Il nuovo blog dei Topipittori

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Pieno di libri, cultura e sapori,
ecco il nuovo blog dei Topipittori!

Grazie (credo) a un nuovo folletto collaboratore, gli editori Topipittori si sono tuffati nell’era di internet: potete seguire le loro novità sul nuovo blog o diventare fan della loro pagina Facebook.


Corsi di illustrazione di fine autunno 2010

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Maja Celija

La Fabbrica delle Favole organizza:

MACERATA

EVA MONTANARI
date: da sabato 30 ottobre a lunedì 1 novembre

MAJA CELIJA
date: da venerdì 26 a domenica 28 novembre

DAVIDE CALI’
date: da venerdì 17 a domenica 19 dicembre

ALESSANDRO SANNA
date: da venerdì 21 a domenica 23 gennaio

GEK TESSARO
date: da venerdì 11 a domenica 13 febbraio

Per informazioni:
Fabbrica delle Favole
Tel + Fax 0733 231740,
info(at)fabbricadellefavole.com

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Eva Montanari

L’Associazione Illustratori organizza:

MILANO
VICTOR TOGLIANI – “FUNZIONI NON VERBALIâ€
date: sabato 5 e domenica 6 novembre

MAURIZIO QUARELLO – “TECNICHE MISTEâ€
date: sabato 27 e domenica 28 novembre

PAOLA PARAZZOLI – “INCONTRO CON L’ EDITORâ€
date: sabato 11 dicembre

DARIO CESTARO – “IL LIBRO POP UP (FASE 2)â€
date: sabato 15 e domenica 16 gennaio

RAVENNA
EVA MONTANARI – “PROGETTARE UN ALBO ILLUSTRATOâ€
date: sabato 13 e domenica 14 novembre

DARIO CESTARO – “CORSO POP UP BASEâ€
date: sabato 4 e domenica 5 dicembre

Per informazioni: Associazione Illustratori
telefono: 02 8322840
mail: info(at)associazioneillustratori.it

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Svjetlan Junakovich

La Mostra Illustratori di Sarmede organizza (ne ho citati solo alcuni, altri corsi potete trovarli qui):

SARMEDE:

JAVIER ZABALA “L’illustratore e la sua tecnica”
Corso per aspiranti illustratori
Date: da sabato 30 ottobre a lunedì 1 novembre

LUIGI DAL CIN “SI PUO’ IMPARARE A SCRIVERE? GLI STRUMENTI DELLO SCRITTORE PER RAGAZZI”
corso di scrittura condotto da Luigi Dal Cin,
Corso per tutti
Date: da sabato 30 ottobre a lunedì 1 novembre

SVJETLAN JUNAKOVIC: “LABORATORIO SUL TEMA DEL NATALE”
Date: da sabato 6 novembre a domenica 7 novembre

E, sempre condotto da SVJETLAN JUNAKOVIC:
“UN ANNO DA ILLUSTRARE”: il calendario 2011
Date: sabato 4 dicembre a mercoledì 8 dicembre 2010

ALESSANDRA CIMATORIBUS “IILUSTRANDOâ€
Corso per tutti
Date
: sabato 13 novembre e domenica 14 novembre

per informazioni: SARMEDE MOSTRA segreteria
tel: +39 0438 959582 –
mail: info(at)sarmedemostra.it

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Per chi fosse a conoscenza di altri corsi me lo scriva, così aggiorno il post.


Una volta, un giorno (Quarenghi-Mulazzani)

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Una volta, un giorno, Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani. Franco Cosimo Panini 2008

Una volta, un giorno di Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani è un inno alla gioia.
Non so se vi è mai capitato, sotto un acquazzone, di venir presi da un irresistibile desiderio di mettervi a ballare, o davanti al sorgere del sole, di alzare le braccia in un gesto di festoso saluto… ecco, Una volta, un giorno mi dà, dalla prima pagina all’ultima, la precisa sensazione che bisognerebbe ballare, intrecciare rime, cantare e alzare le braccia verso il sole, almeno una volta al giorno, per mantenersi sani di mente.

