Nuovi romanzi illustrati per adulti: una riflessione sul perché delle immagini nei libri

16 Aprile, 2012

Questa fotografia è stata scattata alcuni mesi fa, da me, alla libreria La Central di Barcellona, forse la più importante. Un intero banco era stato riempito da romanzi per adulti (classici) illustrati.

Questa nuova tendenza di illustrare libri per adulti è interessante da capire. Non è nuova, ma è rinata dopo una lunga pausa.

Primavera, estate, autunno, inverno, Francesco Pittau e Bernadette Gervais, Topipittori

Perché illustrare un libro per adulti? Le ragioni dietro un’illustrazione per bambini ci sembrano più chiare: un bambino domina ancora poco il significato delle parole scritte. Ha bisogno che qualcuno gli illustri cosa significano. Oppure, pensiamo che un bambino abbia bisogno di esplorare mondi possibili (grafici, immaginari, reali o didattici) perché la sua conoscenza è ancora limitata, mentre pensiamo che un adulto abbia già compiuto questo esercizio e non ne abbia più bisogno. Per le stesse ragioni possiamo capire un libro illustrato per adulti prima della nascita della fotografia (come sapere come è fatta una tigre? Una giungla?). Ma oggi?

Immaginate l’importanza che doveva avere un’immagine in tempi in cui il mondo era ancora inesplorato, e con esso la maggior parte dei fenomeni, in tempi in cui l’ignoranza popolava il mondo di bestie fantastiche e lettori creduloni.

Aviarium, Hugo de Folieto, British Library, Sloane MS 278, Folio 48v

Il lettore, in fondo, sia ieri che oggi, è sempre stato sempre un San Tommaso: se non vede, non crede. E’ proprio questa capacità dell’immagine di assomigliare all’oggetto reale e quindi di evocarne i poteri, ad aver fatto dell’immagine, nei millenni, uno oggetto di persuasione, di incanto, di voto, o di malia.

Raffaello, Madonna dei Garofani, 1506/1507

La chiesa cattolica è stata uno dei più grandi mecenati della storia dell’arte, perché ha capito da subito l’immenso potere dell’immagine (così forte che intere religioni ne hanno vietato l’uso). Potenza di un volto dipinto, di una macchia di sangue su un lenzuolo funerario, potenza drammatica di una via Crucis,  potenza straniante di una madonna divina dai tratti umani, potere di un santino che protegge da tutti i mali.

Van Eyck, autoritratto, 1432

Quale altra prova avremmo dell’esistenza di una realtà condivisa e della nostra stessa esistenza, se non esistesse l’immagine prodotta dall’uomo? Come potrei essere certo che il passato è esistito, che la mia memoria non è un sogno, che la mia percezione della realtà non è che un’allucinazione, se non avessi questo manufatto tra le mani, del tutto umano, prodotto dai miei simili, che è un’immagine?

L’immagine, dunque, assomiglia alla realtà. Ma che cosa è la realtà? La realtà è l’oggetto dei nostri sensi? E’ tutto quello che è visibile, dimostrabile, solido e misurabile? La realtà è ciò che accoglie, insieme, noi come soggetti e gli oggetti dei nostri sensi? E’ reale quello che proviamo? L’oggetto di una fede personale, è reale? Siamo sicuri che i nostri sensi ci diano una fotografia corretta di cosa esiste? Come è la realtà di un pipistrello che percepisce la forza magnetica degli oggetti come noi ne percepiremmo il colore? Siamo svegli o siamo il sogno di qualcuno che ci sta sognando? Cosa è oggettivo, cosa soggettivo?

 

Hieronymus Bosch, il giardino delle delizie, 1480 – 1510

Non c’è filosofo, artista o epoca, che non si sia scontrato con questo problema. Oggi, da bravi nipotini di Cartesio, siamo tutti più o meno convinti che la realtà sia qualcosa di esterno a noi, misurabile e concreto. Sogno e realtà sono due entità ben distinte e si tende a dar molto credito alla prima (più pratica alle esigenze della vita quotidiana) e poco alla seconda (non fare il sognatore!).

