Illustrazione e cinema d’animazione, parte I: Walt Disney e compagnia
10 Settembre, 2009Walt Disney e Albert Hurter davanti ai bozzetti di Pinocchio
Una lettrice del blog, nei commenti al post su Miyazaki, ha apprezzato il fatto che andassi leggermente fuori-tema rispetto all’illustrazione editoriale. Questo commento mi ha dato voglia di investigare gli strettissimi legami di filiazione che intercorrono tra illustrazione editoriale e cinema d’animazione. Lasciamo da parte per un momento l’animazione “artistica”, e mettiamo sul tavolo anatomico i famigerati “cartoni animati”. Quelli di oggi non li conosco e forse meriterebbero un capitolo a parte, parliamo dei loro padri: i cartoni animati della nostra infanzia, Walt Disney da una parte e il cinema d’animazione giapponese dall’altra.
Isao Takahata – Hayao Miyazaki, 1973
Al di là di un’indiscutibile “semplificazione” del linguaggio dell’illustrazione vorrei sottolineare quanto entrambi i generi (disney e manga) affondino le loro radici nell’illustrazione classica, e siano addirittura strettamente imparentati tra loro (non parlo dei casi di plagio come Kimba il leone bianco, ma dei loro nonni e antenati comuni).
Ad esempio, forse non tutti sanno che Walt Disney intorno al 1930 compie un lungo viaggio in Europa: visita la Francia, l’Italia, la Svizzera, l’Inghilterra, i Paesi-Bassi e riporta in America più di 350 libri di racconti illustrati. Un vero “bottino” da cui trarrà tutta la sua filmografia (Grimm, Kipling, Collodi, Carroll…). Non pago, decide di assoldare i più grandi nomi dell’illustrazione europea dell’epoca: il danese Kay Nielsen, lo svedese Gustaf Tenggren e il caricaturista svizzero Albert Hurter, i quali diventeranno i disegnatori di film come Biancaneve, Pinocchio, La bella addormentata nel bosco, etc.
Kay Nielsen, 1886-1957, immagine tratta dai racconti di Grimm, illustrati da Nielsen nel 1936
Gustaf Tenggren, 1896-1982, immagine tratta dai racconti di Andersen illustrati da Tenggren nel 1935
Nielsen che Tenggren sono due eredi dell’età d’oro dell’illustrazione inglese (Edmund Dulac e Arthur Rackham), un movimento artistico che andò di pari passo con le rivoluzioni delle industrie, delle tecniche di stampa a colori, e la crescita (sia demografica che culturale) di quella categoria sociale che oggi porta il nome di “infanzia”.
Quell’illustrazione fine ottocento che a noi, un secolo dopo, sembra “classica”, era già una semplificazione populista dell’arte figurativa.
Edmund Dulac, Le mille e una notte, 1907
Disney non fa che aggiungere una colonna sonora a questa tendenza. Gli illustratori assoldati semplificano il loro stile per le esigenze del cinema d’animazione (vi ricordo che tutto era disegnato a mano!). La dolcezza dei personaggi è loro, anche se alcune caratteristiche dei visi, gli occhi ad esempio, si allontanano dallo stile dei libri degli stessi anni per ispirarsi agli occhi delle grandi dive del cinema riprodotte sui manifesti dell’epoca.
Biancaneve, Walt Disney Company, 1937
Greta Garbo, in auge tra gli anni ’20 e ’30
Biancaneve, Disney, 1937
Ora un salto curioso. Quale è una delle fonti di ispirazione principali di Dulac e Rackham (tra gli altri), e poi di Nielsen e Tenggren?
Nel 1856 un incisore parigino, Félix Braquemond, rese pubbliche più di mille riproduzioni di stampe giapponesi (leggenda vuole che queste stampe venissero dalla carta di imballaggio di alcune ceramiche importate).
Pochi anni più tardi, le grandi esposizioni universali, a Londra (1862), a Parigi (1878) e in altre città europee, furono allestite con oggetti e stampe giapponesi, e contribuirono ad accrescere negli artisti il fascino per l’arte del sol levante (si pensi a tutto l’impressionismo).
Se avete pazienza e voglia di cercare su internet alcune immagini di Hiroshige Utagawa, Utamaro Kitagawa e Hokusai Katsushika, vedrete quale omaggio ha reso loro l’illustrazione inglese di inizio secolo.
In un gioco infinito di rimandi, questi artisti appartenevano al movimento culturale Ukiyo-e, che nel settecento, dopo l’apertura del Giappone ai primi scambi col Portogallo, si ispirò all’arte occidentale.
Utagawa Kuniyoshi, The Stream of Asazawa in Spring, Giappone 1828
Edmund Dulac, 1907
Per concludere, dopo aver visto quanto i cartoni animati affondano le loro radici nell’illustrazione classica, non dobbiamo dimenticare quanto l’illustrazione di oggi deve al cinema d’animazione (e al cinema in generale). Basti pensare ai “tagli prospettici” che ogni buon illustratore sa padroneggiare per non rendere monotono un album, quasi sconosciuti ad inizio secolo.
Roberto Innocenti, Le avventure di Pinocchio, C’era una volta 1991 – La Margherita 2005
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