Ricercare il silenzio alla Fiera di Bologna, di Ilaria Falorsi
10 Aprile, 2014Ed ecco il secondo reportage, di Ilaria Falorsi. Con focus sul nuovo Padiglione 33 destinato ai ragazzi, le mostre presenti e la conferenza della giuria della Mostra Illustratori.
(Qui il reportage di Gloria Pizzilli)
Ricercare il silenzio
di Ilaria FALORSI
Dopo i primi due giorni caotici in Fiera, mercoledì mattina, sono sola: Gloria è ripartita e gli amici non arriveranno prima della conferenza delle 11. Approfittando di un arrivo a Bologna piuttosto mattiniero, mi precipito al Padiglione 33: la novità di quest’anno.
Per il suo 51° anno, la Children’s book Fair decide, finalmente, di organizzare un evento aperto ai giovani, incoraggiando le scuole e il pubblico a visitare il padiglione a loro dedicato al grido di “Non ditelo ai grandi” (titolo preso in prestito dal famoso saggio della scrittrice americana Alison Lurie – premio Pulitzer). Sono curiosa: dopo aver visto il Salon du Livre et de la Presse Jeunesse di Montreuil e la massiccia presenza dei ragazzi che vi partecipano ogni anno (con estrema gioia, oserei aggiungere), mi ero chiesta spesso perchĂ© la Fiera di Bologna ancora non avesse organizzato qualcosa per il pubblico, visto il sempre piĂą crescente timore sulla formazione culturale dei giovani. Ritenevo che la Fiera di Bologna fosse giĂ di per sĂ© un posto dove si promuove la lettura, dove si sensibilizza e si cercano scambi culturali: ma tante di queste impressioni, una volta a casa, mi sembrava andassero perse, o venissero conservate a fatica. Montreuil ha, invece, il vantaggio (confusione a parte) di gestire professionisti e pubblico insieme, portando a casa il valore aggiunto dei ragazzi: piĂą che invogliati alla lettura, i bambini francesi attendono il salone come un evento eccezionale, quasi un Natale in anticipo.
Potete capire quindi quanto sono curiosa: il poster disseminato per tutta la Fiera (e fuori) non ha un’aria graficamente accattivante, ma il calendario eventi all’interno del sito presenta un sacco di iniziative, mostre, incontri, laboratori e letture, di cui tanti interessanti anche per gli adulti. Mi perdo un secondo prima di trovare il padiglione giusto, ma arrivo e mi ritrovo completamente sola dentro questo spazio enorme, silenziosissimo – e con aspettative forse troppo grandi. L’allestimento è costituito da pannelli mobili (piccole librerie di cartone modulari) dove, sul retro di ognuna, sono stampati alcuni dei disegni della Mostra Illustratori e qualche immagine dai libri selezionati per il Bologna Ragazzi Award.
Tutt’intorno grandi corridoi ancora vuoti e due file di lunghi tavoli a dividere in due la prima sala, quella di entrata. Sopra ci sono libri, per ragazzi da 0 a 16/18 anni. Un’ottima selezione, in generale, tant’è che ringrazio il bancomat di essere completamente scarico.
Mi prendo un po’ di tempo per sfogliare gli albi e vagare nella prima parte del padiglione, godendo di questo breve momento di solitudine. Mi vengono concessi 30 minuti e poi, dal corridoio centrale, iniziano ad arrivare voci e rumori di piccole persone, che a grandi passi sono pronte ad invadere la sala. In poco tempo il salone si riempie, i corridoi non sembrano più così vuoti e alcuni ragazzi iniziano anche a guardarmi con sospetto: sono un corpo estraneo in un padiglione dedicato a loro. Preparo la fuga, ma mi ricordo delle mostre: scovo il corridoio centrale, che divide e porta nell’altra metà del padiglione, quella dove sono state allestite le varie attività . Lo imbocco e il corridoio, manco a dirlo, è una bellezza: lungo tutte le pareti sono stampati disegni a tema “Alice nel paese delle meraviglie”. Trovo l’idea azzeccatissima.
La prima mostra, bellissima, è quella dei bambini del ghetto di Terezin, costituita per la maggior parte dai disegni di bambini tra i 10 e i 14 anni. Incoraggiati dall’insegnante d’arte Friedl Dicker-Brandeis a non interrompere le attività educative e artistiche durante la loro permanenza nel ghetto, i ragazzini realizzarono, tra il 1942 e il 1944, migliaia di disegni di cui la Friedl riuscì a nasconderne 4000 dentro un paio di valigie, prima di essere deportata ad Auschwitz. I disegni, oggi parte di una collezione appartenente al Museo Ebraico di Praga, raccontano scene di vita quotidiana all’interno del ghetto, con, a tratti, una umanizzazione delle condizioni di vita (alcuni personaggi qua e là sorridono), o riportano frammenti di una vita precedente, quando ancora c’era una casa e si era padroni di sé stessi. Tratti forti e decisi si alternano a delicate punteggiature di colore e a collage più adulti, ma più freddi, distaccati.