Vladimir Kush

Mi sono chiesta perché, proprio adesso, c’è un ritorno così potente all’immagine illustrata nei libri per adulti. Le poesie di Baudelaire, Moby Dick di Melville, Kafka, Stevenson, Edgar Allan Poe, il pranzo di Babette della Blixen, Allen Ginsberg, Conrad, Conan Doyle, Le mille e una notte, Dickens, sono solo alcuni dei grandi scrittori e delle opere che sono stati illustrati in edizioni per adulti negli ultimi anni. Le immagini di questi libri sono realistiche o astratte? Possiamo capire il perché di questa esigenza cercando uno stile delle immagini? No. Le immagini si permettono di giocare in mille modi coi testi, aprendo scenari e relazioni testo-immagine ogni volta impreviste.

Las mil y una noches, Frederic Amat, Galaxia Gutenberg/Círculo de Lectores, 2005

Las mil y una noches, Frederic Amat, Galaxia Gutenberg/Círculo de Lectores, 2005

Las mil y una noches, Frederic Amat, Galaxia Gutenberg/Círculo de Lectores, 2005

Le mille e una notte (Galaxia Guntenberg) è illustrato in modo astratto da Frederic Amat, alcuni racconti di Kafka sono illustrati con un realismo pulito e atmosfere rarefatte da Nikolaus Heidelbach (Zorro Rojo), Conan Doyle viene interpretato con un’illustrazione dal sapore di grafica vintage da Javier Olivares (Nordica Libros), etc…

Franz Kafka, Nikolaus Heidelbach , Zorro Rojo edizioni

Franz Kafka, Nikolaus Heidelbach , Zorro Rojo edizioni
El perro de los Baskerville, Arthur Conan Doyle e Javier Olivares, Nordica Libros

Sembra che il bisogno sia quello di interrogare il testo, o di provocarlo, per aprirsi di nuovo a una pluralità di mondi possibili. Siamo forse saturi della versione unilaterale, compatta, scevra di fantasia, che ci restituiscono i media di oggi?
Il mondo sembra essere diventato un posto dove impera una visione economica della realtà, non ci sono più dubbi su cosa è la realtà. Televisione, quotidiani, reality show, documentari (ma anche tanta letteratura cronachistica) sembrano muoversi all’interno di una geografia politica e sociale che non mette più in questione l’arbitrarietà del punto di vista. Tutti parlano la stessa lingua, e si riferiscono agli stessi oggetti. Ma che cosa è la realtà? è una domanda che continua a vibrare, più viva che mai, nel rapporto testo-immagine dei libri. Come se le parole, da sole, o le immagini, da sole, stessero esaurendo la forza di dare una risposta?

Forse vi può interessare l’articolo: Il rapporto testo-immagine

31 Risposte per “Nuovi romanzi illustrati per adulti: una riflessione sul perché delle immagini nei libri”

  1. 1 Beatrice Bogoni
    16 Aprile, 2012 at 9:05

    Che bello questo post, Anna. Fa davvero riflettere.
    Io sono convinta della MIA realtà, di ciò che esiste per me. Non riesco a concepire qualcosa di più REALE di ciò che “immagino”.

  2. 2 pia
    16 Aprile, 2012 at 9:12

    interessantissimo post!!!!!