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Una volta, un giorno, Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani. Franco Cosimo Panini 2008

Il libro inizia con l’elenco di una serie di strani protagonisti: un piede, un occhio, un fischio, uno sbadiglio, una mano, un desiderio…, che sono in qualche modo implicati nella logica di un frammento di mondo:

“C’era un volta un occhio, si era perso in una farfalla e volava volava. C’era una volta un fischio, aveva preso un treno e viaggiava viaggiava. C’era una volta un desiderio, si era fidato del mondo e aspettava aspettava… “

Questo mondo, lo si capisce immediatamente dall’importanza data alle parole (graficamente protagoniste del libro), è quello del linguaggio poetico. Se su una pagina bianca, una poesia è una poesia (esercizio di stile, gioco del linguaggio), in una pagina illustrata, dove le parole sono parole e immagini, la poesia diventa mondo e realtà. Le illustrazioni di Simona Mulazzani, piene di vita, caldissime, contribuiscono a rendere credibile questo gioco, e ci invitano in un mondo dove gli sbadigli possono trasformarsi in nuvola, le parole mettersi a riposare, i treni, infilarsi nel mare e insegnare ai delfini a fischiare.

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Una volta, un giorno, Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani. Franco Cosimo Panini 2008

A un tratto succede qualcosa. Al centro del libro, una pagina nera, imponente, ci dice: MA UN GIORNO
C’è una svolta. Qualcosa ha bloccato il libero fluire delle strofe: è un muro. Cosa succede adesso che il linguaggio stesso si è organizzato in forma di città-muro, di barricata? Sembra quasi di udire un rullo di tamburo, la suspense è enorme. Saremo puniti per aver osato abitare un mondo che rispondeva all’unica legge della struttura poetica?

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Una volta, un giorno, Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani. Franco Cosimo Panini 2008

Voltiamo la pagina e veniamo abbagliati: ognuno degli oggetti protagonista delle pagine precedenti, subisce uno spostamento all’interno di un nuovo verso poetico, e questo spostamento lo libera, lo premia, lo culla, creando un climax esplosivo. Ad esempio il verso “C’era un volta un occhio, si era perso in una farfalla e volava volava.” diventa: “La farfalla volò oltre le viole, l’occhio finì nel cielo e adesso è il sole.” Il linguaggio sembra rivendicare un’onnipotenza felice, e ci convince che non è peccato capovolgere il mondo. 

La fine del libro è una sorpresa che non vi voglio togliere: perché “il desiderio che aveva avuto fiducia nel mondo e aspettava, aspettava“, a un certo punto si stufa di aspettare (la realtà di riferimento è qui, in chiusura del libro, quella vera, dove i desideri non vengono esauditi magicamente: che potere avrà, allora, la poesia su questa realtà? Riuscirà a capovolgere amarezze e delusioni?), e…

MA UN GIORNO, mi verrebbe da ripetere con Paul Eluard, la poesia salverà il mondo.

Complimenti doppi a queste due autrici che, con un’apparente semplicità di stile (vi sfido a saperla riprodurre questa semplicità! Ce ne vuole di arte per lasciare andare così le parole e le forme…), hanno creato un canto.

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Una volta, un giorno, Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani. Franco Cosimo Panini 2008

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Una volta, un giorno, Giusi Quarenghi e Simona Mulazzani. Franco Cosimo Panini 2008

Il mondo delle cose fragili, saggio su Beatrice Alemagna, Le immagini della fantasia, Sàrmede 2010

Quest’anno ho avuto l’onore di firmare l’introduzione al lavoro di Beatrice Alemagna, ospite d’onore 2010, sul catalogo della Mostra Internazionale di Illustrazione di Sàrmede. Per chi non avesse modo di trovare il catalogo, ecco qui sotto il mio articolo: buona lettura!

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Histoire courte d’une goutte, Beatrice Alemagna, Autrement Jeunesse, Parigi 2004

IL MONDO DELLE COSE FRAGILI
di
Anna Castagnoli

Le immagini della fantasia
Mostra Internazionale di Illustrazione di Sàrmede – 28ª edizione. www.sarmedemostra.it

(THE WORLD OF FRAGILE THINGS: download english text )

