Racconta la tua fiera (a voi la parola)
9 Aprile, 2013Ecco i testi del mini concorso Racconta la tua fiera, qualche impressione personale sulla cinquantesima edizione della Children’s book fair (ci sono tutti, se non ne ho dimenticato qualcuno).
COS’E’ LA FIERA?
di Elilisa
(Brevi definizioni basate su esperienze personali,
non necessariamente in ordine cronologico).
E’ essere irriverenti: arrivo alla fiera con un pass per tutti quattro i giorni. Ho fatto una cosa che so non piacere a molti: ho spedito 5 illustrazioni per la mostra pur non essendo un’illustratrice. Mentre mi avvicino ai tornelli mi immagino la faccia di Delessert (ndr: uno dei giurati) in quella frazione di secondo, tra i quasi 3200 lavori, che esamina le mie tavole. Mi viene una ridarola che non riesco a fermare.
E’ innamorarsi: durante tutti i miei tre giorni di fiera vado come un rituale a vedermi ogni tanto il libro coreano vincitore, “Eyes”. Non contenta, porto in questo pellegrinaggio tutti gli amici che incontro. Il giovedì mattina, durante la mia ultima visita allo stand della Corea, una delle responsabili mi chiede se voglio lavorare con loro l’anno prossimo come promoter.
E’ perdere alcune capacità : il giovedì il mio inglese è meglio del mio italiano.
E’ non essere inopportuni: sono allo stand svizzero concentrata su un albo, quando mi accorgo che la mia vicina sta fotografando le pagine interne di un libro. Le sto per bisbigliare “guarda che ti sgridano” e mi accorgo che è Anna Castagnoli. Mi giro e sto zitta.
E’ essere gentili: ore 15. Giovedì. Salgo sull’autobus per tornare e sento che Simone Rea è senza biglietto. Ne ho uno in più e glielo regalo. Gli dico che il pagamento è poter raccontare in giro la mia magnanimità . E’ giunto quel momento.
E’ fare esperimenti scientifici: può un essere umano camminare ininterrottamente per undici ore, senza bere, senza mangiare alcunché e, soprattutto, senza andare a far pipì? Sì: lo può.
E’ prendersi i propri spazi: vado a vedere la mostra Libretto Postale al negozio ZOO. Esco due minuti prima dell’inizio del vernissage. Amo tutti gli illustratori che hanno esposto ma, davvero, avevo bisogno di una piccola parentesi, senza troppe persone intorno, senza troppe voci, senza troppe sgomitate. Mi gusto ogni cartolina.
Ps: la foto è del topolino che mi accompagna sempre nelle mie letture ad alta voce. Bibliofilo, è un appassionato della Emme edizioni ai tempi della Rosellina Archinto. Mi ha chiesto di portarlo alla mostra in Sala Borsa. Eccolo accontentato.
IL GIRO DEL MONDO IN 8 ORE
di Barbara Bergamo
One day morning, Jin Hee Lee
Orientarsi è capire dove sorge il sole…troppo difficile, sono alla fiera! Luci, suoni, tanti colori, abbasso lo sguardo, il rosso è sotto i miei piedi, morbido, caldo, forte, è il rosso di una lingua. Mi chiama e lo seguo, tutto il giorno. Sono in un labirinto che è un tappeto, i cespugli gli stand, i fiori i libri. Mi porta in Cina, Norvegia, Francia, Giappone, Korea, Iran, tra ponti sospesi e cunicoli sotterranei, sempre cercando il sole.
Ci sono tanti occhi che hanno visto altri mondi e che sono lì a guardare, ancora una volta, affamati, con la lente di ingrandimento o col binocolo al contrario, da sotto un cappello di paglia, da dietro una finestra rotta. Sono occhi di bambini con la coda, di animali con il gilet, con i peli, le squame, le scarpe allacciate o in ciabatte, con in tasca un imbuto, una pinza, con un baco e una foglia.
Bocche afone che hanno tanto da dire, orecchi nascosti ma attenti, mani pronte a sciogliersi, a conoscere, a prendere tutto. I piedi sono roventi, piccoli come uno spillo e grandi come un albero, sul tappeto una polvere magica, chi è stato alla fiera lo sa, è uscito con i talloni rossi!