  3. 3 daniela tordi
    16 Aprile, 2012 at 9:48

    L’illustrazione è evocatoria al pari del testo, ma diversamente da questo, non esaurisce, bensì amplia la gamma dei rimandi. Il terreno dell’immaginazione, dunque, si allarga esponenzialmente e si emancipa grazie al contributo visivo.
    Sono arrivata ieri sera dalla Provenza. Nel mio villaggio c’è una bella chiesa romanica con un solo dipinto, tre santi a colori vividi con uno sfondo di natura (piante, cielo, animali – un cane con un tozzo di pane in bocca). La cornice poi – che è il pezzo forte, sottoposta a tutela da parte della sovrintendenza ai beni culturali – è costellata di pampini e di faccette. Tutto questo aggregato di figure, pacifiche e al tempo stesso ammiccanti, è in vero quasi un coacervo di cellule organiche. Respiro, cadenza, luce, colore. L’immagine fa zampillare vita. La parola prelude ad essa, l’annuncia. L’immagine assorbe energia e la riverbera in modo osmnotico.
    La parola dissoda, l’immagine semina.

  4. 4 Benedetta
    16 Aprile, 2012 at 10:09

    La prima cosa che mi è venuta in mente è che si tratti semplicemente di un fatto di Marketing. L’immagine attrae più della parola scritta perchè non c’è bisogno di leggere, è più veloce la fruizione e se ne può godere anche senza capirla.
    Di solito sono più romantica nelle mie considerazioni ma quando si tratta di adulti nella nostra “realtà” ormai si deve ragionare in termini di consumi..

  5. 5 giovanna
    16 Aprile, 2012 at 10:39

    Un tempo si diceva che l’illustrazione esauriva la facoltà immaginativa dei bambini (uno su tutti, Bruno Bettelheim). Oggi si rischia la posizione opposta, e speculare: la parola esaurisce l’immaginazione. Daniela afferma che il testo esaurisce la gamma dei rimandi. Su che base è possibile dire questo? Parola e immagine sono strumenti. Il modo in cui si utilizzano possono indurre a esaurire o a stimolare l’immaginazione. Non possiedono in se stessi, l’una o l’altra facoltà. In questo senso, ha anche ragione Benedetta, quando afferma che a questa nuova tendenza del romanzo illustrato corrisponde anche a un’idea di marketing. Probabilmente in alcuni casi ha ragione. Perché parole e immagini possono essere utilizzate in modi diversissimi. E ognuno di questi è, appunto, una risposta, esplicita o implicita, alla domanda: che cos’è la realtà?

  6. 6 alicia
    16 Aprile, 2012 at 12:40

    Sono d’accordo con Giovanna, non vedo come si possa affermare che l’immagine dia più possibilità di immaginare rispetto alla parola.

    Io penso che la “realta†sia fortemente in crisi. Sono ormai i punti di vista interessati, discutibili, che nella nostra comunicazione stabiliscono come sia la realtà dei fatti e delle cose. Succede anche nel mondo dell’illustrazione.

    Come illustratrice mi piacerebbe molto imbattermi nel lavoro di un classico per adulti, come lettrice lo sceglierei senza illustrazioni. Come collezionista comprerei gli illustrati che mi piacciono dei testi che già conosco.

  7. 7 giovanna
    16 Aprile, 2012 at 13:26

    Mi associo ad Alicia. Non comprerei Kafka con illustrazioni. Non tanto sulla base di una riflessione sistematica, ma semplicemente sulla base di una sensazione assolutamente spontanea che il testo non ha alcuna necessità di illustrazioni. Anzi meglio: io non ho alcune necessità di illustrazioni per quel testo.

    Aggiungo che, per quanto mi riguarda, la facoltà immaginativa mi interessa quanto più mi si offre come chiave di accesso alla realtà e alla sua incredibile complessità.
    A tutt’oggi non conosco realtà più vicina al vero della finzione della letteratura.

  8. 8 Anna Castagnoli
    16 Aprile, 2012 at 13:36

    Faccio l’avvocato del diavolo: alla fine, Giovanna e Alicia, state dicendo la stessa cosa che diceva Bettelheim.
    A differenza di un picturebook contemporaneo (e non credo Bettelheim si riferisse a questi), un testo classico per l’infanzia, come un racconto dei Grimm, o di Andersen, al pari dei romanzi, non ha necessità di immagini.
    Pensate alla ricchezza inesauribile di una Sirenetta di Andersen, dove ogni riflesso delle nuvole e del mare è descritto e vivo nel testo.
    Ma se troviamo giustificazione a perché Andersen sia illustrato, allora non dovremmo trovarne una anche per Kafka?
    (Anche io non lo trovo necessario, ma non so spiegarmi perché).

