Caja de cartón: la lunga storia di un’adozione

26 Aprile, 2010
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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

Sono certa che esistono centinaia di libri sul tema dell’adozione: profondi, importanti, utilissimi, e sono certa che la maggior parte di questi libri (Coniglietto cerca casa/ Ti abbiamo tanto aspettato/ L’uccellino Piò ha ritrovato un nido…, tanto per inventare qualche titolo che avrà senz’altro un suo corrispettivo) serve moltissimo ai bambini adottati e alle loro famiglie, per spiegare quel passaggio difficile che è l’essere accolti da una nuova famiglia.
Ma, fino ad oggi, nessuno di questi libri mi aveva interessato. Tutti i libri a tema su cui mi era capitato di inciampare, erano, appunto “a tema”. Quando un libro vuole centrare un bersaglio, difficilmente ci riesce. Un libro “a tema” ha qualcosa che non può, per definizione, essere spontaneo. Il voler a tutti i costi far passare un messaggio dà quasi sempre al libro un sapore pedagogico, fasullo, zuccheroso.
Il libro che sto per presentarvi non racconta l’adozione, racconta la storia di una bambina.

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010 (particolare)

Il libro si apre sul suono di una voce che racconta in prima persona. E’ una voce limpida, diretta, dice:

“Quando sono nata, mia madre mi ha messo in una scatola di cartone, una di quelle scatole dove si mettono le scarpe, chi ha le scarpe. Quella scatola era la mia culla, la mia camera, la mia casa, le pareti ammortizzavano il pianto di mamma.”

Subito, vedendo la scatola di cartone,  ho pensato che il bambino stesse per essere abbandonato, posato sulle acque di un qualche fiume… Niente di tutto questo, per molte pagine, quasi fino alla fine del libro, la relazione tra questa mamma poverissima e il suo bambino sarà centrale. Non ci sarà nient’altro che questa mamma coraggiosa e il suo bambino in braccio.
La donna spende tutti i suoi risparmi per comprare il viaggio su una nave che li porterà “in un paese dove i bambini non dormono nelle scatole”. E’ sempre la voce della bambina che racconta, senza cambiare tono, con quella sorta di accettazione passiva del proprio destino, tipica delle persone nate nella povertà più estrema. La barca fa naufragio. Si possono sentire le grida di chi non sa nuotare. Ma la mamma trae in salvo la bambina, nuotando fino a riva.

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

La piccola scatola di cartone affonda. Mamma e bambina dormono a cielo aperto. Camminano e camminano nella speranza di incontrare un viso conosciuto, fino a che non trovano una grande scatola, che diventa la loro casa (notate nell’illustrazione qui sotto che bella interpretazione di una casa di cartone, l’illustrazione ci dice: non ripara davvero). La sigla TV rimanda al vecchio contenuto della scatola? Lo stesso televisore dentro cui noi, al caldo delle nostre case, stiamo forse guardando questa scena?

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

” La scatola divenne il nostro letto, la nostra stanza, la nostra casa, le pareti proteggevano il nostro pianto.
Mangiammo radici e scoprimmo che, ovunque andassimo, il sapore della terra era sempre identico. Non so perché, ma questo ci riconfortava”.

Chi sono queste figure? Immigrati? Rifugiati? Sono scappati da una guerra? Dove sono sbarcati? Non lo sappiamo, perché il punto di vista di chi racconta è quello del bambino. Un bambino conosce solo quello che gli accade, la misura del suo mondo è quella che va dal viso di sua madre al suo. Non ha nomi da dare alle situazioni, non ha riferimenti per contestualizzare il suo mondo, accetta il suo destino con una grazia tragica.

Le illustrazioni di Hassan Amekan sono strepitose. Gli spazi dentro cui si muovono i due protagonisti è immenso, siderale, costellato di arcane cifre, stelle, cerchi magici. Non avere una casa è questo: è vivere una dimensione siderale, dove il destino gioca a dadi sopra le nostre teste.