Uno dei disegni del ghetto di Terezin
A seguire, trovo la mostra dedicata al Silent Book Contest. Cito doverosamente una parte dell’introduzione scritta da Ferruccio Giromini: “…il libro senza parole, soprattutto se è ben fatto (ovviamente) ci rende più interrogativi, più investigativi, più riflessivi, in definitiva più autonomi e co-autori della narrazione contenuta in esso.”
Trovo interessante il progetto di Juan Pan, “The last goodbye”, dedicato al rapporto di separazione tra padre-figlio nel momento in cui ci si trova a dover lasciare il nido familiare. Le illustrazioni, realizzate in bianco e nero, aggiungono drammaticità al senso della storia, cosa che incuriosisce non poco la scolaresca che passa di lì, accanto a me, e con cui condividiamo questo momento insieme.
Juan Pan
In generale, l’atto di leggere è spesso solitario, e in queste occasioni illustrazioni colorate, comiche o molto intricate (come alcune di quelle presenti in questa mostra) vengono degnate appena di uno sguardo. Chi si trova davanti non si concede il tempo necessario per leggerle veramente. Quello che noto immediatamente davanti alle illustrazioni di Juan Pan, è che il bianco/nero e le emozioni tristi che ne traspaiono, attirano i ragazzi come una calamita, che si fermano rapiti, cercando di capire.
Lascio la mostra dei libri silenti e arrivo a Lettori di Carta, in cui il tema comune è l’atto della lettura. Alcune tavole della Mostra Illustratori sono presenti anche qui, ma la maggior parte delle opere sono illustrazioni escluse dalla Mostra. Alcune già viste, molti nomi conosciuti, tutte bellissime.
Davide Bonazzi
Andrea Rivola
Marta Monteiro
Page Tsou
Successivamente si apre l’ultima parte delle mostre del Pad. 33. Qui le illustrazioni selezionate per Opera Prima, il premio che mette in luce le migliori opere esordienti. Si susseguono 17 opere meritevoli per progetto grafico ed editoriale provenienti da Norvegia, Polonia, Francia, Ucraina, Inghilterra, Italia, Portogallo e Stati Uniti.
Laurent Simon
Emmanuel Fornage
Esco da quest’ultima mostra per respirare: alcuni laboratori e incontri sono già iniziati. L’entrata su strada del padiglione 33 continua a immettere scolaresche, una dietro l’altra: vedo i ragazzi che entrano, a tutti brillano gli occhi. E appena varcano la soglia, corrono. Corrono da qualche parte, eccitati, come se fossero in un luna park di carta.
Me ne vado, questo è il loro regno di diritto.
L’ora è tarda e mi dirigo velocemente al Caffè degli Illustratori, per la conferenza “Le ragioni di una scelta”, dove i giurati di quest’anno spiegheranno i criteri di selezione della Mostra illustratori.
Prendo posto in prima fila, e al di lĂ di qualche problema tecnico iniziale, la conferenza inizia: comincia Anna Castagnoli, presentando alcune delle immagini per lei significative, guidando la platea in sala verso la comprensione di alcune scelte. In conclusione, spiega, la sensazione generale dei giudici durante la selezione è che, sempre di piĂą, si sente il bisogno di raccontare la realtĂ (come nel caso delle illustrazioni di Akihiro Misaki) ma con occhi diversi, senza limitarsi all’apparenza esteriore ma riuscendo a darne un’interpretazione personale. Un tipo di illustrazione che sembra essere stato molto ricercato tra le immagini inviate alla mostra e che dimostra che questo tipo di narrativa sta diventando sempre piĂą presente come linguaggio tra gli illustratori.
Prosegue Kitty Crowther nell’esaminare alcune immagini della Mostra che l’hanno colpita. La prima di esse non fa uso di tecnica digitale, e infatti la Crowther afferma poco dopo:
“… nell’illustrazione digitale è tutto così facile, veloce, non si dĂ il tempo al segno e alle cose di fluire. Qual è il tipo di impatto che intendete lasciare? State veramente mettendo voi stessi in quell’immagine? Vi state prendendo il tempo necessario per realizzare quell’illustrazione?”