Tiro via dalle pagine di Mon amour, strano animale ricamato, due fili di cotone, e nelle mani mi cadono bottoni colorati, lustrini, nuvole di garza verde, pezzetti di foglie rotte, un bastoncino appiccicoso (quel che resta di un lecca-lecca amaranto), una biglia, un biglietto ferroviario scaduto, una forcina per capelli. Guardo questo bottino fatto di quasi nulla e ho la sensazione che sia stato mio da sempre. Abitava le mie tasche di bambina, ne sono sicura. Fa uno strano effetto ritrovare qui, tra le pagine di un libro, quel tesoro che solo io conoscevo.
I libri di Beatrice Alemagna hanno questo potere, li si apre e ci si ritrova col naso incollato alla finestra, a guardare le gocce di pioggia che scivolano sui vetri, dalla cucina una voce conosciuta urla: “sono pronti i biscotti !â€.
Ho tutti i libri di Beatrice Alemagna sparpagliati sul tappeto davanti a me e mi rendo conto per la prima volta che, come in Un et sept, il racconto di Gianni Rodari in cui sette bambini di nazioni diverse sono lo stesso bambino, i libri di questa autrice non sono che un unico libro. Tutte le storie che Beatrice Alemagna ha scritto e illustrato, tutti i testi che ha scelto, sembrano voler rispondere a quest’unica domanda: come fare a salvare “le cose che spariscono senza che abbiamo avuto il tempo di vederle ?†(1)
Questo grande libro è popolato di personaggi delicatissimi, strani, spesso indefiniti, che sembrano avere in comune la stessa “inettitudineâ€; geneticamente inadatti al mondo; lacunosi, distratti, incerti, bucati, fuori posto, privi di una qualsiasi capacità di restare a galla in una vita “socialmente riuscitaâ€; testardi però, e ostinati nella ricerca di un posto nel mondo capace di accoglierli “così come sonoâ€.

La missione di questi fragili eroi non è facile: il mondo sembra andare a un ritmo troppo vorticoso perché loro possano starne al passo (Une maman trop pressée, Histoire courte d’une goutte, Un lion à Paris); il mondo sembra esigere da loro una carta di identità, ma queste creaturine, in tasca, non hanno che un nocciolo vecchio di pesca, interrogati, non sanno neppure dire chi sono (Mon amour, Jo singe garçon, Le secret d’Ugolin). Guardandoli guardarmi dalle pagine colorate, coi loro grandi occhi sgranati, mi vengono in mente Gli aiutanti di Giorgio Agamben: “Eppure in loro qualcosa, un gesto inconcluso, una grazia improvvisa, una certa matematica spavalderia nei giudizi e nel gusto, un’aerea scioltezza delle membra e delle parole testimonia della loro appartenenza a un mondo complementare, allude a una cittadinanza perduta o a un altrove inviolabile (…) Forse perché il bambino è un essere incompiuto, la letteratura per l’infanzia è piena di aiutanti, esseri paralleli e approssimativi, troppo piccoli o troppo grandi…â€(2)

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Gisèle de verre, Beatrice Alemagna, Seuil Jeunesse, Parigi, 2002

Queste creature così incerte, hanno però un coraggio “inauditoâ€. Ognuna di loro affronta il proprio destino con una forza che solo la grazia della verità può dare. Una goccia, uguale a mille altre, nasce su un lavandino mentre una grande bocca si sta lavando i denti, viene inghiottita dall’acqua e dallo sputo, finisce in un groviglio di tubi, fa in tempo a scorgere la meravigliosa giungla di oggetti che popola il buio e le fogne: “macchie di colore, visi paffuti, animali selvaggi, fiori d’acqua, oceani ghiacciati†poi muore evaporando su un marciapiede, senza che nessuno l’abbia mai vista (Histoire courte d’une goutte). Una bambina nata di vetro, completamente trasparente, vive coraggiosamente l’esperienza del rifiuto degli altri: la gente è inorridita dai suoi pensieri di corvi neri, lacrime, forbici affilate. Tanto peggio per gli altri! che non avranno mai la sua grazia (Gisèle de verre).
Un leone stanco della giungla decide di visitare Parigi, in una metropoli dove nessuno si sorprende più di niente, vive l’esperienza della solitudine (Un lion à Paris). Etc… Nessuno di questi anti-eroi, però, si lascia sopraffare: il leone troverà il suo posto come statua al centro di una piazza, la bambina di vetro viaggerà instancabilmente alla ricerca di un luogo dove le persone non temono la verità…

