La leggerezza. Una riflessione.

12 Marzo, 2012

Quello che esattamente mi incanta nel libri per bambini è la leggerezza.
Ma come spiegarvi che cosa significa per me la leggerezza? Italo Clavino le ha dedicato un meraviglioso saggio nelle sue Lezioni americane: leggerezza versus pesantezza. La leggerezza è la capacità di sottrarsi alla gravità del mondo e il linguaggio poetico è lo strumento che più di ogni altro sa sottrarre gravità. La leggerezza della poesia (dell’arte) si eleva oltre la pesantezza e l’opacità del mondo, oppure ne illumina la impalpabile filigrana.

Ma non ritrovo nella leggerezza descritta da Calvino quello che è per me la leggerezza. Per me la leggerezza è il luogo dove si condensa tutta la gravità del mondo: il nostro essere mortali; lo struggente sentimento per tutti i gesti, i momenti, i visi, le cose che il tempo inghiotte e cancella senza lasciarne traccia; il tentativo dell’arte e della nostra cura di salvarli.
Guardiamo, sullo sfondo del nulla che tra un attimo li inghiottirà: una fotografia, un disegno screpolato in un vecchio libro di fiabe, il fiore secco tra le pagine di un libro, la corsa incosciente di un bambino.
Il nulla, a contatto di queste figure così delicate, produce una sorta di sentimento insostenibile: e lì, scocca la scintilla. Assistiamo allora a un’esplosione atomica in cui  tempo e morte e spazio vengono assorbiti in un lampo. Resta solo, baluginante sul nulla, la leggerezza. Provate a fissare per qualche secondo questa fotografia di Sergio Larrain.

Sergio Larrain, Cile

La leggerezza scaturisce dalla collisione dei pesi che abitualmente tengono insieme il mondo con qualcosa di fragile. Ma non è fatta di un’altra materia, non è antitetica all’impatto che l’ha generata, non è qualcosa che sfugge per sottigliezza: è, invece, esattamente, il punto di tensione massima della gravità.
Nel volo di queste due bambine la gravità (rubo un’immagine al poeta Donne) è “come oro battuto fino alla più aerea lama”.
C’è, condensato nel gesto assoluto del loro salto infantile, la futura caduta (sappiamo, noi adulti, che un salto così non si ripete) e tutta la gravità del tempo che passa: l’infanzia è un momento.

Henri Cartier Bresson

Perché  ci sia leggerezza (e con essa, una delle forme più nobili della bellezza: la grazia) bisogna che la gravità del mondo entri in collisione con qualcuna delle figure qui di seguito descritte:

La delicatezza, la fragilità: ciò che non è forte, non è solido, non è robusto (i bambini, i malati, alcuni animali, gli oggetti fragili, i fiori, le piante).
La cura: ogni forma di cura, carezza, amore, verso chi -o cosa- ne ha bisogno (E queste cose, che vivon di morire/ lo sanno che tu le celebri. / Passano, ma ci credono capaci di salvarle/ noi, che passiamo più di tutto – Rilke).
Qualcosa di leggero in senso fisico: la neve, una piuma, una farfalla, un seme di soffione.
L’inutile: ciò che non è produttivo, non è funzionale, non ha scopo, non fa guadagnare (le cose rotte, la noia, il gioco, la danza, l’arte del perder tempo, il pasticciare, il bighellonare, il saltare).
L’effimero:  tutto ciò che, più palesemente del resto, ci comunica la fugacità del tempo (una vecchia fotografia, le farfalle, una fiammella di candela, i riflessi, l’autunno, gli anziani, i bambini, le cose segnate dal tempo. (E fra le pagine essiccata la viola, monumento di una sera di certo inobliabile e obliata Borges).
L’assurdo: ciò che non ha senso, non produce senso, fa ridere, fa fare un salto, ciò che è impensabile (il non-sense, il comico, il battito di una sola mano, la fede in senso kierkegaardiano).

Nabokov e sua moglie a caccia di farfalle

Se ci pensiamo bene, non bisogna aspettare che la gravità si incontri con queste figure perché si produca la leggerezza: basta che una di queste figure sia, perché il corto circuito avvenga e segua l’esplosione. La gravità scorre ininterrottamente nelle vene del mondo e nelle nostre: se scendiamo di poco sotto la superficie del nostro sentire, possiamo ascoltarne il rombo doloroso.
La cosa incredibile è che non c’è gravità capace di schiacciare queste figure o annichilirle. Sempre, anche nella più terribile delle circostanze, queste figure sono capaci di far esplodere la gravità.
Una delle cose più commoventi, più belle, dei campi di sterminio nazisti, per prendere uno degli esempi di gravità più gravi, è sapere che di nascosto, nel buio, al centro esatto del Male, qualche piccola candela veniva accesa e un canto intonato, per onorare una festa.

Nella delicatezza di certi libri per bambini (oh un’illustrazione di Nathalie Parain stagliata sullo sfondo della storia del ‘900!),

Nathalie Parain
Nathalie Parain

o di certe fotografie (non fa quasi male agli occhi vedere Nabokov, ormai anziano, cacciare farfalle?), nei versi di una filastrocca, o in un frammento di nastro adesivo che protegge la ferita di una pagina ingiallita, ritrovo la leggerezza. Non si fa più leggero il mondo, non meno doloroso, solo risplende come oro battuto fino alla più aerea lama.

Ora che ho finito il mio maldestro tentativo di descrivervi cosa è la leggerezza per me, lasciatemi chiudere con una chiosa noiosa.
Oggi molti (troppi) temi e libri dedicati ad un pubblico infantile non sono più capaci di portare la gravità alla sua più aerea lama. Italo Calvino ci sarebbe rimasto male affacciandosi in questo terzo millennio, lui che sperava ci avremmo portato più leggerezza ancora. La gravità del mondo, il suo peso, la sua crisi, la sua ingiustizia, sono combattuti con armi altrettanto pesanti: temi e immagini funzionali alla vendita, ad avere ragione, a dare una risposta confezionata, a piacere, a dire come fare, a indignarsi, che non sanno accendere nessuna scintilla. Temi e immagini politicamente corretti, utili alla difesa dei diritti dei più deboli, utili al brand “siamo dalla parte dei giusti” che non sanno far brillare nessuna scintilla. O ancora (peggio)… libri abili a far sentire il diversamente abile riabilitato, il diverso uguale, lo storpio dritto, il grasso magro, il differente di genere, rigenerato.
Ditemi: ma quale bambino, quale malato, quale animale, quale di tutte le fragili cose che popolano questo mondo, che costantemente bruciano e vivono nella leggerezza come fuochi imperituri, può riconoscersi in simili figure?