“Libri, immagini, critica, adulti e bambini” di Diletta Colombo

18 Dicembre, 2008

Leggi l’articolo di Angela Dal Gobbo
Leggi la critica di Anna Castagnoli

LIBRI, IMMAGINI, CRITICA, ADULTI e BAMBINI
di Diletta Colombo

Sono una giovane libraia di Milano, interessata e appassionata di letteratura e illustrazione per ragazzi.Vi scrivo perché ritengo importante condividere una riflessione sullo stato della critica sui picturebooks in Italia e sul rapporto adulti-infanzia-immagini-libri.

L’occasione per mettere in luce questo argomento è nata dalla lettura dell’articolo di Angela Dal Gobbo su “Il picture book è una galleria d’arte?” (pp 50-53), uscito sul n°80 di Liber, in cui si affronta proprio il tema dell’illustrazione nei picturebooks che mi sta a cuore e che continuo ad approfondire.
L’articolo della Dal Gobbo si concentra su due premesse teoriche fondamentali: la natura dei picturebooks si fonda sul rapporto inscindibile tra testo e figure e il loro obiettivo non è educare all’arte, quanto piuttosto “alimentare la curiosità, suscitare lo stupore è il grande compito di questi libri; rappresenta il primo passo verso una sensibilizzazione al visivo che potrà portare, successivamente a nutrire interesse anche nei confronti dell’arte. I bambini non sembrano mostrare un interesse specifico per il bello in senso autonomo, svincolato cioè dall’esperienza, dall’esplorazione concreta dell’intorno, separato dalla narrazione – strumento principe, quest’ultima, per rielaborare in senso cognitivo e affettivo l’esperienza stessa” (p. 51).
L’articolo pone inoltre il problema della “leggibilità†dei libri belli e complessi, prendendo le distanze da quelle case editrici che presentano “una ricerca formale troppo lontana dal concreto, dal vissuto del bambino. Si tratta di una operazione che si fonda più sul compiacimento visivo che non sulla considerazione delle capacità e delle attitudini di un pubblico infantile. Ci sentiamo di sostenere che fino a cinque anni di età sia opportuno che i libri non contengano riferimenti visivi troppo complessi, difficili da decodificare, inutilmente sofisticati, che presuppongono un forte bagaglio di elementi iconici†(p.52).

Non è mio interesse emettere un giudizio fine a sé stesso sull’autrice né tanto meno sulla rivista, né difendere le case editrici criticate perché “si vantano di pubblicare libri di qualità, innovativi, basati su sperimentazioni grafiche†e “pur presentando anche titoli molto validi, non si preoccupano se il pubblico a cui si rivolgono è (e rimane) molto ristretto, anzi auspicano una diffusione dell’albo illustrato anche tra gli adulti, i soli a poter apprezzare prodotti tanto sofisticati, quanto di complessa lettura†(p.52).
Questo articolo, come altri che ultimamente seguono la crescente diffusione degli albi (più che la loro ristrettezza), mette in luce come in Italia sia diffusa per lo più un’analisi povera dei libri illustrati per ragazzi.
Innanzitutto la riflessione e la ricerca sui libri illustrati sono andate molto oltre il rapporto tra testo e immagini in venti anni di studi e attività di promozione alla lettura. Continuare a girare intorno a questo aspetto fondamentale, soprattutto senza arricchirlo e ampliarlo, comincia a rimanere un’analisi poco aggiornata, sia dal punto di vista filosofico sia, soprattutto pedagogico.


L’educazione estetica, nel senso più ricco e profondo dato da Marco Dallari, parte dall’età precoce e l’illustrazione non è “una ciliegina sulla torta†delle parole.

Dal punto di vista pedagogico e psicologico non è scientificamente provato che le immagini artisticamente belle e complesse (spesso associate a storie ben raccontate e profonde, seppur di non immediato apprezzamento) siano incomprensibili, fine a se stesse e addirittura diseducative. Anzi, i bambini prima scoprono il mondo con lo sguardo e solo successivamente imparano a parlare: il loro linguaggio primario è quello delle immagini e le loro capacità di osservazione e comprensione sono straordinarie.
Inoltre, fin dalla nascita siamo tutti già immersi in un mondo di immagini, spesso assolutamente brutte, violente e incomprensibili, soprattutto della televisione ma anche di tanti libri stereotipati, banali e mal scritti.
Il senso estetico non è quindi solo affare per “grandi”.
Le immagini, anche sperimentali e grafiche, possono essere altrettanto poetiche, evocative, profonde e stimolanti per “rielaborare in senso cognitivo e affettivo l’esperienza della narrazione”. E’ la costruzione e la profondità di un libro nel suo insieme (parole+immagini+altri codici dalla grafica al formato e ai materiali) a rendere la lettura appassionante e significativa. Uno stile molto innovativo e surreale non allontana automaticamente da un’esperienza di lettura significativa e non ferisce di per sé la sensibilità dei bambini. Penso anche che non tutto debba necessariamente essere assolutamente comprensibile ma che le immagini dei picturebooks conservano un potere simbolico che va oltre le parole, pur essendo a esse legate.
Noi stessi adulti, come da tempo fa notare Faeti, ci ricordiamo con piacere e affetto anche quelle figure più complesse, affascinanti e misteriose trovate nei libri e nei contesti più diversi e non solo quelle tendenzialmente semplici, poco sofisticate, che non richiedono conoscenza estetiche sviluppate.
E’ vero che molti libri non raggiungono un grande pubblico perché difficili da leggere autonomamente, senza la mediazione di un adulto, e non appassionano immediatamente. Ma è giusto tenere in considerazione e promuovere anche quelle immagini belle e complesse e non immediatamente riconoscibili dai bambini.
Non credo che siano inutili e nocive, né che richiedano troppo sforzo.
Da una parte, esistono infinite varietà di bambini per intelligenza e sensibilità e non credo ci debbano essere libri che vadano bene per tutti.
Dall’altra, confido nel ruolo degli adulti, che condividono il piacere di una lettura condivisa, nell’aiutare a decodificare il senso delle immagini in relazione alle storie e nel conservare il mistero della complessità e della bellezza.
Se la forza dei libri illustrati sta nel rapporto tra parole e testo e nella possibilità di allenare lo sguardo, di stimolare una decodificazione del senso, di suscitare meraviglia, stupore e curiosità, allora le immagini belle, innovative e complesse possono essere importanti per rielaborare l’esperienza della lettura e per allargare le possibilità di osservare, emozionarsi, conoscere e ricordare.
L’importante è che le illustrazioni siano metaforiche ed evocative, indipendentemente dallo stile e dal livello di “artisticità†e di grafica, che nascano dalla capacità, profondità, sensibilità, onestà e intelligenza dell’illustratore e dalla sua disponibilità a lavorare insieme allo scrittore, che il lavoro grafico faccia da ponte tra parole e immagini per renderle sorelle inseparabili, che le storie non feriscano la sensibilità dei bambini e possiedano testi curati e ben scritti.

Come libraia, studiosa e semplicemente come donna sensibile, ritengo indispensabile alzare il livello generale della riflessione sugli albi illustrati (molto più avanti negli altri paesi europei) per recuperare il senso e il piacere della bellezza e della complessità. Credo che sarebbe utile a tutti (adulti e bambini, scrittori, illustratori, grafici, editori, riviste, librai, bibliotecari, ricercatori, insegnanti) conoscere e promuovere l’infinità varietà dei libri illustrati come una risorsa culturale, educativa e anche economica.

Grazie per il tempo dedicato a queste parole,
Diletta Colombo

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