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010 (particolare)

Tra tutte queste linee, che viene voglia di decifrare come il disegno del palmo di una mano, spicca la linea tratteggiata che unisce in ogni pagina madre e bambina. E’ un filo di voce, è un filo di lacrime, è il filo che lega la madre alla scatola durante il naufragio, sarà il filo che legherà la bambina alla scena dell’incendio.
E’ questo filo sottile il vero protagonista del libro: il mistero di una relazione.

Finché la vera tragedia accade. Qualcuno dà fuoco alla piccola città di scatole che si era creata intorno alla casa-cartone dei protagonisti. Tutte le scatole si incendiano.
La madre muore nell’incendio. E’ questa l’unica tragedia. Prima c’era sofferenza, dolore, ma non tragedia. Quel filo che univa mamma e bambino bastava a dare un senso al mondo. Per un bambino, l’unica vera tragedia è la solitudine.


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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

“Finalmente mi adottarono, e dopo un po’ di tempo, ritornai a sorridere”. Racconta la bambina con la sua voce di cristallo. E anche qui, il libro non cade in uno stereotipo: non c’è una coppia mamma-papà, ma una coppia di due donne che accoglie la bambina. Senza che il testo lo dica, come per pudore di non voler “chiudere l’adozione in nessuna griglia” l’illustrazione illustra una coppia di due donne (vi ricordo che in Spagna,  per le coppie omosessuali, sia il matrimonio che l’adozione, sono legali).

CAJADECARTON_adozione

Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

“Ora sono felice insieme alla mia nuova mamma. La amo e lei mi ama. Mi ama per come sono.
Vivo in una casa. Ho la mia stanza, il mio letto, il mio armadio…”

Tutto sembra essere ritornato dentro il suo ordine. Ma le stelle, le linee, i cerchi, i grandi spazi che pagina dopo pagina sottolineavano la solitudine della bambina, ora riempiono la casa, come ad indicare una continuità emotiva: non c’è un prima e un dopo.
Nelle ultime due pagine, infatti, ritroviamo la bambina sola. Dice di possedere una scatola, una di quelle scatole dove i bambini che hanno scarpe tengono le scarpe… ma:

“Nella mia scatola non ci sono scarpe, ma ricordi. Perché non voglio dimenticare. Non voglio dimenticare il pianto di mamma, né il suo sorriso”.

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Caja de carton, Txabi Arnal e Hassan Amekan, Oqo editora 2010

Si conclude così questo libro fortissimo, che finalmente parla dell’adozione vista dalla prospettiva del bambino, senza metafore, conigli, orsacchiotti (solo in alcuni punti, tra cui il finale, il racconto è un po’ retorico).
Con o senza naufragi, è questo spazio siderale che tutti i bambini adottati hanno attraversato e che li accompagnerà sempre.

Sono le illustrazioni di  Amekan che mi hanno dato la vera emozione di questa storia. Il testo secondo me ha una debolezza: se il tempo del racconto cambia al momento dell’adozione, cioè, se il tempo  della narrazione è il momento in cui la bambina viene adottata, la sua voce è troppo da adulta, didascalica. A mio modesto parere il libro avrebbe funzionato meglio anche con una voce neutrale, in terza persona, oppure con la voce della bambina diventata adulta.

28 Risposte per “Caja de cartón: la lunga storia di un’adozione”

  1. 1 Ila
    26 Aprile, 2010 at 8:42

    Bellissima recensione.
    E bellissimo libro… Mi hai incuriosita molto.
    Le illustrazioni sono ad arte!

    Ila

  2. 2 Simone
    26 Aprile, 2010 at 9:06

    Illustrazioni splendide, molto ricche e tutto ha un senso.

  3. 3 Isabella C.
    26 Aprile, 2010 at 14:22

    Mi sono commossa.

    Superbe e acute le illustrazioni.
    Sono d’accordo con te Anna, sarebbe stato meglio un testo in terza persona avrebbe accompagnato le immagine con un forte impatto emotivo.
    La linea tratteggiata che unisce in ogni pagina madre e bambina avrebbe suggellato un patto di sangue tra testo e immagine..

