Schiaccianoci e il re dei topi
18 Settembre, 2011La prima rappresentazione dello Schiaccianoci di Tchaïkovski, tratta dal libro:
“The Life and Ballets of Lev Ivanov” by Roland John Wiley. Oxford University Press, 1997.
Lo schiaccianoci e il re dei topi è un racconto dalla lunga e avventurosa genesi.
Per primo lo scrisse, in tedesco, E.T.A Hoffamnn (Ernst Theodor Amadeus Hoffmann fu uno degli scrittori più onirici e meravigliosi che l’ottocento abbia partorito, e fu anche un raffinatissimo illustratore), e lo pubblicò a Berlino nel 1816. La sua fantasia, probabilmente, fu ispirata dagli schiaccianoci di legno decorato che abbellivano i mercatini di Natale della Germania ottocentesca: anche se lo schiaccianoci decorato è un oggetto di cui si trovano tracce fin dall’antichità , nei primi dell’ottocento, diventò un oggetto alla moda sull’onda delle prime grandi produzioni in serie di giocattoli per bambini.
Nel 1838 il racconto di Hoffmann viene tradotto in francese e nel 1844 Alexandre Dumas lo “reinterpreta” (un bell’esercizio di plagio) limandone gli aspetti più inquietanti, e lo pubblica a suo nome. La sua versione resterà a lungo la più conosciuta, e ad essa si ispirerà Tchaïkovski per il suo immortale Schiaccianoci.
Per chi conosce il francese: qui potete leggere la versione integrale di E.T.A Hoffmann, e qui quella di Dumas.
Die Märchen der Serapions Brüder di E.T.A. Hoffmann, 1906, illustrazioni originali di E.T.A Hoffmann
LO SCHIACCIANOCI DI E.T.A HOFFAMMN e QUELLO DI DUMAS
Il racconto di Hoffmann si apre sull’immagine di due bambini, Marie e Fritz, che nel buio aspettano venga aperta loro la porta della stanza dei doni di Natale. Sanno che è arrivato l’ospite Drosselmeyer, strano individuo, dai lineamenti bruttissimi, con una parrucca di vetro bianca e una benda su un occhio, che ama fabbricare orologi e giocattoli. I due bambini sognano ad occhi chiusi cosa porterà loro.
Fritz sogna una città in miniatura, dentro la quale dei soldati fanno i loro esercizi. Marie sogna di ricevere “un grande giardino dentro cui c’è un lago, e nel lago nuotano cigni magnifici, con dei collari d’oro…“. Non sono giocattoli meravigliosi?
Riceveranno invece un castello meccanico, di cui si stancheranno presto, e un buffo schiaccianoci vestito da Ussaro, di cui Marie si innamorerà .
Die Märchen der Serapions Brüder di E.T.A. Hoffmann, 1906, illustrazioni originali di E.T.A Hoffmann
Vale la pena leggere le due versioni. Quella di Hoffmann è un omaggio al mondo parallelo, il mondo onirico dell’inconscio e del sogno, così caro al romanticismo, di cui Schiaccianoci è “passatore” (colui che traghetta). Come l’omino gobbo di W. Benjamin, gli assistenti e gli studenti di Kafka, o tanti personaggi secondari delle fiabe (nani, gnomi, lumache parlanti, vecchine, animali feriti), lo Schiaccianoci di Hoffmann è chiaramente un “aiutante” (nell’accezione di Agamben), figura messianica capace di traghettare chi lo merita (anche il lettore?) verso il regno della salvezza e della grazia.
Lontano dalla sicumera dell’eroe, Schiaccianoci si muove e vince grazie alle sue qualità di incompiutezza, difettosità , fragilità , goffaggine. Infatti, entra nell’avventura già ferito (Fritz gli ha rotto la mandibola all’inizio del racconto), e sarà Marie, con la sua innocenza di bambina, a riconoscere nella sua deformità , la meraviglia. Come premio finale, dopo un lungo viaggio iniziatico e febbrile tra il sogno e la realtà , Marie entrerà con lui, definitivamente, nel regno della bellezza: un paese paradisiaco fatto di zucchero e confetti. Nel romanticismo di E.T.A Hoffamnn, è la realtà ad essere un mondo capovolto. Quello dritto, è l’altro.
La versione di Dumas si apre invece sul narratore che parla in prima persona: durante la notte di Natale, si addormenta su un divano e viene svegliato da alcuni bambini in festa. Per farli stare buoni, racconta loro una storia, quella dello Schiaccianoci. Questa introduzione circoscrive con fermezza il mondo della fiaba e del sogno, così che al lettore non resta che ascoltare, insieme al pubblico bambino, una bella fiaba. Non si prova, come tra le pagine di Hoffmann, inquietudine, la realtà resta ben salda al suo posto; ed è forse per questo aspetto rassicurante che il racconto di Dumas ha avuto più successo.
Die Märchen der Serapions Brüder di E.T.A. Hoffmann, 1906, illustrazioni originali di E.T.A Hoffmann
Un’altra chiave di lettura per entrare tra le inesauribili pagine dello schiaccianoci di E.T.A Hoffmann è quella del saggio Gli aiutanti” che si trova nel libricino “Il giorno del Giudizio“di Giorgio Agamben.
Die Märchen der Serapions Brüder di E.T.A. Hoffmann, 1906, illustrazioni originali di Theodor Hosemann (1807-1875)
(Grazie a Andrea Barberini per aver indicato nei commenti il nome dell’illustratore).
” Anche fra le cose si danno aiutanti. Ciascuno conserva di questi oggetti inutili, metà ricordo e metà talismano, di cui un po’ si vergogna, ma a cui non vorrebbe per nulla al mondo rinunciare. Si tratta, a volte, di un vecchio giocattolo sopravvissuto alle stragi infantili, di un astuccio di scolari che custodisce un odore perduto o di una maglietta striminzita che continuiamo, senza ragione, a tenere nel cassetto”.
(…)
Sono i personaggi che il narratore dimentica alla fine della storia, quando i protagonisti vivono felici e contenti fino alla fine dei loro giorni; ma di loro, di quella “gentaglia” inclassificabile cui, in fondo, devono tutto, non si sa più nulla. Eppure provate a chiedere a Prospero, quando ha dimesso tutti i suoi incanti e fa ritorno, con gli altri umani, al suo ducato, che cosa è la vita senza Ariele” da “Il giorno del Giudizio” di Giorgio Agamben