    @Giovanna:
    Hai ragione sulla realtà della letteratura. Kundera diceva che scopo del romanzo è indagare fino in fondo uno dei tanti aspetti del reale. Proprio perché la lettaratura è finzione, ci si può spingere là dove nella realtà non si potrebbe andare.

  9. 9 federica
    16 Aprile, 2012 at 14:23

    a me invece viene in mente il vecchio adagio: “la realtà è inconoscibile e le sue rappresentazioni sono infinite”, scritte o illustrate (o musicate, o…). e per fortuna che sono infinite. e per fortuna che possiamo giocare con la realtà attraverso la sua rappresentazione. nemmeno io comprerei Kafka illustrato, ma è vero: perché non ho lo stesso pensiero per Andersen? teniamo le immagini legate solo a certi testi per abitudine o per altri motivi? la potenzialità dell’illustrazione sta incontrando l’interesse del mercato, ma non credo sia solo un male. era inevitabile?

  10. 10 Anna Castagnoli
    16 Aprile, 2012 at 14:57

    Nessuno dice sia una male, anzi, è solo interessante capire perché. Anche il marketing non spiega molto: se questi libri per adulti illustrati vendono ora e non 20 anni fa, una ragione storica e sociale deve esserci.
    Anche il fiorire dell’illustrazione per bambini negli ultimi anni andrebbe capito meglio.

    Poi non sappiamo neanche se vendono, questi romanzi, sarebbe un dato interessante.

  11. 11 alicia
    16 Aprile, 2012 at 15:08

    Credo che non valga per tutta la parola scritta. Ci sono cose che non “chiamano†un illustrazione se non la propria immaginazione e forse è personale. Tu stessa Anna su questo blog, stupita chiedevi ad una ragazza per quale motivo si fosse messa a illustrare Salinger.
    A me, qualsiasi immagine fatta sulla metamorfosi di Kafka credo mi apparirà limitata, potrà essere interessante al massimo.
    Ci sono invece racconti, uno fra tutti, Cappucetto Rosso, che incuriosisce sempre scoprire quanti nuovi modi si possono trovare per interpretarlo.
    Scusa Anna ma io e Bettelheim non diciamo la stessa cosa, avere un senso critico rispetto a le cose nuove non necessariamente significa avere paura.

  12. 12 cinzia ruggieri
    16 Aprile, 2012 at 15:25

    Io invece sono curiosa del Kafka illustrato,del punto di vista dell’illustratore che mi apre una particolare porta sul mondo di Kafka. Quasi come vedere un film su Kafka dove al posto del regista c’è lo sguardo dell’illustratore,lo sguardo attento e sottile di un lettore accurato,sensibile..perchè no? Non pensate poi come possibile che alcuni lettori adulti possano avere bisogno(oltre che piacere) delle immagini per essere aiutati ad entrare in un libro:a volte alcuni scoprono un autore o un testo grazie ad un film,appunto,a volte magari può succedere con un libro illustrato .

  13. 13 alicia
    16 Aprile, 2012 at 15:48

    La curiosità infatti è quella che alimenta il mercato, ed ecco perché i libri per adulti illustrati si vendono. Non so se siamo tutti illustratori gli acquirenti, forse una buona parte. E’ un grande peccato invece che non ci sia un mercato di nuovi autori di racconti per adulti illustrati, si ricorre (forse per andare sul sicuro) a classici inossidabili, che già di partenza piacciono anche solo con le parole.