(Il testo va letto tutto d’un fiato, l’immagine qui sopra è l’unica cosa che sono riuscita a comprare)
 KAMISHIBAI
di Lucia
Camminando senza meta per gli stand, arrivo in Giappone e in un piccolo spazio mi incuriosisce un teatrino di legno con le ante aperte sopra a un piccolo tavolino coperto da un drappo nero.
Una ragazza giapponese mette all’interno del teatrino una serie di disegni ad acquerello come un cantastorie, inizia a raccontare la storia togliendo uno alla volta i disegni.
Una grassa gallina e il suo pulcino che, curioso della vita, incappa nei piccoli pericoli dell’aia: ranocchie, pozze d’acqua… tutto è sorpresa per il piccolo. Lei, da brava chioccia lo insegue per tirarlo fuori dai guai. Una piccola storia con eleganti acquerelli e una bella idea per pubblicizzare il proprio libro. Alla fine eravamo in cinque ad applaudirla anche perché la interpretava anche espressivamente e fisicamente.
Ho poi scoperto che si chiama Kamishibai, traducibile come “dramma di carta”, è una forma di narrazione che ha avuto origine nei templi buddisti nel Giappone del XII secolo[1], dove i monaci, utilizzavano gli emakimono per narrare ad un pubblico, principalmente analfabeta, delle storie dotate di insegnamenti morali.
Ci sono siti che insegnano a costruirlo perchĂ© è molto usato ancora oggi; La parola Kamishibai si compone di due termini, Kami che indica un materiale cartaceo e Shibai che rappresenta la storia narrata. (…)
RICORDATI DI GIOCARE
di Nicoletta Petruzza
La Fiera è per me un mare infinito di gente, è un muro bianco pieno di sogni colorati, è un gruppo di amici seduti per terra che progettano un pezzo di mondo nuovo, è l’ansia di riuscire, è la serenitĂ di esserci, è l’affetto di un’amica vera, è l’amore di chi crede in te. Siamo dei tesori ambulanti.
Quest’anno, il mio secondo anno, ho fatto l’esploratrice. Ho rovistato tra montagne di libri, ho perso la strada mille volte nel labirinto di stand, ho ammirato mostre fantastiche, ho visto cuori pieni di speranza, maghi che con una matita tracciano sul foglio linee e nell’anima scavano sentieri. Ho trovato sorrisi MERAVIGLIOSI. Ma anche il brodo caldo dei tortellini in una famiglia ancora piĂą calorosa, e poi la lettera di un’ amica cara sul cuscino.
Ma il ricordo piĂą bello e divertente che ho di questa fiera l’ho trovato sulla strada del ritorno. Giovedì mattina, salita sul treno per tornare a casa c’era un ragazzo seduto a quello che doveva essere il mio posto, e gentilmente gliel ho fatto notare. Mentre cercavamo di capire come fosse possibile che avessimo la stessa prenotazione, un bambino seduto lì di fronte, che ci osservava da un pò, emette la sua sentenza dicendo: “BEH, SI SIEDE CHI ARRIVA PRIMA NO?“. Mi è sembrata una tale veritĂ che ho deciso che “dovevo” stare in piedi. Che ridere!
Riccardo, 8 anni, mi ha fatto ricordare che per lavorare coi bambini bisogna conoscerli, amarli e soprattutto imparare da loro.
Perciò dopo questa fiera ho aggiornato la mia lista dei buoni propositi:
– Studia bene una lingua straniera;
– Disegna tanto tanto tanto, ma proprio TANTO, fino a che non trovi te stesso;
– Sorridi sempre, perchĂ© fa bene al mondo intero;
– Impara a pensare come un bambino, e la vita sembrerĂ sempre un bellissimo gioco.
Buon viaggio a tutti!!!
(PS: Alla fine mi sono seduta, perchĂ© il ragazzo al mio posto si è accorto di essere salito sul treno sbagliato! Ho potuto quindi fare amicizia con Riccardo che, dopo una lunga e divertentissima conoscenza, mi ha chiesto di fargli un disegno. Pensavo a un animale o roba del genere, ma avevo sottovalutato il mio interlocutore, che invece mi ha chiesto di disegnargli la Tour Eiffel! La foto che ho scelto è un suo disegno: è la sua versione della “mia” Tour Eiffel).
ANIMALI IN FIERA
di Giulia
Ho un rito scaramantico quando si tratta della fiera di Bologna, devo portare sempre con me un “animale”. L’anno scorso avevo un vestito con i gatti stampati, quest’anno ho optato per la sciarpa con i gufi.
