copie bisogna produrre per campare.

Autore/illustratore
Supponiamo che la tua sia una persona modesta, senza grilli per la testa, che ti accontenti di guadagnare, come un precario di call center, i famosi 1000 euro al mese.
Stanti le imposte che devi  pagare e gli accantonamenti previdenziali che ti suggerisco di accumulare per avere in futuro una pensione, per poterti permettere di spenderne 1000 euro al mese devi incassarne almeno 20.000 l’anno. Questo significa 10 libri all’anno se sei solo autrice o illustratrice; o 5 libri all’anno se fai entrambe le cose, come peraltro sai fare. Oppure – perché no? – un solo libro. Ma da 10.000 copie vendute.

Editore
Dei 14.000 euro per titolo,  la metà se ne vanno per pagare i costi diretti di produzione. Quindi l’editore ha un margine operativo lordo di 7000 euro per titolo (date le ipotesi iniziali, delle quali non voglio qui discutere l’adeguatezza e la verosimiglianza).
Un editore ha bisogno di: un ufficio, qualche computer, un paio di linee telefoniche e un collegamento a banda larga e, se ha molta voglia di lavorare, il lavoro di due persone per fare una decina di libri (tre se ne fa una ventina, eccetera). Poi deve pagare la partecipazione alle fiere (da sola, la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna costa 5000 euro fra stand minimo e albergo di quart’ordine), regalare copie alla stampa, inviare i libri ai premi, pagare gli interessi passivi sui soldi che si fa prestare dalla banca.
Possiamo ipotizzare che un ufficio costi 20.000 euro all’anno; che stampa,promozione e fiere costino 10.000 euro all’anno; che due persone costino 40.000 euro all’anno (sempre i soliti precari da call center) e gli interessi passivi siano trascurabili (e anche qui già sento il rombo dei mugugni degli editori).
Quindi, un editore deve fare 10 libri all’anno solo per arrivare al pareggio, date le nostre ipotesi.

Per fortuna, cara Anna, che fai ancora in tempo a cambiare mestiere. E a decidere di non diventare editore.

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Corso base di economia del picture book. Lezione 3


Lezione 3 – COSTI FISSI, COSTI VARIABILI ED ECONOMIE DI SCALA
di Plumers

I costi non sono tutti uguali. Ci sono costi che variano al variare della quantità prodotta e costi che rimangono sempre uguali: costi variabili e costi fissi.
«Perché è importante la distinzione?» domanderà la mia ingenua lettrice.  «Ma è ovvio,» risponderò io. «Per le economie di scala!» (Tanto per farti sentire tutto il peso della tua ignoranza.)

Nella Lezione numero 2, stimando i costi diretti di produzione, ho specificato un’ipotesi importante: una tiratura di 2000 copie. Mi hai domandato: «Ma cosa succede se la tiratura aumenta o diminuisce?» «Ma è ovvio,» rispondo io, sempre per metterti di fronte alla tua assoluta mancanza di cultura economica e di basi ragionieristiche, «l’incidenza dei costi fissi per copia aumenta o diminuisce…» So che sarà difficile, ma cercherò di spiegartelo…

Se un editore produce un libro, la quantità di carta che usa per ogni copia è sostanzialmente sempre la stessa, che faccia mille copie o diecimila. Quindi il costo della carta per ogni copia è uguale, a prescindere dalla tiratura del libro. (Non è proprio vero, ma quasi: diciamo che è una accettabile semplificazione). Quindi se, per esempio, in un libro ci sono 0,50 euro di carta, in 1000 libri ci sono 500 euro di carta e in 100.000 libri 50.000 euro di carta.
Ma non tutti i costi sono così: ce ne sono che non variano al variare della quantità di libri prodotta: il progetto grafico, l’impaginazione, l’editing, le riproduzioni fotolitografiche, gli avviamenti della macchina da stampa costano sono indipendenti dalla quantità di copie che l’editore produce. Per esempio, per un libro basta un progetto grafico, che costa – poniamo – 500 euro, che l’editore stampi 100 copie o 100.000. Questi costi si chiamano “costi fissiâ€.

Se, per esempio, i costi fissi sono di 2000 euro, e l’editore produce 2000 copie l’incidenza dei costi fissi per copia è di 1 euro. Ma se ne produce 1000 è di 2 euro, e se ne produce 4000 è di 0,50 euro. Quindi, la quantità prodotta  del singolo libro  influenza il costo unitario, che aumenta se la tiratura diminuisce e diminuisce se la tiratura aumenta. Quindi, più copie l’editore produce (e vende, aggiungerei) di un singolo libro, meno gli costa (in termini unitari) produrlo. Questo fenomeno, di grande importanza, si chiama “economie di scalaâ€.

Ma il bello è che il prezzo di copertina non cambia.