  14. 14 Only kids books
    16 Aprile, 2012 at 15:48

    Temo che non ci sia una risposta univoca. Io sono solo una bibliotecaria per ragazzi e nei miei incontri con i ragazzi mi soffermo sempre sul fumetto E li provoco un po’. Il fumetto (e la tesi in questo caso la allargherei ai classici in generali, Kafka compreso) per me è “difficile”. Per goderne in pieno devo “leggere” due codici diversi: testo e immagini. Solo i lettori (e io non ne faccio parte!) che riescono a leggere contemporaneamente i due codici riescono ad apprezzare (adorare!) il genere. Questa mia teoria assolutamente personale nata dall’osservazione in una decina d’anni in biblioteca non credo che abbia fondamenti teorici, né è mai stata oggettivamente confermata dai miei piccoli utenti. Rimane anche a me il dubbio, che in parte, mi hai fatto rinascere leggendo questo tuo post.

  15. 15 Anna Castagnoli
    16 Aprile, 2012 at 16:44

    Alicia anche io non riuscirei a tollerare un’illustrazione per Kafka o Salinger, o Nabokov, ma lo stesso non riesco a spiegarmi il perché.
    E’, come dice Federica, mancanza di abitudine?

    Va bene Cappuccetto Rosso, che ha versioni spesso solo popolari, ma fiabe come quelle di Andersen, ad esempio, sono letteratura alta allo stato puro. Non c’è differenza sostanziale, a livello di struttura letteraria, tra un racconto di Nabokov e uno di Andersen.

    Nei secoli passati c’era l’abitudine a vedere illustrazioni nei romanzi per adulti. E se ci penso non mi darebbe fastidio un’illustrazione su Balzac, o Flaubert. Ma su Kafka sì, mi infastidisce. Forse sono solo i romanzi del ‘900 che non riesco a tollerare illustrati?

    @Only kids book.
    Anche io non so leggere i fumetti. Ma so leggere bene gli album illustrati dove lo stesso ci sono due linguaggi da interpretare insieme, quello iconico e quello letterario. Il fumetto mi da un senso di soffocamento.

  16. 16 alicia
    16 Aprile, 2012 at 18:09

    Forse, certi autori, sono così bravi con le parole, con ciò che dicono, con il modo in cui lo dicono che poi nulla di illustrato è così perfetto o completo come ciò che ci siamo immaginati leggendo. Se invece fin dall’inizio un testo nasce con le illustrazioni, siamo sempre liberi di viaggiare ma non necessariamente mettendo in confronto le illustrazioni con ciò che ci ha fatto scaturire, come dire, le illustrazioni non sono messe sotto processo, almeno non con il nostro immaginario, se mai con le parole stesse.
    …allora non sono l’unica incapace di leggere i fumetti, riesco solo una o due pagine eppure mi affascinano così tanto, infatti li guardo.

  17. 17 Clementina
    16 Aprile, 2012 at 18:14

    leggendo questo post, mi è venuto spontaneo pensarmi sdraita in un prato a scegliere con quale nuvola far giocare la mia immaginazione. È un po’ la stessa cosa che mi succede quando entro in una libreria di “pre-antiquariato” a caccia di qualcosa di cui ancora “non so bene”, ma che forse è in mia attesa: se tutto mi chiama, copertina, testo e caso mai immagini, sono la persona più emozionata e felice del mondo, ecco costruito un’altro tassello del mio mondo.
    Forse potrei trovare anche un Kafka, ma quale illustratore saprà essere così semplice e sofisticato da riuscirci; così vicino a noi ma allo stesso tempo così distante da non svelarci tutto.
    La vera arte, secondo me, è proprio questo non detto, non illustrato, che parole e immagini, quando ben filtrare lasciano intendere.
    Forse è per questo che, pur giubilando quando si incontra un libro per bambini con queste caratteristiche, ci si accontenta, per loro, anche di molto meno, e non sto dicendo brutto.
    Kafka è un sapore ancora da scoprire!
    Grazie, Anna, degli stimoli offerti.