I protagonisti dei libri di Beatrice Alemagna, nonostante le apparenze, non sono dei perdenti. Leggete una delle sue storie, in cui disegni e parole sono una sola cosa, e chiudendo il libro scoprirete che la realtà è stata capovolta: i veri perdenti, sono gli altri, i veri perdenti siamo noi, che non sappiamo più fermarci a guardare, che non sappiamo più che cosa è davvero importante. E loro lo sanno, loro: i bambini, i protagonisti dei libri di Beatrice Alemagna, le cose fragili, gli animali. Lo sanno. Sanno della nostra debolezza, sanno di essere i portatori di una verità che noi abbiamo dimenticato: questo strano viaggio vorticoso, che si conclude evaporando su  un marciapiede, ha senso solo se si ha il coraggio di essere se stessi, di esaudire i desideri più forti che ci abitano, combattendo per essi, pagando, se è il caso, anche il prezzo della solitudine; l’avventura di una vita vale la pena di essere attraversata, se qualcuno, anche per un solo momento, ci riconosce e ci ama.
Riassunta così, l’opera di questa autrice a tutto tondo, può sembrare filosofica, riflettuta e morale. Invece no. Non c’è nessun messaggio che Beatrice Alemagna cerca di comunicare intenzionalmente. Ognuno dei suoi libri, prova ne è la loro grande spontaneità, è frutto della capacità dell’autrice di recuperare dentro di sé frammenti del mondo dell’infanzia. Perché la verità per la quale i suoi protagonisti combattono, è quella che tutti i bambini portano nelle loro tasche: diamanti e rubini che solo un adulto che ha dimenticato se stesso scambierebbe per pezzi di vetro trovati sulla spiaggia. Cosa c’è di più importante al mondo, di più urgente, del poter possedere una tartaruga, o di “annusare l’erba chiudendo gli occhi, correre dietro ai piccioni gridando, ascoltare la voce lontana delle conchiglie, arricciare il naso davanti allo specchio†(3)? Chi oserebbe dire che esiste qualcosa di più importante di questo? Eppure il mondo degli adulti sembra spaventato da questa verità così bella.

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Histoire courte d’une goutte, Beatrice Alemagna, Autrement Jeunesse, Parigi 2004

Avere la verità in tasca, però, non basta. La verità che questi personaggi portano con loro, li fa forti, ma non li salva dalla loro solitudine: è essere visti che salva; trovare qualcuno capace di riconoscerci.
La piccola goccia che sparisce evaporando su un marciapiedi ce lo insegna dolorosamente: se nessuno ci guarda, si muore.
In tutti i libri di Beatrice Alemagna c’è sempre un incontro, uno sguardo, un riconoscimento reciproco, che cambia il destino dei protagonisti. In Karl Ibou è un bambino che semplicemente dice: mi piace il tuo cappello, che salva il protagonista dalla disperazione.
«Adoro il vostro cappello, signore!
– Ti piace?
– Si, signore. Me lo regali, signore?
– Certo, se lo vuoi, è tuo – risponde Karl Ibou, sorpreso che si possa amare qualcosa che gli appartiene. – Sei un bambino proprio gentile – dice Karl Ibou. – Gentile io? Grazie signore, abitualmente, sono un bambino detestabile
.» (4)
In Mon amour, è un’altra creatura abbozzata che sa riconoscere il protagonista : «Tu non vuoi sapere chi sono?», domanda lo strano animale protagonista, «Sei il mio amore», risponde il nuovo amico, insegnandoci che non c’è bisogno di sapere nient’altro.
Nell’ultima pagina di La promenade d’un distrait, è l’abbraccio della madre che ricompone Giovanni ormai in pezzi. Ed è sempre un abbraccio, questa volta dei più coraggiosi, che dà senso alla storia di Oméga et l’ourse: l’orsa dice alla bambina che la vuole mangiare e Oméga tendendo le braccia risponde: d’accordo. In Jo singe Garçon è l’incontro con le scimmie che aiuterà Jo a ritrovare la sua identità…
Quando manca questo incontro è perché Beatrice Alemagna invita noi lettori ad essere “l’altro capace di riconoscereâ€, i piccoli protagonisti chiedono a noi, a noi che li guardiamo, di voler loro bene. Ci chiedono di capirli, e noi capiamo che, per farlo, dobbiamo rinunciare alla nostra logica abituale.
Non c’è mai, infatti, una ragione per la quale questi personaggi sono degni d’essere amati, se non quella delle loro “mancanzeâ€. L’autrice sembra accompagnarci per mano verso una dimensione dell’amore diversa da quella a cui veniamo educati. Non si ama l’altro per le sue qualità, lo si ama perché si è intravista la sua fragilità e questa fragilità, ci commuove.
Non voglio cadere nella retorica, ma non posso impedirmi di sottolineare quanto questo messaggio, nel mondo di oggi, sia prezioso.