In questi giorni ho fatto due particolari incontri.
Sui divanetti di uno stand francese incontro Benjamin Lacombe, la mia amica ha l’agenda con le sue illustrazioni e vuole l’autografo. Glielo chiediamo, lui inizialmente appare un pò disturbato, forse dal fatto di essere riconosciuto?, in ogni caso disegna un gatto nero e scrive la dedica sull’agenda.
Causa ritardi, arrivo a sessione finita di Roger Olmos. Così mi faccio coraggio, riesco ad intercettarlo e gli chiedo se ha voglia di farmi la dedica, lui carinissimo mi risponde “Ma certo!” e mi disegna un lupo famelico che vista l’ora ci stava tutto.
Che sia un segno per il prossimo anno?
LA BORSA DI TELA
di Sonia
(…) * Infine un’attivitĂ che rende la fiera leggera e simpatica, il borsa-di-tela-watching: osservare le borse di tela altrui, provare a capire se vengono dalla fiera oppure se danno indicazioni sulla persona che le porta. PerchĂ© la borsa di tela, se capiente, è l’amica piĂą cara di chi è in fiera: ci stanno spuntino e acqua, ci si infilano i cataloghi raccolti e i libri comprati. Io ne avevo addirittura due e sembravo un perfetto cammello con le sue due gobbe, anche se laterali!
*NOTA: Potete trovare il testo integrale di Sonia a questo link.
FLOATING SUBMARINE
di Angela Ferrari
Pioggia. Dove mi giro, la vedo. Per quanto mi copra, la sento.
Essendo nata sirena, a me l’acqua piace molto. Soprattutto quando è in forma orizzontale, da vasca, per capirsi. Quella verticale, modello doccia, meno, perchĂ© mi obbliga a dipendere dall’ombrello che, anche quando tascabile, è inesorabilmente destinato ad essere perso, dimenticato, abbandonato.
Dove l’ho posato l’ultima volta? Alla cassa del bar, dopo una fila infinita per una tigella di nome-ma-non-di-fatto? O alla fine della coda per il piss-stop, stordita dalla hippy carrasau che deve assolutamente imparare l’inglese perchĂ© è quello che la frega con gli editori stranieri, aiò, mica le tavole…
Dov’è finito il mio ombrello? In che mani è capitato? Forse di qualcuno impegnato a commentare gli originali svedesi richiusi – loro, contemporanei – al Museo Archeologico, in teche di legno declinate Ikea, così come le polpettine affogate nelle sabbie mobili dei bicchieri al buffet?
I gironi dell’editoria globale sono come i mercati rionali, dove trovi il guizzo geniale e l’inutile banalitĂ , la grazia irraggiungibile e la sua brutta copia, un incantevole teatrino russo e una giunonica Fata Turchina made in Britain, che mi fa alzare gli occhi al cielo e incrociare, così, un’originalissima scialuppa di salvataggio: una spumosa ilĂŞ flottant, bianca come una nuvola pesante, un moderno Moby Dick travestito da sottomarino che produce colorate scoreggine alla marinara (alla BCBF si può dire), navigando a vista sopra le nostre teste pensanti, a ricordarci che solo puntando in alto c’è la possibilitĂ di non cadere tanto in basso.
E allora apro un ombrello malamente parcheggiato sotto la bacheca degli illustratori e raggiungo il sottomarino che, prudente come una Volvo, ha rallentato in prossimitĂ di una curva.
Ora può piovere di dritto e di rovescio, di traverso, all’ingiĂą e pure all’insĂą, come piace al cielo o, per chi ci crede, come Dio vuole.
Io ho trovato come tornare al mio mare.
SULLA MOQUETTE
di Claudia Petrazzi
Quest’anno la Fiera me la sono goduta. Sono andata da sola per la prima volta ed ho scoperto che è un’esperienza fantastica. Solo io e la mia cartellina: sotto la pioggia alla stazione (ma entrambe impermeabilizzate!), sul treno, sul bus, e alla fine al grande varco dei cancelli, con la solita emozione. Sono andata a Bologna presto perchĂ© avevo un incontro in prima mattinata. Sull’autobus ero l’unica con la cartella dei disegni, e non mi era mai capitato. Pensieri: all’illustratore piace svegliarsi con calma, o forse molti lavorano fino a notte fonda come me…infatti comunque avevo le occhiaie.