  18. 18 giovanna
    16 Aprile, 2012 at 18:40

    Penso che si debba partire dalla constatazione di una sostanziale differenza fra libro illustrato e picture book. Nel primo di tanto in tanto, nel corpo del libro cadono tavole, a illustrare passi del romanzo o racconto: un classico modello ancora funzionante. Nel picture book la narrazione nasce concepita fin dal suo embrione per parole e immagini. Le favole, fin dal loro apparire, sia stampate, ma anche raccontate oralmente nelle piazze dai cantastorie, portano con sé re si accompagnano a immagini: poiché spesso il pubblico era analfabeta, gli si dava la possibilità di seguire il filo del racconto anche visivamente. Dopo di che, la tradizione si è affermata, per cui le favole tradizionalmente sono pensate e concepite accompagnate da immagini, anche perché destinate ai bambini che sono grandi divoratori e amatori di immagini (non dimentichiamo che cominciano ad avvicinarsi al libro ancora da analfabeti ). Il romanzo moderno non nasce concepito per accompagnarsi a figure. I suoi codici testuali sono assolutamente autonomi rispetto alle immagini ed esauriscono la narrazione attraverso modalità estremamente complesse e sofisticate. Al punto che, secondo me, non tollerano l’immagine, semplicemente: un codice così altro che ne comprometterebbe l’equilibrio linguistico, sottile e perfetto. Nello stesso modo, lo stesso equilibrio sottile e perfetto, lo stesso uso di codici complesso e sofisticato ha il racconto michelangiolesco della creazione o della dannazione della Cappella Sistina. Sentiamo l’esigenza di un testo, mentre lo guardiamo? Personalmente, non posso pensare di guardare questo capolavoro con di fianco qualcuno che me ne fa un resoconto letterario. Quale mai sarebbe all’altezza? O anche quale sarebbe conforme? Che linguaggio dovrebbe avere? Che stile? C’è posto solo per Michelangelo, a mio avviso, quando davanti alla sua opera che non nasce per essere accompagnata da parole. Ciò che, se mai mi potrebbe servire, mentre la osservo (o dopo che l’ho ben osservata, ancora meglio) sarebbe una buona guida che mi spieghi l’iconografia dell’opera. Ma questa è un’altra faccenda: in questo modo approfondirei le immagini. Il racconto visivo michelangiolesco rimane autonomo e non ho necessità di un altro codice che si aggiunga a quello visivo perché mi venga raccontato quel che vedo. Così è per Kafka, semplicemente la tessitura narrativa del racconto è squisitamente letteraria, le immagini non ne fanno parte. A mio avviso non dobbiamo pensare che siccome tutto, teoricamente, può essere raccontato sia attraverso un testo sia attraverso un’immagine, vi sia nella realtà la necessità di farlo. Ci sono racconti che funzionano per immagini, altri per testi, altri per entrambi i codici. E ci sono grandi interpreti che poi ribaltano tutto, e ci mostrano che è possibile far un film dal “Pranzo di Babette”. La necessità di vederlo tradotto in immagini però è in loro e parte da loro. E solo in questo modo trovano la chiave per mostrarlo a noi. Insomma, quel che voglio dire è che un’operazione del genere, una trasposizione in altro codice, non dovrebbe mai essere arbitraria, gratuita. Ci deve essere sempre una ragione fondata, un principio di necessità, per raccontare e per farlo nel codice che si sceglie.

  19. 19 massimo
    16 Aprile, 2012 at 18:53

    forse si crede che la gente non abbia più tanta voglia di leggere e si ricorre alle illustrazioni.

    ed è anche vero che si ricorre ai classici per prodotti di questo tipo.

    sarebbe più interessante lavorare con autori contemporanei e magari provare a realizzare cose diverse da quelle di cui stiamo parlando.
    qualcosa in giro comunque gia c’è…

    tuttavia credo che almeno un 80% delle persone che acquistano prodotti del genere siano illustratori.