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Hommage a? Andre? Franc?ois, Beatrice Alemagna, in: Un posthume sur mesure, Centre Culturel Français de Timisoara, 2005

Voglio aggiungere qualche parola sullo stile che Beatrice Alemagna utilizza per raccontarci le sue storie. Intanto avrete notato che non ho parlato, fino ad ora, di immagini o di testi. Nel mio lavoro di critica ho sempre dato una grande importanza al rapporto che si stabilisce tra testo e immagine in un libro illustrato, o alle dinamiche compositive dell’illustrazione… Stranamente, tutte le volte che leggo un libro di Beatrice Alemagna, mi dimentico di far caso a tutti questi elementi “critici†di lettura. Vengo trasportata dentro la storia, come se il mondo che mi viene offerto nelle pagine, esistesse davvero. Le emozioni sottilissime che le figure e le parole suscitano, sono di una qualità che impone il silenzio di ogni critica. È una domanda di salvezza che esce da questi libri, non c’è tempo per il superfluo, per il decoro, per considerazioni di carattere estetico.
Le immagini di Beatrice Alemagna sembrano essere state prodotte con la stessa esigenza: si tratta di raccontare una storia importante, non c’è tempo per fermarsi a “disegnare beneâ€, non c’è tempo per trovare stratagemmi che conquistano il lettore.
Quando un bambino disegna, – se gli adulti non hanno ancora fatto il danno di insegnargli cosa è “bello†e cosa no, di che colore va colorato il cielo, di che verde i prati –, disegna per tradurre uno stato emotivo, o l’imperativo di una storia che è dentro di lui. Le forme e i colori che escono dalle mani di questa grande illustratrice hanno la stessa armonia dei disegni dei bambini, ci comunicano la gioia istintiva dei blu di Matisse, la sicurezza delle forme di Picasso, sembrano rispondere, proprio come l’arte contemporanea, all’imperativo del sentire, più che a quello dell’apparire.

Non si può capire fino in fondo l’opera di Beatrice Alemagna, se prima non ci spogliamo di tutto quello che sappiamo, della nostra sicumera di adulti, esegeti, critici, per infilarci un costume a quadretti variopinti e incamminarci verso il mare. Non si possono amare con tenerezza i protagonisti dei suoi libri, se, troppo difesi dalle emozioni che accompagnavano la nostra infanzia, non ci fermiamo ad ascoltarli.
Vi invito a non avere paura: non sono emozioni drammatiche quelle che vibrano nei libri di Beatrice Alemagna: c’è la solitudine, è vero, c’è l’amarezza dell’essere diversi, la fatica di essere distratti e perdere pezzi di sé… ma tutta questa fatica di esistere è quella dell’infanzia: per essere consolati, c’è solo bisogno di un sorriso amico e un gelato al pistacchio. La salvezza non richiede uno sforzo più grande di un “mi piace il tuo cappelloâ€; basta non avere fretta; basta sdraiarsi sull’erba e guardare le nuvole passare, basta imparare a guardare l’altro, diverso da noi, nei suoi grandi occhi trasparenti e non spaventarsi di quello che si vede; basta ricordarsi, almeno tra le pagine di un libro, di tutte le cose fragili che abitano il nostro mondo, e prendersene cura.

Anna Castagnoli

1)   Histoire Courte d’une goute, Beatrice Alemagna, Autrement Jeunesse, 2004

2)   Il giorno del Giudizio, Giorgio Agamben, Nottetempo 2004

3)   Che cosa è un bambino, Beatrice Alemagna, Topipittori 2008

4)   Karl Ibou, Beatrice Alemagna, Autrement 2008


Non ci vogliono tante parole per raccontare una storia…

Sono morta dal ridere!

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Cowboy Henk, di Herr Seele e Kamagurka, via Drawn, potete trovare altre vignette sulla pagina Flikr di Ginette Lapalme

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Mia intervista televisiva in Islanda (in francese)

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Video intervista ad Anna Castagnoli (me!)

Frugando tra le bozze di post passati, ho ritrovato questo video. Ho deciso di vincere l’imbarazzo e pubblicarlo: è il video di una mia intervista televisiva svoltasi in occasione del mio viaggio in Islanda, nella primavera 2010. Così chi ancora non mi conoscesse, eccomi. Parlo un francese orroroso con un accento pietoso, e spero che non capiate una parola!! (vi ho tradotto qui sotto l’intervista).
L’intervista era la mia prima intervista televisiva, e non era preparata. Io ero piuttosto tesa, ma molto divertita dal fatto che:
– era appena scoppiato il vulcano e sembrava non saremmo più potuti tornare sulla terra ferma
– seduti dietro di me, in un angolo dello studio televisivo, c’erano: il direttore dell’Alliance Française, simpaticissimo ospite, e mio marito, e tutti e due facevano il tifo
– quando il presentatore ha iniziato a parlare in Islandese, mi sono definitivamente rilassata… Pensavo: ma cosa cavolo sta dicendo?? E mi veniva da ridere.

