Le maschere del discorso narrativo. Un mio articolo su Fuera [de] Margen

8 Aprile, 2013

L’articolo che segue è stato pubblicato sul numero 12 della rivista di critica di letterature illustrate Fuera [de] Margen (Spagna). Fuera [de] Margen è una traduzione – con alcuni contenuti originali in lingua spagnola – della rivista francese Hors-Cadre[s].
Il tema di questo numero è: la narrazione oggi.

DESCARGAR PDF EN CASTELLANO: Las máscaras del discurso narrativo, Anna Castagnoli

LE MASCHERE DEL DISCORSO NARRATIVO
SMASCHERATE DA PHAKĂŽR MOHAN SEN

Una riflessione su El actor – Uday Prakash e Simone Rea, A buen paso 2011
di
Anna Castagnoli

Nel libro illustrato, sia il testo che le immagini possiedono una sottile e invisibile impalcatura che regge la narrazione: segni, deittici, codici narrativi, non detti, intenzioni, censure. Il lettore riceve, senza rendersene conto, una valanga di indicazioni extra-testuali: sui pensieri e le intenzioni dell’autore; sul suo ruolo di lettore; sul valore della realtà oggettiva e della finzione letteraria;  sullo scopo ultimo della storia raccontata; etc. E’ la lingua segreta dei sotto-testi.
Tradotto in due parole: scordatevi che possa esistere un album semplice, dove si racconta con semplicitĂ  “una bella storia”. Come ci insegnava Roland Barthes: il linguaggio non è mai innocente*.
L’ignoranza di questi indicatori laterali (o sotterranei) al discorso narrativo può causare enormi malintesi. Ad esempio, Nel paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak continua ad essere un libro di stampo pedagogico, e questo perché l’autore non ha modificato la relazione implicita tra enunciatore e destinatario dell’enunciato. Chi racconta è qualcuno che continua a sapere “come è meglio comportarsi” e il lettore deve ascoltare meravigliato.

El actor, Uday Prakash, Simone Rea, A buen paso 2011

El actor è un libro che gioca apertamente con i deittici e i messaggi impliciti al discorso narrativo, smascherandoli. Vediamone alcuni.
Il libro racconta la storia di un famoso attore comico del teatro indiano: PhakĂ®r Mohan Sen, che per tutta la vita ha nascosto al mondo una piaga purulenta al piede destro. In copertina vediamo un uomo di schiena e troviamo il titolo El actor scritto “a rovescio”, come in uno specchio. Un protagonista che ci dĂ  le spalle?
Ci rendiamo conto immediatamente che per anni siamo stati viziati da un codice implicito nelle copertine: la scena deve essere rivolta verso il pubblico.
Se c’è una direzione scenica, c’è automaticamente anche l’indicazione di dove deve stare il pubblico. Io, lettore, so dove è il mio posto: in platea.

La reproduction interdite, René Magritte 1937

Sembra di vedere il quadro La reproduction interdite di Magritte, ma con alcune differenze interessanti. Il soggetto “vero”, cioè l’uomo che si specchia presente nel quadro di Magritte, qui è assente.
Devo dedurre che sono io, lettore, che mi sto specchiando sulla superficie del libro? Sono io il protagonista? Guardate come si è già spostata la mia posizione di lettore davanti al libro.
Un bambino, più acuto lettore, privo del riferimento culturale di Magritte, potrà vedere tutt’altra copertina. Una copertina trasparente, di vetro. Il verso giusto per leggerla è dal dentro del libro. Visto dalla prospettiva di qualcuno che abita l’interno del libro, il titolo El actor è nel verso giusto, e anche l’uomo che io vedo di schiena è visto dal davanti.