(a proposito delle illustrazioni di Zhila Hodaee in cui, anche se la Crowther afferma di non sentirsi completamente affine al gusto personale dell’autrice – “d’altronde facciamo parte di culture diverse”- è comunque rapita dalla tecnica, e il risultato finale fa trasparire la cura e l’incredibile lasso di tempo che l’autrice ha deciso di dedicare).
Zhila Hodaee
Si nota, infatti, che quest’anno la mostra è in maggior parte costituita da opere realizzate con tecnica tradizionale e che il digitale è poco presente, ma non perché venga snobbato. Al contrario, il digitale, se usato come mezzo, è altrettanto efficace nell’espressione di un’immagine. Viene piuttosto discusso l’uso che ne viene fatto, quando se ne abusa e diventa una scorciatoia veloce per il bello. A questo proposito l’immagine successiva, suggerisce un’ulteriore riflessione (l’illustrazione della spiaggia di Sol Undurraga): la semplice immagine ben costruita (sia essa digitale o con tecnica tradizionale), eseguita con ottima composizione e tecnica, rischia facilmente di essere niente altro che una bella immagine. Non vi è nessun problema con la bellezza, ma la Crowther spiega che se si desidera raggiungere un livello superiore (come nel caso della selezione per la Mostra Illustratori), se si desidera creare un coinvolgimento da parte di chi vedrà quelle immagini, è necessario inserire un twist, un qualcosa in più. Un dettaglio che catturi l’occhio e dia un nuovo senso, ribaltando l’immagine e rendendola interessante, e non semplicemente bella agli occhi.
Sol Undurraga
Isabel Minhos e Errol van de Werdt proseguono parlando di come oggi sia difficile – con la quantitĂ e la ricchezza di immagini, colori e suoni a cui siamo sottoposti ogni giorno – tornare a casa, sedersi, sgombrare la mente e riuscire a distanziarsi da quello che vediamo all’esterno per creare qualcosa di nuovo. Riscoprire il proprio silenzio interiore. Viene ribadita l’importanza di essere onesti con se stessi, di come il trovare una propria voce sia difficile ma necessario, se non si vuole finire trascinati nel flusso di qualcun altro. Qualcun altro che magari neanche ci rispecchia. E creare e mantenere la curiositĂ : quello che alla fine fa la differenza in alcuni casi, è la curiositĂ di girare il foglio e continuare a vedere come finisce la storia. Durante la selezione, se la prima illustrazione non comunicava questa sensazione, veniva messa da parte. Se si sentiva invece l’urgenza di sapere di piĂą, si voltava immediatamente pagina.
Come nel caso di questa immagine presentata da Isabel Minhos (Katrin Coetzer, le lente d’ingrandimento che scruta le creature che vivono vicino ai cactus) che ha dichiarato di essere stata rapita e sedotta dalla tecnica, dalla sintesi e dalla composizione di questa immagine. Colpita dalla capacità di questo illustratore di creare un nuovo, affascinante mondo.
Katrin Coetzer
Ma quello che veramente l’aveva conquistata era stato il percepire la vita all’interno di quelle immagini, scrutare i dettagli e individuare una serie di particolari che la rendevano viva, raccontando una storia che andava dispiegandosi da sola.
Catarina Sobral riceve il premio SM
Si annuncia poco dopo la vincitrice del premio SM International Award for Illustration: Catarina Sobral, che ha conquistato la giuria (costituita da Sophie van der Linden (Francia), Roger Mello (Brasile) e Pablo Nuñez (Spagna) ) per: “la grande maturità dell’opera vincitrice e la sintesi grafica della composizione, la capacità di trasmettere intime sensazioni attraverso colori primari, per l’efficacia narrativa punteggiata di umorismo, i riferimenti alla tradizione grafica degli anni 50’ interpretata in chiave contemporanea e la riuscita composizione dell’immagine basata su figure geometriche essenziali”.
Catarina Sobral
Di seguito ecco il trailer del libro realizzato da Catarina da cui sono tratte le illustrazioni vincenti ( “O meu avĂ´” edizioni Orfeu Negro, 2014)
Si assegna anche il Grant Award-Ars in fabula, andato meritatissimo a Bruno Zocca.
Bruno Zocca
Applausi, foto e strette di mano.
La gente piano piano si alza, qualcuno rimane per la conferenza successiva, ma questa è finita e anche io mi faccio un altro giro alla Mostra: rivedo lì tutti gli amici, anche loro che se la godono con i loro occhi nuovi e un sorriso.