Intervista ad Anna Castagnoli (NdR: credo fosse la sintesi dell’ampio preambolo).
Benvenuta. Lei scrive delle storie per bambini, ma principalmente è disegnatrice… fabbrica immagini…

Entrambe le cose.  Scrivo dei testi e disegno anche le immagini, che è un “piùâ€: concepisco dei libri interi, dall’inizio alla fine.
Sono stata invitata qui per il festival Myrin, per una conferenza che avrà come tema, appunto, il rapporto testo-immagine. Perché fare libri per bambini non è solamente disegnare delle belle immagini o scrivere delle storie, ma è soprattutto lavorare su un rapporto che esiste tra testo e immagine, spesso molto complesso.

Per i bambini le immagini sono di un’enorme importanza… non è così?
Sì. Un’illustratrice, Kveta Pacosvka, un giorno ha detto: “Un libro illustrato è la prima galleria d’arte che un bambino visitaâ€. Dunque è estremamente importante offrire della qualità ai bambini, perché il libro illustrato è il loro primo approccio al mondo dell’arte.

Quali sono i suoi soggetti favoriti?
Prediligo delle atmosfere un po’ malinconiche. Mi piace trattare temi difficili. Difficili soprattutto per gli adulti, perché per quanto riguarda i bambini, credo che vivano delle emozioni molto forti… delle paure, a volte delle solitudini… Mi interessa indirizzarmi ai bambini che vivono queste emozioni, perché spesso non sanno tradurle… offro loro delle storie che parlano di queste sensazioni difficili.

Le vostre immagini hanno un grande qualità artistica, bisogna dirlo, potreste mostrarmi alcuni vostri disegni?
(Sollevo un’illustrazione).

Questo è uno dei vostri libri?
Sì, qui ho illustrato una bambina che gioca con piccoli oggetti e sogna delle cose, come fanno sovente i bambini, che con piccole cose da nulla sono capaci di entrare in mondi fantastici.

(Sollevo un’altra immagine). Questo è il Caballero Pepino (OQO edizioni): è la storia di un cavaliere che vuole conquistare una principessa, ma durante il suo viaggio incontra vari personaggi in lacrime, lui gli dà tutto quello che ha e alla fine arriva dalla principessa senza niente… (Poi mostro il Calendario Città del Sole 2010).

Avete anche una laurea in Filosofia e amate il circo.
(NdR: qui ho vacillato. Ho pensato: e ora come tiro un filo tra tutte queste cose?!).
Sì, è un po’ complesso il mio percorso. Quando ero piccola sognavo di lavorare in un circo, e non so… ho la sensazione di non essere andata troppo lontana da quel  sogno, perché lavoro con la fantasia. Ho poi preso una laurea in Filosofia Estetica. Ho sempre avuto un amore per la letteratura per ragazzi e per l’infanzia in generale, e a poco a poco sono arrivata a trovare un mestiere dove si esprimono (volevo dire “rassemblanoâ€) tutte queste cose: il senso della vita, l’immagine, la poesia, etc…

Sapete anche andare sui trampoli…
Sì, ha visto la foto?! (NdR: sul mio sito). Durante gli anni dell’università mi guadagnavo da vivere andando sui trampoli. Ed è lavorando con il Teatro della Tosse di Genova che ho conosciuto Emanuele Luzzati, un grande illustratore italiano, e scoperto così questo mestiere.

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Anna Castagnoli

Siete d’origine franco-italiana?
No, è un po’ complicato… sono nata in Francia, ho vissuto in Italia e ora abito in Spagna. Ed è per questa ragione che L’Alliance Française mi ha invitata in Islanda, perché ho uno sguardo trasversale sul mercato delle edizioni per ragazzi in Francia, Italia, Spagna.  La mia passione per i libri mi ha portato anche a curare un blog : Le figure dei libri, dove in veste di critica analizzo libri, e così sono diventata esperta del mondo dell’illustrazione.

Avete molto talento.
Si? Grazie!