    Ps @per Simone
    Che bella la mostra dei tuoi lavori a Pavia!! GRANDE Simone :)

  4. 4 Simone
    26 Aprile, 2010 at 17:39

    @per Isabella
    Grazie per aver visto la mostra, sono molto contento che ti sia piaciuta.
    (non ho curato io l’allestimento) :(

  5. 5 francesca ferri
    27 Aprile, 2010 at 12:59

    Le illustrazioni sono bellissime. La storia che raccontano pure. Anche se il testo come dici tu non è allo stesso livello. Soprattutto il racconto in prima persona del “prima” adozione. E’ difficile che un bambino adottato parli così chiaramente, serenamente e in maniera ordinata del “prima”. In genere è una parte della propria vita molto privata e, se molto dolorosa, tenuta in un compartimento stagno che si schiude senza una coscienza piena. O almeno non con la consapevolezza che traspare da questo testo. Le due mamme adottive valgono tutto il libro, anche se il testo di nuovo è troppo sbrigativo e semplice: un rapporto nuovo da costruire, seppur positivo, non è solo “e vissero felici e contenti”. Però ripeto: le due mamme / ziette valgono il libro.

  6. 6 Anonimo
    27 Aprile, 2010 at 15:42

    che bello leggere questo libro con te!
    davvero un bel commento grazie Anna!

  7. 7 carola
    28 Aprile, 2010 at 13:45

    E’ un bellissimo libro, finalmente un testo così attuale che palra di tutto di immigrazione, razzismo, intollaranza prima e speranza di tolleranza dopo. A me il testo è piacciuto molto. Perchè non è facile per noi scrittori affrontare certi temi, gli illustratori con la loro arte posso celare, accennare e sottointendere, noi con le parole possiamo, e soprattutto dobbiamo, dire.Grazie per la segnalazione andrò a comprarlo.

  8. 8 hassan amekan
    28 Aprile, 2010 at 18:46

    salam
    thank of you for put my book on sit . excuse of my english
    i like read your idea on sit for my illustrations . hope intresting at that
    at hope have world nice full color for childrenes
    thank
    hassan

  9. 9 aitana
    28 Aprile, 2010 at 20:08

    increíble trabajo de Hassan

  10. 10 Simone
    28 Aprile, 2010 at 20:30

    Bravissimo Hassan!!! Ho ordinato il libro, speriamo arrivi venerdì!

  11. 11 lucia
    28 Aprile, 2010 at 20:32

    bellissima recensione!
    la penultima tavola mi trasmette veramenta una infinita solitudine! è pazzesca
    complimenti ad Hassan Amekan!
    sarà che le figure sono piccole e il muro alto.. e il verde acido

  12. 12 RAOUF KARRAY
    29 Aprile, 2010 at 6:32

    SPENDIDO HASSAN VORREI INONDARTI DI ROSSO … GIALLO … VERDE …. BIANCO … E DI BACI
    RAOUF

  13. 13 alicia
    29 Aprile, 2010 at 8:46

    Hassan, your picture book is fantastic.

    Simone, dove l’hai ordinato?, io non trovo il carrello nel sito delle edizioni oqo.

  14. 14 carola
    29 Aprile, 2010 at 8:48

    Very sad (hope this was the purpose), sad and graphic and beautiful, all referred to the illutrations. That actually may be not too easy to understand for a young audience. As for the text, it’s absolutely inadequate. No child would speak like that about herself and her experience (such a clearness of thought would never be expressed by a child about somenthing that, normally, would require years to be metabolized by a human being). And the poetic accent doesn’t help accepting the whole. Far from depicting things by directness, it sounds rethoric.

  15. 15 Anonimo
    29 Aprile, 2010 at 9:26

    per Alicia

    Non l’ho ordinato via internet ma da un mio carissimo amico libraio:)

  16. 16 laura@popdesign
    29 Aprile, 2010 at 9:27

    Che bel libro… stupende le illustrazioni.

  17. 17 lucia
    29 Aprile, 2010 at 9:34

    Laura di animalarium?.. sono completamente fuori argomento, ma ti volevo fare un sacco di complimenti per il tuo stupendo blog!!