  20. 20 Anna Castagnoli
    16 Aprile, 2012 at 18:55

    Da qualche parte avevo visto una Metamorfosi di Kafka a fumetti. Non era male, e non mi dispiaceva perché era una reinterpretazione della storia.
    Forse era illustrato da Robert Crumb.

    Quando Calasso o Agamben o Benjamin parlano di Kafka, in qualche modo lo illustrano con le parole (a proposito, avete letto K. di Calasso? E’ molto bello, analizza tutto il Castello), non lo spiegano e non lo inseriscono in griglie come tanti altri orribili biografi o critici. La sua chiave di mistero resta intatta. perché questi giganti della critica gli vanno a fianco, discreti, per interrogarlo o per fotografare alcune misteriose impalcature, non per tradurlo in qualcosa di comprensibile. Forse si può immaginare un illustratore capace di fare altrettanto?

    Forse, come dice Clementina, qualche illustratore mostruosamente bravo potrebbe illustrare Kafka. Forse non è necessario che il testo lo necessiti (non lo necessita) forse può essere che la necessità venga dall’illustratore, per dar voce a qualcosa che Kafka ha suscitato in lui. Ma questo non è poi il senso di qualsiasi illustrazione?

    Ma voi sapevate che Kafka era un incredibile illustratore?
    Vi ho postato qualche immagine qui:
    http://www.lefiguredeilibri.com/2012/04/16/franz-kafka-illustratore/

  21. 21 daniela tordi
    16 Aprile, 2012 at 18:55

    Parola e immagine non colpiscono lo stesso emisfero cerebrale e delimitano territori molto diversi. Peraltro, temo che delle mie parole, nella fattispecie, sia stata data un’interpetazione letterale – un tantino pedante – che è ben lungi da quello che intendevo. Il modo in cui, attraverso i secoli, torna l’uso del racconto per immagini (dagli affreschi rupestri, alla Domenica del Corriere, fino ai graphic novel) ci dice molto di come l’uomo si racconta, di come si sforza di dare a se stesso una possibilità di comprensione. Ciclicamente rielaborando una forma, aggregati di senso, stilemi. Personalmente, ritengo che la parola sia un argine e l’immagine, sempre, un travaso. E mi sembrerebbe che questo sia intuibile senza doverci troppo ragionare su.

  22. 22 Francesco Chiacchio
    17 Aprile, 2012 at 2:09

    Ciao Anna,
    credo che nel tuo ultimo commento tu ti riferisca a “Kafka”, libro che racconta la vita e le opere di Kafka attraverso i disegni (bellissimi) di Robert Crumb e i testi Di David Zane Mairowitz. Lo consiglio a tutti, in Italia è uscito per Bollati Boringhieri, con un’introduzione di Goffredo Fofi.

  23. 23 Anna Castagnoli
    17 Aprile, 2012 at 8:53

    Grazie mille Francesco!

  24. 24 federica
    18 Aprile, 2012 at 13:06

    giovanna illuminante: mai perdere di vista il senso dell’obiettivo del progetto!

  25. 25 cinzia ruggieri
    18 Aprile, 2012 at 20:50

    Giovanna,come al solito hai detto bene quello che volevo dire io! Se un illustratore ha bisogno di incontrare Kafka disegnando,io sono molto curiosa di vedere il suo Kafka,sicuramente mi aprirà qualche porta segreta,sia dell’autore che dell’illustratore.Credo che questo sia quello che ,comunque,un illustratore dovrebbe fare sempre,avere necessità di dire,disegnando,qualcosa di suo su un testo,a partire da un testo.Poco cambia se per grandi o per piccoli,secondo me. poi,il mercato e le mode sono un’altra cosa.Ma a me piacerebbe molto che ci fossero interpretazioni di artisti per i classici.Non perchè mi sento rassicurata,ma al contrario,per essere stupita,interrogata e,magari,anche contraddetta su quello che ho sempre sentito su quel classico.