Un editore molto gentile mi ha fatto questo esempio:
«Se del “libro A†(lui mi ha detto titolo e autore ma io, per riservatezza, li taccio) faccio 2000 copie, il costo diretto di produzione è di 2,75 euro per copia. Se dello stesso libro, per qualche ragione ne stampassi 10 000 copie, il costo totale unitario di produzione diminuirebbe a 1,82 euro.» Come avrai capito, cara Anna, la differenza di 0,92 euro diventa margine operativo lordo.

0,92 x 8000 = 7360 euro in più che entrano nelle tasche dell’editore.

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Corso base di economia del picture book. Lezione 2

Lezione numero 2 – Il LAVORO DI EDITORE
di Plumers

Cara Anna,
come abbiamo visto nella Lezione numero 1, dei 20 euro che hai pagato per il tuo libro, all’editore ne entrano in tasca 7. Mica male. Con 7 euro si possono fare un sacco di cose. Ti piacerebbe sapere come l’editore li spende? E magari quanti gliene rimangono in tasca?
Qui le cose, ti devo confessare, si fanno più incerte, vuoi per la reticenza di molti degli editori che conosco, sia per la forte variabilità dei pochi dati che mi hanno comunicato.
Quindi, ciò che ti dico in questa lezione lo devi prendere con le pinze.

Un albo con un prezzo di copertina di 20 euro non è proprio un libretto qualsiasi. Per convincerti a spendere una cifra così più elevata della media (fra i 13 e i 14 euro), il libro deve essere proprio bello, ben curato, stampato ad arte. E ben sappiamo quanto tu sia esigente.
Un libro bello, è un libro gravato da un carico di costi superiore alla media, a giustificare il suo prezzo più elevato. Supponiamo che il tuo albo sia un libro cartonato con almeno 48 pagine, tutte a colori, stampato in Europa (perché se si stampa in India o in Cina si spende meno, ma la qualità rischia di soffrirne), su carta di qualità e con riproduzioni professionali.

Se ipotizziamo una tiratura di 2000 copie, il costo diretto del prodotto (riproduzioni, carta, stampa, legatura e trasporto) può essere stimato intorno ai 3,50 euro.
In tasca all’editore rimangono 3,50 euro.

Qui cominciamo a fare delle ipotesi un po’ ardite. Di questi 3,50 euro, una quota qualsiasi compresa fra 0,50 e 1 euro finiscono per i costi indiretti di produzione (grafica, impaginazione, editing e redazione). Facciamo 0,75 e non ne parliamo più
Ne restano 2,75 per pagare tutto il resto.
Questi 2,75 euro sono è il cosiddetto “margine operativo lordoâ€

Cara Anna, ti devo però confessare che le ipotesi che ho fatto sono piuttosto avventate, e funzionali a facilitarmi la vita. Diciamo che rappresentano solo un’approssimazione, un caso di studio didattico e possono non corrispondere alla realtà di tutti gli editori o alla media degli editori. Ma, per quanto avventate siano, il risultato a cui sono giunto è confortato da un dato empirico: Mondadori, che è considerato il più efficiente fra gli editori italiani di libri, ha un “margine operativo lordo†del 14%: 2,80 euro su 20 euro (basta prendere il bilancio, che è pubblico, fare due conti e… voilà!)

2,75 euro per copia ti sembrano molti?
Non stare troppo a lambiccarti, cara Anna. Qualsiasi risposta è sbagliata.

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Corso base di economia del picture book. Lezione 1


Noi illustratori siamo abituati a pensare al libro come a una creazione artistica.
Ma, diversamente da un’opera d’arte, il libro illustrato è anche un prodotto industriale. Mi sono però resa conto che molti illustratori, fra i quali anch’io, sono digiuni di ogni conoscenza delle meccaniche produttive e commerciali del picture book.
Dopo il recente dibattito a seguito del post sul Codice Deontologico dell’Illustrazione stilato da A.I., ne ho parlato con Plumers, poliedrica figura di ex-libraio, che segue silenziosamente il blog e partecipa occasionalmente al forum delle Figure dei Libri. Passano pochi giorni, e nella casella della posta ho trovato questo.
Mi sembra giusto condividerlo con voi.
Grazie infinite Plumers!

Lezione numero 1A CHI VANNO I SOLDI
di Plumers
Cara Anna,
se vai in libreria e compri un albo, sborsi una certa cifra, in contanti o con carta di credito.
Questa cifra si chiama prezzo (o prezzo di copertina). Per comodità di calcolo la fisso in 20 euro. Il prezzo di copertina rappresenta il ricavo lordo: questi 20 euro devono bastare a remunerare tutte le attività e pagare tutti i materiali utilizzati nel processo produttivo e nella commercializzazione. Procedendo a ritroso possiamo scoprire come vengono ripartiti.