Ma allora, sono io lettore che sono dalla parte sbagliata? Quale è il lato “autentico” della realtĂ ? Quello costruito dalla finzione narrativa, o quello esterno al libro? GiĂ  vacillo. Il sotto-testo culturale: “il libro è uno spazio di finzione” è messo in discussione fin dalla copertina.
Vengono in mente i giochi di specchi di J. L. Borges, ed è infatti con un incipit “alla Borges” che inizia il racconto:

“Chi non conosce PhakĂ®r Mohan Sen? Soprattutto chi ha studiato la storia del teatro indiano, non può ignorare il suo nome. Ad ogni modo, c’è un segreto su di lui che nessuno conosce. Sulla pianta del piede destro…”

Notate come in una manciata di righe il tempo narrativo, la voce narrante, la posizione del lettore, sono stati rivoltati almeno tre volte.
“Chi non conosce PhakĂ®r?“. Formula magica per catturare il lettore in una realtĂ  immaginaria, dove vive un certo PhakĂ®r, conosciuto da tutti. Persino il lettore dovrebbe giĂ  conoscerlo. Significa che il lettore abita da sempre la realtĂ  fittizia della storia narrata. Ma come? Non era appena entrato nel libro?
La seconda affermazione crea un nuovo livello di realtĂ : “Soprattutto chi ha studiato la storia del teatro…”. Questa nuova realtĂ  è storica (dunque documentata). Io (io Anna Castagnoli) sono andata a cercare PhakĂ®r Mohan Sen su Google. Ma PhakĂ®r non è mai esistito! Sono stata catturata dal potere delle parole, che è quello di costruire mondi.
Ma che grado di realtĂ  hanno i mondi costruiti dalle parole? Per molti credenti le parole: Paradiso Terrestre, Paradiso, Inferno, si riferiscono a luoghi reali.

El actor, Uday Prakash, Simone Rea, A buen paso 2011

Terzo livello. La voce narrante dice: “Ad ogni modo, c’è un segreto che nessuno conosce…”.
Ecco che il lettore è in una nuova posizione: è il testimone privilegiato di una confessione che avrà luogo qui e ora, per la prima volta, davanti a lui. Se un segreto sta per essere svelato per la prima volta al lettore, significa che il libro esiste perché quel lettore l’ha aperto. Quale è l’insospettato potere che ha il lettore? Nel libro La storia infinita*, il lettore generava la storia che stava leggendo. Storicamente, non è forse la cultura che noi generiamo che a sua volta ci genera?
A 13 anni Phakîr subisce una ferita irreparabile: la perdita dei genitori; nello stesso anno, si apre una piaga sotto il suo piede, che non si chiuderà mai più. Nonostante il dolore, Phakîr diventa un comico e raggiunge il successo attraversando le scene teatrali con un buffo modo di camminare, che fa ridere adulti e bambini.

Chiudendo il libro, sulla quarta di copertina, troviamo il viso sorridente di Phakîr, o meglio, la sua maschera. La fine è dunque l’inizio del libro (la vera copertina)?
Un gioco di decori nelle illustrazioni conferma che il libro è circolare: una storia infinita. Ma è anche una storia piatta, a due dimensioni: la nuca e la maschera di Pahkir, quando il libro è chiuso, si sovrappongono. Come sono piatte le parole e le immagini sulla carta quando non sono interpretate da un lettore, disanimate.

Alla fine, quale è stato il ruolo del lettore? Era il confidente compassionevole del dolore di Phakîr? O era seduto tra il pubblico ignorante e rideva del suo zoppicare? Era il lettore stesso il protagonista nascosto sotto la maschera di Phakîr? Anche il lettore ha una ferita dall’età di 13 anni? E’ forse la ferita universale del vivere? Sembra dannatamente importante scegliere da che parte stare.

Caro lettore, “la bella storia” che pensavi di leggere ha fatto traballare le fondamenta del tuo mondo. Quando non è così, chiediti dove il narratore ti ha ingannato.

FINE

El actor, Uday Prakash, Simone Rea, A buen paso 2011

*Il grado zero della scrittura, di Roland Barthes, Einaudi 1982 (Seuil 1953)
* La storia infinita, Michael Ende, 1979

Per comprare la rivista Fuera  [de] Margen (13 euro – spese di spedizione fuori Spagna escluse) scrivete una mail a: fuerademargen@pantalia.es. Nota: La rivista è in lingua spagnola.

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