Quest’anno è stato bello perchĂ© mi sono sentita come a casa, e perchĂ© mi ero prefissata di prendere la giornata sempre e comunque come un’allieva, o una spugna, che è la stessa cosa. Ho puntato ad assimilare tutto, a parlare con piĂą persone possibile, e a prendere ogni cosa con un sorriso. Prima tappa tradizionale: scotch, forbici, cartoline nuove stampate da due giorni…Appese in un angolino del muro ormai vastissimo, pieno di altre cartoline e poster e biglietti da visita di altri illustratori.
In tarda mattinata, mi trasformo in reporter: taccuino alla mano lungo il percorso della mostra, per segnare tutti gli illustratori che mi hanno colpita. Poi panino da casa buonissimo, gustato sulla moquette morbida proprio di fronte all’esposizione degli illustratori svedesi. Con una mano ho mangiato, con l’altra ho schizzato un disegno per il piccolo concorso collegato alla guida per la sopravvivenza in fiera, distribuita quest’anno.
Poi incontri con amici e incontri inaspettati, e un carico di cataloghi, biglietti, cartoline raccolte. Alcuni cataloghi li fanno un tantino voluminosi e a metà percorso ho cominciato a somigliare ad uno di quei personaggi pendenti verso un lato, che sorreggono qualche bagaglio molto pesante (ancora non mi decido a portarmi il trolley! ma avevo un pratico zainetto, già è un passo avanti)….Ad un certo punto, sovraccarica, barcollo, sento un rumore sulla moquette di fianco a me: la mia cartellina, forgiata col sudore della fronte per adattarla alle mie esigenti esigenze, si è aperta sul tappeto rosso immacolato. Per fortuna nessuna delle mie tavole originali è svolazzata in giro! Un ragazzo straniero mi ha aiutata a raffazzonare tutto di nuovo nel contenitore, come nei film.
Il prossimo anno lo so, mi divertirò ancora di più.
LA PRIMA VOLTA IN FIERA
di Sara
La prima volta in fiera. Da pura appassionata, in barba al regolamento! Ebbene sì! Infiltrata grazie alle mie libraie di fiducia che, impietosite o meglio esasperate, mi hanno eletto honoris causa libraia per un giorno. Io mi sarei accontentata di finire in borsetta, tanto per dare una sbirciatina e invece tutta intera ho potuto perdermi tra gli stand e letteralmente aggrapparmi ai libri, mentre venivo tirata via a forza da una voce che intimava: “non c’è tempo!”.
Il risultato è stato che ho depredato un gran numero di editori. Ho collezionato una svariata serie di cataloghi nelle lingue più differenti e una quantità indefinita di materiali promozionali. Avrei voluto acquistare non so quanti libri a dispetto delle mie finanze da salvadanaio e, smarrita nei miei ripetuti dubbi amletici, devo aver lasciato più di qualche pezzo di cuore tra le pagine di molti libri.
Poi ci sono stati gli incontri, silenziosi. Illustratori, editori, autori, sbirciati di soppiatto e finalmente in versione pop-up.
A fine giornata, ben centrifugate, rimaneva giusto il tempo per qualche altra soddisfazione. Quella della mia compare era visitare la mitica Stoppani (da libraia per l’infanzia era come recarsi al tempio) e la mia…be’ c’era la mostra dell’anno. Autobus e poi via come il vento. Vorrei sottolineare che ero partita da casa come per la montagna, quindi corsetta serale con pelo al collo. Sono arrivata a ZOO (Ndr: per la mostra Libretto Postale) con il viso che ardeva e la bocca in uno stato avanzato di essiccazione. Entro: sul tavolo dell’acqua. Cavolo! Non c’erano piĂą bicchieri. Mi attacco alla bottiglia, ho pensato. No, non è il caso! Ci rinuncio.
Distolgo l’attenzione dai miei bisogni impellenti, mi guardo intorno e in un attimo l’aria si fa leggera, le voci rilassate, il tempo rallenta. I personaggi di cui avevo letto e amato le parole, il tratto, i colori, erano lì riuniti, bicchiere in mano, a chiacchierare amabilmente. E io tra loro, senza essere vista, ho concluso il mio latrocinio, rubando qua e là un sorriso, una parola, un rossetto, un aneddoto, una fugace espressione del viso. Un lungo istante. Ed è ricominciata la corsa. Ora non c’era proprio più tempo.