La prima quota da sottrarre è data dai diritti d’autore: ad autore ed illustratore viene corrisposta una quota percentuale del prezzo di copertina. In genere, tale quota varia dall’8% al 12%, in funzione della notorietà del o degli autori, delle aspettative di vendita e della quantità di copie vendute. Considerando una media aritmetica, non ponderata, e al fine facilitare i calcoli, attribuiamo ad autore e illustratore il 10% del prezzo di copertina.
I 20 euro diventano 18.

Il libraio dal quale acquistiamo il libro deve veder remunerato il proprio lavoro e coperte le spese del negozio. In generale, trattiene una quota del prezzo incassato che oscilla fra il 25% e il 45% in funzione della fonte da cui si approvvigiona e della quantità di libri che acquista. Approssimativamente, possiamo stimare che la quota riservata al libraio sia in media intorno al 30%.
I 18 euro diventano 12.

Il libraio si può approvvigionare direttamente dall’editore (cosa che avviene raramente) o da un distributore, cioè un’azienda che si occupa di gestire, per conto dell’editore, la vendita (meglio detta promozione) il magazzino, le spedizioni, i pagamenti, le rese. Non è facile stabilire quale sia la quota del prezzo di copertina relativa alla distribuzione. Procedendo per differenza, dato che gli editori che ho consultato hanno una media di costi di vendita intorno al 55%, e dato che avevamo attribuito al libraio il 30%, la distribuzione si appropria del 25%.
I 12 euro diventano 7.

Questi 7 euro finiscono nelle tasche dell’editore e rappresentano il suo ricavo netto.

Con questi 7 euro l’editore deve pagare la produzione fisica dell’oggetto libro (impianti fotolitografici, carta, stampa, legatura,  trasporto), i professionisti esterni o i dipendenti direttamente coinvolti nella produzione (principalmente grafici e redattori), i costi generali (rapporti con la stampa; spese di gestione dell’ufficio come elettricità, telefono, arredi, attrezzature tecnologiche, spese postali; gli eventuali oneri finanziari; la partecipazione a mostre e fiere; salari e stipendi di dipendenti non direttamente coinvolti nella produzione; eccetera). E deve remunerare il capitale investito e il rischio d’impresa (profitto).
Ma questo, cara Anna, lo vedremo la prossima volta.

In  sintesi, il prezzo di copertina può essere suddiviso:

Per soggetto
Autore/illustratore: 10%
Libraio: 30%
Distributore: 25%
Editore: 35%

Per tipologia di attività
Creazione: 10%
Produzione: 35%
Commercializzazione: 55%

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Notizie per l’estate 2009

simone_rea
Simone Rea, illustrazione realizzata in omaggio alla luna per il blog Figuredeilibri. Qui potete trovare spiegata la sua tecnica. Grazie Simone! (Simone Rea è, a mio gusto, il migliore e più promettente giovane illustratore italiano).

1) Gentile e affezionato pubblico, qualche aggiornamento sul blog e sull’estate. A partire da domani andrà “in onda” una serie di 5 lezioni sugli aspetti commerciali dell’album illustrato, opera di un INFINITAMENTE GENTILE lettore del blog, che ci illumina su tutti quegli aspetti così spesso ignorati dagli illustratori (sottoscritta inclusa): costi di produzione di un libro, come vengono suddivisi i ricavati tra editori, distributori, librai, autori, commercializzazione del libro, come può “sopravvivere” un illustratore o addirittura vivere bene, etc. Il titolo del corso è: “Corso base di economia del picture book”. Un documento preziosissimo!

2) Dopo questo prezioso corso, caro il mio affezionatissimo pubblico, il blog Figuredeilibri e la sua autrice andranno in vacanza fino a settembre (ci rivediamo verso il 10). Se il caldo mi darà tregua proverò a prepararvi ancora un puzzle per l’estate, ma qui a Barcellona oggi ci sono 35 gradi, non una bava di vento, e sul Mac potrei far friggere due uova. Il forum invece rimarrà aperto, (chi non avesse ancora ben chiare le differenze tra blog e forum può leggere qui).

3) C’è ancora qualche posto disponibile per il mio corso di fine agosto a Padova. Non perdetevelo, sto già preparando diapositive, pozioni di colore e alambicchi per riuscire a trasformare tutta la mia passione per l’album illustrato in disegni meravigliosi (i vostri).

4) Durante l’estate ci sarà una riorganizzazione per categorie del materiale del blog. Sarà più facile dopo (spero) orientarsi nel materiale disponibile, che comincia ad essere ingente.

5) Sono di partenza per León, dove mi aspetta un vero e proprio simposio con i più grandi illustratori europei. Zabala, Alemagna, Odriozola… Mi è stato regalato per l’occasione un registratore portatile, spero di saperlo usare e rubare bellissime interviste audio per il blog!
Per i saluti, le buone feste e le lacrime d’addio ci aggiorniamo dopo il corso di economia a prima delle definitive vacanze. A presto!

Anna Castagnoli