  26. 26 Valeria De Caterini
    19 Aprile, 2012 at 11:41

    Io credo che tutta la questione sia legata al tipo di educazione scolastica abbiamo ricevuto. Siamo abituati ad apprendere attraverso il testo scritto: Kafka l’abbiamo incontrato a scuola e l’abbiamo apprezzato per le immagini che suscitava in noi e storciamo il naso se qualcuno ce lo propone con le immagini già confezionate. Al contrario apprezziamo Andersen illustrato perché da piccoli lo abbiamo incontrato in un albo illustrato adatto alla nostra età da bambini.
    Ci hanno insegnato a scuola che la letteratura è “alta” ed è scritta, fumetti e albi illustrati sono “minori” e prevalentemente per i bambini.
    Io, che ho inculcato purtroppo questo concetto, storco il naso per un kafta illustrato, eppure ho “letto” Moby Dick di Melville in un bellissimo albo a fumetti di Dino Battaglia e più recentemente Mademoiselle Else di Schnitzel nella splendida riduzione di Manuele Fior. Forse hanno rovinato le mia immaginazione, ma sicuramente hanno arricchito la mia cultura e non è escluso che presto mi leggerò il testo originale senza immagini. E’ un po’ come leggere Thomas Mann “La morte a Venezia” e vedere l’omonimo film di Visconti: uno rovina l’altro o uno spinge a conoscere anche l’altra versione?
    Io credo che rispetto a 20 anni fa si stia sdoganando l’idea che il narrare per immagini (fumetti, albi illustrati, cinema) sia cosa peggiore rispetto a quella in forma scritta e credo anche che in questo modo si avvicinino alla letteratura più persone. Inoltre la società sta cambiando verso un inarrestabile proliferare di immagini e di creatori di immagini in tutti i campi (dalle app dei cellulari agli oscar per i film di animazione alle scuole di illustrazione) e di conseguenza alla conoscenza attraverso il narrare per immagini. Se poi tutto ciò porterà ad una analfabetizzazione di ritorno, questa è un’altra questione…

  27. 27 Anna Castagnoli
    19 Aprile, 2012 at 11:59

    Interessante Valeria la tua analisi.
    E’ quello che volevo dire quando dicevo che un testo di Andersen è altrettanto autosufficiente di uno di Kafka, e che non c’è una sostanziale differenza tra i due se non nello stile narrativo.

    Sulla possibile analfabetizzazione di ritorno, la vedo possibile, ma non mi spaventa se al suo posto potrà nascere un nuovo linguaggio fatto di segni e disegni.
    C’è un bel post oggi sul blog dei Topi
    http://topipittori.blogspot.com.es/2012/04/i-regni-dellimmagine-6-sognando-leoni.html

    sui disegni delle grotte di Chauvet.
    Non è affascinante pensare a come il linguaggio scritto si sia evoluto, raffinato nei millenni, fino a diventare quello che oggi ci sembra così familiare (un testo letterario, una fiaba) e forse sia destinato a scomparire?
    Io credo che uno dei grossi motori di questa nuova icono-alfabetizzazione sia il fatto che andiamo incontro a una civiltà globale. La necessità di un nuovo linguaggio universale (e quale se non quello potentissimo delle immagini?) si impone.

  28. 28 Isabelle Dunglas
    24 Gennaio, 2013 at 15:55

    Qui pourrait traduire cet article SVP ?
    D’avance merci !

  29. 29 Anna Castagnoli
    24 Gennaio, 2013 at 16:02

    Isabelle, as-tu essayé de copi-coller ce lien
    http://www.lefiguredeilibri.com/2012/04/16/nuovi-romanzi-illustrati-per-adulti-una-riflessione-sul-perche-delle-immagini-nei-libri/

    dans cette page google translate:
    http://translate.google.it/#fr/it/

    Moi j’arrive même à lire les articles russes avec ce système…

  30. 30 Hazel
    9 Marzo, 2015 at 17:35

    Thank you Anna
    Some beautiful examples and lots of food for thought.

  31. […] Estratto da Le figure dei libri […]