  18. 18 alicia
    29 Aprile, 2010 at 9:42

    Sono curiosa di avere in mano questo libro.Una amica con esperienza di adozione lo è altrettanto, afascinata dalle illustrazioni ma anche lei molto, molto critica col testo.Interessante sapere da lei che lo ritiene un libro adatto non a chi ha avuto una esperienza simili ma a tutti gli altri.Mi ha inoltre fatto notare, almeno da cuel che si vede qui nel blog, come manchi completamente la figura maschile.

  19. 19 Sonja
    29 Aprile, 2010 at 10:01

    for Hassan:
    Your illustrations let so much space for thoughts. That special blue color you use is so deep and gives the pictures such expansive atmosphere. Bravo Hassan, it´s magnificient.

    E la mia prova per scriverlo in ltalian …
    Le illustrazioni permettono così tanto spazio per pensieri. Il colore azzurro è così profondo e dà ai quadri un tal atmosfera espansivo. Bravo Hassan, è meraviglioso.

    Tante grazie per Anna per condividere tutti questi che merita di esser visto le cose sul tua blog :)

  20. 20 safaa
    29 Aprile, 2010 at 12:15

    i like the illustration so much . very nice work hassan .
    but i feel that it s suitable for young than children.
    any way really nice and succeful work .
    safaa

  21. 21 Anna Castagnoli
    29 Aprile, 2010 at 13:53

    Sono d’accordo con Carola, Come ho già scritto nella mia analisi al libro: il testo è improbabile. Non può essere la voce di una bambina, casomai quella di un adulto.
    Sul retorico non so, dovete leggerlo in integrale, c’è tutto un gioco sulla capacità delle scatole di attutire il suono del dolore che ho trovato interessante.

    E anche la frase finale, che forse è la più retorica, rivendica comunque il diritto dei bambini adottati al loro lutto e al loro dolore, cosa importante da sottolineare.
    In molti libri sull’adozione sembra che tutto si risolva con un lieto fine grazie all’accogliente abbraccio della nuova famiglia. Lungi dall’essere vero.
    Ho parlato di recente con uno psicologo che si occupa di adozioni in Catalogna e diceva che capita spesso che il dolore del bambino, le sue angosce, siano rimosse o sottovalutate nel nuovo nucleo famigliare, , realtà che porta il bambino a una grande solitudine.

    Perché non per bambini?
    Io penso anzi che per un bambino adottato questa storia così forte possa essere un buon trampolino di lancio per affrontare col genitore le fantasie e i ricordi legati alla sua storia.
    E per tutti i bambini non adottati un ottimo spunto per parlare di immigrazione,adozione, etc.

  22. 22 carola
    29 Aprile, 2010 at 16:34

    Ciao Anna, che sia un libro per bambini lo penso anch’io come scrivevo in italiano (non sono la carola anglofona) perchè torno a ripetermi è un libro finemente delicato e pensato. un caro saluto.

  23. 23 hassan
    29 Aprile, 2010 at 17:37

    your freinds please .our speak about art illustration .
    used of Words Ugly is easy .
    that is Sign Thought hort .

  24. 24 marta
    30 Aprile, 2010 at 10:36

    stupende illustrazioni grandissimo hassan, e grazie anna vengo a …respirare nel tuo blog quasi ogni giorno

  25. 25 daniela
    30 Aprile, 2010 at 13:29

    Assan:
    your pictures aren’t ugly at all and you know… On the contrary, they’re very refined, extremely fascinating, very old and absolutely modern at the same time. I’d like so much to have a little story written by me and drawn by you! Who knows…

  26. 26 daniela
    30 Aprile, 2010 at 13:31

    ops, Hassan… I forgot an “H”…

  27. 27 Silvia Luz
    2 Maggio, 2010 at 19:26

    Tu trebajo siempre es propositivo y adecuado al tema del libro, es una narración visual que contiene riqueza artística y cultural que nos penetra en el sentimiento y hace disfrutar los sentídos. Gracias

  28. 28 chiara pasqualotto
    9 Ottobre, 2010 at 22:37

    grazie anna che ci fai scoprire nuovi bei libri e li commenti cosi’ finemente! :)